dubbi sul questore Ettore Messana. Fascista o antifascista?
Dopo l’attacco vittorioso dell’Asse ai danni della Jugoslavia nell’aprile del 1941, all’Italia furono attribuite la Slovenia meridionale, quasi tutta la costa dalmata, il Montenegro e il Kosovo. In particolare, la creazione della provincia di Lubiana, inglobando nel confine italiano alcuni dei principali centri del movimento di resistenza sloveno, determinava dei contraccolpi notevoli nella Venezia Giulia, esponendola all’azione delle bande partigiane slovene.
Fu per far fronte a questa situazione che il capo della Polizia, Carmine Senise, nell’aprile 1942 mandò in missione nella zona [Giuseppe] Gueli, che ormai era considerato un’autorità nel coordinamento delle forze di polizia nelle periferie.
Ciò che risulta con maggiore evidenza dalla relazione dell’ispettore e dalla sua corrispondenza successiva – poiché a partire da quel momento egli fu posto a capo di un Ispettorato generale di pubblica sicurezza per la Venezia Giulia – era una gestione caotica degli apparati che, in una continua sovrapposizione di competenze, entravano costantemente in conflitto, provocando un’incapacità di reazione a quello che veniva definito «brigantaggio politico».
Era necessaria un’immediata razionalizzazione, perché altrimenti «il prossimo avvenire, se il male non verrà convenientemente fronteggiato, ci riserva sorprese dolorose specialmente per il buon nome e per il prestigio del nostro Paese». (1)
Invece, notava Gueli a più di un anno di distanza dalla costituzione dell’Ispettorato, «una vera gara – determinata in parte da sentimento di gelosia, in parte da spirito di emulazione – si è venuta a stabilire tra i vari Corpi di Polizia e tra questi ed i molti presidi dell’Esercito». (2)
Un primo ordine di problemi era costituito infatti dalla mancanza di accordo tra le autorità civili e militari. […]
Secondo Gueli uno dei casi in cui il dissidio tra autorità civile e militare aveva prodotto i maggiori problemi era quello della provincia di Lubiana, di cui nel 1941 divenne questore Ettore Messana. Nel 1942, il generale del IX Corpo d’armata, Mario Robotti, scriveva che Messana «anziché affiancare la propria opera a quella dell’autorità militare ha assunto sempre più un atteggiamento nettamente in contrasto con qualsiasi forma di collaborazione». (3)
E concludeva: «Ho acquistato ormai la convinzione che si tratta di persona che per il suo speciale apprezzamento della situazione, basato su una non adatta comprensione del movimento attuale in Slovenia, non è adatto ad una carica che si deve svolgere in condizioni particolari di ambiente nel quale debbono essere bandite tutte le forme di personalismo e tutte le ingiustificate gelosie. La sua presenza – fermo restando il mio atteggiamento – incide non solo sull’armonia fra le varie autorità, ma compromette l’esito della lotta intrapresa contro il comunismo e rende il lavoro degli organi competenti difficile e pesante». (4)
Fu probabilmente anche a causa di questa durissima presa di posizione che Messana – contro il quale peraltro si stava conducendo un’inchiesta per maltrattamenti sulla popolazione slava – fu sollevato dal suo incarico a metà del 1942, passando alla questura di Trieste.
[…] Nell’ottobre 1945 l’organismo tornò poi ad assumere la stessa denominazione che aveva con Gueli, Ispettorato generale di pubblica sicurezza per la Sicilia, e fu posto alle dipendenze di Ettore Messana. La scelta di un simile funzionario derivava da più motivi: indubbiamente non fu trascurata l’esperienza di inizio carriera in Sicilia, anche se a giocare il ruolo decisivo fu forse l’assimilazione del cosiddetto «brigantaggio politico» slavo, con cui Messana aveva avuto a che fare da questore di Lubiana e Trieste, con la situazione siciliana, in cui la recrudescenza del banditismo si saldava con l’emergenza separatista.
Del resto anche nell’isola si era iniziato a parlare di un «banditismo politico» – esemplare il caso di Salvatore Giuliano –, in un momento in cui, però, stavano ormai tramontando le fortune separatiste ed esso si configurava piuttosto come strumento nelle mani dei gruppi conservatori per acquistare peso all’interno dei nuovi equilibri di cui era al centro la Democrazia cristiana. Messana arrivava a quest’incarico dopo il recentissimo proscioglimento da parte della commissione di I grado per l’epurazione della pubblica amministrazione dall’accusa di «faziosità fascista». (5)
In particolare deponevano a suo favore i contrasti che, da questore di Trieste, aveva avuto con la Federazione fascista e con il prefetto Tamburini, per cui fu sospeso dal suo incarico dalle autorità della Repubblica di Salò e costretto a darsi poi alla latitanza per alcuni mesi. La vicenda ci viene anche raccontata da Senise nelle sue memorie, con il solito tono assolutorio nei confronti della pubblica sicurezza rispetto al fascismo. (6)
L’allora capo della Polizia, infatti, in una situazione che stava ormai precipitando, aveva inviato a tutti i questori una circolare nella quale li invitava a compilare degli elenchi dei gerarchi delle varie province, in cui dietro all’espressione «per poterli tutelare in caso di disordini» si sarebbe dovuto intendere «arrestare».
