Contra Omnia Racalmuto
Di questi tempi è di moda un'inglesina frizzante, fedifraga forse che sì forse che no, che il nostro impagabile Piero Carbone sta facendo resuscitare dall'oblio cui sono dannati i pettegolezzi dell'Ottocento. Di Montedoro per giunta, con buona pace del mio carissimo cugino Nicolò Falci (e di altri ingegnosissimi intellettuali di stanza in Lombardia e di altre gentilissime ragazze figlie di monteduoriiii...se). Noi saltiamo di pie' pari ogni romanticheria della Caico e ci soffermiamo su un preteso prete brigante: padre Bufalino.
Ci si era intignato - a dire il vero - anche il nostro sommo regalpetrese NANA'. "nessuno in paese ha ricordo o[ne] ha sentito parlare". L'arciprete Casuccio nel 1982 era ancora vivo; Sciascia lo interpella su codesto padre Bufalino, l'arciprete Casuccio non era tipo da fare confidenze, dei suoi fratelli nel sacerdozio pubblicamente mai si sarebbe arrisicato di dire motto. Avrebbe farfugliato, gesticolato e il discorso sarebbe caduto lì. Ne seppe qualcosa il grande nostro compaesano, il gesuita p.Sferrazza Papa. Cercò di intervistarlo: non cavò un ragno dal buco. Padre Adamo di Delia, storico del suo paese, volle qualche dato sull'arciprete Macaluso, il racalmutese fatto arciprete della cittadina nissena e noi che sappiamo tutto anche di quel famoso "passavo di ccà" ce la ridiamo ancora sulla reazione dello storico deliano a fronte dell'imbarazzatissimo arciprete Casuccio che gesticolando come suo costume ebbe a mormorare: è ormai nella pace del Signore .. è ormai nella pace del Signore.
L'abbiamo riportato sopra il necrologio riservato di padre Bufalino che si conserva in Matrice come di ogni prete morto.
E' riservato ma noi ne abbiamo la fotocopia. Dunque padre Giuseppe Bufalino era anche un Maranella, ma non era racalmutese; guarda caso era di Montedoro. La Caico non seppe, l'informatore la babbiava: Non so se al Castelluccio quella discesa da cavallo tra le braccia di codesto stalliere era stato un atto gentile o uno strusciamento bello e buono. Nè gli storici di allora, né i suoi ardenti estimatori compaesani del nobile marito, né i riesumatori di oggidì ce lo sanno né ce lo potranno dire. Certo all'epoca molto si mormorò. E quando si parla, e quando si sparla, qualcosa di vero dove esserci. E non può tutto ridursi a uno sparlattiari di gente ottusa e villana.
Il marito aveva ben altri guai anche giudiziari, mi pare, per qualche omicidio. Non seguo la storia di Montedoro, ma qualche fotocopia mi si impiglia fra le mani. Per cortesia, di questa inglesina a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento non facciamone una santuzza. Queste nordiche che vengono nelle nostre arse terre e scrivono di noi e ne scrivono male mi fannu rudiri gli zebedei, meno comunque dei giornalai nostrani.
Mettete a confronto i cenni bioografici della Matrice su padre Giuseppe Bufalino Maranella fu Salvatore da Montedoro, morto il 1° Settembre 1910, Minore Conventuale di san Francesco d'Assisi in Girgenti, nato il 25 gennaio 1824", e le ciarle della Caico, anche se in versione nientemeno che sciasciana. La calligrafia ci pare dell'arciprete Casuccio, appunto e figuratevi se quell'austero (in vecchiaia) sacerdote, con una memoria di elefante, non si ricordava di questo francescano secolarizzato. Tacque, perché nel suo costume. Chi lo conobbe a fondo non può che essere d'accordo cone me.
Dite tutto quel che volete ma che fosse un brigante non mi risulta. Una infamia,dunque; meglio una di quelle ciarlate contadine in cui una certa classe della zappa di Racalmuto eccelle.
La Caico ebbe a intravederlo quando questo famigerato ex frate-brigante era settantenne. Troppo vecchio per manigolderie, non troppo decrepito per non apparire quello che era sempre stato: uno di quei preti quasi "burduna", intento più a coltivare la terra, a rimpinguare il peculio mensile con l'obolo di qualche messa e di qualche accompagnamento al cimitero del solito "galantuomo" che ad accoltellare uomini: se nessuno se ne ricorda è perché non era stato un consacrato del Signore di durevole ricordanza.
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N-B.
Di questi tempi è di moda un'inglesina frizzante, fedifraga forse che sì forse che no, che il nostro impagabile Piero Carbone sta facendo resuscitare dall'oblio cui sono dannati i pettegolezzi dell'Ottocento. Di Montedoro per giunta, con buona pace del mio carissimo cugino Nicolò Falci (e di altri ingegnosissimi intellettuali di stanza in Lombardia e di altre gentilissime ragazze figlie di monteduoriiii...se). Noi saltiamo di pie' pari ogni romanticheria della Caico e ci soffermiamo su un preteso prete brigante: padre Bufalino.
Ci si era intignato - a dire il vero - anche il nostro sommo regalpetrese NANA'. "nessuno in paese ha ricordo o[ne] ha sentito parlare". L'arciprete Casuccio nel 1982 era ancora vivo; Sciascia lo interpella su codesto padre Bufalino, l'arciprete Casuccio non era tipo da fare confidenze, dei suoi fratelli nel sacerdozio pubblicamente mai si sarebbe arrisicato di dire motto. Avrebbe farfugliato, gesticolato e il discorso sarebbe caduto lì. Ne seppe qualcosa il grande nostro compaesano, il gesuita p.Sferrazza Papa. Cercò di intervistarlo: non cavò un ragno dal buco. Padre Adamo di Delia, storico del suo paese, volle qualche dato sull'arciprete Macaluso, il racalmutese fatto arciprete della cittadina nissena e noi che sappiamo tutto anche di quel famoso "passavo di ccà" ce la ridiamo ancora sulla reazione dello storico deliano a fronte dell'imbarazzatissimo arciprete Casuccio che gesticolando come suo costume ebbe a mormorare: è ormai nella pace del Signore .. è ormai nella pace del Signore.
L'abbiamo riportato sopra il necrologio riservato di padre Bufalino che si conserva in Matrice come di ogni prete morto.
E' riservato ma noi ne abbiamo la fotocopia. Dunque padre Giuseppe Bufalino era anche un Maranella, ma non era racalmutese; guarda caso era di Montedoro. La Caico non seppe, l'informatore la babbiava: Non so se al Castelluccio quella discesa da cavallo tra le braccia di codesto stalliere era stato un atto gentile o uno strusciamento bello e buono. Nè gli storici di allora, né i suoi ardenti estimatori compaesani del nobile marito, né i riesumatori di oggidì ce lo sanno né ce lo potranno dire. Certo all'epoca molto si mormorò. E quando si parla, e quando si sparla, qualcosa di vero dove esserci. E non può tutto ridursi a uno sparlattiari di gente ottusa e villana. Il marito aveva ben altri guai anche giudiziari, mi pare, per qualche omicidio. Non seguo la storia di Montedoro, ma qualche fotocopia mi si impiglia fra le mani. Per cortesia, di questa inglesina a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento non facciamone una santuzza. Queste nordiche che vengono nelle nostre arse terre e scrivono di noi e ne scrivono male mi fannu rudiri gli zebedei, meno comunque dei giornalai a confronto i cenni bioografici della Matrice su padre Giuseppe Bufalino Maranella fu Salvatore da Montedoro, morto il 1° Settembre 1910, Minore Conventuale di san Francesco d'Assisi in Girgenti, nato il 25 gennaio 1824", e le ciarle della Caico, anche se in versione nientemeno che sciasciana. La calligrafia ci pare dell'arciprete Casuccio, appunto e figuratevi se quell'austero (in vecchiaia) sacerdote, con una memoria di elefante, non si ricordava di questo francescano secolarizzato. Tacque, perché nel suo costume. Chi lo conobbe a fondo non può che essere d'accordo cone me.
...per mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.
lunedì 18 febbraio 2013
Sempre a proposito della Caico e di padre Giuseppe Bufalino.
La mia notoria imperizia in queste diavolerie informatiche è la colpevole della volatizzazione di un commento anonimo - ma credo che sia del dottore Messana di Montedoro. L’autore crederà che abbia voluto censurarlo perché il post conteneva un appuntino un po’ critico. Manco per niente. Anzi lo prego di rinviarmi il post così lo faccio pubblicare come merita, contenendo note ed osservazioni pregevolissime. Mi chiama storico; mi sento solo microstorico di Racalmuto. Aggiungo che non ho esaltato la figura del “montedorese” padre Giuseppe Bufalino Maranella, ex francescano secolarizzato. Anzi l’ho chiamato “prete quasi durduni”, una categoria quelle dei preti burduna prosperosa in senso negativo tra il 1820 e il 193° a Racalmuto. Un campione fu padre Burruano, i cui figli (persino dotati) gli gridano vicino l’ite missa est: papà chi cciamma ddiri a la mamma: ditici ca cala la pasta ca ora viegnu.
Il padre Giuseppe Bufalino Maranella, nato in quel di Montedoro e stanziatosi a Racalmuto dopo aver lasciato il convento francescano di Girgenti non lasciò nè scrusciu né sciauru: solo parenti stretti che oggi onorano Racalmuto.
La Caico in vena di sensazionalismo scrisse quello che scrisse. Non credo che sia stato lo stalliere di lady Chatterley – che ora mi si dice chiamarsi prosaicamente Augello – a parlare male di padre Bufalino. Quello che scrive la Caico di certo ebbe a stizzire Sciascia. Leggere quello che commenta Nanà chiosando il non pregevole testo storico del Tinebra Martorana. Ho allegato la fotocopia del lungo (per Sciascia) acidulo commento, sottilmente sfottente Montedoro (che io adoro). Dissento totalmente da Sciascia. Debbo però giustificare Sciascia: questi di Montedoro lo avevano preso per un chiosatore di piccole paesane cose. Sciascia fu un grande (il mio disprezzo va per i nocini, come dire quelli della noce). Gli volevano presuntuosamente quelli di Montedoro (e questo vizietto ce l’hanno: mancano di autocritica, figurarsi poi l’autoironia!), fagli fare prefazioni a parti o storici o letterari di non eccelsi maestri elementari del loro paese o di codesta sosia anzitempo di Lady Chatterley. Sciascia dribblò e poi infierì. Ho letto qualche altra deliziosa cosa in parodia di una commentatrice della Caico. A Montedoro aveva comunque già dato in Galleria negli anni ’50.
Quanto ai preti di Racalmuto, aggiungo che uso per celia definirmi CATTOLICO, CLERICALE ma fervente NON CREDENTE (in toto). Si dà il caso che sono nel cuore e nella mente un ghiottissimo mangiapreti. L’altro giorno mi raccontavano che un prete ancora non morto ma manco vegeto nei confessionali è un tantinello sporcaccione. Ad una quasi bambina domanda: ma ti spuntà l’orticello? La quasi bambina non capì e chiese spiegazioni alla famiglia. Aveva padre e fratelli nerboruti; andarono in case del prete vivo ma non vegeto e lo riempirono di botte. Il prete dovette ricorrere alle cure dell’ospedale. Versione dei fatti: dei ladri non solo mi rubarono, ma anche mi picchiarono. Andrà all’inferno per avere detto una bugia grave o perché peccò de sexto et de nono; qui ci vuole Pietro l’Aretino per avere il verdetto d’insegnamento per i confessori. Solo che non siamo più in quei secoli ove si invocava: sudate o fuochi a preparar metalli.
