Alla fin
fine questo postumo e forse illegittimo libro dell’Adelphi Leonardo
Sciascia – IL FUOCO NEL MARE , 2010 - consente gratificanti excursus nella veridica
storia racalmutese dal 2 febbraio 1946
al 1975. E specie per il quadriennio ’46-60 se non fosse per
questi autografi sciasciani poco o nulla sapremmo della vicenda storica di
questo nostro diletto paese. Grazie dunque ancora,Sciascia.
In Paese
con Figure – pubblicato, pare, dallo stesso Nanà in Galleria I, n- 1. Agosto
1949. Pp. 21-24 – a parte una faccenda di diritti d’autore che non ci riguarda
– abbiamo i prodromi della satira sciasciana del Circolo dei Galantuomini. Ma
l’ardire costò qualche grattacapo al Racalmutese, e per riparare scrisse in Illustrazione Italiana un
elzeviro deliziosissimo quanto sussiegoso e in definitiva un
tantinello ipocrita , nel 1947.
Il primo
personaggio della “Concordia” è Don
Giuseppe Savatteri e Sciascia va
subito giù forte “è un imbecille detestabile. La sua voce sembra trascinarsi dietro
un’eco molteplice, tanto è violenta e maleducata. Tutte le sue parole
ingombrano l’area del luogo in cui ci si trova come un ciarpame confuso, si
accatastano come cose inutili dentro un vecchio solaio. Ma non può mancare ; è
quasi un simbolo.” Con chi ce l’avesse tanto Nanà non è dato sapere. A
quel tempo al Circolo Unione, cessato dall’essere un dopolavoro fascista, sia
pure per nobili sfatigati – e ritornato il sacrario della crestomazia paesana –
non albergava alcun Savatteri. Nobili davvero i Savatteri, erano in quel tempo
molto decaduti. Nessun Savatteri vivente, aveva comunque le stigmate desolanti
che ci siamo divertiti a riproporre. Per
quella faccenda che si narra lì del treno gli addetti ai lavori credono in un
falso cognome del falso don Ferdinando Trupia delle auree pagine delle Parrocchie di Regalpetra. Ma noi siamo
imprecisi. Avremmo bisogno dei lumi di Forbice
Lucente ,ma di ‘sti tempi disdegniamo il Circolo Unione per stizza verso
giovani rampanti che massacrando l’intangibile statuto grintosamente
salvaguardato dall’avvocato Pilllitteri si sono intrufolati tra i
nobili di paese e subito, senza alcuna doverosa anzianità, hanno arraffato
persino i posti apicali: roba da ufficiale giudiziario.
Visto che
sinora i Savatteri non hanno querelato Sciascia,
suppliamo noi riportando vecchie nostre pagine su quella grande, dignitosa ed
altera famiglia. Ma,
per completezza, occorrerebbe addentrarsi nelle vicende del casato dei Del
Carretto e per far ciò necessiterebbe un libro intero - che forse apparirà a
suo tempo e luogo. Abbiamo già scritto sulle tante figlie di Girolamo I Del
Carretto - il figlio Giovanni, figlie legittime non ne ebbe - soprattutto sulla
celebre virago donna Aldonza, quella che dotò il convento di Santa Chiara;
queste le altre sorelle: donna Diana, donna Ippolita, donna Giovanna, donna
Eumilia e donna Margherita del Carretto. Le del Carretto - antecedenti e
successive - non potevano essere assegnate in isposa a Scipione Savatteri, per
evidenti ragioni .... di età. Quanto alle altre sbavature del Messana sui del
Carretto , è meglio qui sorvolare.
I
Savatteri a metà del secolo XVII
Scipione
Savatteri primo (ve ne sarà un altro a fine secolo XVII) è di per sé una figura
di spicco: non abbisogna di sicuro di falsi orpelli nobiliari per imporsi
all’attenzione degli storici.
Il ricco archivio della Matrice di Racalmuto ci ha conservato due “numerazioni delle anime” - cioè a dire due censimenti religiosi - che sono databili, rispettivamente, intorno al 1660 ed al 1666. La compagine racalmutese risulta a quell’epoca arricchita di vari nuclei familiari dei Savatteri. Ci risultano sei nuclei per il 1660 e sette per il 1666. Nuovi nati e nuovi matrimoni spiegano le variazioni dei nuclei familiari. Presso Filippo Savatteri, alloggiava nel 1660 Maria
Il padre Girolamo M.
