La
confraternita della “Mastranza” alla fine del Settecento.
Stralciamo
dalla documentazione che ancora (ma fino a quando?) si conserva nella chiesetta
dell’Itria alcuni spunti che ci illuminano non solo sulla solita attività della
buona morte che ogni confraternita si propone – e si proponeva, in ispecie, a
Racalmuto – ma, e soprattutto, sul risveglio dei “mastri” e cioè di questo
piccolo ceto medio della società contadina, sempre solerte e significativo nel
nostro paese.
Desumiamo
dagli archivi parrocchiali dati che ci ragguagliano sui matrimoni più
significativi del secolo: ecco come già allora le migliori famiglie non amavano
inquinarsi ma circoscrivevano nel loro stretto ambito gli intrecci nuziali per
non disperdere le loro ricchezze accumulate non sempre onestamente, quasi
sempre con un pizzico di pratica usuraia. La chiesa, indulgente, perdonava e
benediceva; del resto al sacerdozio si poteva accedere se si era facoltosi, se
si apparteneva dunque alle schiatte egemoni del paese.
Il
beneficio del Crocifisso.
La
vicenda del beneficio del Crocifisso è lunga, tortuosa ed intrigante ed ha dato
adito ad almeno un paio di complicate vertenze giudiziarie. Leggiamo nella
bolla che si tratta dei seguenti beni:
in oppido praedicto reperiatur Ecclesia Sancti Antonij jam
diruta cum Immagine SS.mi Crucifixi quae detinet salmas tres et tumulos quatuor
terrarum in pheudo Mentae Status Racalmuti cum onere proprietatis unciae 1.6.
aliam clausuram terrarum salmae unius tumulorum quatuordecem et quarti unius
cum dimidio in dicto Statu et pheudo Racalmuti et contrata di Garozza cum onere
proprietatis unciae 1.6.7.3. et tarinorum viginti quatuor Conventui Sancti
Francisci de Assisia dictae Terrae.
Negli
atti giudiziari dell’arciprete Tirone avverso i coniugi Giuseppe Savatteri e
Concetta Matrona abbiamo la
ricostruzione della provenienza di tali beni. Come risulta da un atto del 3
settembre 1659, la Confraternita del SS. Crocifisso di Racalmuto aveva diritto ad un canone di proprietà
«primitivo veluti jus pheudi et
proprietatis su terre della Menta e Culmitella». Trattavasi, in base a quel che
si desume da altri atti, di un fondo di quattro salme e tumoli sei di terre
ubicate nel feudo Menta, contrada Fico Amara, detta - secondo l’arc. Tirone -
«in quei tempi Mercanti». Del resto
aggiunge l’arciprete che «il nome di contrada fico amara e Mercanti andiede in
disuso. Questa contrada prese nome di SS. Crocifisso.»
Non
essendo stato pagato tale canone per più di un triennio, ed essendo state le
suddette terre abbandonate, la confraternita del SS. Crocifisso esperì il diritto domenicale di avocazione del
fondo per distruzione di migliorie, mancata corresponsione del canone ed
abbandono delle terre dell’enfiteuta che era tal Giaimo Lo Brutto. Essa, pertanto, fu immessa
nel pieno possesso delle cennate terre della Menta secondo il rito del tempo con atto notarile
del 3 settembre 1659, redatto innanzi a
quattro testimoni.
Gli
atti giudiziari tacciono sulle vicende che intercorsero tra il 1659 ed il 1767,
un intervallo di tempo in cui si colloca la dotazione dell’Oratorio Filippino.
Intanto non so su che cosa basi l’arc. Tirone il ruolo sostenuto dalla
Confraternita del SS. Crocifisso. Di questa conosco il vago
accenno contenuto nell’elenco della Giuliana della Curia Vescovile - voce
Racalmuto, pag. 205 - che riguarda la
«conferma della Conf.ta del SS. Crocifisso - reg.tro 1669-70, pag. 488». Ma qualche chiarimento lo troviamo in
quest’atto del 10 ottobre 1648 del notaio Michelangelo Morreale. Trattasi della «recognitio
pro Archiconfraternitate SS.mi Crucifixi contra Donnam Vittoriam del Carretto e Morreale». In esso la Del Carretto (del ramo
collaterale dei locali conti) si obbliga di corrispondere al «Rev. D. Joseph Thodaro .. uti procuratori
venerabilis Archiconfraternitatis SS.mi Crucifixi fundatae in Ecclesia Sancti
Antonii huius terrae Racalmuti .. uncias quinque red. ann. cens. et red.bus
dictae Archiconfraternitatis cession. nomine Petri Piamontesio et alijs
nominibus in scripturis debitas, et anno quolibet solvendas supra loco qui olim
erat dicti quondam de Monteleone vigore contractus emphiteuci celebrati in
actis notarij Nicolai Monteleone die XXIIIJ Maij XII ind. 1584 et contractus solutionis
donationis et assignationis in actis
not. Simonis de Arnone die 31 aug. 1605 et aliorum contractum in eis calendatorum.» inoltre «supradicta
Donna Victoria .. solvere promisit .. seque sollemniter obligavit et obligat
eidem de Thodaro dicto nomine pro se et pro successoribus in dicta
Archiconfraternitate in perpetuum uncias centum quatraginta una p.g. tempore
annorum decem in decem equalibus solutionibus et partitis anno quolibet facere
numerando et cursuro a die date literarum Civitatis Agrigenti ... Et sunt
uncias 141 in totalem complimentum omnium censuum decursorum annorum
retropreteritorum enumerandorum ab anno 1608 usque et per annum presentem
inclusive , ratione d. unc. quinque anno dictae Archiconfraternitate debitae
super dicta vinea.»