SEMPRE A PROPOSITO DELLA CAICO ED ANCHE PER DIMOSTRARE AL DOTTOR MESSANA DI MONTEDORO E AL DOTTOR LIOTTA CHE SONO PROPRIO DI "TENACE CONCETTO" CHE VUOL DIRE INVECE "TESTARDO COME UN MULU CALAVRISI", RITRASCRIVO:
Della signora Caico, che mi richiama un celeberrimo romanzo inglese con signora insoddisfatta e stalliere pronto a tutto, una cosa apprezzo: le fotografie. Senza la signora Caico non avremmo più alcuna memoria della chiesa accanto al Castelluccio.Una chiesa di grande importanza storica per Racalmuto. Distrutta, pressochè rasa al suolo. Signori che pur vogliono passare per illuminati cultori delle cose della religione a Racalmutohanno colpe imperdonabili. Qiella chiesa la potremo ricostruire, ne faremo una restitutio in pristinum. Cosa centrale per il turismo a Racalmuto, s'intende il turisno d'élitte, e non quello paninaro sporca strade che ci vogliono propinare.
Quelli che dovessero avere foto di quella storica pieve di li castiddara ne facciano pubblicazione, a futura memoria, perché appunto la memoria ha un futuro; è il futuro. Nessun ispse dixit può dissolverlo nelle brume del suo occiduo pessimismo. Noi siamo per la vita, per una ridente Racalmuto. La lugubre REGALPEPRA la laciamo a chi la vuole ed ai contigui pennivendoli.
E tanto per essere ligio alla trasparenza la più totale, trascrivo anche il dialogo riservato con mio cugino Nicolò Falci da Montedoro.
Da: messana.org [mailto:messana@messana.org]
SEMPRE A PROPOSITO DELLA CAICO ED ANCHE PER DIMOSTRARE AL DOTTOR MESSANA DI MONTEDORO E AL DOTTOR LIOTTA CHE SONO PROPRIO DI "TENACE CONCETTO" CHE VUOL DIRE INVECE "TESTARDO COME UN MULU CALAVRISI", RITRASCRIVO:
Della signora Caico, che mi richiama un celeberrimo romanzo inglese con signora insoddisfatta e stalliere pronto a tutto, una cosa apprezzo: le fotografie. Senza la signora Caico non avremmo più alcuna memoria della chiesa accanto al Castelluccio.Una chiesa di grande importanza storica per Racalmuto. Distrutta, pressochè rasa al suolo. Signori che pur vogliono passare per illuminati cultori delle cose della religione a Racalmutohanno colpe imperdonabili. Qiella chiesa la potremo ricostruire, ne faremo una restitutio in pristinum. Cosa centrale per il turismo a Racalmuto, s'intende il turisno d'élitte, e non quello paninaro sporca strade che ci vogliono propinare.
Quelli che dovessero avere foto di quella storica pieve di li castiddara ne facciano pubblicazione, a futura memoria, perché appunto la memoria ha un futuro; è il futuro. Nessun ispse dixit può dissolverlo nelle brume del suo occiduo pessimismo. Noi siamo per la vita, per una ridente Racalmuto. La lugubre REGALPEPRA la laciamo a chi la vuole ed ai contigui pennivendoli.
Da:
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Inviato:
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domenica 17 febbraio 2013 22:35:01
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A:
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'Calogero taverna' (calogerotaverna@live.it)
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No Lillo carissimo,
la mia non era una richiesta di excusatio o difesa, bensì il consiglio di unire le forze e i documenti (tuoi e di Federico) per tenere vivo il ricordo (nel bene e nel male) della vita dei nostri due paesi, Montedoro quello in cui sono nato io e i miei genitori e Racalmuto quello dei miei parenti, nonno Nico, in primis, e tutti gli altri, Falci e Taverna.
Un abbraccio Lillì.
Nicolò
Calogero taverna (calogerotaverna@live.it)
17/02/2013
A: Nicolò Falci
Carissimo Nicolò, Sui Messana di Montedoro il mio assoluto rispetto e la mia incondizionata stima. Ci mancherebbe altro. Anche nel mio post sul vostro compaesano il francescanopadre Giuseppe Bufalino
Da:
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Calogero taverna (calogerotaverna@live.it)
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Inviato:
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domenica 17 febbraio 2013 21:15:56
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A:
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Nicolò Falci (falci.nicolo@tiscali.it)
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Carissimo Nicolò,
Sui Messana di Montedoro il mio assoluto rispetto e la mia incondizionata stima. Ci mancherebbe altro. Anche nel mio post sul vostro compaesano il francescanopadre Giuseppe
Bufalino Maranella. l'ossequio c'è e rimane. Io non sono sciasciano e quindi faccio finta di non avere letto quello che subodolamente scrisse Sciascia contro di voi montedoresi in risposta delle panzane scritte da questa inglese sposata (infedelmente?) Caico, E ciò perché io amo Montedoro, i montedoresi, lu zzi Tanu, la zza Caluzzedda, ma zzi Nicu e voi tutti omonimi di mia nonna. Giovanna Falci. Non sono campaniista. non posso esserlo. E Sciascia contro Montedoro si può leggere nella fotocopia che ho messo a corredo del post su padre Bufalino..
Ti abbraccio Calogero
Sui Messana di Montedoro il mio assoluto rispetto e la mia incondizionata stima. Ci mancherebbe altro. Anche nel mio post sul vostro compaesano il francescanopadre Giuseppe
Bufalino Maranella. l'ossequio c'è e rimane. Io non sono sciasciano e quindi faccio finta di non avere letto quello che subodolamente scrisse Sciascia contro di voi montedoresi in risposta delle panzane scritte da questa inglese sposata (infedelmente?) Caico, E ciò perché io amo Montedoro, i montedoresi, lu zzi Tanu, la zza Caluzzedda, ma zzi Nicu e voi tutti omonimi di mia nonna. Giovanna Falci. Non sono campaniista. non posso esserlo. E Sciascia contro Montedoro si può leggere nella fotocopia che ho messo a corredo del post su padre Bufalino..
Ti abbraccio Calogero
17/02/2013
Caro Lillo, forse in altro “luogo” leggerai la precisazione di Federico (montedorese, fratello di quel Calogero che a Montedoro ha installato un museo di immagini e documenti antichi, visitati dai rac
Da:
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Inviato:
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domenica 17 febbraio 2013 16:14:46
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A:
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'Calogero taverna' (calogerotaverna@live.it)
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Cc:
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'messana.org' (messana@messana.org)
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Attenzione! Questo mittente non ha superato o ha falsificato i controlli.
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Caro Lillo,
forse in altro “luogo”leggerai la precisazione di Federico (montedorese, fratello di quel Calogero che a Montedoro ha installato un museo di immagini e documenti antichi, visitati dai racalmutesi Carbone e Cutaia) sulla Hamilton Caico. Federico, che ci legge in copia, è un mio amico abitante anche lui a Milano, è persona onestissima culturalmente e attentissima a queste cose e, su quello che scrive, documentatissima, essendo egli in possesso di documenti originali. Con lui (mi pare che vi abbia già messo in contatto) potrai scambiare interessantissime opinioni, non solo sulla querelle Caico.
Un abbraccio,
tò cuscinu Nicu Fanci
sabato 28 settembre 2013
Per rinfocolare una non sopita polemica di questo inverno contro denigratrici anglo-montedoresi, ripubblico miei post del blog CONTRA OMNIA RACALMUTO.
Per rinfocolare una non sopita polemica di questo inverno contro denigratrici anglo-montedoresi, ripubblico miei post del blog CONTRA OMNIA RACALMUTO. Risibili certe elucubrazioni difensiviste: non la Caico ma lo stalliere ebbe l'esilarante espressione contro un prete e contro l'intera cittadinanza racalmutese. Già, se la signora non ne faceva compiaciuta narrazione e per giunta in anglosassone di...re (così tutto il mondo poteva sogghignare sul paese del sale) chissà come ne avremmo saputo alcunché. Quanto a cervice loica i nostri vicini di casa (peregrino quell'ancor residua acredine contro Leonardo per non avere voluto chiosare un libro che non apprezzava - e quando mai Sciascia chiosò qualcosa che non fosse alla sua altezza!), beh! avremmo di che a ridire, certo punti da un apprezzamento a noi ostile. Personalmente secondo il loro metro di valutazione sarei aduso a "grotteschi scivoloni storici" (rectius microstorici). Peccato che a far loro da bordone talora indulge certa ingegnosa intellighenzia mia compaesana.
lunedì 18 febbraio 2013
Sempre a proposito della Caico e di padre Giuseppe Bufalino.
La mia notoria imperizia in queste diavolerie informatiche è la colpevole della volatizzazione di un commento anonimo - ma credo che sia del dottore Messana di Montedoro. L’autore crederà che abbia voluto censurarlo perché il post conteneva un appuntino un po’ critico. Manco per niente. Anzi lo prego di rinviarmi il post così lo faccio pubblicare come merita, contenendo note ed osservazioni pregevolissime. Mi chiama storico; mi sento solo microstorico di Racalmuto. Aggiungo che non ho esaltato la figura del “montedorese” padre Giuseppe Bufalino Maranella, ex francescano secolarizzato. Anzi l’ho chiamato “prete quasi burduni”, una categoria quella dei preti burduna prosperosa in senso negativo tra il 1820 e il 1930 a Racalmuto. Un campione fu padre Burruano, i cui figli (persino dotati) gli gridano vicino l’ite missa est: papà chi cciamma ddiri a la mamma: ditici ca cala la pasta ca ora viegnu [nostre successive ricerche dimostrano invece che codesto padre Burruano - più padre carnale che prete di casta vita - fu figura di spicco nel rilancio dell'industria solfifera a Racalmuto]
Il padre Giuseppe Bufalino Maranella, nato in quel di Montedoro e stanziatosi a Racalmuto dopo aver lasciato il convento francescano di Girgenti non lasciò nè scrusciu né sciauru: solo parenti stretti che oggi onorano Racalmuto.
La Caico in vena di sensazionalismo scrisse quello che scrisse. Non credo che sia stato lo stalliere di lady Chatterley – che ora mi si dice chiamarsi prosaicamente Augello – a parlare male di padre Bufalino. Quello che scrive la Caico di certo ebbe a stizzire Sciascia. Leggere quello che commenta Nanà chiosando il non pregevole testo storico del Tinebra Martorana. Ho allegato la fotocopia del lungo (per Sciascia) acidulo commento, sottilmente sfottente Montedoro (che io adoro). Dissento totalmente da Sciascia. Debbo però giustificare Sciascia: questi di Montedoro lo avevano preso per un chiosatore di piccole paesane cose. Sciascia fu un grande (il mio disprezzo va per i nocini, come dire quelli della noce). Gli volevano presuntuosamente quelli di Montedoro (e questo vizietto ce l’hanno: mancano di autocritica, figurarsi poi l’autoironia!), fagli fare prefazioni a parti o storici o letterari di non eccelsi maestri elementari del loro paese o di codesta sosia anzitempo di Lady Chatterley. Sciascia dribblò e poi infierì. Ho letto qualche altra deliziosa cosa in parodia di una commentatrice della Caico. A Montedoro aveva comunque già dato in Galleria negli anni ’50.
