sabato 4 febbraio 2017



22 Giugno 1947 Partinico (PA). Restano colpiti a morte Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Lo Jacono, durante un attacco alla locale sezione del Partito Comunista PDF Stampa

Fonte: Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato"
22 Giugno 1947
In provincia di Palermo attacchi con armi da fuoco e bombe a mano alle sezioni del Partito Comunista di Partinico, Borgetto e Cinisi, alle sedi delle Camere del lavoro di Carini e San Giuseppe Jato e alla sezione del Partito Socialista di Monreale.

A Partinico vengono colpiti a morte Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Lo Jacono.

Sul posto viene trovato un volantino firmato dal bandito Giuliano che invita i siciliani a lottare "contro la canea dei rossi" e annuncia la costituzione di un quartiere generale di lotta contro il bolscevismo, promettendo sussidi a quanti si sarebbero presentati alla sede della formazione militare, il feudo Sagana nelle vicinanze.
In alcuni centri gli esecutori degli assalti furono i banditi, in altri (come a Cinisi e a Monreale) i mafiosi locali.

Il 22 giugno 1947 può considerarsi una continuazione della strage di Portella del primo maggio.
Nel mirino ci sono sempre i partiti di sinistra alla testa del movimento contadino che hanno vinto alle alezioni regionali del 20 aprile ma già nel corso del mese di maggio sono stati esclusi dal governo nazionale e da quello regionale.
Lo scopo politico è stato raggiunto ma la violenza banditesca e mafiosa ha ancora ampio corso e si svilupperà anche nei mesi e negli anni successivi, colpendo militanti e dirigenti delle lotte contadine e dell'opposizione.

Da "La Voce della Sicilia" del 23 Giugno 1947:
Non sono passati due mesi dall'eccidio di Piano delle Ginestre, che una nuova serie di azioni delittuose viene organizzata dalle stesse forze responsabili della strage le quali, lungi dall'essere perseguitate e fiaccate, rialzano la testa nell'atmosfera a loro favorevole creata dalla nuova situazione politica nazionale e regionale. L'insediamento del governo democristiano, con l'appoggio delle destre a Roma e a Palermo non ha mancato di produrre in tutti i campi quell'effetto che il Blocco del Popolo e gli altri partiti democratici avevano previsto e denunciato.
L'azione della mafia, degli agrari, degli squadristi, degli speculatori d'ogni risma che avevano morso il freno fino ad adesso esprimendosi in fatti più o meno isolati e mascherati, si è adesso scatenata con obiettivi e piani ben precisi, con una simultaneità, con uno spiegamento di forze, una sicurezza d'impunità, un coordinamento tali da non lasciare più alcun dubbio sul pericolo che la democrazia corre: questo è il primo frutto dell'incoraggiamento dato dal governo alle destre.