Quell’arcicofraternita
era dunque operante dentro la chiesa di S. Antonio e siamo nel 1648. Ne è procuratore il sac. d.
Giuseppe Todaro che muore il 7 maggio 1650.[1]Successivamente
alla morte del sacerdote Todaro, si rinviene l’atto del 3 settembre 1659 di cui
sopra; dopo dell’arciconfraternita si perdono le tracce e tutto fa pensare che
si sia estinta: si spiega forse così perché in un primo tempo i benefici di
quel sodalizio finirono all’Oratorio di S. Filippo Neri, per volere del Vescovo
Rini.
Nel
1767 il vescovo Lucchesi Palli si ritrova vacanti quei beni
dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso e con bolla dell’8 luglio 1767 li assegna al sac. D.
Francesco Busuito. La ricostruzione di un successivo beneficiario, il sac. Don
Calogero Matrona, fatta il 15 giugno 1870, è particolarmente vivace ed
intrigante.
«Con
Bolla di erezione in titolo dell’8 luglio 1767 - vi si legge fra l’altro - da
Monsignor Lucchesi fu eretto nella Cappella del SS.mo Crocifisso dentro la Chiesa Madre di Racalmuto un beneficio semplice in adjutorium Parochi di libera collazione da conferirsi a
concorso ai naturali di Racalmuto con le obbligazioni di coadiuvare il Parroco
nell’esercizio della sua cura, di celebrare in diverse solennità dell’anno
nell’anzidetta Cappella numero trenta Messe, costituendosi in dote del
beneficio taluni beni, che esistevano nella Chiesa senza alcuna destinazione,
dandosene anche l’amministrazione allo stesso Beneficiale. Riserbavasi però il
Vescovo fondatore il diritto di conferire la prima volta il beneficio, di cui
si tratta, senza la legge e forma del concorso in persona di un soggetto a di
lui piacimento.
«In
seguito di che con bolla di elezione del 10 luglio 1767 dallo stesso
Monsignor Lucchesi fu eletto per primo Beneficiale il Sac. Don Francesco
Busuito di Racalmuto, allora Rettore del Seminario di Girgenti dispensandolo dall’obbligo del concorso, e
dalla residenza, e facoltandolo ad un tempo a sostituire a di lui arbitrio un
Ecclesiastico, per adempire in di lui vece le obbligazioni e pesi tutti al
beneficio inerenti.
«Appena
verificatasi tale elezione, come risulta da un avviso dato dal Parroco locale
di quel tempo, dal Sac. Don Giuseppe Savatteri qual uno degli eredi e
successori di D. Giaimo Lo Brutto di Racalmuto impugnavasi la fondazione e ricorrendo al
Tribunale della Reggia Gran Corte Civile, otteneva lettere citatoriali contro
il detto Reverendo Busuito, affine di rivendicare i
fondi constituiti come sopra in dote al beneficio come appartenenti al suddetto
Lo Brutto. Sostenevasi dal Savatteri che la Confraternita del SS.mo Crocifisso dentro la suaccennata Chiesa Madre percepiva
onze cinque annue per ragion di canone enfiteutico sopra quattro salme di terre
esistenti nello Stato di Racalmuto contrada Menta dotate alla moglie del suddetto D. Giaimo Lo
Brutto dalla di lei zia D. Vittoria del Carretto, annuo canone destinato per
legato di maritaggio di un orfana. Nel 1659 i Rettori della cennata
Confraternita per attrarsi di pagamento del canone anzidetto e per deterioramenti
avvenuti nei suddivisati fondi, unitamente all’Arciprete e Deputati dei Luoghi
Pii senza figura di giudizio e senza le debite formalità giudiziarie
s’impossessavano di quei fondi e melioramenti in essi fatti dal predetto Lo
Brutto. Si credettero autorizzati a far ciò senza ricorrere alle procedure
giudiziarie da un patto enfiteuco solito apporsi in simili contratti, in cui
espressavasi, che venendo meno il pagamento o deteriorandosi il fondo fosse
lecito all’Enfiteuta di propria autorità ripigliarsi il fondo enfiteuco, come
tutto rilevasi dagli atti di possesso presso Notar Michelangelo Morreale di Racalmuto sotto il 3 settembre 13 Ind.
1659. Così postasi la Chiesa in possesso dei fondi, conosciutosi che pagate le
onze cinque per legato di maritaggio ed i pesi efficienti, il resto delle
fruttificazioni rimaneva senza destinazione, pensavasi dal Vescovo Monsignor
Lucchesi per di esse fondare il beneficio anzidetto, che indi conferivasi al
sopra indicato Sac. Busuito. Impugnavasi questo fatto dal sac. Savatteri e
facevalo come sopra citare a fin di chiarirsi nulla la suddivisata fondazione.
Ma il beneficiale frapposti buoni amici persuase il Savatteri a rimettere tutto
al saggio arbitrio di S.E. Rev.ma Monsignor Vescovo di Girgenti, il quale tutto riponendo
sotto lo esame dell’Assessore Canonico d. Nicolò A. Longe, fattesi varie
sessioni inanzi a lui con l’intervento dell’arciprete di Racalmuto per parte
del Beneficiale e di altra persona per parte del contendente Savatteri,
dichiaravasi dall’Assessore nullo l’impossessamento dei fondi e riconosciuta
evidentemente la usurpazione dei fondi fatta dalla Chiesa. Ma protrattosi a
lungo l’affare, pria di definirsi pubblicavasi la prammatica della prescrizione
del 22 settembre 1798, quindi il Beneficiale avvalendosi di tal legge non volle
più fare ulteriori trattamenti della causa, né arrendersi alle pretensioni del
Savatteri.