Quanto ai preti di Racalmuto, aggiungo che uso per celia definirmi CATTOLICO, CLERICALE ma fervente NON CREDENTE (in toto). Si dà il caso che sono nel cuore e nella mente un ghiottissimo mangiapreti. L’altro giorno mi raccontavano che un prete ancora non morto ma manco vegeto nei confessionali è un tantinello sporcaccione. Ad una quasi bambina domanda: ma ti spuntà l’orticello? La quasi bambina non capì e chiese spiegazioni alla famiglia. Aveva padre e fratelli nerboruti; andarono in case del prete vivo ma non vegeto e lo riempirono di botte. Il prete dovette ricorrere alle cure dell’ospedale. Versione dei fatti: dei ladri non solo mi rubarono, ma anche mi picchiarono. Andrà all’inferno per avere detto una bugia grave o perché peccò de sexto et de nono; qui ci vuole Pietro l’Aretino per avere il verdetto d’insegnamento per i confessori. Solo che non siamo più in quei secoli ove si invocava: sudate o fuochi a preparar metalli.
SEMPRE A PROPOSITO DELLA CAICO ED ANCHE PER DIMOSTRARE AL DOTTOR MESSANA DI MONTEDORO E AL DOTTOR LIOTTA CHE SONO PROPRIO DI "TENACE CONCETTO" CHE VUOL DIRE INVECE "TESTARDO COME UN MULU CALAVRISI", RITRASCRIVO:
Della signora Caico, che mi richiama un celeberrimo romanzo inglese con signora insoddisfatta e stalliere pronto a tutto, una cosa apprezzo: le fotografie. Senza la signora Caico non avremmo più alcuna memoria della chiesa accanto al Castelluccio.Una chiesa di grande importanza storica per Racalmuto. Distrutta, pressoché rasa al suolo. Signori che pur vogliono passare per illuminati cultori delle cose della religione a Racalmuto hanno colpe imperdonabili. Quella chiesa la potremmo ricostruire, ne faremmo una restitutio in pristinum. Cosa centrale per il turismo a Racalmuto, s'intende il turisno d'élite, e non quello paninaro sporca strade che ci vogliono propinare.
Quelli che dovessero avere foto di quella storica pieve di li castiddruzzara ne facciano pubblicazione, a futura memoria, perché appunto la memoria ha un futuro; è il futuro. Nessun ipse dixit può dissolverlo nelle brume del suo occiduo pessimismo. Noi siamo per la vita, per una ridente Racalmuto. La lugubre REGALPEPRA la lasciamo a chi la vuole ed ai contigui pennivendoli.
E tanto per essere ligio alla trasparenza la più totale, trascrivo anche il dialogo riservato con mio cugino Nicolò Falci da Montedoro.
Da:
Nicolò Falci. Questo mittente è nel tuo elenco contatti.
Inviato:
domenica 17 febbraio 2013 22:35:01
A:
'Calogero taverna' (calogerotaverna@live.it)
No Lillo carissimo,
la mia non era una richiesta di excusatio o difesa, bensì il consiglio di unire le forze e i documenti (tuoi e di Federico) per tenere vivo il ricordo (nel bene e nel male) della vita dei nostri due paesi, Montedoro quello in cui sono nato io e i miei genitori e Racalmuto quello dei miei parenti, nonno Nico, in primis, e tutti gli altri, Falci e Taverna.
Un abbraccio Lillì.
Nicolò
a:
Calogero taverna (calogerotaverna@live.it)
A:
Nicolò Falci
Carissimo Nicolò,
Sui Messana di Montedoro il mio assoluto rispetto e la mia incondizionata stima. Ci mancherebbe altro. Anche nel mio post sul vostro compaesano il francescano padre Giuseppe Bufalino Maranella. l'ossequio c'è e rimane. Io non sono sciasciano e quindi faccio finta di non avere letto quello che subdolamente scrisse Sciascia contro di voi montedoresi in risposta delle panzane scritte da questa inglese sposata (infedelmente?) Caico, E ciò perché io amo Montedoro, i montedoresi, lu zzi Tanu, la zza Caluzzedda, ma zzi Nicu e voi tutti omonimi di mia nonna, Giovanna Falci. Non sono campanilista; non posso esserlo. E Sciascia contro Montedoro si può leggere nella fotocopia che ho messo a corredo del post su padre Bufalino..
Ti abbraccio Calogero
Documenti
Caro Lillo,
forse in altro “luogo” leggerai la precisazione di Federico (montedorese, fratello di quel Calogero che a Montedoro ha installato un museo di immagini e documenti antichi, visitati dai racalmutesi Carbone e Cutaia) sulla Hamilton Caico. Federico, che ci legge in copia, è un mio amico abitante anche lui a Milano, è persona onestissima culturalmente e attentissima a queste cose e, su quello che scrive, documentatissima, essendo egli in possesso di documenti originali. Con lui (mi pare che vi abbia già messo in contatto) potrai scambiare interessantissime opinioni, non solo sulla querelle Caico.
Un abbraccio,
tò cuscinu Nicu Fanci
lunedì 18 febbraio 2013
Sempre a proposito della Caico e di padre Giuseppe Bufalino.
La mia notoria imperizia in queste diavolerie informatiche è la colpevole della volatizzazione di un commento anonimo - ma credo che sia del dottore Messana di Montedoro. L’autore crederà che abbia voluto censurarlo perché il post conteneva un appuntino un po’ critico. Manco per niente. Anzi lo prego di rinviarmi il post così lo faccio pubblicare come merita, contenendo note ed osservazioni pregevolissime. Mi chiama storico; mi sento solo microstorico di Racalmuto. Aggiungo che non ho esaltato la figura del “montedorese” padre Giuseppe Bufalino Maranella, ex francescano secolarizzato. Anzi l’ho chiamato “prete quasi burduni”, una categoria quella dei preti burduna prosperosa in senso negativo tra il 1820 e il 1930 a Racalmuto. Un campione fu padre Burruano, i cui figli (persino dotati) gli gridano vicino l’ite missa est: papà chi cciamma ddiri a la mamma: ditici ca cala la pasta ca ora viegnu [nostre successive ricerche dimostrano invece che codesto padre Burruano - più padre carnale che prete di casta vita - fu figura di spicco nel rilancio dell'industria solfifera a Racalmuto]
Il padre Giuseppe Bufalino Maranella, nato in quel di Montedoro e stanziatosi a Racalmuto dopo aver lasciato il convento francescano di Girgenti non lasciò nè scrusciu né sciauru: solo parenti stretti che oggi onorano Racalmuto.
La Caico in vena di sensazionalismo scrisse quello che scrisse. Non credo che sia stato lo stalliere di lady Chatterley – che ora mi si dice chiamarsi prosaicamente Augello – a parlare male di padre Bufalino. Quello che scrive la Caico di certo ebbe a stizzire Sciascia. Leggere quello che commenta Nanà chiosando il non pregevole testo storico del Tinebra Martorana. Ho allegato la fotocopia del lungo (per Sciascia) acidulo commento, sottilmente sfottente Montedoro (che io adoro). Dissento totalmente da Sciascia. Debbo però giustificare Sciascia: questi di Montedoro lo avevano preso per un chiosatore di piccole paesane cose. Sciascia fu un grande (il mio disprezzo va per i nocini, come dire quelli della noce). Gli volevano presuntuosamente quelli di Montedoro (e questo vizietto ce l’hanno: mancano di autocritica, figurarsi poi l’autoironia!), fagli fare prefazioni a parti o storici o letterari di non eccelsi maestri elementari del loro paese o di codesta sosia anzitempo di Lady Chatterley. Sciascia dribblò e poi infierì. Ho letto qualche altra deliziosa cosa in parodia di una commentatrice della Caico. A Montedoro aveva comunque già dato in Galleria negli anni ’50.
Quanto ai preti di Racalmuto, aggiungo che uso per celia definirmi CATTOLICO, CLERICALE ma fervente NON CREDENTE (in toto). Si dà il caso che sono nel cuore e nella mente un ghiottissimo mangiapreti. L’altro giorno mi raccontavano che un prete ancora non morto ma manco vegeto nei confessionali è un tantinello sporcaccione. Ad una quasi bambina domanda: ma ti spuntà l’orticello? La quasi bambina non capì e chiese spiegazioni alla famiglia. Aveva padre e fratelli nerboruti; andarono in case del prete vivo ma non vegeto e lo riempirono di botte. Il prete dovette ricorrere alle cure dell’ospedale. Versione dei fatti: dei ladri non solo mi rubarono, ma anche mi picchiarono. Andrà all’inferno per avere detto una bugia grave o perché peccò de sexto et de nono; qui ci vuole Pietro l’Aretino per avere il verdetto d’insegnamento per i confessori. Solo che non siamo più in quei secoli ove si invocava: sudate o fuochi a preparar metalli.
SEMPRE A PROPOSITO DELLA CAICO ED ANCHE PER DIMOSTRARE AL DOTTOR MESSANA DI MONTEDORO E AL DOTTOR LIOTTA CHE SONO PROPRIO DI "TENACE CONCETTO" CHE VUOL DIRE INVECE "TESTARDO COME UN MULU CALAVRISI", RITRASCRIVO:
Della signora Caico, che mi richiama un celeberrimo romanzo inglese con signora insoddisfatta e stalliere pronto a tutto, una cosa apprezzo: le fotografie. Senza la signora Caico non avremmo più alcuna memoria della chiesa accanto al Castelluccio.Una chiesa di grande importanza storica per Racalmuto. Distrutta, pressoché rasa al suolo. Signori che pur vogliono passare per illuminati cultori delle cose della religione a Racalmuto hanno colpe imperdonabili. Quella chiesa la potremmo ricostruire, ne faremmo una restitutio in pristinum. Cosa centrale per il turismo a Racalmuto, s'intende il turisno d'élite, e non quello paninaro sporca strade che ci vogliono propinare.
Quelli che dovessero avere foto di quella storica pieve di li castiddruzzara ne facciano pubblicazione, a futura memoria, perché appunto la memoria ha un futuro; è il futuro. Nessun ipse dixit può dissolverlo nelle brume del suo occiduo pessimismo. Noi siamo per la vita, per una ridente Racalmuto. La lugubre REGALPEPRA la lasciamo a chi la vuole ed ai contigui pennivendoli.
E tanto per essere ligio alla trasparenza la più totale, trascrivo anche il dialogo riservato con mio cugino Nicolò Falci da Montedoro.
Da:
Nicolò Falci. Questo mittente è nel tuo elenco contatti.
Inviato:
domenica 17 febbraio 2013 22:35:01
A:
'Calogero taverna' (calogerotaverna@live.it)
No Lillo carissimo,
la mia non era una richiesta di excusatio o difesa, bensì il consiglio di unire le forze e i documenti (tuoi e di Federico) per tenere vivo il ricordo (nel bene e nel male) della vita dei nostri due paesi, Montedoro quello in cui sono nato io e i miei genitori e Racalmuto quello dei miei parenti, nonno Nico, in primis, e tutti gli altri, Falci e Taverna.
Un abbraccio Lillì.
