Signor novello Sindaco di Racalmuto
Tempo fa scrivevo così ai commissari. Naturalmente nessuna risposta. Non reputa Lei che aI CITTADINI BISOGNA RISPONDERE, ANCHE NEGATIVAMENTE. iL SILENZIO è ATTO ANTIDEMOCRATICO. NON REPUTA ORA LEI DI RIMEDIARE?
Gentilissimi Signori Commissari,
con tutto il massimo rispetto di cui sono capace, umilio ai vostri occhi queste considerazioni. Non è escluso che qualcosa di simile vi venga richiesto dall’alto, diciamo il Parlamento? Diciamo il Viminale? Tanto vale che possiate rispondere debitamente preparati come si faceva a scuola. Il mio è un irriguardoso interpello? No, solo un preammonimento, un avvertimento remissivo, non mafioso, diciamo. Sicuramente vi sfuggerà questo post perché la vostra segreteria mi risulta atterrita.
Ieri, dunque, passai una mattinata a non poter colloquiare con l’ex sindaco Petrotto: lui non passa mai la palla ed ha voce così stentorea che non ti riesce ad interloquire: devi ascoltare e basta. Sostiene Petrotto che in effetti una perimetrazione fu varata – credo però in una tarda data – ma questa per incuria di chissà chi non fu PUBBLICATA. Se oggi si chiede, non viene neppure esibita. Forse è smarrita. Sostiene Petrotto. Ed io con lui, che mancando la perimetrazione, se questa è il perimetro da cui si dipartono le distanze per le abitazioni extraurbane onde perseguirle con oneri TARSU gradualmente ridotte e se questa manca, il meno che si possa dire è che in ignorandosi i punti di riferimento per colpa della pubblica amministrazione questa non può pretendere un bel nulla. Ad ogni buon conto mi piace pubblicare una carta dell’area urbana racalmutese che al limite può valere per le misurazioni dei regolamenti paesani.
Vi è a Racalmuto una devianza non ricadente sui cittadini: la concessione regionale di uno 0,20% di edificabilità fuori dell’area urbana. Si paga comunque la Bucalossi, il comune l’ha riscossa ma le opere non le ha fatte. Può invece pretendere la TARSU? Decisamente no!
Ma altro discorso si è autorevolmente e responsabilmente fatto: si è detto che si tratta di verde stagionale e pertanto le case c.d. di campagna servono solo per ripararsi dalle calure estive; si scappa dal paese. Ma al paese la tarsu si paga per tutto l’anno e quindi non si può raddoppiare l’onere tributario anche per quel breve periodo in cui non si produce monnezza in paese ; la monnezza campagnola compensa la mancata monnezza paesana. Dunque le case di campagna non pagano monnezza alla stregua di quanto avviene per il canone televisivo. Questa è stata interpetrazione indiscussa. Gli stessi sindaci, assessori e consiglieri se ne sono avvalsi, gli stessi dirigenti TRIBUTI ne erano convinti e non corrispondevano tributo locale alcuno anche per ville molto appariscenti. Controllare per credere. Quando un regolamento ha interpretazioni del genere non si possono sanzionare i cittadini: un principio ora vige: il favor rei contrapposto al vecchio favor fisci; in dubiis favor rei! Se sono stati commessi abusi, indebite devianze da parte della pubblica amministrazione, si individuino e si proceda alle sanzioni o al recupero dei danni subiti per colpa degli assoggettati ai controlli della CORTE DEI CONTI. Non è compito dei Commissari addirittura ministeriali appurare?
Quanto alle analoghe devianze per garage e seconde case non so che dire; mi pare comunque che imperando autorevoli interpretazioni non si è rei di nulla, appunto favor rei e no favor fisci.
Progredendo in ciò che doveva essere compito del difensore civico, soppresso per evitare risse interessate, preciso che diversa natura ha l’obbligazione tributaria rispetto alla imposizione di adempimenti formali quali l’obbligo di dichiarazione.
L’onere tributario del 2006 sorge e si perfeziona nel 2006, come l’allora ICI; l’obbligo di dichiarazione sorge al momento in cui scatta l’obbligatorietà del tributo e viene concesso di assolverlo entro una certa data del mese di gennaio dell’anno successivo.
Non mi risulta che la monnezza che di deve pagare entro il 31 dicembre del 2006 goda di quella specie di dilatazione dei termini di decadenza che si suole indicare del 5 più uno e cioè il diritto ad accertare da parte della pubblica amministrazione dura per cinque anni, più uno. Per l’IRPEF è così, non per la vecchia ICI. E neppure per la TARSU. Intimare pagamenti arretrati dopo sei anni per la TARSU è per lo meno eccesso di potere, se non peggio: roba insomma da giudice penale. Arriviamo alla malversazione ? Ai procuratori della Repubblica l’arduo pronunciamento. A questo punto una pubblica amministrazione responsabile applica il principio del in dubiis pro reo e fa la encomiabile autotutela. I signori commissari possono lavarsi le mani? E’ pur faccenda che ricade nel loro pubblico incarico.