«Morto
però il Beneficiale, il cennato Savatteri fece ricorso al Re e dalla Segreteria
Reale abbassavasi biglietto alla Giunta dei Presidenti e Consultori per
informare. Moriva intanto il Savatteri ed il di costui erede Don Pietro
Cavallaro e Savatteri agendo con più di moderazione
pensava di mettere l’affare in mano del Vescovo Monsignor Granata, e
desiderandosi dal ricorrente che il beneficio rimanesse, si contentava soltanto
che divenisse patrimoniale e proprio della di lui famiglia e suoi discendenti.
«Il
Vescovo conosciuta la validità delle ragioni e la pienezza del diritto del
ricorrente, perché fondato il beneficio sopra beni proprii di D. Giaimo Lo
Brutto di lui autore, a vista della patente
usurpazione fattasi dalla Chiesa, della non ecclesiasticità del beneficio,
perché fondato senza la volontà del padrone dei fondi, pensò accordarne la
prelazione ai discendenti della famiglia Brutto. Quindi perché conobbe la
verità delle cose per conscienzioso temperamento pensò conferire anche in
minore età quel beneficio ad un chierico erede dei beni, che è l’attuale
investito Cavallaro. Ed infatti il conferì con
decisione del 16 giugno 1804. [...] Ottenne per ciò pria dispensa della Santa
Sede, perché al detto chierico avesse potuto conferire il beneficio nella
minore età di anni 14, lo dispensò dalla legge del concorso e dell’obbligo
della coadiuvazione del Parroco nello adempimento degli offici parrocchiali
sino all’età del sacerdozio e gli diede l’amministrazione dei beni dotalizii
[...]»
Al
beneficiale don Ignazio Cavallaro succede il nipote (figlio della sorella) don
Calogero Matrona, con bolla di Monsignor Domenico Turano del 1° marzo
1875. Ma non fu una successione pacifica. Vi si rivoltò contro Giuseppe
Savatteri, unitamente alla moglie donna Concetta Matrona, con cause, ricorsi,
appelli che durarono decenni. Eugenio Messana, nello scrivere le sue
memorie su Racalmuto, risente ancora di quel
clima infuocato che in proposito si respirava ancora nella sua famiglia.
Il
beneficio del Crocifisso è quindi oggetto di una bolla di collazione nel 1902 (cfr. reg. Vescovi 1902
pag. 703). Viene poi assegnato al padre Farrauto, per passare nelle mani di
padre Arrigo. Attualmente è accentrato presso la Curia vescovile di Agrigento.
Racalmuto coinvolto nella controversia
liparitana del 1713
L’eredità
arcipretale del Lo Brutto tocca a Fabrizio Signorino: su di lui cade la
tegola dell’interdetto. Senza ricorrere al Mongitore, sappiamo dai libri della
matrice che:
eodem die 2 settembre
1713 VII ind. die 3 settembre 1713 VII Ind.Vigilia Sanctae Rosaliae hora
vigesima fuit affixum interdictum generale locale in hac terra Racalmuti.
Si dovette affiggere la bolla episcopale di interdetto generale il
3 settembre 1713, nel giorno di Santa Rosalia: forse fu anche per questo che
dopo meno di un secolo decadde a Racalmuto il culto di Santa Rosalia, prima egemone ed a
carico della universitas. L’ordine è
quello di approfittare della notte (hora vigesima, per aggirare e raggirare le
autorità civili).
Le sepolture, dal giorno dopo, non possono farsi in chiesa, ma in
un luogo a ciò “deputato” dal signor arciprete. Il primo a
farne il piccolo di pochi mesi Santo Bordonaro, figlio del chierico coniugato
con tale Ninfa:
4/9/1713 – SANCTUS F. CL. CONIUG. STEFANI ET NINFAE BORDONARO; IN LOCO DEPUTATO A REV.DO ARCH.
L’esordio è duro e sembra che non si guardi in faccia a nessuno.
Dopo, data la legge, trovato l’inganno: basta una bolla a pagamento di
sovvenzione delle crociate per avere cristiana sepoltura in chiesa.
Certo,
scatta ora il dramma della regolare somministrazione dell’estrema unzione:
quest’atto ne lascia traccia:
5/9/1713
- AGOSTINA F. DI M° STEFANI ET CATARINAE RIZZO
di anni 11; sepolta IN UNA EX FOVEIS
DEPUTATA A REV. ARCH. IN VIA S. GREGORII
- GRATIS PRO DEO - ROBORATA ANTE
OFFICIUM INTERDECTI.
La
fanciulletta, undicenne, figlia di mastro Stefano e Caterina Rizzo, viene tumulata
- con quale strazio, è facile intuire - nelle fosse comuni prescelte (e
benedette) dall’arciprete Signorino, degradanti nella scoscese contrada di S.
Gregorio (S. Grigoli). E’ povera ed il funerale è avvenuto gratis pro Deo; era
stata “roborata” - confortata e temprata alla morte - secondo i sacri canoni,
alcuni giorni prima, quando non era scattato l’ Officium interdecti.
Ma
ora muore un notabile, un Romano: non può certo venire esposto all’inclemenza
del clima e di altro:
7/9/1713 - SALVATORE ROMANO VIR JOSEPHAE
ROMANO di anni 45; sepolto in MATRICE, PER PRIVILEGIUM BULLAE SANC. CRUCIATE e
pure GRATIS PRO DEO.
Le
note dell’atto funerario svelano parecchi aspetti religiosi ma anche sociali ed
economici della Racalmuto del tempo. Il Romano muore a 45 anni, ad un’età che pur supera di
molto l’età media della mortalità del secolo dei lumi in quel di Racalmuto.