Nicolò
a:
Calogero taverna (calogerotaverna@live.it)
A:
Nicolò Falci
Carissimo Nicolò,
Sui Messana di Montedoro il mio assoluto rispetto e la mia incondizionata stima. Ci mancherebbe altro. Anche nel mio post sul vostro compaesano il francescano padre Giuseppe Bufalino Maranella. l'ossequio c'è e rimane. Io non sono sciasciano e quindi faccio finta di non avere letto quello che subdolamente scrisse Sciascia contro di voi montedoresi in risposta delle panzane scritte da questa inglese sposata (infedelmente?) Caico, E ciò perché io amo Montedoro, i montedoresi, lu zzi Tanu, la zza Caluzzedda, ma zzi Nicu e voi tutti omonimi di mia nonna, Giovanna Falci. Non sono campanilista; non posso esserlo. E Sciascia contro Montedoro si può leggere nella fotocopia che ho messo a corredo del post su padre Bufalino..
Ti abbraccio Calogero
Documenti
Caro Lillo,
forse in altro “luogo” leggerai la precisazione di Federico (montedorese, fratello di quel Calogero che a Montedoro ha installato un museo di immagini e documenti antichi, visitati dai racalmutesi Carbone e Cutaia) sulla Hamilton Caico. Federico, che ci legge in copia, è un mio amico abitante anche lui a Milano, è persona onestissima culturalmente e attentissima a queste cose e, su quello che scrive, documentatissima, essendo egli in possesso di documenti originali. Con lui (mi pare che vi abbia già messo in contatto) potrai scambiare interessantissime opinioni, non solo sulla querelle Caico.
Un abbraccio,
tò cuscinu Nicu Fanci
domenica 29 dicembre 2013
Montedoro sotto inchiesta ..... brogli elettorali
Nelle oltre mille e duecento pagine a stampa della" Relazione della Giunta per l'Inchiesta sulle condizioni della Sicilia -. relazione R. Bonfadini - 1875)" Montedoro è pressoché ignorata, ma a cercare qualche spunto lo si trova.
Una udienza viene riservata il 23 dicembre del 1875 a Costanzo Longhina, consigliere delegato, f.f. prefetto di Caltanissetta. Ad una domanda di Cusa sulla questione delle esattorie, il ff Prefetto così risponde: "La solaa banca nazionale ha assunto l'esattoria provinciale; nei comuni però le esattorie sono state assunte da particolari che andarono all'asta" Un caso particolare si ebbe a verificre e riguarda proprio Montedoro, ove si era tentato un aggio del 15% ma "non si è trovato ancora di deliberare l'esattoria neppure con 20% di provvigione".
Montedoro ritorna alla ribalta a proposito delle votazioni amministrative: il paesino è in subbuglio, l'ordine pubblico in fermento A domanda si risponde che "nei piccoli paesi del circondario ... ho avuto modo due volte occasione di far correre i soldati e con una corsa abbastanza rapida una volta a Montedoro, un'altra a Sutera, dove si era fatta una dimostrazione di qualche gravità; a Montedoro tirarono a sassate contro la truppa e ferirono ala testa un brigadiere dei carabinieri. Il popolo non aveva torto, aveva torto ad andare sino a quel punto. Fra le altre cause, si erano messi in disparte i capitali per condurre l'acqua in paese, bisogno gravissimo, ed urgente qui in certi paesi, e questi danari erano spariti.".
A parlare così era Ottaviano De Saint Seigne, tenente colonnello del 65°Reggimento Fanteria e comandante la Zona Militare di Caltanissetta.
Il colonnello dopo avere filosofato sul tipo di mafia del Nisseno. relazione ancora su Montedoro: " i fatti che più specialmente preoccupano me sono quelli di Montedoro ... insomma fatti di brigantaggio, o di malandrinaggio abituale, e però credo necessario tener d'occhio le zolfare, le quali danno con facilità elementi di malandrini di circostanza,"
Di sfuggita vi è un accenno ad un cosiddetto progetto di Montedoro. Dovrebbe riguardare un progetto di strada ferroviaria. Un ingegnere riferisce che "il progetto primitivo porterebbe una spesa molto superiore a quella approvata e sarebbe di esito molto incerto". Si viene comunque a sapere che "fra giorni saranno sottoposti [certi progetti] al consiglio superiore dei lavori pubblici e si vedrà se si si potranno o non si potranno approvare.". Crediamo che non ebbero esito alcuno. Reperire però quei progetti significherebbe procurarsi interessante materiale di studio. Si parla della galleria della Misericordia prevedendo che questa era fattibile in "non meno di tre anni e mezzo.".
Noi per conto nostro abbiamo acquisito un pamphlet che non può dirsi proprio anonimo. Tutta la vita politica amministrativa sociale vi è passata al setaccio con astio e livore. Abbiamo appurato che fu scritto da un insegnante non proprio montedorese. Ne forniamo la copia di un foglio che crediamo dia la misura della denuncia politica. E comunque ne viene fuori uno spaccato paesano non proprio convenzionale.
venerdì 27 settembre 2013
Padre Giusppe Bufalino, l'ex francescano della Caico di cui Sciascia non sa
mercoledì 13 febbraio 2013
Padre Giusppe Bufalino, l'ex francescano della Caico di cui Sciascia non sa
Di questi tempi è di moda un'inglesina frizzante, fedifraga forse che sì forse che no, che il nostro impagabile Piero Carbone sta facendo resuscitare dall'oblio cui sono dannati i pettegolezzi dell'Ottocento. Di Montedoro per giunta, con buona pace del mio carissimo cugino Nicolò Falci (e... di altri ingegnosissimi intellettuali di stanza in Lombardia e di altre gentilissime ragazze figlie di monteduoriiii...se). Noi saltiamo di pie' pari ogni romanticheria della Caico e ci soffermiamo su un preteso prete brigante: padre Bufalino.
Ci si era intignato - a dire il vero - anche il nostro sommo regalpetrese NANA'. "nessuno in paese ha ricordo o[ne] ha sentito parlare". L'arciprete Casuccio nel 1982 era ancora vivo; Sciascia lo interpella su codesto padre Bufalino, l'arciprete Casuccio non era tipo da fare confidenze, dei suoi fratelli nel sacerdozio pubblicamente mai si sarebbe arrisicato di dire motto. Avrebbe farfugliato, gesticolato e il discorso sarebbe caduto lì. Ne seppe qualcosa il grande nostro compaesano, il gesuita p.Sferrazza Papa. Cercò di intervistarlo: non cavò un ragno dal buco. Padre Adamo di Delia, storico del suo paese, volle qualche dato sull'arciprete Macaluso, il racalmutese fatto arciprete della cittadina nissena e noi che sappiamo tutto anche di quel famoso "passavo di ccà" ce la ridiamo ancora sulla reazione dello storico deliano a fronte dell'imbarazzatissimo arciprete Casuccio che gesticolando come suo costume ebbe a mormorare: è ormai nella pace del Signore .. è ormai nella pace del Signore.
L'abbiamo riportato sopra il necrologio riservato di padre Bufalino che si conserva in Matrice come di ogni prete morto.
E' riservato ma noi ne abbiamo la fotocopia. Dunque padre Giuseppe Bufalino era anche un Maranella, ma non era racalmutese; guarda caso era di Montedoro. La Caico non seppe, l'informatore la babbiava: Non so se al Castelluccio quella discesa da cavallo tra le braccia di codesto stalliere era stato un atto gentile o uno strusciamento bello e buono. Nè gli storici di allora, né i suoi ardenti estimatori compaesani del nobile marito, né i riesumatori di oggidì ce lo sanno né ce lo potranno dire. Certo all'epoca molto si mormorò. E quando si parla, e quando si sparla, qualcosa di vero dove esserci. E non può tutto ridursi a uno sparlattiari di gente ottusa e villana.
Il marito aveva ben altri guai anche giudiziari, mi pare, per qualche omicidio. Non seguo la storia di Montedoro, ma qualche fotocopia mi si impiglia fra le mani. Per cortesia, di questa inglesina a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento non facciamone una santuzza. Queste nordiche che vengono nelle nostre arse terre e scrivono di noi e ne scrivono male mi fannu rudiri gli zebedei, meno comunque dei giornalai nostrani.
Mettete a confronto i cenni bioografici della Matrice su padre Giuseppe Bufalino Maranella fu Salvatore da Montedoro, morto il 1° Settembre 1910, Minore Conventuale di san Francesco d'Assisi in Girgenti, nato il 25 gennaio 1824", e le ciarle della Caico, anche se in versione nientemeno che sciasciana. La calligrafia ci pare dell'arciprete Casuccio, appunto e figuratevi se quell'austero (in vecchiaia) sacerdote, con una memoria di elefante, non si ricordava di questo francescano secolarizzato. Tacque, perché nel suo costume. Chi lo conobbe a fondo non può che essere d'accordo cone me.
Dite tutto quel che volete ma che fosse un brigante non mi risulta. Una infamia,dunque; meglio una di quelle ciarlate contadine in cui una certa classe della zappa di Racalmuto eccelle.
La Caico ebbe a intravederlo quando questo famigerato ex frate-brigante era settantenne. Troppo vecchio per manigolderie, non troppo decrepito per non apparire quello che era sempre stato: uno di quei preti quasi "burduna", intento più a coltivare la terra, a rimpinguare il peculio mensile con l'obolo di qualche messa e di qualche accompagnamento al cimitero del solito "galantuomo" che ad accoltellare uomini: se nessuno se ne ricorda è perché non era stato un consacrato del Signore di durevole ricordanza.
--------------
N-B.
La mia notoria imperizia in queste diavolerie informatiche è la colpevole della volatizzazione di un commento anonimo - ma credo che sia del dottore Messana di Montedoro. L’autore crederà che abbia voluto censurarlo perché il post conteneva un appuntino un po’ critico. Manco per niente. Anzi lo prego di rinviarmi il post così lo faccio pubblicare come merita, contenendo note ed osservazioni pregevolissime. Mi chiama storico; mi sento solo microstorico di Racalmuto. Aggiungo che non ho esaltato la figura del “montedorese” padre Giuseppe Bufalino Maranella, ex francescano secolarizzato. Anzi l’ho chiamato “prete quasi durduni”, una categoria quelle dei preti burduna prosperosa in senso negativo tra il 1820 e il 193° a Racalmuto. Un campione fu padre Burruano, i cui figli (persino dotati) gli gridano vicino l’ite missa est: papà chi cciamma ddiri a la mamma: ditici ca cala la pasta ca ora viegnu.
Il padre Giuseppe Bufalino Maranella, nato in quel di Montedoro e stanziatosi a Racalmuto dopo aver lasciato il convento francescano di Girgenti non lasciò nè scrusciu né sciauru: solo parenti stretti che oggi onorano Racalmuto.
