Chiese
e chiese e chiese e conventi e conventi ... Si pensa a chissà chi, ed invece
tutto si deve ai rimorsi di Giovanni del Carretto, quello che dominò
Racalmuto dal 1520 al 1560 ed alle tante confraternite, nate all'ombra dell'ancora
barone, per una grossa speculazione sui morti. Ne morivano tanti a Racalmuto
e bisognava seppellirli e seppellirli in chiesa.. Naturalmente a pagamento .
Che pacchia per quelle confraternite. Una mafia dei cimiteri ante litteram ..
Niente di nuovo sotto il sole.
Pensate che la venuta della Madonna del Monte nient'altro è che una
commissione a Palermo da parte della confraternita della già esistente chiesa
di Maria di lu Munti di una statua di marmo "una statua di marmaru di
nostra signura" dicono le carte. Nessun miracolo. E si era dopo il 1520
(altro che 1503 ed altro che conte o barone Ercole del Carretto. Questo il
primo agiografo - padre Cantalamessa - non lo dice).
I colti attuali di Racalmuto - anche quelli atei e marxisti - questa banale
verità non sanno accettarla o non vogliono. Chissà quanti voti perderebbero,
diversamente. Povera verità!
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Frattanto
a studiare bene il Trasselli che ebbe a scrivere sui genovesi in Sicilia, è
facile arguire che la marmorea statua – tozza, bruttarella ed inespressiva –
non è, né può essere, della scuola gaginesca (andatevi a vedere la madonna di
Gibilrossa per convenirne) ma del noto scultore genovese Massa, venuto a
Palermo con un coltivatore di cave marmoree carraresi, agli ordini dei
genovesi, ed i del Carretto erano di sicura origine genovese. Non erano
comunque di Finale Ligure – essendo d’uopo sghignazzare sul fallace
gemellaggio milionario – ma a tutto concedere, i signori Del Carretto di
Racalmuto cominciarono a bleffare vantando un improbabile marchesato su
Savona.
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Immaginarie scene di famigli che
picchiano i pacifici buoi a levare le ancore da Racalmuto .. Vani sforzi
cominciò a dire nel 1764 il padre Cantalamessa ... in versi siciliani. Almeno
quelli erano piacevoli. Ora ci ammanniscono vocianti cicalecci di improbabili
recitanti .. ma i soldi se ne vanno a fiumi e non restano neppure a Racalmuto.
Ecco
era il palazzotto degli Ugo e della Morreale ... Una donna dei nuovi tempi si
direbbe.. Sposò giovanissima un La Licata di Favara ... restò presto vedova e
senza figli, giacché quel La Licata favarese era già molto vecchio e subito
andò nel suo regno dei cieli. Consumò il matrimonio? Pensiamo di no.
E
la ragazzina Morreale forse rimase vergine. Sicuramente inappagata. Prese una
schiava negra. Aveva mammelle portentose. La sbirciavano e le sbirciavano i
racalmutesi. Non restò loro altro che dare il nome di minni di sclava a certe
voluttuose specie nere di fichi. .. Il vecchio marito, corroso da tanta
gelosia, cercò di privarla dei beni con un testamento tutto a favore di santa
romana chiesa. Ma la scaltra
vedovella fece finta di niente ed assegnò beni e terreni ai suoi nipoti,
compreso un monaco di cognome Salvo. Tardivamente il Santo Uffizio se ne
accorse; scattarono i suoi rimedi. Nella sacrestia della Matrice le si intentò
un processo. Presidente del santo tribunale un bonario arciprete. La protesse e
se non l'assolse le inflisse penalità sopportabilissime. Qualcosa in tasca
sicuramente gliene venne. Ecco la nostra storia di Racalmuto. Sta scritta - in
latino - nei rolli della confraternita di S. Maria di Giesù che ancora padre
Puma conserva. Ma fino a quando?
S.
Giuseppe, Castello Fontana .. ecco come erano (almeno a metà del '700). Ed
ora come sono? Uomini locali, soprintendenti provinciali, preti e nobilotti
hanno ridotto in squallidi edifici questo squarcio architettonico della
Racalmuto verace. Che Dio li maledica. Ecco uno squarcio della Venuta di La
Bedda madre di lu Munti ....é immagine tarda ... risale alla seconda metà del
'700.
Il padre Cantalamessa - agostiniano centuripino di S. Giuliano - cantava
quella vinuta in versi siciliani non spregevoli. Poi il Caruselli credette di
dovere italianizzare il tutto e fu un disastro. Della candida, nostrana saga
rimase ben poco. La data fu stabilita:. fine maggio del 1503. Oggi tutti vi
credono. Beati loro. Sono riusciti a convincere persino vescovi e monsignori.
Di certo i canonici minori, quelli in viola per intenderci. E poi tanti
sacrestani, e soprattutto le sacrestane, specie le repentite.
Noi non ci crediamo, andremo all'inferno. Intanto fiumi di soldi per
festeggiare, anche con pretenziosi convegni, quella vinuta. Che la Madonna ci
perdoni tutti. Era un tempio del Signore; ne avete fatto una spelonca di
ladri... e qui la spelonca è un monte, a dire il vero un monticello, vezzoso
ma fallace come quei preti che si sono messi a duplicare, triplicare e
moltiplicare quella buffa statua di marmo che sol perché si erge in quel
barocco altare di legno appare bella .. anzi bellissima. Dalla cintola in sù,
con qualche innegabile vezzo. Dalla cintola in giù .. tozza più delle antiche
contadinotte di Santa Nicola o della Funtana.
(Calogero Taverna)
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I casamenti veri o con materiali moderni, dotati dei dovuti
ausili igienici, potrebbero ospitare (ma a giusto prezzo) i mercanti del
sabato.
Un Hotel de la Ville – alla francese – del Comune potrebbe
accogliere le schiere di visitatori pronti magari a fare del turismo a
margherita.
Vi dovrebbe sorgere la chiesa di Santa Rosalia l’ancor vera
ed unica “padrona” di Racalmuto.
Zona B
Un gran teatro greco all’aperto potrebbe avere
ineguagliabile collocazione nell’ultima ansa del sotto Barona, come abbia già
prospettato con un fotomontaggio.
Zona C
Là dove scorrono acque putride,
tutto sommato in mezzo all’abitato, con pericoli incommensurabili per la
popolazione, un piccolo depuratore e quindi un laghetto, consentirebbe
l’impianto di un singolare orto botaniche con piante ed erbe autoctone.
Guardate questa foto:
Ecco il suo vero nome:
Sternbergia lutea (falso
zafferano)
L’avevo scambiato per crocus ed
invece è pianta medicinale, come piante medicinali sono le seguenti:
I vecchi vitigni poi si
potrebbero recuperare per un vino
locale quale lo bevevano i nostri più antichi antenati (e se non ebbero mai
fame lo si deve a quell’ubriacante liquore).
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