Appartiene ad una delle più prestigiose famiglie del luogo, ma è caduto in
miseria e per i suoi funerali non può corrispondere i diritti ecclesiastici dei
c.d. festuarii. Supplisce la carità
dei preti, che il funerale lo fanno lo stesso, gratis pro Deo. Il settecento fu
a Racalmuto, come altrove in Sicilia, misero, in crisi economica profonda, con
punte di grande fame per tutti. A fine secolo, i sacerdoti racalmutesi
ottengono l’autorizzazione dell’Ordinario ad impegnare gli arredi sacri per
approvvigionare l’Universitas di grano per la pubblica fornitura del pane
quotidiano. Lo studio del Valenti (cfr. Calogero Valenti - Ricchezza e povertà in Sicilia nel secondo settecento) può
estendersi anche al primo settecento e le considerazione sulla povertà di
Grotte si attagliano appieno pure a Racalmuto.
Ciò
nonostante il buon Romano ha
sepoltura nella Matrice: aveva la bolla
della santa crociata: un privilegio che scavalca il rigore dell’interdetto del
Ramirez, comminato per
la difesa dei beni materiali del ricco vescovo di Catania.
Desta
pietà la fine di questa neonata racalmutese: muore a soli quindi giorni: una “gloria”; potrebbe trovarsi un cantuccio
nelle carnaie delle chiese; ma è
povera ed è illegittima: finisce - sia pure gratis pro Deo - nel nuovo pauroso
cimitero all’aperto, che l’arciprete ha degnato dell’acqua benedetta:
11/9/1713 - ANTONINA F. JULIAE VIRTULINO
INZIONE PATRE IGNOTO VIRTULINO 15 GIORNI - IN FOVEA NON BENEDICTA DEPUTATA A
REV.DO ARCH. IN VIA S. GREGORII OB INTERDICTUM - GRATIS PRO DEO.
Frattanto
la miseria genera violenza: mastro Stefano Savatteri viene folgorato dalla
lupara all’età di 44 anni. E’ povero ed i funerali avvengono gratis pro Deo. Ma
è anche mastro: appartiene alla confraternita del Tau. La su sepoltura deve
avvenire nell’oratorio della confraternita - interdetto o non interdetto:
16/9/1713 - STEFANUS MAG. VIR PAULAE
SAVATTERI - 44 - IN ORATORIO TAU ET SOLUM FUIT ROBBORATUS SACRO OLIO UNCTIONIS
OB MORTEM VIOLENTAM GRATIS PRO DEO.
Quando
a morire è un “galantuomo”, l’imbarazzo del cappellano detentore dei libri della Matrice è evidente; il suo latino si ingarbuglia,
comunque la sepoltura avviene in chiesa, nonostante l’interdetto:
5/10/1713 – FRANCISCUS
DON VIR MARIAE PUMO - 45 IN
ECCLESIA S. JOSEPH PER PRIVILEGIUM BULLAE SS.ME CRUCIATAE OB INTERDICTUM
Le
annotazioni sparse qua e là nel libro dei morti contengono queste altre
notizie:
A 28 AGOSTO 1713 -
L'INTERDETTO IMPOSTO DELL'ILL.MO E REV.MO SIGNOR FRA D. FRANCESCO RAMIREZ
ARCIVESCOVO E VESCOVO DI GIRGENTI - CON IL CONSENSO DELLA S. SEDE NELLA CHIESA
CATTEDRALE DI GIRGENTI, ET IN TUTTA LA SUA DIOCESE - FU' RIMOSSO; E PROSCIOLTO
DOMENICA - 27 AGOSTO 1719 AD HORAM 22 - DAL REV.MO SIGNOR DR. DON GIUSEPPE PANCUCCI
CA. TES., E VIC. GENERALE APOSTOLICO CON L'ACTORITA' DELLA S. SEDE PER VIA
DELLA SAC: CONGREGATIONE DELL'IMMUNITA'
Li bro dei MORTI 1714-1724
A 28 AGOSTO 1713 -
L'INTERDITTO FU IMPOSTO DELL'ILL.MO E REV.MO SIGNOR D. FRANCESCO REMIRENZ
ARCIVESCOVO E VESCOVO DI GIRGENTI CON IL CONSENSO DELLA S. SEDE NELLA CHIESA
CATTEDRALE DI GIRGENTI, ET IN TUTTA LA SUA DIOCESE
L’interdetto durò poco meno di sei anni e - forse anzi tempo - fu
revocato il 27 agosto 1719, stando alle precisazioni dei libri parrocchiali:
FU' SCIOLTO
DOMENICA QUARTA D'AGOSTO AL DI' 27 DELL'ORA VIGIGESIMA SECUNDA 1719 -
DAL REV.MO SIGNOR DR. DON GIUSEPPE PANCUCCI CA. TES., E VIC. GENERALE
APOSTOLICO CON L'ACTORITA' DELLA S. SEDE.
* * *
Si fornisce ora una tabella degli
arcipreti del settecento:
1697
|
FABRIZIO
|
SIGNORINO
|
ARCIPRETE
|
1731
|
FILIPPO
|
ALGOZINI
|
ARCIPRETE - DOTT.
|
1736
|
FRANCESCO
|
TORRETTA
|
ANNI 61, ARCIPRETE SUPPLENTE,
|
1758
|
STEFANO
|
CAMPANELLA
|
ARCIPRETE E RETTORE MATRICE
|
1782
|
STEFANO
|
CAMPANELLA
|
ARCIPRETE
|
1797
|
GAETANO
|
MANTIONE
|
A.44 - ARCIPRETE
|
Atto notarile relativo alla rendita della Cappella
della Maddalena entro la Chiesa Madre di racalmuto, riveniente da don Santo
d’Agrò, che si continuava a percepire nel Settecento e nell’Ottocento.