Morreale vorrebbe un Gaetano Savatteri donante nel 1627 per devozione verso
Maria SS. Del Monte; pensiamo
che il dotto gesuita sia incorso in un duplice errore: quello di considerare
donazione un mero obbligo di soggiogazione e quello di leggere in Gaetano un
nome diverso, forse Giacomo. A quell’epoca non risultano Savatteri con il nome
di Gaetano (ben diversamente da ciò che avverrà nel XIX e XX secolo).
Sac. Giuseppe Savatteri e Brutto (1755-1802)
Bello, elegante, colto,
raffinato, ricco, sprezzante - quanto casto non è dato sapere - questo prete
svetta sia nelle vicende della famiglia sia in quelle della locale storia.
Leonardo Sciascia, avvalendosi di dati di seconda mano, tenta di infilzarlo, ma
commette una delle sue solite manipolazioni storiche per prevenzioni
ideologiche.
Il sac. Giuseppe Savatteri ha coraggio, cultura e intraprendenza
tali da osare un’impari contrapposizione con il suo potente (e dispotico)
vescovo agrigentino.
Entra nell’intricata storia del beneficio del Crocifisso.
Quando, il Tinebra Martorana
- un famiglio della discutibile consorteria dei Tulumello - si accinge, nel 1897, a scrivere la storia
del paese, non gli sembra vero di dilatare il senso di un documento giudiziario
- che invece di venire custodito negli archivi del Comune, sta fra le carte
private del barone Tulumello - per dileggiare un Savatteri, la famiglia ostile
ai suoi protettori, che fra l’altro lo facevano studiare da medico a spese
dell’Amministrazione comunale.
Quello su cu il Tinebra
trama è un carteggio del Caracciolo su cui abbiamo avuto modo di effettuare
nostre personali ricerche. Iniziano dal 16/2/1785 gli appunti del Caracciolo
sulla questione :
«17. La Gran Corte dia le
pronte provvidenze di giustizia, onde li cittadini non soffrano aggravij - A
febbraio p.p. in die 16 - Li naturali della terra di Racalmuto, sentendosi
molto gravati di questo esattore ed amministratore Prete d. Giuseppe
Savatteri nell’esigenza del terragiolo dentro e fuori di questo stato,
quanto nell’avere agumentato la
Baglìa a tutti li poveri giornalieri, formando una Cascia o
Statica come anche esatte a forza di prepotenze pignorando sin anco gli
utensili delle loro moglie e pratticando molte estorsioni.
«Pregano l’E.V. di ordinare
il conveniente per non vedersi pur troppo soverchiati.»
E, quindi, in data
12.3.1785:
«32. L’avvocato
fiscale Vagginelli proceda quel che convenga ed avendo di riferirlo, dica- A 12
Marzo detto - Li singoli di Racalmuto: V. E. rimise le pendenze loro col barone
all’avv.to sig.re Vagginelli. Innanti a costui facendosi dui contraddittorij vi
interviene il Cav.e fratello del principe di Pantelleria, che ha procura. E
poiché per rispetto che vuole esigere molte cose bisognano trovarsi
e li professori concepiscono qualche timore, prega V.E. di ordinare
che tal Cav.e non intervenga più nei contraddittori ma con i singoli e il
Barone.»
Ed in data 22.3.1785:
«12 - L’avv.to fiscale
barone Vagginelli informi col parere - 22 marzo - Li singoli di Racalmuto. Il
suggello della verità lo tiene in potere il governatore baronale, ed occorrendo
di suggellarsi l’investitura questa si deve suggellare dal Barone e si suggella
quando a costui piaccia. Ciò essendo un inconveniente molto più quando occorre
a singoli di suggellare scritture contrarie al ripetuto Barone.
«Pregano l’E.V. di ordinare
che il suggello si riformi con il ricorso al Re, e che debba riservarsi al
mastro notaro della Corte Giuratoria.»
E’ del successivo 28 marzo il
seguente appunto:
«4. L’avvocato fiscale
Barone Vaggianelli disponga perché urgendo le provvidenze che siano convenienti
per la superiore, che riferisca col parere - 29 marzo 1785 - Don
Stefano Campanella arciprete di Racalmuto - Dietro un raccolto sterilissimo ed
una tirannica esazione fatta dall’arrendatario di questa terra don Giuseppe
Savatteri ... trovasi in oggi questa Popolazione in somma necessità a
segno che non si può riparare, e si teme di qualche tumultuazione per la fame,
e dal ricorrente e da altri preti si à soccorso per quanto debolmente si è
potuto, ma si prevede maggior necessità in questi mesi che sono li più poveri.