Articolo da L'Unità del 24 Giugno 1947

LE FORZE DEL DISORDINE
di Pietro Ingrao

Ad un mese e mezzo dalla strage di Piana de' Greci, la reazioneN siciliana ha scatenato nell'isola un'altra tragica giornata di lutti e di sangue. Sei località hanno visto criminali attentati contro gli uomini e l e sedi delle organizzazioni democratiche.
I mitra hanno sgranato il loro sinistro messaggio accompagnati dalle bottiglie incendiarie. Un ordigno esplosivo ha minacciato di far saltare in aria la più grande centrale elettrica della zona di Palermo.
Colpiti a tradimento sette lavoratori son caduti nelle strade di Partinico, di San Giuseppe Iato, di Monreale. Uno ha cessato di vivere, cinque versano in pericolo di vita.
La commozione del popolo italiano dinanzi a fatti cosi truci e gravi è grande. Più grande ancora è la collera. Al popolo italiano non può bastare oggi la protesta o la manifestazione di cordoglio: non possono bastare parole e promesse. Il popolo questa volta vuole pronta giustizia, vuole sapere presto che i responsabili sono stati acciuffati e che presto seguirè la condanna. E non ci vuole molto perchè al popolo sia data questa legittima soddisfazione.
Il foglio che rappresenta gli interessi della reazione isolana, il , 20 ore prima degli attentati, aveva lanciato la clamorosa , secondo cui l'autore della strage di Piana de' Greci sarebbe stato il bandito Giuliano. Nella notte degli attentati le v i e di Palermo sono state tappezzate di manifestini che portavano la firma di Giuliano e che dichiaravano la guerra al comunismo. I giornali reazionari della Capitale, ieri, hanno ripetuto in un sol coro che la responsabilità dei fatti risalivasenza dubbio al bandito Giuliano.
La manovra di masceratura è così maldestra da fissare senza equivoci il carattere della strage e le responsabilità dei complici e favoreggiatori. Chi ha lanciato 20 ore prima la cortina fumogena intitolata a Giuliano evidentemente doveva sapere qualcosa dei fatti che ci sarebbero stati nella notte. Chi ha organizzato la puerile messa in scena dei manifestini a firma Giuliano ha fornito un'altra prova che i fatti siciliani di domenica avevano dietro una organizzazione ampia e ramificata. Chi ha accreditato la nella stampa della Capitale, e perfino in altissimi ambienti dell'apparato statale, ha indicato in modo preciso la rete dei favoreggiamenti e delle complicità.
Del resto, importa gran che sapere se sia stato o no Giuliano l'esecutore materiale dei crimini?
Sappiamo bene che la reazione siciliana ha influenza e danaro per disporre di quanti Giuliano essa vuole, piccoli o grandi. Sappiamo che non basta più oggi individuare gli esecutori materiali dei delitti, se non si colpiscono i mandanti e i favoreggiatori, se non si spazza via il clima di omertà e di intimidazione in cui i delitti si sviluppano.
La realtà che importa è un'altra. La realtà è che gli eccidi e gli attentati di domenica in Sicilia rispondono ad un piano; e il piano ha uno scopo politico palese, dichiarato: colpire al cuore l e organizzazioni democratiche e il popolo siciliano, arrestarne la pacifica avanzata, creare nell'Isola le basi per una controffensiva di tipo fascista. Battute sul terreno della libera consultazione elettorale, le forze reazionarie siciliane, si pongono chiaramente sul terreno delle aggressio squadriste, scatenano gli elementi più loschi della malavita locale, passano a veri e propri tentativi in grande stile di provocazione e di intimidazione.
