Dicevo tempo fa ...... è cambiato qualcosa?
Venni da Roma convinto che le strutture comunali agrigentine avessero torto al 100 per 100 nel reclamare in limine tarsu precorsa aggravando i loro atti di balzelli usurari e sanzioni enfiate di responsabilità soggettive e patrimoniali. Cifre ballerine fioccavano, due mila, no sei mila; 14 mila, sì ma per l’intera provincia. Mazzate individuali per centinaia di euro moltiplicabili per sei o forse sette esercizi.
Arrivato a Racalmuto: una babele tributaria. I maestri, i legali, i persuasori (ed anche gli incettatori) pullulavano. Le pubbliche autorità? In quiescenza. Finalmente Rizzo aggancia una avvenente signora e tra poche cose giuste spara di grosso. Una chicca: è Racalmuto che ha chiesto questo castigo di dio tributario. Lo stesso Rizzo aggancia poi il Responsabile massimo dell’ufficio tributi del Comune che dovrebbe smentire l’avvenente signora. Risultato:un paio di excursus fuori tema,una qualifica azzardata della Tarsu come imposta patrimoniale, una voglia di sostituirsi al Legislatore per avere leggi di comodo (per il suo disorientato ufficio). Non vero che era stato il Comune che aveva postulato la tassazione retroattiva. Solo vi era stata una AUTORIZZAZIONE nell’agosto del 2010 da parte dell’autorità allora al vertice del Comune. La Gesa Ato spa aveva avuto un’altra AUTORIZZAZZIONE nel gennaio del 1995 a gestire tutto essa l’intera baracca della Tarsu a Racalmuto.
I miei scarni ricordi universitari mi mettono in forse: ma forse si voleva dire affidamento di pubblico servizio nel caso del 1995 e affidamento di indagini accertative nell’agosto del 2010. Quindi l’avvenente signora finiva coll’avere ragione e a dir poco la censura politica ricadeva sui politici racalmutesi.
Essendo notoria la mia voglia di far polemica comunque e dovunque, avrei qui voglia di sbizzarrirmi nel punzecchiare questo o quello, ma essendo la cosa seria e talora anche drammatica, me ne astengo. Vengo a sapere che un contadino riceve una cosa per cui gli si chiede una super tarsu per una sua robba lontana non so quanti chilometri, estesa quattrocento metri. Sicuro un baglio collabente. Né acqua, né luce né gas, ma sciaguratamente dichiarato al catasto un paio di anni fa. A quello gli viene l’infarto, tutti quei soldi non ce l’ ha! Non ci si può ridere sopra.
Ma non tutto è così: mi sono accorto che il mio 100% scende forse al 70%, ma è un 70% esiziale per la pubblica amministrazione o meglio per politici, dirigenti, impiegati, incaricati di pubblico servizio che da un lato temono giustamente di subire le mannaie della corte dei conti (a dire il vero mi pare molto quieta in Sicilia) e dall’altro sono astuti a cautelarsi inventandosi evasori ed elusori (hanno imparato questo termine e ne fanno uso ed abuso).
Poveri racalmutesi. Si aggiungono falsi profeti (a dire il vero più promessi che acquietanti). Lo sconcerto sta per essere totale. Commissari, ministri, prefetti, questori procuratori della repubblica qualcosa dovrebbero fare. Se Bisanzio brucia, bloccano la via Roma per far passare mastodontici TIR della RAI e riprendere il giorno della civetta del nipote del grande nonno. Il comune si indebita per oltre 29 mila euro per aprire e rendere agibile (per lo spazio di una sera?) un teatro costosissimo ma nato morto. Se Bisanzio brucia, la ministra non se ne accorge o nessuno l’avverte e fa disporre un imponente servizio d’ordine per potere venire ad assistere all’ennesima replica a Racalmuto di un obsoleto lavoretto su una civetta che canta di giorno (a Racalmuto invero a cantare sono ora tanti e non sono civette , ma pentiti a pagamento).
Frattanto là dove nulla si sente al castello chiaramontano, nelle sale d’attesa dei legali, nei blog datori di libertà paesana, nei nonostante cari a Sciascia si pontifica, si discetta, si teorizza, si suppone e dissennatamente talora si consiglia.