«E’ perciò da credere
opportuno che dovendo dal amministrare pagare per maggio onze 1000 al Principe
della Pantelleria gliene paghi medietà, e l’altra medietà distribuirsi per
aiuto a poveri, che si obbligano in agosto pagare; prega V.E. di ordinare
l’esecuzione di tale distribuzione a quattro persone elette da chi invochi,
dapoiché quei Giurati son poveri e senza veruna abilità.»
Il dato di maggior risalto è
quello contenuto nel biglietto datato 11 aprile 1785: abbiamo
questo richiamo storico:
«13 - L’avvocato faccia
quel che convenga per l’accertamento della giustizia e della legalità. -
11 aprile 1785 - Li singoli di Racalmuto. - Nel 1559 don Giovanni
del Carretto ebbe venduto il mero, e misto impero dal viceré don Giovanni della
Cerda sopra la Baronia
di Regalmuto per il prezzo di onze seicento, cioè cinquecento l’ebbe allora il
Governante, e le onze 100 le dovea dare qualora veniva continuata la vendizione
da S. M. fra il termine di un anno.
«Sino al presente giorno non
è stato possibile dimostrarsi detta rattifica, o confirma; ed è segno evidente
che la M.S. non
l’abbia concessa. Che perciò li ricorrenti .. pregano l’E.V. di ordinare che il
Barone di Ragalmuto che è oggi il Principe di Pantellaria, che per esercitare
il mero, e misto dimostri all’E.V. il titolo.»
Al Tinebra Martorana mancano
competenza e penna per fronteggiare la complessa vicenda della lotta al
baronaggio siciliano da parte del discutibile Caracciolo (l’agiografica visione
dei laici del Settecento e del postumo Sciascia lascia oggi il tempo che
trova). Il Tinebra, dunque, compatta scarne e disparate “notizie storiche” in
un capitoletto sul Settecento e velenosamente rubrica (pag. 184): «1785 -
Soprusi praticati dal sac. Giuseppe Savatteri, arrendatore di Racalmuto, verso
i poverelli.» Non parve vero a Leonardo Sciascia di rigonfiare quell’appunto
per una delle sue solite tiritere anticlericali. Nessuna ricerca
storica, da parte sua; nessun approfondimento; nessuno spunto critico. Scrive
dunque lo Sciascia :
«Ecco il rapporto di un
altro funzionario al Tribunale della Real Corte sui “soprusi praticati dal
sacerdote Giuseppe Savatteri, verso i poverelli”» e giù, senza analisi critica,
il testo di un’evidente lettera anonima, che crediamo essere dovuta alla penna
del malevolo arciprete Campanella, o peggio del sac. Busuito, contro cui il
Savatteri aveva affilato le armi per l’usurpazione del beneficio del
Crocifisso. Per una di quelle strane coincidenze storiche, il Busuito era
parente stretto della moglie del notaio Nalbone.
Prosegue Sciascia: «Il bello
è che dopo questo rapporto il Tribunale della Real Corte ordinava al giudice
criminale di Regalpetra [alias Racalmuto] “di far restituire ai borgesi
tutti gli oggetti che il sacerdote Savatteri aveva ad essi pignorati”, forse i
lettori non lo crederanno ma la cosa è andata davvero così”.» Con buona pace di
Sciascia, a noi pare che le cose erano molto più complesse e coinvolgono la
politica dei re Borboni di Napoli, che è quanto dire.
D. Giuseppe Savatteri e
Brutto morì nella peste del 1802; il Liber annota: n.° 312, c. 19, D.
Giusppe Savatteri e Brutto, 27 februarii 1802 d’anni 47. Il vescovo non lo
aveva voluto come beneficiale della Communia. Il Savatteri faceva però parte
della neo-confraternita della Mastranza. Non pare molto diligente nell’annotare
le messe che era tenuto a celebrare per i confrati defunti: subisce delle
sanzioni. Vediamole:
GIUSEPPE SAC. D.
|
SAVATTERI
|
n. undeci messe cioè n. 9
per l' ... e n. 2 per pena d'essere stato negligente in scrivere le d. messe.
|
segue con La
controversa questione del beneficio del Crocifisso.
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