Questo ha un solo nome: fascismo. Questo ha un solo marchio: la testa di morto delle squadre d'azione.
E' nel  diritto del popolo italiano di esigere che il germe sia soffocato prima. E' nel diritto del popolo italiano di chiedere che i responsabili siano messi con le spalle al
muro.
Le aggressioni fasciste di Sicilia sono cadute in un momento particolarmente significativo: appena un giorno dopo che era stato varato alla Costituente, sulla base di una equivoca e torbida maggioranza, il quarto governo De Gasperi. Non è dubbio che i gruppi, più retrivi della nazione hanno mostrato di intender subito le speranze che loro apriva il cancellierato. Non vi è dubbio che esse hanno ritenuto possibile, per loro, una volta varato un governo che escludeva i lavoratori, di alzare la testa. E sono venuti i primi frutti: i fatti sanguinosi di Sicilia.
Sabato l'on. De Gasperi si era vantato di aver posto una barriera fra le forze dell'ordine e quelle del disordine. Ebbene sono queste le forze dell'ordine di cui egli parlarlava? I criminali della mafia, gli specialisti delle aggressioni a tradimento, gli assassini delle donne e dei bambini? E'questo che egli promette all'Italia: l'ordìne dei mitra, delle bombe a mano, degli ordigni esplosivi? La verità è che l'on De Gasperi con il suo colpo di mano antidemocratico non ha opposto nessuna barriera, ma ha aperto un varco alle forze del disordine. La verità è che la responsabilità dei fatti di Sicilia non può oggi più limitarsi ai baroni, ai latifondisti, ai capi mafia, ma investe coloro che fino ad oggi ai baroni e ai latifondisti hanno fatto scudo, e ai capi mafia hanno assicurato l'impunità.
L'on. Scelba per esempio. Il quale può vantare il triste titolo di aver fatto morire l'inchiesta di Piana de' Greci, di aver occultato le responsabilità dell'eccidio accreditando la tesi che Piana de' Greci fosse un normale fatto di cronaca nera (più o meno la Noi denunciamo alla nazione la parte di responsabilità che dell'offensiva fascista siciliana questo governo e questi uomini portano sulle loro spalle. I fatti di Partinico, di S. Giuseppe Iato, dì Monreale li accusano. E' tempo che essi facciano l'esame di coscienza, se vogliono risparmiare nuove sciagure all'Italia. Ed è tempo che i pericoli di una tale situazione siano pesati in tutta la loro serietà dalle forze democratiche e repubblicane.
La questione aperta dai fatti siciliani non finisce allo Stretto, ma investe tutta l'Italia.
Siano vigilanti i lavoratori, i democratici, i cittadini onesti di tutto il Paese; siano vigilanti e più che mai uniti. Nessuno si faccia illusioni: attraverso la breccia siciliana si tenta di portare il colpo alla democrazia nel suo complesso; dietro le salme dei lavoratori siciliani assassinati c'è una minaccia per tutti gli italiani amanti della libertà, comunisti e repubblicani, socialisti e democratici cristiani.
L'interesse della nazione e della democrazia vuole che l'offensiva fascista in Sicilia sia stroncata in modo esemplare e decisivo. Se così non fosse, se il governo cancellieresco volesse aggravare le sue responsabilità già pesanti, se De Gasperi o Scelba scegliessero ancora il compromesso o la connivenza con le forze organizzatrici delle stragi fasciste, non vi è dubbio che dinanzi alle forze sane del paese si aprirebbe un nuovo e grave problema politico.