Die decimo septimo octobris 4^ ind.
millesimo sexcentesimo quinquagesimo 1650
Testamur quo d Franciscus De
Gerardo quondam Caroli de terra Gruttarum modo hic Racalmuti se repertus mihi
notario cognitus coram nobis ad istantiam et requisitionem Dn Francisci
Sferrazza huius terre Racalmuti mihi notario cogniti
sponte dixit et declaravait, ac dicit et
declarat, ac legitime recognovit et recocognoscit, se detinere et possidere
unam viniam cum eius clausura, arboribus, torculari, domo terranea, et aliis in
ea existentibus sitam et positam in Pheudo dictae terre Gruttarum et in contrada vocata di
Zupparello, seu di Fontana Pazza confinantem cum vinea Pauli Selvagio,
entrata, et cum finaita dictae terrae Racalmuti, et aliis verioribus
confinibus.
Eadem vinea ad emphiteusim
concessa a Dn Joseph Morreale quondam Thomae Catalano pro annuo censu
unciarum quinque et granorum duodecim -/ 5.12 vigore contractus Emphiteusis
celebrati in Actis Notarii Joseph Memmi de urbe Agrigentina 5 ind. 1582, et postea
dicta vinea relaxata per dictum de Morreale Augustino Marchesatto de Gerardo
cum honere dicti redditus vigore contractus relaxationis in actis notarii Gregorii Giardina die 14 Septembris 5 Ind. 1591.
Subiectam dictam vineam superius
declaratam et conphessam in unciis
tribus et tarenis duodecim ponderis generalis annualibus, censualibus, et
rendalibus de summa dictarum unciarum quinque et tarinorum duodecim annualium
debitis et anno quolibet solvendis per dictum Dn. Franciscum de Gerardo dicto
Dn. Francisco Sferrazza uti legatario quondam Dn. Sancti D'Agrò
cessionarii et habentis jus et causam a
mag. Antonino De Gueli et consortibus uti heredibus quondam Mag.i
Marci de Gueli, quales cessionarii et
habentes jus et causam a mag.o Vincentio Catalano cessionario, qualis habebat jus et causam a mag.o Joseph et
Vincentio Catalano fratribus uti filiis et heredibus quondam Thomae Catalano
patris , vigore testamenti dicti quondam Dn. Sancti De Agrò, in quo habuit
legatarium dictum de Sferrazza in actis mei notarii die etc. et vigore
venditionis redditus praedicti favore dicti de Agrò in actis mei notarii die 15
Junii 5 Ind. 1634, et contractus obligationis dictarum unciarum trium et
tarinorum duodedecim redditus factum a
dicto quondam Marco de Gueli in atcis
notarii Natalis Castrogiovanni die 19 Novembris 14 ind. 1615, et vigore
assignationis dicti redditus assignati dicto quondam mag.o Vincentio Catalano et mag.o Joseph Catalano uti coheredibus in
actis notarii Nicolai Monteleone die 26 octobris 5 ^ ind. 1607 ad mentem quorum actorum recognitoriorum
factorum de dicta vinea dicto quondam mag. Marco de Gueli per Carolum de
Gerardo in actis notarii Simonis de Arnone die 5 septembris 3 ind. 1619 et
aliarum scrpturarum publicarum privatarum ad quas etc.
Et hac ex causa dictus Franciscus
de Gerardo interveniens ad hoc tam
nomine proprio uti detemptor et posessor paedictae vineae quam hereditario
nomine supradicti quondam Caroli de Gerardo
olim eius patris, et omnibus expressis aliis nominibus sponte per se, et
suos heredes promisit et promittit obligavit et obligat dare realiter, et cum
effectu solvere dicto dn. Francisco Sferrazza stipulanti per se suosque heredes
supradictus uncias tres et tarenos
dodecim annuales, cenusales, et rendales de illis unciis quinque et tarenis
dodecim ponderis generalis debitis censualibus et rendalibus cum aliis unciis
viginti septem et tarenis quindecim
ponderis generalis ex causa decursorum maturatorum hic Racalmuti in pecunia
numerata una et in simul cum dictis -/ 3.12 annualibus in ultimo mensis augusti cujuslibet anni in
perpetuum incipiendo facere primam solutionem in ultimo Augusti proximae
inditionis 1651 una cum decursis in pace.
Sub pactis emphiteucis debitis solitis, et consuetis a
jure statutis et presertim dictam vineam superius emphiteuticatam beneficare
illamque deteriorari non permittere, et solvere dictum jus census annualiter.
Item quod non
liceat dicto de Gerardo, et suis dictam vineam nec in totum nec in partem
vendere et alienare, et presertim Ecclesiae, Fisco, Comiti, Baroni, aut alteri
potenti et privilegiatae personae nisi personis licitis et a jure permissis.
Item quod si dictus de Gerardo contravenerit in solutionibus
dicti census, aut controvenerit pactis emphiteucis incidat in commissum etc.
Ita quod .. Et predicta attendere ..
Sua omnia .
Testes den. Lucius Sferrazza Dn. Libertinus d'Agrò et mag. Antoninus Scheri
Ex actis notarii Michelangeli
Morreale Racalmuti.
[Annnotazioni della quarta ed
ultima facciata]
Atto ricognitorio
Fa Francesco de Gerardo a favore di d.
Francesco Sferrazza Fidecommissario della Cappella
di S. Maria Maddalena dentro la Chiesa Madre di Racalmuto.