La Caico in vena di sensazionalismo scrisse quello che scrisse. Non credo che sia stato lo stalliere di lady Chatterley – che ora mi si dice chiamarsi prosaicamente Augello – a parlare male di padre Bufalino. Quello che scrive la Caico di certo ebbe a stizzire Sciascia. Leggere quello che commenta Nanà chiosando il non pregevole testo storico del Tinebra Martorana. Ho allegato la fotocopia del lungo (per Sciascia) acidulo commento, sottilmente sfottente Montedoro (che io adoro). Dissento totalmente da Sciascia. Debbo però giustificare Sciascia: questi di Montedoro lo avevano preso per un chiosatore di piccole paesane cose. Sciascia fu un grande (il mio disprezzo va per i nocini, come dire quelli della noce). Gli volevano presuntuosamente quelli di Montedoro (e questo vizietto ce l’hanno: mancano di autocritica, figurarsi poi l’autoironia!), fagli fare prefazioni a parti o storici o letterari di non eccelsi maestri elementari del loro paese o di codesta sosia anzitempo di Lady Chatterley. Sciascia dribblò e poi infierì. Ho letto qualche altra deliziosa cosa in parodia di una commentatrice della Caico. A Montedoro aveva comunque già dato in Galleria negli anni ’50.
Quanto ai preti di Racalmuto, aggiungo che uso per celia definirmi CATTOLICO, CLERICALE ma fervente NON CREDENTE (in toto). Si dà il caso che sono nel cuore e nella mente un ghiottissimo mangiapreti. L’altro giorno mi raccontavano che un prete ancora non morto ma manco vegeto nei confessionali è un tantinello sporcaccione. Ad una quasi bambina domanda: ma ti spuntà l’orticello? La quasi bambina non capì e chiese spiegazioni alla famiglia. Aveva padre e fratelli nerboruti; andarono in case del prete vivo ma non vegeto e lo riempirono di botte. Il prete dovette ricorrere alle cure dell’ospedale. Versione dei fatti: dei ladri non solo mi rubarono, ma anche mi picchiarono. Andrà all’inferno per avere detto una bugia grave o perché peccò de sexto et de nono; qui ci vuole Pietro l’Aretino per avere il verdetto d’insegnamento per i confessori. Solo che non siamo più in quei secoli ove si invocava: sudate o fuochi a preparar metalli.
Pubblicato da Calogero Taverna a 22:51
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Etichette: Montedoro, P.Sferraza Papa, Padre Giuseppe Bufalino, Piero Carbone
1 commento:
Ettore Liotta ha detto...
Interessante la scoperta dei dati anagrafici di questo padre Giuseppe.
Comunque Sciascia accredita quanto viene scritto proprio dalla Caico nel suo libro e cioè che tale padre era stato "fedele amico e compagno di briganti", "pittoresco" e chiamava il coltello "il mio crocefisso".
Infatti proprio per questo, pensa Sciascia, era stato rimosso dalla memoria collettiva dei racalmutesi e solo l'ex arciprete se ne ricordava nel 1982.
La rimozione, continua Sciascia nella prefazione del libro di Nicolò Tinebra Martorana " Racalmuto- Memorie e Tradizioni", è come quella avvenuta con Fra Diego La Matina, che in tale libro non viene nemmeno citato.
A suo tempo ricevetti un anonimo che io eliminai perché non pubblico anonimi (salvo eccezioni). Ma dopo tempo mi va qui di pubblicare l'improvvida accusa di essere caduto in grotteschi scivoloni:
In riferimento al testo pubblicato da Calogero Taverna in data 13 febbraio 2013 Ho letto con attenzione l’accorata difesa dello storico Taverna di questo famoso (come dice lui) o famigerato (come da tradizione) padre Bufalino. A me pare che, come successe a Sciascia, anche Taverna sia stato pizzicato nel vivo, quando il campiere Augello riferisce a Luisa Caico che quel prete, padre Bufalino, che aveva fatto da guida al castello, non fosse certo in odore di santità e che era la persona più intelligente di Racalmuto! Uno scivolone grottesco perché, a mio giudizio, la Caico, non essendo del posto né tantomeno una storica, ha riferito ciò che la guida gli suggeriva: e di lui si fidava ciecamente, “strusciamenti” a parte. Quando un po’ prima del 1980 (se non ricordo male) andammo a trovare Sciascia alla Noce per sottoporgli parte della traduzione del libro della Caico, nel caso volesse scriverne una prefazione, prese tempo e poi non fece nulla. Pubblicò invece la prefazione al libro su Padre Giusppe Bufalino, l'ex francescano della Caico di cui Sciascia non sa
Come si vede il testo resta sospeso, credo che si debba al fatto che quando un commento è troppo lungo vi è automatica amputazione. L'occasione mi è propizia per significare al figlio di Gino Caprara che se il suo commento è tronco non è stato per mia callida manipolazione, ma per ragioni possiamo dire tecniche che mi sono sfuggite. Non so cosa c'era scritto, ma meglio così: avrei rincarato la dose.
Padre Giusppe Bufalino, l'ex francescano della Caico di cui Sciascia non sa
Di questi tempi è di moda un'inglesina frizzante, fedifraga forse che sì forse che no, che il nostro impagabile Piero Carbone sta facendo resuscitare dall'oblio cui sono dannati i pettegolezzi dell'Ottocento. Di Montedoro per giunta, con buona pace del mio carissimo cugino Nicolò Falci (e... di altri ingegnosissimi intellettuali di stanza in Lombardia e di altre gentilissime ragazze figlie di monteduoriiii...se). Noi saltiamo di pie' pari ogni romanticheria della Caico e ci soffermiamo su un preteso prete brigante: padre Bufalino.
Ci si era intignato - a dire il vero - anche il nostro sommo regalpetrese NANA'. "nessuno in paese ha ricordo o[ne] ha sentito parlare". L'arciprete Casuccio nel 1982 era ancora vivo; Sciascia lo interpella su codesto padre Bufalino, l'arciprete Casuccio non era tipo da fare confidenze, dei suoi fratelli nel sacerdozio pubblicamente mai si sarebbe arrisicato di dire motto. Avrebbe farfugliato, gesticolato e il discorso sarebbe caduto lì. Ne seppe qualcosa il grande nostro compaesano, il gesuita p.Sferrazza Papa. Cercò di intervistarlo: non cavò un ragno dal buco. Padre Adamo di Delia, storico del suo paese, volle qualche dato sull'arciprete Macaluso, il racalmutese fatto arciprete della cittadina nissena e noi che sappiamo tutto anche di quel famoso "passavo di ccà" ce la ridiamo ancora sulla reazione dello storico deliano a fronte dell'imbarazzatissimo arciprete Casuccio che gesticolando come suo costume ebbe a mormorare: è ormai nella pace del Signore .. è ormai nella pace del Signore.
L'abbiamo riportato sopra il necrologio riservato di padre Bufalino che si conserva in Matrice come di ogni prete morto.
E' riservato ma noi ne abbiamo la fotocopia. Dunque padre Giuseppe Bufalino era anche un Maranella, ma non era racalmutese; guarda caso era di Montedoro. La Caico non seppe, l'informatore la babbiava: Non so se al Castelluccio quella discesa da cavallo tra le braccia di codesto stalliere era stato un atto gentile o uno strusciamento bello e buono. Nè gli storici di allora, né i suoi ardenti estimatori compaesani del nobile marito, né i riesumatori di oggidì ce lo sanno né ce lo potranno dire. Certo all'epoca molto si mormorò. E quando si parla, e quando si sparla, qualcosa di vero dove esserci. E non può tutto ridursi a uno sparlattiari di gente ottusa e villana.
Il marito aveva ben altri guai anche giudiziari, mi pare, per qualche omicidio. Non seguo la storia di Montedoro, ma qualche fotocopia mi si impiglia fra le mani. Per cortesia, di questa inglesina a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento non facciamone una santuzza. Queste nordiche che vengono nelle nostre arse terre e scrivono di noi e ne scrivono male mi fannu rudiri gli zebedei, meno comunque dei giornalai nostrani.
Mettete a confronto i cenni bioografici della Matrice su padre Giuseppe Bufalino Maranella fu Salvatore da Montedoro, morto il 1° Settembre 1910, Minore Conventuale di san Francesco d'Assisi in Girgenti, nato il 25 gennaio 1824", e le ciarle della Caico, anche se in versione nientemeno che sciasciana. La calligrafia ci pare dell'arciprete Casuccio, appunto e figuratevi se quell'austero (in vecchiaia) sacerdote, con una memoria di elefante, non si ricordava di questo francescano secolarizzato. Tacque, perché nel suo costume. Chi lo conobbe a fondo non può che essere d'accordo cone me.
Dite tutto quel che volete ma che fosse un brigante non mi risulta. Una infamia,dunque; meglio una di quelle ciarlate contadine in cui una certa classe della zappa di Racalmuto eccelle.
La Caico ebbe a intravederlo quando questo famigerato ex frate-brigante era settantenne. Troppo vecchio per manigolderie, non troppo decrepito per non apparire quello che era sempre stato: uno di quei preti quasi "burduna", intento più a coltivare la terra, a rimpinguare il peculio mensile con l'obolo di qualche messa e di qualche accompagnamento al cimitero del solito "galantuomo" che ad accoltellare uomini: se nessuno se ne ricorda è perché non era stato un consacrato del Signore di durevole ricordanza.
--------------
N-B.
La mia notoria imperizia in queste diavolerie informatiche è la colpevole della volatizzazione di un commento anonimo - ma credo che sia del dottore Messana di Montedoro. L’autore crederà che abbia voluto censurarlo perché il post conteneva un appuntino un po’ critico. Manco per niente. Anzi lo prego di rinviarmi il post così lo faccio pubblicare come merita, contenendo note ed osservazioni pregevolissime. Mi chiama storico; mi sento solo microstorico di Racalmuto. Aggiungo che non ho esaltato la figura del “montedorese” padre Giuseppe Bufalino Maranella, ex francescano secolarizzato. Anzi l’ho chiamato “prete quasi durduni”, una categoria quelle dei preti burduna prosperosa in senso negativo tra il 1820 e il 193° a Racalmuto. Un campione fu padre Burruano, i cui figli (persino dotati) gli gridano vicino l’ite missa est: papà chi cciamma ddiri a la mamma: ditici ca cala la pasta ca ora viegnu.
Il padre Giuseppe Bufalino Maranella, nato in quel di Montedoro e stanziatosi a Racalmuto dopo aver lasciato il convento francescano di Girgenti non lasciò nè scrusciu né sciauru: solo parenti stretti che oggi onorano Racalmuto.
La Caico in vena di sensazionalismo scrisse quello che scrisse. Non credo che sia stato lo stalliere di lady Chatterley – che ora mi si dice chiamarsi prosaicamente Augello – a parlare male di padre Bufalino. Quello che scrive la Caico di certo ebbe a stizzire Sciascia. Leggere quello che commenta Nanà chiosando il non pregevole testo storico del Tinebra Martorana. Ho allegato la fotocopia del lungo (per Sciascia) acidulo commento, sottilmente sfottente Montedoro (che io adoro). Dissento totalmente da Sciascia. Debbo però giustificare Sciascia: questi di Montedoro lo avevano preso per un chiosatore di piccole paesane cose. Sciascia fu un grande (il mio disprezzo va per i nocini, come dire quelli della noce). Gli volevano presuntuosamente quelli di Montedoro (e questo vizietto ce l’hanno: mancano di autocritica, figurarsi poi l’autoironia!), fagli fare prefazioni a parti o storici o letterari di non eccelsi maestri elementari del loro paese o di codesta sosia anzitempo di Lady Chatterley. Sciascia dribblò e poi infierì. Ho letto qualche altra deliziosa cosa in parodia di una commentatrice della Caico. A Montedoro aveva comunque già dato in Galleria negli anni ’50.