Articolo da L'Unità del 24 Giugno 1947
Sanguinosa offensiva del fascismo siciliano

In sei paesi della provincia di Palermo sicari, con mitra e bombe a mano, hanno distrutto le sedi dei partiti di sinistra - Due i morti e sei feriti gravi - Mozione di protesta a Roma di tutti i partiti di sinistra - A Genova oggi sciopero promosso anche dai democristiani - A Torino i lavoratori manifesteranno la loro indignazione oggi al comizio di piazza San Carlo
Palermo, 23 Giugno. Dopo l'orrendo eccidio di Portella della Ginestra, la mafia al soldo degli agrari e dei latifondisti siciliani non ha disarmato. Stimolata dalla colpevole inerzia di chi dall'alto avrebbe dovuto stroncare con inesorabile celerità simili conati di criminalità politica, incoraggiata dai giornali finanziati dal capitalismo i quali si sono scompisciati a definire il tragico fatto come «atto di banditismo» allo scopo di celare i veri responsabili, essa è tornata alla ribalta con nuovi efferati crimini contro i contadini e gli operai di Sicilia.
Alle 23,30 infatti una bomba ed una bottiglia di benzina venivano lanciate in perfetto stile fascista contro i locali della Sezione comunista di Carini. I carabinieri, accorsi sul posto, riuscivano a stento a domare le fiamme.
Contemporaneamente, ed anzi proprio alla stessa ora, un pugno di canaglie attaccava con armi automatiche e bombe a mano la Sezione comunista di Partinico.
Due lavoratori, umili contadini, cadevano assassinati dal piombo e altri sei rimanevano feriti. Ricoverati subito dopo all'ospedale di Palermo, vi versano in gravi condizioni. Contemporanemaente attacchi analoghi venivano portati alle sedi socialiste; anche le sedi comuniste e socialiste e le Camere del Lavoro di S. Giuseppe Jato, Cinisi, Porgeto e Monreale sono state aggredite.
Forze di polizia e carabinieri in gran numero sono stati inviati sui luoghi dei delitti per compiere un'azione di rastrellamento in grande stile. Essa è tutt'ora in corso.
Oggi alle 14, all'Assemblea regionale siciliana, il compagno Colajanni, il popolarissimo Barbato, già comandante garibaldino in Piemonte, ha presentato con carattere di urgenza un'interpellanza «per conoscere il pensiero e l'azione della polizia e del governo regionale in merito all'aggressione contro le sedi del Partito Comunista Italiano e della Camera del Lavoro a Carini, Cinisi, Partinico e San Giuseppe Jato. Poiché dette manifestazioni - prosegue la mozione - trovano riscontro nella campagna diffamatoria e provocatoria di certa stampa, nonché nell'azione svolta in Palermo dal cosiddetto fronte antibolscevico, si vuol conoscere la posizione del governo nei riguardi del grave problema della ma fia e di quello del neofascismo».
L'on. Colajanni, salito alla tribuna e bollati i fatti delittuosi, ha detto: «Poiché in questa sorta di dichiarazioni di guerra anticomunista redatta nei termini abituali si nascondono loschi interessi politici, i crimini commessi contro i lavoratori e i loro rappresentanti costituiscono un attacco aperto non solo contro il comunismo ma contro tutta la democrazia.
«Non c'è bisogno di trovare Giuliano: I fatti si legano e sono evidenti: il fronte antibolscevico ha dato in questi giorni manifestazioni della sua attività recondite; esso non vuole più limitarsi alla città e alla provincia di Palermo, ma comprendere tutta la Sicilia ed eventualmente estendersi al continente».
«Da questa tribuna avevo denunciato la collusione di alcuni elementi della polizia a Partinico con le forze del delitto. Il mio avvertimento era un grido di dolore e oggi devo denunciare dei fatti sui quali è necessario richiamare la precisa attenzione del governo perché vengano recise alle radici le manifestazioni torbide e sotterranee in contrasto con la forza della democrazia».
Ha preso quindi la parola il presidente della regione Alessi il quale ha informato l'Assemblea che pur essendo pervenute  nella nottata alla presidenza della regione le notizie dei sanguinosi fatti avvenuti in provincia di Palermo i relativi fonogrammi sono stati comunicati solo questa mattina alle ore 9. Ha dichiarato di aver disposto per l'immediato licenziamento dei telefonisti responsabili.
All'ultima ora si apprende che il ministero dell'interno ha emesso un comunicato, in cui si deplorano i fatti accaduti e si promette e predispone una vasta azione di polizia contro i colpevoli di tanto crimine.
Dei provvedimenti è stato messo al corrente il presidente della regione siciliana.