[Annotazione recente
attribuibile all'arc. Tirone]
Apoca estratta dagli
atti di Notar Dr. Pietro Morreale da Grotte concepita in questi termini
A 6 Gennaro 1819
Il Sacerdote Dn. Paolo Tirone Cappellano della Cappella di S. Maria
Maddalena confessa avere ricevuto da Notar Dn. Gaetano Cimino da Grotte onze due e tarì ventotto a
complimento di onze tre, e tarì due, stante tarì quattro confessati dal Tirone
per Apoca in notar dn. Giuseppe Vassallo come si asserisce - Sono per
causa di quell'onza una, e tarì sedici
dal detto Cimino dovuti annualmente alla Venerabile Cappella di Santa Maria
Maddelena sopra le sue terre in questo stato contrada Cancellieri vicino le
terre di dn. Diego Zaffuto maritali nomine, terre degl'eredi di Pietro Avarello
er altri confini.
Disponibile
anche un altro documento; questo comprova che dell’eredità del sac. Agrò un censo annuo di un’oncia andò alla Matrice, censo dovuto dalle sorelle
Angelica ed Ursula d’Afflitto e loro eredi. Il censo viene scelto fra tanti
disponibili - evidentemente perché il più affidabile - dall’arc. Traina, uti rector; molto esplicito il passo «quam unciam unam annualem dictus Dn. Thomas dixit elegisse inter omnes
summas et quantitates reddituum legatorum per dictum quondam Dn. Sanctum De
Agrò dicto de Sferrazza, juxta formam testamenti
dicti quondam Dn. Sancti ut supra calendati pro Servitio Fabricae dictae
Matricis Ecclesiae cunctis futuris temporibus in perpetuum.»
L’atto è
evidentemente transattivo: la portata delle disposizioni testamentarie dovevano
essere molto più ampie. Intanto non può non cogliersi uno scostamento dal
dispositivo testamentario in questa clausola:
«Ita quod
in casu reluitionis redditus illius dictus Dn. Thomas, nec sui possint capere,
sed de eo teneantur emere tot redditus de redditibus veteris ad rationem de
decem pro centenario, et in defectu ad rationem de quinque pro centenario, qui
redditus omni futuro tempore stent et stare debeant pro servitio dictae
Fabricae, et sic toties quoties casus huiusmodi reluitionis eveniet, dicta
emptio dicti redditus fieri debeat per dictum Dn. Thomam Archipresbiterum et
per successores in dicta Matrici in perpetuum, et hoc de novo pacto et accordio
sic inter eos, non obstante quod in supradicto testamento dictus quondam Dn.
Sanctus de praemissis mentionem non fecisset, et quoniam ita sibi fieri placuit
et placet, et non aliter, nec alio modo.»
In
definitiva con quest’atto del 1641, l’arc. Traina concede ai due nipoti eredi di d. Santo d’Agrò l’uso della “carnalia” (dammusium pro carnalia
costruenda longitudinis et latitudinis dictis haeredibus benvisum) sotto la
Cappella della Maddalena, previa acquisizione di una soggiogazione di un’oncia
annua. Escluderei che gli eredi si debbano sobbarcare ad altre spese per la
costruzione della Cappella, anche se sembra ostare quest’ambiguo passo secondo
cui «dicta Cappella [est] fabricanda, ordinanda, abellenda, tectum quodcumque
faciendum». Ma prima non era stato detto che si procedeva a concedere « unam
Cappellam existentem in dicta Matrici Ecclesia, nec non et locum sepolturae
ante dictam Cappellam, quae est prima post Cappellam Annuntiationis Beatae
Mariae Virginis, quae est in frontispitio Cappellae Cappellae Suffragii
animarum SS.mi Purgatori.» Se non era ancora costruita che cosa si era fatto
per allargare la chiesa dell’Annunziata in tanti anni? Siamo già nel 1641 ed a
quanto pare l’antica “Ecclesiola” non va al di là
dell’abside e delle cappelle di fondo delle navate laterali non si andava.
Certo, non sappiamo com’era prima la chiesa e come sia stata trasformata, se
era stata demolita del tutto o riadattata in parte.
La
confraternita della “Mastranza” alla fine del Settecento.
Stralciamo
dalla documentazione che ancora (ma fino a quando?) si conserva nella chiesetta
dell’Itria alcuni spunti che ci illuminano non solo sulla solita attività della
buona morte che ogni confraternita si propone – e si proponeva, in ispecie, a
Racalmuto – ma, e soprattutto, sul risveglio dei “mastri” e cioè di questo
piccolo ceto medio della società contadina, sempre solerte e significativo nel nostro
paese.
(dagli atti della Maestranza)
I. M. I.
Noi
sottoscritti officiali M(aggiori), e minori della Congregazione dell'opera
della Misericordia sotto titolo del Arcangelo Raffaele quest'oggi che corrono
li 2 Maggio del 1790.= Avendo
convocato il consiglio con suono di campana, e radunati tutti dentro la Chiesa
di S. Maria dell'Itria ove si suole fare sud. radunanza, e congregazione, doppo
di esser fatta sud. congregazione si devenne da noi sud. officiali a
discorrere: di tutti i sopravanzi che si trovavano nella Cassa, ed in potere
del Tesoriere restano inpiegati alla compra di un letto che deve servire per d.
congregazione, ed a questo tutto il corpo di sud. congregati rispose che sud.
letto deve restare alla congregazione sotto li seguenti patti e condizioni ed
infatti così si eseguì, e si fermò.