A me vien fatto di pensare che:
Quelle che arrivano o sono notifiche bonarie o sono accertamenti afflittivi; se notifiche bonarie non v’è interruzione di decadenza (decadenza e non prescrizione mi fa acutamente osservare l’avvocato Carmelo Brucculeri e gli devo dar ragione per quello che ho appreso al SECIT). Se sono accertamenti e contengono solo indimostrati sospetti di evasione o di elusione, nel momento in cui si azzardano gli accertatori (pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio ) a farne afflittiva contestazione, la cosa diviene scottante sfiorandosi – ma solo sfiorandosi? – il falso in atto pubblico o la pretesa del non dovuto . Se, come pare, si sono presi i dati catastali del 2011 e si sono incrociati con le realtà impositive del 2006, quali pastrocchi possono venire fuori? quali pastrocchi sono venuti fuori?
Se obbligo di denuncia c’era essa scattava al momento del licenziamento del regolamento del 1995; le sanzioni per omessa denuncia retrocedono a quell’anno e sono belle e andate per decorrenza di termini; volere applicare siffatte denunzie al 2006 è un bell’arbitrio che può uscire dalla bocca di qualche dirigente loquace ma che non avrebbe accoglimento presso organi tutori; se l’obbligo di denuncia è di annua ricorrenza, allora per ogni anno scatterebbe l’obbligo e quindi se del caso la sanzione;
Con il varo del regolamento del 1995 il comune doveva attivarsi per la definizione del perimetro cittadino e per le indicazioni delle aree extra cinta comunale soggette a riduzioni di fascia A e quelle di fascia B etc. e non pensare che un cittadino si metta a misurare i metri di distanza dal cassonetto più vicino che oggi è qui e domani è là: In caso di inadempienze delle autorità competenti comunali chi paga? I responsabili dinanzi alla corte dei conti e le loro colpe la Gesa ATO non può obliare, non ha le chiavi di san pietro di sciogliere o di legare e soprattutto non può essa stabilire sanzioni solo a partire da 2006.
Il regolamento è cosa strana; rimartella la legge o meglio il decreto nazionale; vago questo ancor più vago quello: ne discende una interpretazione di comodo come agevolmente si può dimostrare chiedendo cosa hanno combinato sindaci, assessori, consiglieri comunali e soprattutto dirigenti degli uffici competenti: mi risulta che tanti di loro stanno subendo gli avvisi de quo (o avrebbero dovuto notificarglieli) per avere agito come tutti i contribuenti racalmutesi in base ad interpretazioni di comodo (seconde case, magazzini, garage, case di campagna). Costoro non sono in mala fede, solo hanno applicato i criteri interpretativi di norme e regolamenti che ora una azionaria non accetta. Ex nunc? No! Ex tunc? Se ex nunc rimodulino i regolamenti e non si rompano le scatole ai contribuenti, se ex tunc si proceda contro dirigenti ed amministratori in evidente conflitto di interessi.
Si mettano d’accordo e dicano: le carte che hanno inviato sono accertamenti o sono notifiche bonarie: tutte e due le cose non possono coesistere coevamente. Un mio consiglio non si faccia nulla: si aspetti la cartella: arrivando fuori tempo massimo si proceda presso la commissione tributaria per la parte fiscale chiedendone la sospensione o sgravio che dir si voglia e presso le autorità giudiziarie per gli abusi riscontrabili. Basterebbe un certificato catastale STORICO che evidenzi differenze tra il 2006 e il 2011 ed il pubblico ufficiale è bello e fritto. E i commissari? Certo se fossero politici avrebbero già impedito questo deleterio deflagare di atti nulli se non indebiti, come burocrati credono di potersene lavare le mani? E no! Signori .. per lo mano una culpa in vigilando scatta.
2 commenti:
Una argomentazione dottissima, di altissiomo livello, ma io non ne ho capito niente. Mi dichiaro ignorante crasso, ma non me ne pento
Il signore non è tanto deplorevole per essere ignorante e per giunta protervo, come dire incorreggibile, ma per aver persino paura di dichiarare alla luce del sole il suo in definitiva ammirevole dissenso. Aborro l'anonimato: è segno di meschineria psichica. Non l'avrei pubblicato se non per sfidare chicchessia a fargli capire quello che nel mio scritto (0vvio di sapienza nella disciplina di diritto amministrativo) è solare. Ma forse il signore ANONIMO ha paura che qualche giudice finisca davvero col capire e forse avrebbe proprio lui gatte a pelare per qualche personale responsabilità: Se no, perché non firnmarsi.
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