 

22 giugno 1947: il Rapporto dei CC sulle stragi

Legione Carabinieri

Palermo

Gruppo Interno

Palermo 26.6.1947
-All’Ispettorato generale di PS per la Sicilia- Palermo
-Alla Procura della Repubblica del
Tribunale di Palermo
Oggetto: Azione terroristica contro le sedi dei partiti di sinistra di Partinico, Carini, Borgetto, S.Giuseppe Jato, Monreale e Cinisi.
Alle ore 1,10’ del 23 corrente, dall’ufficiale di picchetto della caserma ‘Bonsignore’, capoluogo della Legione Carabinieri, mi veniva comunicato che alle ore 23,35 del 22 detto, a San Giuseppe Jato, sconosciuti in numero imprecisato, avevano provocato vivo panico sparando contro la sede comunista del luogo numerose raffiche di mitra, seguite da lancio di bombe a mano. Una donna era rimasta colpita non gravemente dai proiettili di mitra. Recatomi subito in ufficio apprendevo che alcuni feriti erano stati trasportati d’urgenza da Partinico all’ospedale della Feliciuzza ed in cliniche di questa sede, ed avute le prime sommarie notizie, chieste per telefono, mentre si approntavano i mezzi perché io potessi recarmi subito sul posto (una sezione autoblinde- 4 motociclisti e 50 militari del locale battaglione mobile carabinieri), redigevo e facevo trasmettere subito -per telefono- al Ministero dell’interno, ai comandi gerarchici dell’Arma ed alle Autorità locali, il seguente preavviso telefonico:
“Ventidue corrente, poco dopo ore 22 in Partinico et San Giuseppe Jato (Palermo), ignoti numero imprecisato, provocavano vivo panico predetti centri esplodendo direzione sedi comuniste raffiche mitra seguite lancio bombe a mano punto
At Partinico tentavano provocare incendio sede comunista mezzo carburante punto
Partinico segnalati finora un morto et cinque feriti punto virgola San Giuseppe Jato un ferito punto Recomi luogo con adeguati rinforzi fine”
Giungevano nel frattempo il signor tenente colonnello Sellitto, comandante interinale della Sezione Carabinieri di Palermo, il signor questore Giammorcaro ed il Capo di gabinetto dell’Ispettorato generale di PS, recatisi subito a conferire con l’Ispettore comm. Messana.
Alle ore 2,40 -con i rinforzi di cui avanti è cenno- in unione ad un funzionario di PS ed agenti, partivo per Partinico, ove giungevo alle ore 4,20.
Resomi conto di quanto dolorosamente erasi verificato, avendo avuto comunicazione che azioni terroristiche del genere si erano avute pure in altri centri della giurisdizione del gruppo, a seguito del preavviso telefonico, facevo trasmettere agli stessi enti e comandi le seguenti segnalazioni:
“ Fa seguito preavviso telefonico n. 616/1 ventitrè corrente punto
Carini ore 23 ieri 22 andante numero imprecisato sconosciuti lanciavano bottiglia benzina et bombe mano contro porte sede partito comunista et si allontanavano spargendo vie adiacenti manifestini at firma Giuliano Salvatore annunzianti inizio crociata antibolscevica di cui bandito proclamasi promotore punto Incendio subito domato militari Arma punto
Borgetto ore 23,30 detto sede comunista fatta segno completa scarica mitra quarantina colpi che danneggiavano insegna Camera del Lavoro cui predetta sede est abbinata punto
Accertamenti comandante stazione risultava che due sconosciuti vestiti carabinieri avevano fatto fuoco dileguandosi subito punto
Cinisi ore 3 oggi sconosciuti numero imprecisato provocavano esplosione ordigno sede unica socialcomunista et incendio bidone benzina punto Lievi danni porta ingresso punto
Prime indagini episodio Partinico valse stabilire che sconosciuti numero imprecisato da via laterale corso principale cui habet sede sezione comunista sparate scariche mitra lanciavano fiasco benzina et cinque bombe di cui tre esplose provocando incendio esterno locale ove trovavansi sei iscritti partito di cui uno ucciso et quattro feriti punto Rimasto pure ferito altro elemento luogo che trovavasi casualmente pressi sezione comunista punto.
Perdite causate essenzialmente colpi mitra perchè esplosione bomba scopo incendio et distruzione locale verificatasi quando colpiti avevano cercato riparo interno sezione et immediate adiacenze punto Bossoli mitra rinvenuti strada 46 punto Anche qui rinvenuti manifestini stampa crociata antibolscevica punto Stampati macchia recano solo dattiloscritti firma “Giuliano” et località suo quartiere generale “Sagana” punto
Spirito popolare scosso et allarmato punto virgola Ordine pubblico normale punto
Proseguo per San Giuseppe Jato fine”.
Le azioni terroristiche di cui avanti è cenno, sono state caratterizzate dalla rapidità e la sorpresa è stata tale che neanche i colpiti hanno potuto rendersi conto; i presenti, in preda a vivo panico, hanno avuto la sola preoccupazione di fuggire e mettersi al sicuro.
Salvo il travisamento con divise da carabinieri dei due fuorilegge che hanno agito a Borgetto, negli altri centri i malfattori hanno operato a viso scoperto, ma nessuno di essi è stato riconosciuto.
A Partinico è corsa la voce che un autocarro di tinta rossa abbia attraversato il corso dei Mille e che la prima scarica di mitra sia avvenuta subito dopo che l’automezzo è transitato all’altezza della sede comunista; A Carini ed a Cinisi che i delinquenti siano andati in macchina (jeep a Cinisi).
Nessun particolare attendibile si è potuto avere: il terrore che si è diffuso nei paesi è tale da indurre anche chi sa qualcosa a tacere. Tutti gli accorgimenti sono stati escogitati per indurre qualcuno a parlare, ma la risposta è stata sempre una: “ho udito gli spari, le esplosioni delle bombe e sono scappato”, oppure “ho chiuso il balcone e non ho visto più nulla”.
Espongo qui di seguito, i particolari delle azioni terroristiche:


Partinico
Giuseppe Casarrubea senior (1899-1947)
Alle ore 22 del 22 andante, mentre la musica suonava in piazza Garibaldi, alcuni sconosciuti, ritiensi in numero di quattro, appostatisi all’angolo di via Pozzo del Grillo, altezza Corso dei Mille, quasi dirimpetto alla sede comunista, esplodevano alcune raffiche di mitra e lanciavano un fiasco di liquido infiammabile e alcune bombe a mano contro la sede del partito predetto, sita al n. 313 del Corso.
I numerosi colpi di arma da fuoco, tre distinti scoppi di bombe ed il liquido andato in fiamme sul marciapiedi, impressionavano vivamente quanti stavano in quei pressi, i musicanti smettevano di suonare ed il pubblico, ancora numeroso in piazza, e nel corso, si allontanava di corsa. Due carabinieri che stavano in piazza, accorrevano prontamente, mentre altri giungevano poco dopo, unitamente ad agenti, al commissario capo di PS Agnello Pietro, e al sottotenente dei Carabinieri Tomaselli Domenico, comandante della locale tenenza.
Penetrati nella sede della sezione comunista rinvenivano bocconi sul pavimento, in una pozza di sangue, il cadavere di un uomo identificato per Casarrubea Giuseppe, di anni 47, da Partinico, ebanista, iscritto al Partito Comunista. Presentava ferite di mitra e di schegge di bombe all’emitorace posteriore sinistro, alla regione sottomascellare destra ed alla fronte.
Altre cinque persone erano rimaste colpite, riportando ferite varie:
Lo Iacono Vincenzo, di anni 38, dichiarato in pericolo di vita e riconosciuto abbisognevole di intervento che non ha avuto luogo; le sue condizioni vanno migliorando;
Addamo Leonardo, di anni 42, mediatore;
Patti Salvatore di anni 39, calzolaio;
Salvia Giuseppe, di anni 42, agricoltore;
tutti da Partinico, comunisti;
Ofria Gaspare, di anni 53, impiegato privato pure da Partinico, ma non iscritto al partito. Egli, alle prime detonazioni, aveva affrettato il passo per ripararsi, venendo nel frattempo colpito.

Vincenzo Lo Iacono
Un testimone oculare, tale Mazzurco Andrea, di anni 28, contadino, non aderente al partito stesso, ma che al momento degli spari stava davanti alla sede, insieme al ferito Lo Iacono,  ha dichiarato di avere riportato l’impressione che le prime raffiche di mitra siano state esplose in aria per intimidire e fare allontanare la gente, ciò che non appare attendibile dal momento che delle sei persone che stavano davanti alla sezione, solo Mancuso Salvatore di anni 28, da Palermo, insegnante elementare, è rimasto miracolosamente illeso, per essersi, ai primi spari, buttato a terra, mettendosi, subito dopo al riparo nell’interno del locale. Il ferito Addamo Leonardo è stato trovato con la rivoltella in pugno per avere cercato difendersi, senza riuscire, però, ad esplodere alcun colpo perchè l’arma era ancora carica all’atto in cui gli è stata sequestrata.
Sul posto sono evidenti le tracce dell’esplosione di tre bombe a mano; altre due non sono esplose. Rinvenuti: 41 bossoli di cartucce per fucile mitra cal. 9; n. 8 pallottole di piombo schiacciate, n. 3 cappe di bombe a mano ed altrettante linguette di sicurezza; pezzi di vetro e paglia di rivestimento del fiasco che conteneva il liquido infiammabile.
Rinvenuti due manifestini in via Pozzo del Grillo, diretti ai “Siciliani”, e annuncianti che l’ora decisiva è già scoccata per la lotta antibolscevica, e che coloro che vogliono parteciparvi, per evitare che la Sicilia possa cadere preda dei rossi, accorrano al feudo “Sagana”, quartiere generale di Giuliano, annunciatosi promotore della crociata. Stampati alla macchia recano solo dattiloscritti la firma “Giuliano” e la località “Sagana”.
Allegato 1- originale per l’autorità giudiziaria; copia per gli altri enti e comandi in indirizzo.
 