Messana, avendo inteso l’interpretazione autentica del telegramma, aveva allora compilato una lista completa di tutti i fascisti triestini (Tamburini compreso), rimettendoci poi il posto a causa di una delazione anonima. Più che a un contesto di antifascismo, però, a me sembra che il caso del questore rimandi a quella situazione di caos e conflitto tra diversi poteri che, in una situazione ormai di collasso del regime, si era fatta evidentissima. Tanto più che, nel suo fascicolo personale, si possono leggere numerosi giudizi nei quali Messana è ben lontano dall’essere dipinto, come vorrebbe invece Senise, come un funzionario «che proprio non aveva l’animo del fascista». (7)
Messana, così come i suoi successori alla guida dell’Ispettorato (tra i quali Ciro Verdiani), continuò a usare i metodi che avevano caratterizzato la polizia nel regime fascista, come la durissima repressione militare e il tentativo di sfaldare i gruppi criminali dall’interno attraverso la ricerca di informatori, tra cui il famigerato Salvatore Ferreri, noto pure con il nome di Frà Diavolo.
Come negli anni Trenta da parte dell’Ispettorato di Gueli, tale ricerca appare sistematica e non un mezzo occasionale. Dunque, le parole di Aristide Spanò, figlio di un altro funzionario che diresse l’organismo, secondo cui in fondo «tutte le polizie del mondo si servono di confidenti», sembrano posizionarsi su una linea giustificazionistica dell’azione della Pubblica Sicurezza in Sicilia. Tale prassi, del resto, non poteva che attirare le critiche del dirigente comunista Girolamo Li Causi il quale, dopo gli attacchi in provincia di Palermo ad alcune sezioni comuniste e socialiste e ad alcune sedi della Camera del Lavoro del giugno 1947, accusò l’ispettore Messana di essere «il dirigente del banditismo politico». […]
(2) Ivi, l’ispettore generale di P.S. al Capo della Polizia, Trieste, 10 luglio 1943, p. 1.
(3) Ivi, l’ispettore generale di P.S. al Capo della Polizia, Trieste, 22 agosto 1942, p. 1
(4) Ivi, il Generale Comandante il IX Corpo d’Armata al Comando della II armata, 28 febbraio 1942, p. 1 e p. 5.
(5) Delibera della Commissione di I grado per l’epurazione del personale di pubblica sicurezza, Roma, 3 maggio 1945, in ACS, MI, DGPS, Divisione del personale, Personale fuori servizio, versamento 1973, b. 126 bis.
(6) Senise, Quando ero Capo della Polizia, Ruffolo, Roma, 1946, pp. 146-8 e 180.
(7) Ivi, p. 147. Ad esempio, il prefetto di Bolzano Marziali scriveva al ministero dell’Interno: «Attaccato al Regime ed alle organizzazioni da esso create, gode la più alta simpatia del locale Fascio, mentre numerosi sono gli attestati ed i ringraziamenti che gli pervengono da Gerarchi di organizzazioni giovanili […]»: il prefetto al ministero dell’Interno, Bolzano, 7 agosto 1930, in ACS, MI, DGPS, Divisione del personale, Personale fuori servizio, versamento 1973, b. 126 bis.
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di Vittorio Coco | 12 marzo 2015
STORIA. Resta aperto il dibattito sul questore Ettore Messana, protagonista delle stagioni più tormentate dell’Italia e della Sicilia. Un saggio di Vittorio Coco sul numero 56/57 della rivista Storica, sul ruolo dei funzionari di polizia in Sicilia tra regime fascista e Repubblica, dedica alcune pagine alla figura di questo poliziotto originario di Racalmuto. Su concessione dell’autore e della rivista, pubblichiamo alcuni stralci dello studio
A LUBIANA, DURANTE LA GUERRA
[…] Un periodo per noi molto interessante è quello successivo all’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale. In quel momento, infatti, esplosero definitivamente alcuni problemi che questi territori avevano posto al fascismo, insieme con le contraddizioni che i tentativi di risolverli avevano comportato. Tutto ciò determinò l’esasperazione di alcuni dei caratteri dell’apparato di repressione del regime, che possiamo ritrovare nelle vicende dei funzionari che abbiamo seguito finora.Dopo l’attacco vittorioso dell’Asse ai danni della Jugoslavia nell’aprile del 1941, all’Italia furono attribuite la Slovenia meridionale, quasi tutta la costa dalmata, il Montenegro e il Kosovo. In particolare, la creazione della provincia di Lubiana, inglobando nel confine italiano alcuni dei principali centri del movimento di resistenza sloveno, determinava dei contraccolpi notevoli nella Venezia Giulia, esponendola all’azione delle bande partigiane slovene.