E quanto alla dichiarazione. Ma questa scatta al momento in cui insorge l’obbligazione tributaria; nel nostro caso dobbiamo riandare nel tempo sino al 1995 data di emanazione del regolamento che ha reso operativa una certa legge (e non fa nulla se si trattava solo di decreto legislativo). Chi ha omesso la dichiarazione ha disobbedito a quel tempo e puoi invocare il 5 più uno quanto ti pare; posso anche concederti il 10 più uno; è cosa non più recuperabile per avvenuta decadenza dei termini. Se poi quell’obbligo di dichiarazione è annuale, non si illuda la gente che pagato una volta non si paga più; la sanzione scatterebbe per ogni anno.
Emerge però che il Comune ha già istituito un corpo di propri ispettori che hanno visionato tutte le case soggette a TARSU, ne hanno misurate le superfici atte a produrre rifiuti solidi urbani, ne hanno fatto diligente verbalizzazione e l’hanno consegnata al Comune. L’azionaria agrigentina ha preso visione di codesti verbali prima di sanzionare omesse dichiarazioni? Il dirigente TRIBUTI ha avuto modo di appurare o si è limitato a consegnare il suo autografo di firma come atto dovuto? I Commissari hanno contezza di codesta vicenda? Aggiungo che ben cinquecento obbligati racalmutesi non hanno in un primo tempo permesso agli ispettori comunali l’accesso alle loro case ma poi hanno ovviato di persona con il responsabile comunale del tempo. Salvo soppressione di atti di uffici, sono codeste, carte che dovrebbero stare in Comune ed essere agevolmente consultabili. Io non sono delatore e quindi mi fermo qui.
Tralascio la telenovela di presunte AUTORIZZZIONI conferite ad estranee società private di capitali: roba da Corte dei Conti. Leggo qualche mucchio di intimazioni afflittive: notizie bonarie (ammesse ma non interruttive dei termini di decadenza) coniugate indissolubilmente con veri e propri atti accertativi, a firma del responsabile dell’Ufficio Tributi di Racalmuto. Quanto alle prime – come ebbi già a scrivere – tu pubblica amministrazione hai un dubbio sul mio corretto comportamento e mi inviti a chiarire: nulla quaestio se non ha natura di accertamento perfezionato alla data indicata nell’atto. E qui una eclatante omissione della data in cui l’ufficio accertante comunica di avere fatto partire l’atto accertativo per consentire de plano l’ammissibilità o meno del recupero tributario entro i termini di decadenza.
Quanto all’accluso atto accertativo, si comunica che questo discende dai dati catastali, dalle bollette della luce e anche da quelle del gas (non si parla delle bollette dell’acqua, forse per non svegliare il can che dome).
Emerge inconfutabilmente che i dati catastali sono di molto postumi a quelli del 2006; in zone ove manca e luce e gas e quindi per indiscussa giurisprudenza non si applica tarsu, poi viene invece comminata sanzione con recupero della TARSU del 2006; si accerta che tizio o caio ha evaso quando a quella data là il tizio o caio non aveva ancora comprato casa, o aveva ancora un edificio RURALE collabente o addirittura nulla aveva a che fare con l’edificio incriminato. Cosa si è accertato? Nulla! Cosa si dichiara di avere accertato? Tutto: non vi è falso in atto pubblico? E non parliamo di altro. Chi deve vigilare? Ne sono totalmente estranei i Commissari? E per questa domanda mi vogliono affidare ai loro avvocati, come va dicendo MALGRADO TUTTO?
Ci vogliono le prove?
Signori Commissari, voi siete uomini di legge e di onore: prendete in mano la situazione: imponete la doveroso autotutela d’iniziativa della pubblica amministrazione.
Una cosa comica? Non si dice a chi vanno tutte le cospicue somme che hanno sconcertato una intera popolazione per la quasi totalità fatta da persone oneste, laboriose, ossequienti persino delle pubbliche autorità.
I signori tassaioli non si sono risparmiati nulla: onere tributario integralmente preteso anche per zone obiettivamente alleggerite; sanzione massima per omessa dichiarazione; interessi su entrambe le voci; e poi – delizia delle delizie – addizionali provinciali ed anche COMUNALI su TUTTO. Anche le banche incorrerebbero in usura. E la pubblica amministrazione? A me vien fatto di pensare alla malversazione.