In primis che sud. letto non si
potesse inprestar a nessuna persona di qualunque ceto, e condizione sotto la
pena di esser l'officiali cacciati subito di questa congregazione senza potere
essere ricevuti dalli officiali che verranno, ma deve solamente servire per i
soli congregati, mogli, e figli di sud. congregati, tanti ritrovandosi morti
quanto trovandosi vivi seu dei defunti passati e congregati, quanto quelli che
quo tempore saranno, e succederanno, così ancora dichiariamo, che sudetto letto
potesse goderlo il fratello questo per i figli, e moglie ritrovandosi franchi,
e ritrovandosi lassi non godono il beneficio del letto. Per secondo che morendo
uno della congregazione sud., e la moglie passasse a secondo matrimonio, e non
essendo il legittimo marito uno de sud. congregati franchi /di messe e mesate/
perde il beneficio del letto. Per terzo: li figli del sud. cong. per godere il
beneficio del letto, deve essere sotto la patria potestà, mal grado il Padre
trovarsi morto basti, che non passasse il matrimonio e pigliasse altro stato,
ma trovandosi libero di unito, o diviso della madre, e la detta vedova, sempre
godono del beneficio del letto sud.
E questo, e il stabilimento di d.a
radunanza costituendo il presente capitolo per noi, e per tutti i successori
che immecabilmente devesi eseguire sotto li sud. patti, e condizioni, ed
inccerto di sud. capitolo veghiamo noi a fermarci di nostro proprio carattere
tanto per nostro consenso quanto da parte di sud. congregazione. Oggi li 2
Maggio 1790 Sac. Ben.lis Nicolaus Martorana Director.
M.o Pietro Picone
covirnatori per me come sopra
Io mastro Giovanni Sciascia mi sottoscrivo
per nome e parte di mastro Gaspare Sciascia per eso non
sapere scrivere e di suo ordine come sopra Primo Congregato
Mastro Gaetano Capitano Secondo
Congregato
Mastro Giuseppe Maria Fucà Zelatore
c.s.
Io Mastro Nicolò Picone mi sotto iscrivo
per nome, parte di mio padre M. Pasquale Zelatore congregato come sopra.
Io Mastro Francesco Sciascia mi sotto
iscrivo per nome parte di mio padre M. Leonardo Sciascia Zelatori congregati
c.s.
Io fr. Giuseppe Franco mi sotto
iscrivo per nome e parte di mio padre M.o Giuseppe Franco Consigliere per esso
non sapere scrivere e di sud. ordine cons. c.me sopra
Mastro Ludovico Borsellino zelatore
C.c.s.
Mastro Giuseppe Grillo consigliere
confermo come sopra
Mastro Alessandro Picone si
soscrive Cons. c. s.
Mastro Nicolò Picone Cancelliero
Cons. c.s.
Mastro di novizzi;
Mastro Baldassare d'Agrò confirmo
come sopra
Mastro Francesco Paulo Scibetta
conf. come s.ra.
---------------------
A 25 novembre 1790 morì M.o Angelo
Puma
A 24 di marzo 1791 morsi M.o
Calogero Alfano di Liborio
fratelli asenti - M.o An..
"Messe da celebrarsi pell'anima di M.o Giuseppe GRILLO, che morì
alli 20-Ag.o-1793 dalli R.di Sacerdori"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti.)
"Messe che devono fare celebrare tutti li mastri che sono iscritti
all'Opera della Misericordia, pell'Anima di M.o Giuseppe Grillo, il quale morì
sotto li 20. Agosto 1793="
"Messe pell'anima di mastro Liborio Picone quale fratello ascritto
all'opera della Misericordia dalli Rev.di Sacerdoti Fratelli che morì in
Girgenti a 18 novembre 1793"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti e, dopo, dei soliti confratelli defunti)
"Io Sac.te Calogero Grillo
certifico tacto pectore more Sacer: d'aver celebrato n.o cinque messe
pell'anima di M.o Liborio Picone secondo l'obbligo della Cong. della
Misericordia, dico messe n. 5"
"Messe a celebrarsi per
l'anima del fratello m.o paolino vaccaro uno de' confrati dell'opera della
Carità. il quale morì a 7 gen. del 1794"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
"Messe celebrate per l'anima del fratello M.o Paolino Vaccaro uno
dedi confrati dell'opera della carità che passò all'altra vita a 7. del
1794."
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe per l'anima del fù Rev. D. Menna Majda. Morì a 22 Genn.°
1794"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti)
"Messe per l'anima del fu Reve° d. Menna Maida mori a 22 Gennaro 1794"
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe pell'anima del fù m.ro Gaspare Romano celebrate Dalli R. Sac.ti della Congr.e. Morì
a 9 Maggio 1794"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
"A 9 Maggio xij Ind. 1794. Messe per l'anima del fù M. Gaspare
Romano morto in q.° giorno"
(segue elenco dei soliti
confratelli defunt)
"Messe per l'anima del fù M.° Vincenzo Montagna mori a 28 7.bre
1794."
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti, come da trascrizione già effettuata con Excel).
"Messe da celebrarsi per l'anima del fu mo Calogero Conti congregato
dell'opera della misericordia, in cominciando dalli 28 Novembre giorno della
sua morte per tutto lì 29. Dicembre"
(segue elenco dei sacerdoti celebranti)
"Messe da celebrarsi per l'anima del fu mo Calogero Conti congregato
dell'opera della misericordia."
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti, come da trascrizione già effettuata con Excel).
"Messe per l'anima di M.° Pietro Castrogiovanne fratello Congregato dell'opera
della Misericordia, se ne morì a 31: xbre 1794:"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe da Celebrarsi pell'anima del fù Mro Alberto Di Naro Congregato dell'Opera Santa della Misericordia
che morì a 28 Aprile 1795"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti, come da trascrizione già effettuata con Excel).