Quanto ai preti di Racalmuto, aggiungo che uso per celia definirmi CATTOLICO, CLERICALE ma fervente NON CREDENTE (in toto). Si dà il caso che sono nel cuore e nella mente un ghiottissimo mangiapreti. L’altro giorno mi raccontavano che un prete ancora non morto ma manco vegeto nei confessionali è un tantinello sporcaccione. Ad una quasi bambina domanda: ma ti spuntà l’orticello? La quasi bambina non capì e chiese spiegazioni alla famiglia. Aveva padre e fratelli nerboruti; andarono in case del prete vivo ma non vegeto e lo riempirono di botte. Il prete dovette ricorrere alle cure dell’ospedale. Versione dei fatti: dei ladri non solo mi rubarono, ma anche mi picchiarono. Andrà all’inferno per avere detto una bugia grave o perché peccò de sexto et de nono; qui ci vuole Pietro l’Aretino per avere il verdetto d’insegnamento per i confessori. Solo che non siamo più in quei secoli ove si invocava: sudate o fuochi a preparar metalli.
Pubblicato da Calogero Taverna a 22:51
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Ettore Liotta ha detto...
Interessante la scoperta dei dati anagrafici di questo padre Giuseppe.
Comunque Sciascia accredita quanto viene scritto proprio dalla Caico nel suo libro e cioè che tale padre era stato "fedele amico e compagno di briganti", "pittoresco" e chiamava il coltello "il mio crocefisso".
Infatti proprio per questo, pensa Sciascia, era stato rimosso dalla memoria collettiva dei racalmutesi e solo l'ex arciprete se ne ricordava nel 1982.
La rimozione, continua Sciascia nella prefazione del libro di Nicolò Tinebra Martorana " Racalmuto- Memorie e Tradizioni", è come quella avvenuta con Fra Diego La Matina, che in tale libro non viene nemmeno citato.
A suo tempo ricevetti un anonimo che io eliminai perché non pubblico anonimi (salvo eccezioni). Ma dopo tempo mi va qui di pubblicare l'improvvida accusa di essere caduto in grotteschi scivoloni:
In riferimento al testo pubblicato da Calogero Taverna in data 13 febbraio 2013 Ho letto con attenzione l’accorata difesa dello storico Taverna di questo famoso (come dice lui) o famigerato (come da tradizione) padre Bufalino. A me pare che, come successe a Sciascia, anche Taverna sia stato pizzicato nel vivo, quando il campiere Augello riferisce a Luisa Caico che quel prete, padre Bufalino, che aveva fatto da guida al castello, non fosse certo in odore di santità e che era la persona più intelligente di Racalmuto! Uno scivolone grottesco perché, a mio giudizio, la Caico, non essendo del posto né tantomeno una storica, ha riferito ciò che la guida gli suggeriva: e di lui si fidava ciecamente, “strusciamenti” a parte. Quando un po’ prima del 1980 (se non ricordo male) andammo a trovare Sciascia alla Noce per sottoporgli parte della traduzione del libro della Caico, nel caso volesse scriverne una prefazione, prese tempo e poi non fece nulla. Pubblicò invece la prefazione al libro su Padre Giusppe Bufalino, l'ex francescano della Caico di cui Sciascia non sa
Come si vede il testo resta sospeso, credo che si debba al fatto che quando un commento è troppo lungo vi è automatica amputazione. L'occasione mi è propizia per significare al figlio di Gino Caprara che se il suo commento è tronco non è stato per mia callida manipolazione, ma per ragioni possiamo dire tecniche che mi sono sfuggite. Non so cosa c'era scritto, ma meglio così: avrei rincarato la dose.
mercoledì 13 febbraio 2013
Padre Giusppe Bufalino, l'ex francescano della Caico di cui Sciascia non sa
Di questi tempi è di moda un'inglesina frizzante, fedifraga forse che sì forse che no, che il nostro impagabile Piero Carbone sta facendo resuscitare dall'oblio cui sono dannati i pettegolezzi dell'Ottocento. Di Montedoro per giunta, con buona pace del mio carissimo cugino Nicolò Falci (e di altri ingegnosissimi intellettuali di stanza in Lombardia e di altre gentilissime ragazze figlie di monteduoriiii...se). Noi saltiamo di pie' pari ogni romanticheria della Caico e ci soffermiamo su un preteso prete brigante: padre Bufalino.
Ci si era intignato - a dire il vero - anche il nostro sommo regalpetrese NANA'. "nessuno in paese ha ricordo o[ne] ha sentito parlare". L'arciprete Casuccio nel 1982 era ancora vivo; Sciascia lo interpella su codesto padre Bufalino, l'arciprete Casuccio non era tipo da fare confidenze, dei suoi fratelli nel sacerdozio pubblicamente mai si sarebbe arrisicato di dire motto. Avrebbe farfugliato, gesticolato e il discorso sarebbe caduto lì. Ne seppe qualcosa il grande nostro compaesano, il gesuita p.Sferrazza Papa. Cercò di intervistarlo: non cavò un ragno dal buco. Padre Adamo di Delia, storico del suo paese, volle qualche dato sull'arciprete Macaluso, il racalmutese fatto arciprete della cittadina nissena e noi che sappiamo tutto anche di quel famoso "passavo di ccà" ce la ridiamo ancora sulla reazione dello storico deliano a fronte dell'imbarazzatissimo arciprete Casuccio che gesticolando come suo costume ebbe a mormorare: è ormai nella pace del Signore .. è ormai nella pace del Signore.
L'abbiamo riportato sopra il necrologio riservato di padre Bufalino che si conserva in Matrice come di ogni prete morto.
E' riservato ma noi ne abbiamo la fotocopia. Dunque padre Giuseppe Bufalino era anche un Maranella, ma non era racalmutese; guarda caso era di Montedoro. La Caico non seppe, l'informatore la babbiava: Non so se al Castelluccio quella discesa da cavallo tra le braccia di codesto stalliere era stato un atto gentile o uno strusciamento bello e buono. Nè gli storici di allora, né i suoi ardenti estimatori compaesani del nobile marito, né i riesumatori di oggidì ce lo sanno né ce lo potranno dire. Certo all'epoca molto si mormorò. E quando si parla, e quando si sparla, qualcosa di vero dove esserci. E non può tutto ridursi a uno sparlattiari di gente ottusa e villana.
Il marito aveva ben altri guai anche giudiziari, mi pare, per qualche omicidio. Non seguo la storia di Montedoro, ma qualche fotocopia mi si impiglia fra le mani. Per cortesia, di questa inglesina a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento non facciamone una santuzza. Queste nordiche che vengono nelle nostre arse terre e scrivono di noi e ne scrivono male mi fannu rudiri gli zebedei, meno comunque dei giornalai nostrani.
Mettete a confronto i cenni bioografici della Matrice su padre Giuseppe Bufalino Maranella fu Salvatore da Montedoro, morto il 1° Settembre 1910, Minore Conventuale di san Francesco d'Assisi in Girgenti, nato il 25 gennaio 1824", e le ciarle della Caico, anche se in versione nientemeno che sciasciana. La calligrafia ci pare dell'arciprete Casuccio, appunto e figuratevi se quell'austero (in vecchiaia) sacerdote, con una memoria di elefante, non si ricordava di questo francescano secolarizzato. Tacque, perché nel suo costume. Chi lo conobbe a fondo non può che essere d'accordo cone me.
Dite tutto quel che volete ma che fosse un brigante non mi risulta. Una infamia,dunque; meglio una di quelle ciarlate contadine in cui una certa classe della zappa di Racalmuto eccelle.
La Caico ebbe a intravederlo quando questo famigerato ex frate-brigante era settantenne. Troppo vecchio per manigolderie, non troppo decrepito per non apparire quello che era sempre stato: uno di quei preti quasi "burduna", intento più a coltivare la terra, a rimpinguare il peculio mensile con l'obolo di qualche messa e di qualche accompagnamento al cimitero del solito "galantuomo" che ad accoltellare uomini: se nessuno se ne ricorda è perché non era stato un consacrato del Signore di durevole ricordanza.
--------------
N-B.
La mia notoria imperizia in queste diavolerie informatiche è la colpevole della volatizzazione di un commento anonimo - ma credo che sia del dottore Messana di Montedoro. L’autore crederà che abbia voluto censurarlo perché il post conteneva un appuntino un po’ critico. Manco per niente. Anzi lo prego di rinviarmi il post così lo faccio pubblicare come merita, contenendo note ed osservazioni pregevolissime. Mi chiama storico; mi sento solo microstorico di Racalmuto. Aggiungo che non ho esaltato la figura del “montedorese” padre Giuseppe Bufalino Maranella, ex francescano secolarizzato. Anzi l’ho chiamato “prete quasi durduni”, una categoria quelle dei preti burduna prosperosa in senso negativo tra il 1820 e il 193° a Racalmuto. Un campione fu padre Burruano, i cui figli (persino dotati) gli gridano vicino l’ite missa est: papà chi cciamma ddiri a la mamma: ditici ca cala la pasta ca ora viegnu.
Il padre Giuseppe Bufalino Maranella, nato in quel di Montedoro e stanziatosi a Racalmuto dopo aver lasciato il convento francescano di Girgenti non lasciò nè scrusciu né sciauru: solo parenti stretti che oggi onorano Racalmuto.
La Caico in vena di sensazionalismo scrisse quello che scrisse. Non credo che sia stato lo stalliere di lady Chatterley – che ora mi si dice chiamarsi prosaicamente Augello – a parlare male di padre Bufalino. Quello che scrive la Caico di certo ebbe a stizzire Sciascia. Leggere quello che commenta Nanà chiosando il non pregevole testo storico del Tinebra Martorana. Ho allegato la fotocopia del lungo (per Sciascia) acidulo commento, sottilmente sfottente Montedoro (che io adoro). Dissento totalmente da Sciascia. Debbo però giustificare Sciascia: questi di Montedoro lo avevano preso per un chiosatore di piccole paesane cose. Sciascia fu un grande (il mio disprezzo va per i nocini, come dire quelli della noce). Gli volevano presuntuosamente quelli di Montedoro (e questo vizietto ce l’hanno: mancano di autocritica, figurarsi poi l’autoironia!), fagli fare prefazioni a parti o storici o letterari di non eccelsi maestri elementari del loro paese o di codesta sosia anzitempo di Lady Chatterley. Sciascia dribblò e poi infierì. Ho letto qualche altra deliziosa cosa in parodia di una commentatrice della Caico. A Montedoro aveva comunque già dato in Galleria negli anni ’50.