Tempo fa scrivevo così ai commissari. Naturalmente nessuna risposta. Non reputa Lei che aI CITTADINI BISOGNA RISPONDERE, ANCHE NEGATIVAMENTE. iL SILENZIO è ATTO ANTIDEMOCRATICO. NON REPUTA ORA LEI DI RIMEDIARE?
Gentilissimi Signori Commissari,
con tutto il massimo rispetto di cui sono capace, umilio ai vostri occhi queste considerazioni. Non è escluso che qualcosa di simile vi venga richiesto dall’alto, diciamo il Parlamento? Diciamo il Viminale? Tanto vale che possiate rispondere debitamente preparati come si faceva a scuola. Il mio è un irriguardoso interpello? No, solo un preammonimento, un avvertimento remissivo, non mafioso, diciamo. Sicuramente vi sfuggerà questo post perché la vostra segreteria mi risulta atterrita.
Ieri, dunque, passai una mattinata a non poter colloquiare con l’ex sindaco Petrotto: lui non passa mai la palla ed ha voce così stentorea che non ti riesce ad interloquire: devi ascoltare e basta. Sostiene Petrotto che in effetti una perimetrazione fu varata – credo però in una tarda data – ma questa per incuria di chissà chi non fu PUBBLICATA. Se oggi si chiede, non viene neppure esibita. Forse è smarrita. Sostiene Petrotto. Ed io con lui, che mancando la perimetrazione, se questa è il perimetro da cui si dipartono le distanze per le abitazioni extraurbane onde perseguirle con oneri TARSU gradualmente ridotte e se questa manca, il meno che si possa dire è che in ignorandosi i punti di riferimento per colpa della pubblica amministrazione questa non può pretendere un bel nulla. Ad ogni buon conto mi piace pubblicare una carta dell’area urbana racalmutese che al limite può valere per le misurazioni dei regolamenti paesani.
Vi è a Racalmuto una devianza non ricadente sui cittadini: la concessione regionale di uno 0,20% di edificabilità fuori dell’area urbana. Si paga comunque la Bucalossi, il comune l’ha riscossa ma le opere non le ha fatte. Può invece pretendere la TARSU? Decisamente no!
Ma altro discorso si è autorevolmente e responsabilmente fatto: si è detto che si tratta di verde stagionale e pertanto le case c.d. di campagna servono solo per ripararsi dalle calure estive; si scappa dal paese. Ma al paese la tarsu si paga per tutto l’anno e quindi non si può raddoppiare l’onere tributario anche per quel breve periodo in cui non si produce monnezza in paese ; la monnezza campagnola compensa la mancata monnezza paesana. Dunque le case di campagna non pagano monnezza alla stregua di quanto avviene per il canone televisivo. Questa è stata interpetrazione indiscussa. Gli stessi sindaci, assessori e consiglieri se ne sono avvalsi, gli stessi dirigenti TRIBUTI ne erano convinti e non corrispondevano tributo locale alcuno anche per ville molto appariscenti. Controllare per credere. Quando un regolamento ha interpretazioni del genere non si possono sanzionare i cittadini: un principio ora vige: il favor rei contrapposto al vecchio favor fisci; in dubiis favor rei! Se sono stati commessi abusi, indebite devianze da parte della pubblica amministrazione, si individuino e si proceda alle sanzioni o al recupero dei danni subiti per colpa degli assoggettati ai controlli della CORTE DEI CONTI. Non è compito dei Commissari addirittura ministeriali appurare?
Quanto alle analoghe devianze per garage e seconde case non so che dire; mi pare comunque che imperando autorevoli interpretazioni non si è rei di nulla, appunto favor rei e no favor fisci.
Progredendo in ciò che doveva essere compito del difensore civico, soppresso per evitare risse interessate, preciso che diversa natura ha l’obbligazione tributaria rispetto alla imposizione di adempimenti formali quali l’obbligo di dichiarazione.
L’onere tributario del 2006 sorge e si perfeziona nel 2006, come l’allora ICI; l’obbligo di dichiarazione sorge al momento in cui scatta l’obbligatorietà del tributo e viene concesso di assolverlo entro una certa data del mese di gennaio dell’anno successivo.
Non mi risulta che la monnezza che di deve pagare entro il 31 dicembre del 2006 goda di quella specie di dilatazione dei termini di decadenza che si suole indicare del 5 più uno e cioè il diritto ad accertare da parte della pubblica amministrazione dura per cinque anni, più uno. Per l’IRPEF è così, non per la vecchia ICI. E neppure per la TARSU. Intimare pagamenti arretrati dopo sei anni per la TARSU è per lo meno eccesso di potere, se non peggio: roba insomma da giudice penale. Arriviamo alla malversazione ? Ai procuratori della Repubblica l’arduo pronunciamento. A questo punto una pubblica amministrazione responsabile applica il principio del in dubiis pro reo e fa la encomiabile autotutela. I signori commissari possono lavarsi le mani? E’ pur faccenda che ricade nel loro pubblico incarico.