"Messe da Celebrarsi pell'anima del fù Rev. Sac. D. Ludovico D'Amico Congregato nell'opera Santa della Misericordia
che morì a 9. Luglio 1795"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
"Messe da celebrarsi pell'anima del fù Rev. Sac. D. Ludovico D'Amico, come
Congregato dell'opera Santa della Misericordia che passò a miglior vita sotto
li 9. Luglio 1795"
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe che devono celebrare li Rev.di Sac.ti pell'Anima del fù
Lorenzo Farrauto, quale morì sotto li 5. Agosto. 1795"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
"Messe che devono celebrare li Rev.di Sac.ti pell'Anima del fù
Lorenzo Farrauto, quale morì sotto li 5. Agosto. 1795"
(segue elenco dei soliti confratelli
defunti, come da trascrizione già effettuata con Excel)
"Messe che devono celebrare li Rev.di Sac.ti dell'Opera della
Misericordia per l'Anima di M.o Paolo Scibetta che morì nella terra della Delia
sotto li 29.7bre 1795"
(segue elenco dei sacerdoti celebranti
"A 29.7bre 1795. Alla Delia Morì M.o Paolo Scibetta. Nota delle
messe che devono fare celebrare li fratelli dell'Opera della Misericordia"
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe da celebrarsi per l'anima del fù M.o Giuseppe Fucà da
Congregato dell'opera della Misericordia - dalli 28 Nov. giorno della sua morte
per insino a 29 Dicembre 1795"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe da celebrarsi per l'anima del fù M. Calogero Facciponti
fratello dell'Opera della Misericordia morto a 15. Giugno XIV Je: 1796:"
"Sacerdoti Fratelli"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
"Messe da celebrarsi per l'anima del fù M. Calogero Facciponti
Congregato dell'Opera della Misericordia morto a 15. Giugno XIV Je: 1796:"
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe da celebrarsi da r. Sac. Congregati dell'opera della carità
per l'anima del fù M.o Pietro Picone
dalli 19 xbre per insino il 19 Gen. 1797."
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
"Messe da celebrarsi da Maestri Congregati dell'opera della
Misericordia per l'anima del fù M.o Pietro Picone
da 19 xbre per tutto li 19 Gen. 1797."
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti, come da trascrizione già effettuata con Excel).
"Messe da celebrarsi per l'anima del fù M.o Alessandro Bellavia dalli 16 Gen.
per tutto li 17. feb. 1797="
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe da Celebrarsi dalli R: Sacerdoti per l'anima di M.o Giuseppe
Di Franco Congregato dall'Opera della Misericordia che morì a 29. Marzo
1797."
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
"Messe da celebrarsi per l'anima di M.o Giuseppe Di Franco,
Congregato dell'Opera della Misericordia che morì a 29. Marzo 1797."
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe da celebrarsi pell'Anima del fù Rev.do Ben.rio D: Pasquale
Fucà Congregato dell'Opera della Misericordia. Morto a 4. Agosto 1797."
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
"Messe da celebrarsi pell'Anima del fù Rev.do Ben.rio D: Pasquale
Fucà uno de Congregati della Congregazione dell'opera della Carità dalli
Confrati di d.a dalli 24. Agosto per
tutto li 25. 7bre 1797."
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe da celebrarsi pell'Anima del fù M.o Amodeo Prinzi aggregato,
franco a questa Opera della
Misericordia, defonto a I° Settembre 2 Ind. 1798"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
"Messe da celebrarsi pell'Anima del fù M.o Amodeo Prinzi aggregato,
franco a questa Opera della
Misericordia, defonto a I° Settembre 2 Ind. 1798"
.... M.o Calogero Tornabene: si ha fatto lo disbanco
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe da celebrarsi pell'Anima del fù M.o Salvatore Alferi
congregato, franco dell'Opera della
Misericordia, difonto a 28
Settembre 1798"
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
"Messe da celebrarsi pell'Anima del fù M.o Salvatore Alferi
congregato, franco dell'Opera della
Misericordia, difonto a 28
Settembre 1798"
.... M.o Calogero Tornabene: è
cancellato
.....M.o Ludovico Borzelino morì infra il mese
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti, come da trascrizione già effettuata con Excel).
"Messe da celebrarsi per l'anima del fù M. Ludovico Borzellino de
confrati dell'Opera della Carità, difonto a 5. ottobre 1798"
(segue elenco dei sacerdoti celebranti)
"Messe da celebrarsi per l'anima del fù M. Ludovico Borzellino de
confrati dell'Opera della Carità, difonto a 5. ottobre 1798"
(segue elenco dei soliti
confratelli defunti)
"Messe da celebrarsi per l'anima del fù M. Giuseppe Parello
congregato franco dalli 19 aprile sino a 16 maggio 1799."
(segue elenco dei sacerdoti
celebranti
Messe da celebrarsi per l'anima del fù M. Giuseppe Parello congregato
franco dalli 19 aprile sino a 16 maggio 1799."
[1])
Secondo l’elenco della Matrice sarebbe invero deceduto il 7 aprile 1650 a 52
anni (cfr. col. 3 n.° 62). Si rilevano però due inesattezze. Nessun dubbio
sulla data di morte può sorgere stante il seguente atto della Matrice:
7
|
5
|
1650
|
Todaro
|
Giuseppe
Sacerdote
|
sepolto
nella chiesa di S. Maria del Monte
|
gratis
|
Sull’età del
Sacerdote Todaro è da precisare che era già chierico nel 1598 come
risulta del tuo elenco:
4
|
1598
|
GIUSEPPE
|
TODARO
|
CHIERICO
|
12
|
1600
|
GIUSEPPE
|
TODARO
|
CHIERICO
|
9
|
1632
|
GIUSEPPE
|
TODARO
|
|
4
|
1634
|
GIUSEPPE
|
TODARO
|
e nella visita del 1608 è già sacerdote abilitato alle
confessioni. Sono portato a pensare che il sacerdote sia morto settantenne e
questo potrebbe essere il suo atto di battesimo:
26
|
12
|
1580
|
Todaro
|
Joseppi
|
Vincenzo
Mastro
|
Violanti
|
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