". Che c'è? - domandò
Siamo alle Grotte Maestà.
Ferdinando si affacciò allo sportello della carrozza. Case grige che si ammucchiavano a scivolo sul fianco di una collina, tetti di ortiche e muschio. E donne vestite di nero affacciate alle porte, e bambini dagli occhi attoniti, e porci che grufavano nelle immondizie.
Si ritrrasse.
- E che mi svegliate a fare?- disse al ministro. [....] Ecco questo scimunito a svegliarmi con la bella notizia che siamo alle Grotte,.
[...] A pochi passi dalla carrozza la gente si aggrumava silenziosa.
- Nelle grotte ci stanno i lupi: tiriamo avanti - disse all'ufficiale di scorta. [..]
E tirarono avanti per altre due miglia: fino a Racalmuto, dove trovarono balconi parati di seta come per il Corpus Domini, la giardia urbana schierata, una ricca mensa in municipio.
Giusto un secolo dopo , dalla stazione di Grotte il treno di Mussolini passò velocemente [..]
In verità, a due miglia appena di distanza, i due paesi erano quanto di più diversio ed opposto si possa immaginare. Grotte aveva una minoranza valdese e una maggioranza socialista, tre o quattro famiglie di origine ebraica, una forte mafia, e brutte strade, bruttissime case, squallide feste. Racalmuto aveva una festa splendida e frenetica, che quasi durava una settimana: e i grottesi vi accorrevano in massa, ma era per il resto, paese senza inquietudini, elettoralisticamente diviso tra due grandi famiglie, con pochi socialisti, molti preti e una mafia divisa."
Sciascia sapidissimo anche in questo squarcio de "Il mare colore del vino", non è poi proprio così serafico e super partes come vorrebbe darla ad intendere. Non ama Grotte e predilige Racalmuto. I luoghi comuni saranno dei racalmutesi ma lui ci guazza e la controffensisva - che sappiamo esserci stata ed esserci ancora - finge di ignorarla. Io debbo starmene buono: racalmutese da tantissime generazioni so di aver un peccato originale: il mio trisavolo Petro Taverna lasciava esasperato Grotte per eccesso di tassazione (dopo che i suoi antenati, piuttosto decaduti, ma era stati parenti di un certo arciprete, avevano lasciato, sempre tartassati, Racalmuto un secolo prima) e alla fine del Seicento ritornava a Racalmuto. Io sto in bilico tra il sorridere dei grottesi e il plaudire i grottesi dei miei antenati secenteschi.
Sciascia come al solito zoppica nella microstoria di Racalmuto. Non credo negli anni trenta dell'Ottocento Racalmuto potesse avere una magione comunale atta a imbandire una succulenta (ma non trimalcionesca) cena per il Re. Dovremmo aspettare la requisizione di un convento di monache cosiddette clarisse per tanto e un satrapo come il Matrona. Forse quella cena poté consumarsi nell'opulento palazzo di Savatteri (o forse del Borsellino) o in quello dei Tulumello, forse però nelle grandi case del prete della famiglia Matrona. Quanto al paese in mano a due famiglie, o con pochi socialisti, o con una mafia divisa mi sembra un guazzabuglio cronologico. Ma con ciò non credo di mancare di rispetto all'immenso Nanà, qui faziosamente filoracalmutese ed ironicamente distante dai grottesi.
Siamo alle Grotte Maestà.
Ferdinando si affacciò allo sportello della carrozza. Case grige che si ammucchiavano a scivolo sul fianco di una collina, tetti di ortiche e muschio. E donne vestite di nero affacciate alle porte, e bambini dagli occhi attoniti, e porci che grufavano nelle immondizie.
Si ritrrasse.
- E che mi svegliate a fare?- disse al ministro. [....] Ecco questo scimunito a svegliarmi con la bella notizia che siamo alle Grotte,.
[...] A pochi passi dalla carrozza la gente si aggrumava silenziosa.
- Nelle grotte ci stanno i lupi: tiriamo avanti - disse all'ufficiale di scorta. [..]
E tirarono avanti per altre due miglia: fino a Racalmuto, dove trovarono balconi parati di seta come per il Corpus Domini, la giardia urbana schierata, una ricca mensa in municipio.
Giusto un secolo dopo , dalla stazione di Grotte il treno di Mussolini passò velocemente [..]
In verità, a due miglia appena di distanza, i due paesi erano quanto di più diversio ed opposto si possa immaginare. Grotte aveva una minoranza valdese e una maggioranza socialista, tre o quattro famiglie di origine ebraica, una forte mafia, e brutte strade, bruttissime case, squallide feste. Racalmuto aveva una festa splendida e frenetica, che quasi durava una settimana: e i grottesi vi accorrevano in massa, ma era per il resto, paese senza inquietudini, elettoralisticamente diviso tra due grandi famiglie, con pochi socialisti, molti preti e una mafia divisa."
Sciascia sapidissimo anche in questo squarcio de "Il mare colore del vino", non è poi proprio così serafico e super partes come vorrebbe darla ad intendere. Non ama Grotte e predilige Racalmuto. I luoghi comuni saranno dei racalmutesi ma lui ci guazza e la controffensisva - che sappiamo esserci stata ed esserci ancora - finge di ignorarla. Io debbo starmene buono: racalmutese da tantissime generazioni so di aver un peccato originale: il mio trisavolo Petro Taverna lasciava esasperato Grotte per eccesso di tassazione (dopo che i suoi antenati, piuttosto decaduti, ma era stati parenti di un certo arciprete, avevano lasciato, sempre tartassati, Racalmuto un secolo prima) e alla fine del Seicento ritornava a Racalmuto. Io sto in bilico tra il sorridere dei grottesi e il plaudire i grottesi dei miei antenati secenteschi.
Sciascia come al solito zoppica nella microstoria di Racalmuto. Non credo negli anni trenta dell'Ottocento Racalmuto potesse avere una magione comunale atta a imbandire una succulenta (ma non trimalcionesca) cena per il Re. Dovremmo aspettare la requisizione di un convento di monache cosiddette clarisse per tanto e un satrapo come il Matrona. Forse quella cena poté consumarsi nell'opulento palazzo di Savatteri (o forse del Borsellino) o in quello dei Tulumello, forse però nelle grandi case del prete della famiglia Matrona. Quanto al paese in mano a due famiglie, o con pochi socialisti, o con una mafia divisa mi sembra un guazzabuglio cronologico. Ma con ciò non credo di mancare di rispetto all'immenso Nanà, qui faziosamente filoracalmutese ed ironicamente distante dai grottesi.
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