E quanto alla dichiarazione. Ma questa scatta al momento in cui insorge l’obbligazione tributaria; nel nostro caso dobbiamo riandare nel tempo sino al 1995 data di emanazione del regolamento che ha reso operativa una certa legge (e non fa nulla se si trattava solo di decreto legislativo). Chi ha omesso la dichiarazione ha disobbedito a quel tempo e puoi invocare il 5 più uno quanto ti pare; posso anche concederti il 10 più uno; è cosa non più recuperabile per avvenuta decadenza dei termini. Se poi quell’obbligo di dichiarazione è annuale, non si illuda la gente che pagato una volta non si paga più; la sanzione scatterebbe per ogni anno.
Emerge però che il Comune ha già istituito un corpo di propri ispettori che hanno visionato tutte le case soggette a TARSU, ne hanno misurate le superfici atte a produrre rifiuti solidi urbani, ne hanno fatto diligente verbalizzazione e l’hanno consegnata al Comune. L’azionaria agrigentina ha preso visione di codesti verbali prima di sanzionare omesse dichiarazioni? Il dirigente TRIBUTI ha avuto modo di appurare o si è limitato a consegnare il suo autografo di firma come atto dovuto? I Commissari hanno contezza di codesta vicenda? Aggiungo che ben cinquecento obbligati racalmutesi non hanno in un primo tempo permesso agli ispettori comunali l’accesso alle loro case ma poi hanno ovviato di persona con il responsabile comunale del tempo. Salvo soppressione di atti di uffici, sono codeste, carte che dovrebbero stare in Comune ed essere agevolmente consultabili. Io non sono delatore e quindi mi fermo qui.
Tralascio la telenovela di presunte AUTORIZZZIONI conferite ad estranee società private di capitali: roba da Corte dei Conti. Leggo qualche mucchio di intimazioni afflittive: notizie bonarie (ammesse ma non interruttive dei termini di decadenza) coniugate indissolubilmente con veri e propri atti accertativi, a firma del responsabile dell’Ufficio Tributi di Racalmuto. Quanto alle prime – come ebbi già a scrivere – tu pubblica amministrazione hai un dubbio sul mio corretto comportamento e mi inviti a chiarire: nulla quaestio se non ha natura di accertamento perfezionato alla data indicata nell’atto. E qui una eclatante omissione della data in cui l’ufficio accertante comunica di avere fatto partire l’atto accertativo per consentire de plano l’ammissibilità o meno del recupero tributario entro i termini di decadenza.
Quanto all’accluso atto accertativo, si comunica che questo discende dai dati catastali, dalle bollette della luce e anche da quelle del gas (non si parla delle bollette dell’acqua, forse per non svegliare il can che dome).
Emerge inconfutabilmente che i dati catastali sono di molto postumi a quelli del 2006; in zone ove manca e luce e gas e quindi per indiscussa giurisprudenza non si applica tarsu, poi viene invece comminata sanzione con recupero della TARSU del 2006; si accerta che tizio o caio ha evaso quando a quella data là il tizio o caio non aveva ancora comprato casa, o aveva ancora un edificio RURALE collabente o addirittura nulla aveva a che fare con l’edificio incriminato. Cosa si è accertato? Nulla! Cosa si dichiara di avere accertato? Tutto: non vi è falso in atto pubblico? E non parliamo di altro. Chi deve vigilare? Ne sono totalmente estranei i Commissari? E per questa domanda mi vogliono affidare ai loro avvocati, come va dicendo MALGRADO TUTTO?
Ci vogliono le prove?
Signori Commissari, voi siete uomini di legge e di onore: prendete in mano la situazione: imponete la doveroso autotutela d’iniziativa della pubblica amministrazione.
Una cosa comica? Non si dice a chi vanno tutte le cospicue somme che hanno sconcertato una intera popolazione per la quasi totalità fatta da persone oneste, laboriose, ossequienti persino delle pubbliche autorità.
I signori tassaioli non si sono risparmiati nulla: onere tributario integralmente preteso anche per zone obiettivamente alleggerite; sanzione massima per omessa dichiarazione; interessi su entrambe le voci; e poi – delizia delle delizie – addizionali provinciali ed anche COMUNALI su TUTTO. Anche le banche incorrerebbero in usura. E la pubblica amministrazione? A me vien fatto di pensare alla malversazione.
Nessun commento:
Posta un commento