Quanto ai preti di Racalmuto, aggiungo che uso per celia definirmi CATTOLICO, CLERICALE ma fervente NON CREDENTE (in toto). Si dà il caso che sono nel cuore e nella mente un ghiottissimo mangiapreti. L’altro giorno mi raccontavano che un prete ancora non morto ma manco vegeto nei confessionali è un tantinello sporcaccione. Ad una quasi bambina domanda: ma ti spuntà l’orticello? La quasi bambina non capì e chiese spiegazioni alla famiglia. Aveva padre e fratelli nerboruti; andarono in case del prete vivo ma non vegeto e lo riempirono di botte. Il prete dovette ricorrere alle cure dell’ospedale. Versione dei fatti: dei ladri non solo mi rubarono, ma anche mi picchiarono. Andrà all’inferno per avere detto una bugia grave o perché peccò de sexto et de nono; qui ci vuole Pietro l’Aretino per avere il verdetto d’insegnamento per i confessori. Solo che non siamo più in quei secoli ove si invocava: sudate o fuochi a preparar metalli.
lunedì 18 febbraio 2013
Il signor Messana di Montedoro, ovviamente non conoscendomi, si è rivolto ad una sprta di mio zio carabiniere per redarguirmi. Mi pento di avere scritto quello che ho scritto e che in parte qui sotto. Non ho difeso nessun prete. Ho persini ridimensionato l'acredine di Sciascia versio Montedoro.Perattaccare bisogna per lo men prima leggere attentamente.
La mia notoria imperizia in queste diavolerie informatiche è la colpevole della volatizzazione di un commento anonimo - ma credo che sia del dottore Messana di Montedoro. L’autore crederà che abbia voluto censurarlo perché il post conteneva un appuntino un po’ critico. Manco per niente. Anzi lo prego di rinviarmi il post così lo faccio pubblicare come merita, contenendo note ed osservazioni pregevolissime. Mi chiama storico; mi sento solo microstorico di Racalmuto. Aggiungo che non ho esaltato la figura del “montedorese” padre Giuseppe Bufalino Maranella, ex francescano secolarizzato. Anzi l’ho chiamato “prete quasi durduni”, una categoria quelle dei preti burduna prosperosa in senso negativo tra il 1820 e il 193° a Racalmuto. Un campione fu padre Burruano, i cui figli (persino dotati) gli gridano vicino l’ite missa est: papà chi cciamma ddiri a la mamma: ditici ca cala la pasta ca ora viegnu.
Il padre Giuseppe Bufalino Maranella, nato in quel di Montedoro e stanziatosi a Racalmuto dopo aver lasciato il convento francescano di Girgenti non lasciò nè scrusciu né sciauru: solo parenti stretti che oggi onorano Racalmuto.
La Caico in vena di sensazionalismo scrisse quello che scrisse. Non credo che sia stato lo stalliere di lady Chatterley – che ora mi si dice chiamarsi prosaicamente Augello – a parlare male di padre Bufalino. Quello che scrive la Caico di certo ebbe a stizzire Sciascia. Leggere quello che commenta Nanà chiosando il non pregevole testo storico del Tinebra Martorana. Ho allegato la fotocopia del lungo (per Sciascia) acidulo commento, sottilmente sfottente Montedoro (che io adoro). Dissento totalmente da Sciascia. Debbo però giustificare Sciascia: questi di Montedoro lo avevano preso per un chiosatore di piccole paesane cose. Sciascia fu un grande (il mio disprezzo va per i nocini, come dire quelli della noce). Gli volevano presuntuosamente quelli di Montedoro (e questo vizietto ce l’hanno: mancano di autocritica, figurarsi poi l’autoironia!), fagli fare prefazioni a parti o storici o letterari di non eccelsi maestri elementari del loro paese o di codesta sosia anzitempo di Lady Chatterley. Sciascia dribblò e poi infierì. Ho letto qualche altra deliziosa cosa in parodia di una commentatrice della Caico. A Montedoro aveva comunque già dato in Galleria negli anni ’50.
Quanto ai preti di Racalmuto, aggiungo che uso per celia definirmi CATTOLICO, CLERICALE ma fervente NON CREDENTE (in toto). Si dà il caso che sono nel cuore e nella mente un ghiottissimo mangiapreti. L’altro giorno mi raccontavano che un prete ancora non morto ma manco vegeto nei confessionali è un tantinello sporcaccione. Ad una quasi bambina domanda: ma ti spuntà l’orticello? La quasi bambina non capì e chiese spiegazioni alla famiglia. Aveva padre e fratelli nerboruti; andarono in case del prete vivo ma non vegeto e lo riempirono di botte. Il prete dovette ricorrere alle cure dell’ospedale. Versione dei fatti: dei ladri non solo mi rubarono, ma anche mi picchiarono. Andrà all’inferno per avere detto una bugia grave o perché peccò de sexto et de nono; qui ci vuole Pietro l’Aretino per avere il verdetto d’insegnamento per i confessori. Solo che non siamo più in quei secoli ove si invocava: sudate o fuochi a preparar metalli.
mercoledì 11 dicembre 2013
mercoledì 13 febbraio 2013
Di questi tempi è di moda un'inglesina frizzante, fedifraga forse che sì forse che no, che il nostro impagabile Piero Carbone sta facendo resuscitare dall'oblio cui sono dannati i pettegolezzi dell'Ottocento. Di Montedoro per giunta, con buona pace del mio carissimo cugino Nicolò Falci (e di altri ingegnosissimi intellettuali di stanza in Lombardia e di altre gentilissime ragazze figlie di monteduoriiii...se). Noi saltiamo di pie' pari ogni romanticheria della Caico e ci soffermiamo su un preteso prete brigante: padre Bufalino.
Ci si era intignato - a dire il vero - anche il nostro sommo regalpetrese NANA'. "nessuno in paese ha ricordo o[ne] ha sentito parlare". L'arciprete Casuccio nel 1982 era ancora vivo; Sciascia lo interpella su codesto padre Bufalino, l'arciprete Casuccio non era tipo da fare confidenze, dei suoi fratelli nel sacerdozio pubblicamente mai si sarebbe arrisicato di dire motto. Avrebbe farfugliato, gesticolato e il discorso sarebbe caduto lì. Ne seppe qualcosa il grande nostro compaesano, il gesuita p.Sferrazza Papa. Cercò di intervistarlo: non cavò un ragno dal buco. Padre Adamo di Delia, storico del suo paese, volle qualche dato sull'arciprete Macaluso, il racalmutese fatto arciprete della cittadina nissena e noi che sappiamo tutto anche di quel famoso "passavo di ccà" ce la ridiamo ancora sulla reazione dello storico deliano a fronte dell'imbarazzatissimo arciprete Casuccio che gesticolando come suo costume ebbe a mormorare: è ormai nella pace del Signore .. è ormai nella pace del Signore.
L'abbiamo riportato sopra il necrologio riservato di padre Bufalino che si conserva in Matrice come di ogni prete morto.
E' riservato ma noi ne abbiamo la fotocopia. Dunque padre Giuseppe Bufalino era anche un Maranella, ma non era racalmutese; guarda caso era di Montedoro. La Caico non seppe, l'informatore la babbiava: Non so se al Castelluccio quella discesa da cavallo tra le braccia di codesto stalliere era stato un atto gentile o uno strusciamento bello e buono. Nè gli storici di allora, né i suoi ardenti estimatori compaesani del nobile marito, né i riesumatori di oggidì ce lo sanno né ce lo potranno dire. Certo all'epoca molto si mormorò. E quando si parla, e quando si sparla, qualcosa di vero dove esserci. E non può tutto ridursi a uno sparlattiari di gente ottusa e villana. Il marito aveva ben altri guai anche giudiziari, mi pare, per qualche omicidio. Non seguo la storia di Montedoro, ma qualche fotocopia mi si impiglia fra le mani. Per cortesia, di questa inglesina a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento non facciamone una santuzza. Queste nordiche che vengono nelle nostre arse terre e scrivono di noi e ne scrivono male mi fannu rudiri gli zebedei, meno comunque dei giornalai a confronto i cenni bioografici della Matrice su padre Giuseppe Bufalino Maranella fu Salvatore da Montedoro, morto il 1° Settembre 1910, Minore Conventuale di san Francesco d'Assisi in Girgenti, nato il 25 gennaio 1824", e le ciarle della Caico, anche se in versione nientemeno che sciasciana. La calligrafia ci pare dell'arciprete Casuccio, appunto e figuratevi se quell'austero (in vecchiaia) sacerdote, con una memoria di elefante, non si ricordava di questo francescano secolarizzato. Tacque, perché nel suo costume. Chi lo conobbe a fondo non può che essere d'accordo cone me.
Dite tutto quel che volete ma che fosse un brigante non mi risulta. Una infamia,dunque; meglio una di quelle ciarlate contadine in cui una certa classe della zappa di Racalmuto eccelle.
La Caico ebbe a intravederlo quando questo famigerato ex frate-brigante era settantenne. Troppo vecchio per manigolderie, non troppo decrepito per non apparire quello che era sempre stato: uno di quei preti quasi "burduna", intento più a coltivare la terra, a rimpinguare il peculio mensile con l'obolo di qualche messa e di qualche accompagnamento al cimitero del solito "galantuomo" che ad accoltellare uomini: se nessuno se ne ricorda è perché non era stato un consacrato del Signore di durevole ricordanza.
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N-B.
La Caico ebbe a intravederlo quando questo famigerato ex frate-brigante era settantenne. Troppo vecchio per manigolderie, non troppo decrepito per non apparire quello che era sempre stato: uno di quei preti quasi "burduna", intento più a coltivare la terra, a rimpinguare il peculio mensile con l'obolo di qualche messa e di qualche accompagnamento al cimitero del solito "galantuomo" che ad accoltellare uomini: se nessuno se ne ricorda è perché non era stato un consacrato del Signore di durevole ricordanza.
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N-B.
La mia notoria imperizia in queste diavolerie informatiche è la colpevole della volatizzazione di un commento anonimo - ma credo che sia del dottore Messana di Montedoro. L’autore crederà che abbia voluto censurarlo perché il post conteneva un appuntino un po’ critico. Manco per niente. Anzi lo prego di rinviarmi il post così lo faccio pubblicare come merita, contenendo note ed osservazioni pregevolissime. Mi chiama storico; mi sento solo microstorico di Racalmuto. Aggiungo che non ho esaltato la figura del “montedorese” padre Giuseppe Bufalino Maranella, ex francescano secolarizzato. Anzi l’ho chiamato “prete quasi durduni”, una categoria quelle dei preti burduna prosperosa in senso negativo tra il 1820 e il 193° a Racalmuto. Un campione fu padre Burruano, i cui figli (persino dotati) gli gridano vicino l’ite missa est: papà chi cciamma ddiri a la mamma: ditici ca cala la pasta ca ora viegnu.
Il padre Giuseppe Bufalino Maranella, nato in quel di Montedoro e stanziatosi a Racalmuto dopo aver lasciato il convento francescano di Girgenti non lasciò nè scrusciu né sciauru: solo parenti stretti che oggi onorano Racalmuto.
La Caico in vena di sensazionalismo scrisse quello che scrisse. Non credo che sia stato lo stalliere di lady Chatterley – che ora mi si dice chiamarsi prosaicamente Augello – a parlare male di padre Bufalino. Quello che scrive la Caico di certo ebbe a stizzire Sciascia. Leggere quello che commenta Nanà chiosando il non pregevole testo storico del Tinebra Martorana. Ho allegato la fotocopia del lungo (per Sciascia) acidulo commento, sottilmente sfottente Montedoro (che io adoro). Dissento totalmente da Sciascia. Debbo però giustificare Sciascia: questi di Montedoro lo avevano preso per un chiosatore di piccole paesane cose. Sciascia fu un grande (il mio disprezzo va per i nocini, come dire quelli della noce). Gli volevano presuntuosamente quelli di Montedoro (e questo vizietto ce l’hanno: mancano di autocritica, figurarsi poi l’autoironia!), fagli fare prefazioni a parti o storici o letterari di non eccelsi maestri elementari del loro paese o di codesta sosia anzitempo di Lady Chatterley. Sciascia dribblò e poi infierì. Ho letto qualche altra deliziosa cosa in parodia di una commentatrice della Caico. A Montedoro aveva comunque già dato in Galleria negli anni ’50.