Carini
Verso le ore 23 del giorno 22 venivano lanciate due bottiglie di benzina ed una bomba a mano, che determinavano un principio di incendio contro la porta della sede del Partito Comunista, provocando molto panico fra le persone degli stabili vicini e tra il pubblico che, a quell’ora, gremiva ancora la vicina piazza Duomo.
I malfattori, compiuto l’attentato, si dileguavano per la campagna, non senza prima avere esploso alcuni colpi di mitra contro la stessa sede. Attratti dalla detonazione e dalle grida accorrevano immediatamente sul posto i carabinieri della locale stazione, alcuni dei quali -con l’aiuto di volenterosi- si prodigavano per spegnere il fuoco, che aveva invaso la porta della sede comunista, mentre altri militari tentavano inutilmente l’inseguimento dei responsabili, prontamente dileguatisi.
Iniziate le indagini si poteva accertare che una decina di individui, forniti di armi militari e di tascapani, entrati in paese provenienti dalle campagne adiacenti allo stradale Carini-Montelepre, si erano diretti in via Roma, e, mentre due di essi distaccatisi avevano raggiunto via Rosalino Pilo, a poca distanza dalla sede del Partito Comunista, gli altri erano rimasti fermi. Quindi ad un cenno fatto da uno degli appartenenti al gruppo più numeroso, i primi lanciavano le due bottiglie di benzina e una bomba a mano.
Nessun danno alle persone.
Raccolte all’alba notizie più attendibili sulla direzione presa dagli autori dell’azione terroristica, venivano disposti servizi perlustrativi sullo stradale di Montelepre, senza migliore esito.
Anche qui sono stati lanciati manifestini di inizio della crociata antibolscevica, come quelli di Partinico.
 
Borgetto
Verso le ore 23,30 del 22 detto, una raffica di mitra, sparata a circa 20 metri dalla caserma dell’Arma richiamava l’attenzione di quei militari, i quali riportavano l’impressione che si trattasse di attacco alla caserma stessa.
Ne seguiva per le vie un fuggi fuggi di persone terrorizzate che imprecavano contro i carabinieri ai quali attribuivano gli spari. Immediatamente quel comandante di stazione usciva con altri militari, accertando che due individui, indossanti la divisa grigio-verde da carabiniere, ed armati di mitra, avevano esploso una raffica in direzione della sede unica del Partito Comunista e della Camera del Lavoro, in via Roma, n.1, e si erano dileguati imboccando una strada laterale. Sottufficiale, comandante e militari disponibili, messisi all’inseguimento, non riuscivano, per l’oscurità della notte, ad avvistarli.
Nelle prime ore del mattino si poteva meglio accertare che i colpi avevano raggiunto le insegne del Partito stesso e della Camera del Lavoro, nonchè un’attigua abitazione privata.-
Nessun danno alle persone.
 
