FATAL MENTE di Ornella Pennacchioni. Ho attitudine all’infinito, la vocazione d'essere leggenda. E' il caso che mi stravedano in questo carnevale bizzarro. Mascherarsi da fata o essere propriamente fata non è che sia la stessa cosa. Via libera a principi-rospi, agli alter ego seriali di cui sono imprenditrice dell’anima. Mai preoccupata, spesso inc...auta, urgentemente attesa da me oltre il plissé dell’inconscio, oltre la garitta in cui mi sono fatta la guardia da prima d'ogni prima. Ho a che fare col solito problema del -cosa mi metto- distante anni luce dal guardaroba ante quaresima di comuni mortali. Ho bisogno d'altro. Che mai vorrei finire nuda, e fraintesa attorno al mio essenziale come una colf a cui i più testerebbero volentieri il culo. Nuda si, ma come dico io. Vestita si, ma come dico io. Che nessuno indichi progetto e destinatario. Basta leggere il brano per impigliarsi nelle consonanti lunghe e restarci fino al soccorso delle vocali, previo ripasso grammaticale per capirci qualcosa in meno, e menomale. Che una volta capiti, di comprensione si muore. Quindi, ho bisogno di un misto di aromi da cucina buttati su di me alla rinfusa. Senza contese fra teglie, ma come il caso sbanda. Eccomi. Profumata nella cucina del mago, con gli odori addosso aromatizzata dal brano. Io sono il brano. Tanto eccedo, lo so. Quindi, causa esubero d'inventiva, passo l'inciucio all'immaginario, che assolto sarà sempre. Dove eravamo rimasti, ah! Gli aromi, imparentati per noia, incestuosi per passare il tempo, germoglieranno odori bastardi e appetibili dalle caviglie alla gola, come fettuccine al dente. Indisturbata da chef saccenti, approvata da avventurieri rivoluzionari del gusto del pensiero, fatal mente io. Decorata di odori, compresa la coroncina di rustico rosmarino sul capo, nello scontato immaginario di lussuria gastronomica, credeteci il meno possibile. Sono apparsa un attimo solo, qb per affamare. Maghi e gnomi muffiti dentro favole obsolete saranno riabilitati in altra sede. Niente paura, potrei contrastare quando voglio. So che posso, basta che lo scriva. Posso assumere un potere indiscutibile persino contro la volontà di alcuni. Imparate a sapermi. La luce viaggia a tappe alterne col buio. Striscia via lasciandomi in quella specie di trincea di lusso dove vanno a confrontarsi gli elementi invisibili in disservizio dalla norma. Perché laddove dove regna l'estro, abito io. Ma non dovevo fare magie? Non ci penso proprio. Si sa, scialo a deperire le attese. Senza gerarchie stilistiche, dentro un sogno gastronomico da favola, scrivo, non per allungare il brodo, ma per dichiarare che non c'è dolore, ma emergenza. Fatal mente salto oltre gli stereotipi del c’era una volta, col bouquet di mentuccia, peperoncini rossi, un giro di origano al posto del fiocco, senza un bibidibobidibù. E comunque, già non ci sono più.
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