Fu per far fronte a questa situazione che il capo della Polizia, Carmine Senise, nell’aprile 1942 mandò in missione nella zona [Giuseppe] Gueli, che ormai era considerato un’autorità nel coordinamento delle forze di polizia nelle periferie.
Ciò che risulta con maggiore evidenza dalla relazione dell’ispettore e dalla sua corrispondenza successiva – poiché a partire da quel momento egli fu posto a capo di un Ispettorato generale di pubblica sicurezza per la Venezia Giulia – era una gestione caotica degli apparati che, in una continua sovrapposizione di competenze, entravano costantemente in conflitto, provocando un’incapacità di reazione a quello che veniva definito «brigantaggio politico».
Era necessaria un’immediata razionalizzazione, perché altrimenti «il prossimo avvenire, se il male non verrà convenientemente fronteggiato, ci riserva sorprese dolorose specialmente per il buon nome e per il prestigio del nostro Paese». (1)
Invece, notava Gueli a più di un anno di distanza dalla costituzione dell’Ispettorato, «una vera gara – determinata in parte da sentimento di gelosia, in parte da spirito di emulazione – si è venuta a stabilire tra i vari Corpi di Polizia e tra questi ed i molti presidi dell’Esercito». (2)
Un primo ordine di problemi era costituito infatti dalla mancanza di accordo tra le autorità civili e militari. […]
Secondo Gueli uno dei casi in cui il dissidio tra autorità civile e militare aveva prodotto i maggiori problemi era quello della provincia di Lubiana, di cui nel 1941 divenne questore Ettore Messana. Nel 1942, il generale del IX Corpo d’armata, Mario Robotti, scriveva che Messana «anziché affiancare la propria opera a quella dell’autorità militare ha assunto sempre più un atteggiamento nettamente in contrasto con qualsiasi forma di collaborazione». (3)
E concludeva: «Ho acquistato ormai la convinzione che si tratta di persona che per il suo speciale apprezzamento della situazione, basato su una non adatta comprensione del movimento attuale in Slovenia, non è adatto ad una carica che si deve svolgere in condizioni particolari di ambiente nel quale debbono essere bandite tutte le forme di personalismo e tutte le ingiustificate gelosie. La sua presenza – fermo restando il mio atteggiamento – incide non solo sull’armonia fra le varie autorità, ma compromette l’esito della lotta intrapresa contro il comunismo e rende il lavoro degli organi competenti difficile e pesante». (4)
Fu probabilmente anche a causa di questa durissima presa di posizione che Messana – contro il quale peraltro si stava conducendo un’inchiesta per maltrattamenti sulla popolazione slava – fu sollevato dal suo incarico a metà del 1942, passando alla questura di Trieste.
NELLA SICILIA DEL DOPOGUERRA
[…] Siamo così giunti all’altro estremo cronologico che possiamo prendere in considerazione nel nostro discorso, quello che dalla caduta del regime arriva ai primi anni della Repubblica.[…] Nell’ottobre 1945 l’organismo tornò poi ad assumere la stessa denominazione che aveva con Gueli, Ispettorato generale di pubblica sicurezza per la Sicilia, e fu posto alle dipendenze di Ettore Messana. La scelta di un simile funzionario derivava da più motivi: indubbiamente non fu trascurata l’esperienza di inizio carriera in Sicilia, anche se a giocare il ruolo decisivo fu forse l’assimilazione del cosiddetto «brigantaggio politico» slavo, con cui Messana aveva avuto a che fare da questore di Lubiana e Trieste, con la situazione siciliana, in cui la recrudescenza del banditismo si saldava con l’emergenza separatista.