Quanto ai preti di Racalmuto, aggiungo che uso per celia definirmi CATTOLICO, CLERICALE ma fervente NON CREDENTE (in toto). Si dà il caso che sono nel cuore e nella mente un ghiottissimo mangiapreti. L’altro giorno mi raccontavano che un prete ancora non morto ma manco vegeto nei confessionali è un tantinello sporcaccione. Ad una quasi bambina domanda: ma ti spuntà l’orticello? La quasi bambina non capì e chiese spiegazioni alla famiglia. Aveva padre e fratelli nerboruti; andarono in case del prete vivo ma non vegeto e lo riempirono di botte. Il prete dovette ricorrere alle cure dell’ospedale. Versione dei fatti: dei ladri non solo mi rubarono, ma anche mi picchiarono. Andrà all’inferno per avere detto una bugia grave o perché peccò de sexto et de nono; qui ci vuole Pietro l’Aretino per avere il verdetto d’insegnamento per i confessori. Solo che non siamo più in quei secoli ove si invocava: sudate o fuochi a preparar metalli.
venerdì 5 luglio 2013
Il quadrilatero Caico-Bufalino Maranella-Sciascia- arciprete Casuccio.
Sciascia un paio di altre volte si dedica all'arciprete Casuccio. Ne scrive ad esempio a pag. 10 delle Memorie del Tinebra ricordando di avere fatto ricorso alla memoria del "vecchisimo ex arciprete (novantasette anni)" per avere modo di sbeffeggiare una certa Caico "- inglese sposata ad un siciliano di Montedoro". Oggi quella Caico, che tanto denigrò i racalmutesi la si vuol beatificare, plaudenti nostri insigni paesani.
Noi ce siamo dovuti occupare a difesa del nostro onore (letterario) atteso che un tal Messana Muntiduuriisi ci addebitava "scivoloni grotteschi". Qualche letterato locale applaudì. Riportiamo qui un nostro non certo umile post.
Si dà il caso che scartabellando tra i mucchi di fotocopie di casa mia a Roma trovo questa impresentabile riproduzione dell’ormai lady Chatterley di Montedoro: il mondo di Louise . L’originale resta a Racalmuto e quindi le foto che qui riproduco non fanno giustizia alla indubbia abilità fotografica di questa fragile creatura d’Inghilterra.
E’ inutile negarlo: scrive soavemente; ha periodo lucido, ha aggettivazione accattivante, la sua paratassi non è di fattura scolastica. Certo, l’animo è femmineo, esile, e l’immagine è talora sdolcinata. Ma i luoghi sono resi per la loro avvenenza. E quel che mi appassiona e una Racalmuto solare, mediterranea, persino possente con i suoi due torrioni di piazza Castello.
La Louise incontra un prete: padre Giuseppe. Saprà dopo (o crederà di sapere) che da giovane fu brigante e chiamava “crocifisso il suo coltello”. Ma sono due villici montedoresi a cimentarsi a chi la sparava più grossa contro l’invidiato e più evoluto paese contiguo, il mio Racalmuto. Uno si chiamava Alessandro che a Montedoro credo si dica Lisciannaru e l’altro Turiddu (l’inglesina non lo italianizza). Come vede Louise quei due rozzi montedoresi, con tocco di romantico travisamento: in un misto tra l’armonia dell’aprico monte Castelluccio ed il pittoresco dell’afrore contadino di questi due selvaggi compagni di viaggio.
A guardarli questi due villici accompagnatori della diafana Louise non saprei a chi dare lo scettro dello stalliere di lady Chatterley, ma nessuno dei due mi appare con le phisique du role di David Herbert Lawrence (1885-1930) e l’arditezza del peccaminoso “strusciamento” a chi toccasse credo che manco l’onnisciente Messana di Montedoro saprebbe dirlo.
Va anche aggiunto che Sciascia non è perspicuo nel sintetizzare queste pagine di Louise, l’inglesina sposatasi a Montedoro: la sua consecutio temporum (storica e logica) mi pare inquinata da un lapsus memoriae come anche la vedova non ebbe ritegno ad ammettere con una mia cosa. Anche Sciascia, quando andava a memoria, cadeva nei “lapsi mamoriae” come ogni comune mortale. E siccome questo è un mio difetto che con il passare degli anni si aggrava , non sarò io a contestarlo. Certo, dimentico quanto volete ma non credo che dopo attente consultazioni possa davvero cascare in scivoloni grotteschi come il motedorese Messana impudentemente mi rinfaccia.
Sciascia invero s’indusse in errore perché indusse in errore l’arciprete Casusscio con quel magro e fuorviante padre Giuseppe della Caico. Forse l’attenzione andava spostata dall’ex francescano all’altro tonacato a cognome Romano, che mi risulta piuttosto discolo. Ma comunque non tale da potere dire di lui (e men che meno di padre Giuseppe Bufalino Maranella): un prete molto “originale … perché nonostante la sua tonaca, viveva da feroce bandito. Chiamava crocifisso il suo coltello, ed era fedele amico e compagno di autentici briganti; arrestato più di una volta come ladro e assassino, è stato condannato a molti anni di esilio, e persino ora da vecchio, non se ne sta tranquillo come dovrebbe, dato che il vescovo gli ha ridato il permesso di dire messa”.
Ciarla di Alessandro da Montedoro, che il Messana mi pare cognomina come Augello. Lasciamolo stare come “grottesco microstorico ecclesiastico di Racalmuto”; ma neppure come loico mi pare che brilli. Se il vescovo a questo innominato padre Giuseppe “ridà il permesso di dire messa” (meglio leva la suspensio a divinis) vuol dire che il vecchio brigante si era ravveduto e che quindi da “vecchio se ne sta tranquillo come dovrebbe”. Il Messana lo “scivolone grottesco” dovrebbe appiopparlo al suo prediletto compaesano.
Ma dove casca ancor più l’asino è in questo passo della deliziosa Louise: “L’ho mandato a chiamare rispose Alessandro (alias Lisciannaru), perché sapevo che ci voleva una persona intelligente per parlare con Voscenza, e padre Giuseppe è l’unica persona intelligente a Racalmuto!”.
Non è del tutto fedele Sciascia quando fa dire alla “guida: E’ il solo uomo intelligente che c’è a Racalmuto; purtuttavia cade in uno intenzionale scivolone grottesco il Messana di Montedoro quando vuol tutto attenuare trasformando l’apodittico anatema di Liscianaru Augello in un passabile “ padre Giuseppe è tra le persone PIU’ INTELLIGENTI di Racalmuto”. Et de hoc satis.
L’abbiamo scritto quando eravamo innamorati di Montedoro (e su via! Lo siamo ancora ed anzi ancor di più; se una persona degna, intelligente e positiva incappa in una cazzata, poco male: succede a tutti .. il grave sarebbe per qualche carnalivari ca ‘cci va appriessu) dichiaravamo di grande importanza archeologica lo scritto di Louise e soprattutto le foto di Louise. Ci ha tramandato squarci di Racalmuto unici e preziosissimi. Innanzi tutto, il Castello: hanno avuto di che fracassare padre Cipolla e certi santoni della Soprintendenza (e persino il genio militare nella guerra del 40-43 – per noi di Racalmuto). Louise ci ha tramandato una serie di foto di lu Cannuni (Cannuni, perché i militari del ’40 avevano piazzato in cannone sopra la torre di Nord-est; così almeno noi la sappiamo e potremmo venire documentalmente smentiti ma non per sentito dire), che mi consentiranno quando sarò sindaco di fare sagace e sapiente restitutio in integrum, depurando ogni tintura al ducotone, e recuperando i reperti archeologi del sotto-castello che so esservi a completamento del sarcofago romano di patri Cipudda e delle ceramiche che una ragazzuola protetta ha dichiato del quattrocento saccense.
Louise incontra padre Giuseppe che ci appare molto agguerrito in microstoria Racalmutese (altro che incallito brigante in senescente ladroneria); dice all’inglesina cose di recente apprese e piuttosto corrette (qualche sbavatura è perdonabile). Si vede che codesto padre Giuseppe ha letto le memorie del Tinebra; e le ha lette per il verso giusto, senza bizzarrie fantasmatiche.
Padre Giuseppe affascina l’inglesina; Lisciannaru ne è geloso: non può competere sul piano dell’erudizione da ostentare a Voscenza. Si sbizzarrisce in “grottechi scivolini” microstorici tanto da fare “inorridire” la lady e le donne son volubili ma non come le vorrebbe Verdi; sempre pronte a mutare “d’accenti e di pensiero”.
Lisciannaru credo che tutto sommato confondesse e l’ex padre francescano o il non santo padre Giuseppe Romano con qualcuno che non la condanna al carcere ebbe ma processi civili sì e sospensioni a divinis tante: il padre Burruano. Questi però a tempo della gita a Racalmuto della lady Chatterley di Montendoro era morto da una quindicina di anni. Ne ho scritto, su codesto davvero singolare prete capostipite della gloriosa (almeno per tanti) famiglia Burruano (quella del feci quo potui, faciant melora potentes): mi si è rotto il computer ed ho perso le ricerche. Ne ha una copia quasi integrale l’avvocato Burruano: spero che ne faccia tesoro.
Interessante è soprattutto la descrizione del Castelluccio. Molto più veritiere delle notizie del Tinebra, quelle di carattere storico anche se non del tutto centrate, sono però le foto, davvero di somma importanza. Quella chiesa là è cimelio storico da recuperare. Vi era un vero e proprio villaggio attorno a quel Castrum, fortezza militare comunque imprescrittibile, inalienabile, inusucapibile. Non semplice “piccola cappella ora abbandonata” un tempo rifugio, non di “pacifici abitanti” assaltati da” pirati , sbarcati nelle baie ridenti” (farneticazioni di inglesine in fregola romatica) ma da veri e propri coloni dell’altro feudo “quello di Gibillini” in mano a varie nobili famiglie sino alla decadenza dei Tulumello che in quella chiesa, che piccola non era, andavano ogni domenica a sentir messa. Erano i castidddruzzara – ed un sopravvissuto diede uva e ristoro alla triade della lady – che in una numerazione delle anime del 1828 sono in Matrice segnati per come , cognome, età e consistenza familiare.
Seguiamo con voluttà la ormai diruta conformazione archeologica: “ la vista di una misteriosa scala ricavata nello spessore ricavata nello spessore delle mura, che conduceva chissà dove, evocava alla mia mente ogni sorta di romantiche avventure medioevali, e intanto gli uomini, che avevano condotto i cavalli nelle stesse stalle del castello, così ampie da poter accogliere ottanta cavalli, tornavano a disperdere crudelmente il mio fantasticare su quelle misteriose rampe di scale, domandandomi se non avessi fame, etc. etc.”
Preziosità da potere persino sfruttare per un turismo d’élite, scomunicando i nostri contigui nemici architetti di Grotte che penserebbero invece a fare di quel romantico castello una bolgia peccaminosa per ruffianerie e gozzoviglie di depravato turismo.
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