Del resto anche nell’isola si era iniziato a parlare di un «banditismo politico» – esemplare il caso di Salvatore Giuliano –, in un momento in cui, però, stavano ormai tramontando le fortune separatiste ed esso si configurava piuttosto come strumento nelle mani dei gruppi conservatori per acquistare peso all’interno dei nuovi equilibri di cui era al centro la Democrazia cristiana. Messana arrivava a quest’incarico dopo il recentissimo proscioglimento da parte della commissione di I grado per l’epurazione della pubblica amministrazione dall’accusa di «faziosità fascista». (5)
In particolare deponevano a suo favore i contrasti che, da questore di Trieste, aveva avuto con la Federazione fascista e con il prefetto Tamburini, per cui fu sospeso dal suo incarico dalle autorità della Repubblica di Salò e costretto a darsi poi alla latitanza per alcuni mesi. La vicenda ci viene anche raccontata da Senise nelle sue memorie, con il solito tono assolutorio nei confronti della pubblica sicurezza rispetto al fascismo. (6)
L’allora capo della Polizia, infatti, in una situazione che stava ormai precipitando, aveva inviato a tutti i questori una circolare nella quale li invitava a compilare degli elenchi dei gerarchi delle varie province, in cui dietro all’espressione «per poterli tutelare in caso di disordini» si sarebbe dovuto intendere «arrestare».
Messana, avendo inteso l’interpretazione autentica del telegramma, aveva allora compilato una lista completa di tutti i fascisti triestini (Tamburini compreso), rimettendoci poi il posto a causa di una delazione anonima. Più che a un contesto di antifascismo, però, a me sembra che il caso del questore rimandi a quella situazione di caos e conflitto tra diversi poteri che, in una situazione ormai di collasso del regime, si era fatta evidentissima. Tanto più che, nel suo fascicolo personale, si possono leggere numerosi giudizi nei quali Messana è ben lontano dall’essere dipinto, come vorrebbe invece Senise, come un funzionario «che proprio non aveva l’animo del fascista». (7)
Messana, così come i suoi successori alla guida dell’Ispettorato (tra i quali Ciro Verdiani), continuò a usare i metodi che avevano caratterizzato la polizia nel regime fascista, come la durissima repressione militare e il tentativo di sfaldare i gruppi criminali dall’interno attraverso la ricerca di informatori, tra cui il famigerato Salvatore Ferreri, noto pure con il nome di Frà Diavolo.
Come negli anni Trenta da parte dell’Ispettorato di Gueli, tale ricerca appare sistematica e non un mezzo occasionale. Dunque, le parole di Aristide Spanò, figlio di un altro funzionario che diresse l’organismo, secondo cui in fondo «tutte le polizie del mondo si servono di confidenti», sembrano posizionarsi su una linea giustificazionistica dell’azione della Pubblica Sicurezza in Sicilia. Tale prassi, del resto, non poteva che attirare le critiche del dirigente comunista Girolamo Li Causi il quale, dopo gli attacchi in provincia di Palermo ad alcune sezioni comuniste e socialiste e ad alcune sedi della Camera del Lavoro del giugno 1947, accusò l’ispettore Messana di essere «il dirigente del banditismo politico». […]
NOTE AL TESTO
(1) L’ispettore generale di P.S. al Capo della Polizia, Roma, 23 aprile 1942, p. 7, in ACS, MI, DGPS, cat. A5G (seconda guerra mondiale), p 2.(2) Ivi, l’ispettore generale di P.S. al Capo della Polizia, Trieste, 10 luglio 1943, p. 1.
(3) Ivi, l’ispettore generale di P.S. al Capo della Polizia, Trieste, 22 agosto 1942, p. 1
(4) Ivi, il Generale Comandante il IX Corpo d’Armata al Comando della II armata, 28 febbraio 1942, p. 1 e p. 5.
(5) Delibera della Commissione di I grado per l’epurazione del personale di pubblica sicurezza, Roma, 3 maggio 1945, in ACS, MI, DGPS, Divisione del personale, Personale fuori servizio, versamento 1973, b. 126 bis.
(6) Senise, Quando ero Capo della Polizia, Ruffolo, Roma, 1946, pp. 146-8 e 180.
(7) Ivi, p. 147. Ad esempio, il prefetto di Bolzano Marziali scriveva al ministero dell’Interno: «Attaccato al Regime ed alle organizzazioni da esso create, gode la più alta simpatia del locale Fascio, mentre numerosi sono gli attestati ed i ringraziamenti che gli pervengono da Gerarchi di organizzazioni giovanili […]»: il prefetto al ministero dell’Interno, Bolzano, 7 agosto 1930, in ACS, MI, DGPS, Divisione del personale, Personale fuori servizio, versamento 1973, b. 126 bis.
Pazienza. Il prof. Coco non può avere la pretesa di fare storia con quel “probabilmente anche a causa di…”. Altri abbiamo scandagliato le cause sulla base di ricerche d’archivio molto puntuali. Il prof. Coco sembra ignorarci. Ma ha i favori di Malgrado Tutto. Noi non li abbiamo codesti favori ma ci rifacciamo con un giudizio poco lusinghiero su questo giornaletto che buttatosi a capo fitto a denigrare questo nostro grande concittadino Ettore Messana va pitoccando qua e là da storici compiacenti svolazzi denigratori di una grande gloria racalmutese, il gr. Uff. appunto Ettore Messana.