San Giuseppe Jato
Alle ore 23,35 del 22 detto quattro individui in abito civile, muniti di armi militari e di tascapani si portavano in via Trapani - angolo della via principale Umberto I° -  Immediatamente due di essi si distaccavano, dirigendosi verso la sede unica Partito Comunista-Camera del Lavoro e cooperativa agricola “Arciprete Natale Migliore”, ove appena giunti e dopo aver fatto cenno alle persone che sostavano di allontanarsi - iniziavano fuoco ininterrotto di mitra con lancio di bombe a mano contro l’edificio stesso posto al primo piano.
Compiuto l’atto terroristico i quattro si dileguavano, continuando di tanto in tanto a sparare fino in prossimità della campagna-.
In via Vittorio Emanuele un proiettile colpiva certa Rizzo Benedetta, di anni 37, che riportava ferita giudicata guaribile in giorni quindici.
Carabinieri della stazione e del nucleo mobile, attratti dalle detonazioni e avvertiti dal sindaco, accorso in caserma, intervenivano prontamente e sulla base delle indicazioni raccolte battevano infruttuosamente la strada presumibilmente seguiti dai malfattori.-
L’edificio ha riportato danni alle persiane ed al balcone con la rottura di tutti i vetri.-
Sul posto dal quale i malfattori avevano aperto il fuoco si rinvenivano sette cartucce di mitra non esplose e 83 bossoli della stessa arma.-
Tre bombe a mano venivano rinvenute inesplose nel corso Umberto sotto la sede comunista.-
Monreale
Verso le ore 2,15 del 23 andante la stazione dei Carabinieri di Monreale veniva informata che si era sviluppato un incendio nella locale sede del partito socialista e che mercè l’opera di volenterosi era stato prontamente domato.-
Intervenuti immediatamente sul posto il Comandante della Compagnia dei Carabinieri in unione a sottufficiali e militari dipendenti, iniziava pronte indagini sulle causali dell’incendio, venendo così a sapere che il fuoco era stato appiccato da ignoti, che avevano cosparso di petrolio la porta esterna del locale.-
Si procedeva subito dopo al fermo di due individui, il cui comportamento era apparso equivoco, ma esclusa nel fatto la loro responsabilità, venivano subito dopo rilasciati.-
Proseguendo, tuttavia, alacremente nelle indagini, l’Arma veniva a sapere che verso le ore 1,50’ della notte, proveniente dallo stradale di Pioppo, era giunto a Monreale un camioncino con una quindicina di persone a bordo e che giunto a circa 20 metri dalla sede socialista aveva girato per ritornare verso Pioppo, sostando poi a un centinaio di metri di distanza, nei pressi dell’ufficio postale, dove pare fossero discesi alcuni della comitiva.-
Questa circostanza, messa in relazione all’attentato commesso poco dopo, ha fatto ritenere che i responsabili siano giunti effettivamente con l’automezzo.-
Cinisi
Alle ore 3,45 circa del 23 corrente alla locale stazione carabinieri veniva comunicato che poco prima era scoppiato un ordigno esplosivo davanti la porta della sede del partito social-comunista, rimasta danneggiata.
I militari dell’Arma, prontamente intervenuti, rinvenivano sul posto un ordigno esplosivo costruito rudimentalmente con un barattolo di lamiera, chiuso da una parte con una copia del settimanale politico “L’Uomo Qualunque” e collegato con una miccia, già consumata.-
L’ordigno scoppiando aveva provocato l’accensione del carburante contenuto in un bidone, così che il liquido si era sparso sul terreno senza provocare danni.- La porta d’ingresso della sede socialcomunista era stata aperta dallo scoppio dell’ordigno e dentro si notava del disordine.-
Esperite pronte indagini si poteva conoscere, stando alle dichiarazioni più attendibili, che l’attentato era avvenuto verso le ore 3 ad opera di numero imprecisato di malfattori allontanatisi a bordo di automezzo col quale erano giunti.-
Nella notte dal 23 al 24 corrente, durante la giornata che ne seguiva ed il successivo 25, a richiesta dell’Ispettorato generale di PS, ufficiali e sottufficiali di questo gruppo, espressamente comandati, hanno fermato i sottonotati elementi, tutti appartenenti alla mafia e ritenuti sostenitori del capo-banda Giuliano Salvatore.-
 
 
Articolo da La Sicilia del 24 Giugno 2012

Terrore contro la sinistra

di Dino Paternostro

Tra il 22 e il 23 giugno 1947 a Partinico, Carini, Borgetto, San Giuseppe Jato, Monreale e Cinisi vi furono assalti armati contro i militanti e le sedi della Cgil e del Pci, che provocarono morti e feriti.
Caddero i sindacalisti Casarrubea e Lo Jacono

«Per non perdere la memoria e onorare i compagni che hanno creduto fino all’estremo sacrificio in un nobile ideale - ha sottolineato venerdì  scorso Totò Bono, della Camera del lavoro di Partinico – anche quest’anno la Cgil ha voluto ricordare la strage avvenuta nella notte tra il 22 e il 23 giugno del 1947». Allora, a quasi due mesi dalla terribile strage di Portella della Ginestra, infatti, a Partinico, Carini, Borgetto, San Giuseppe Jato, Monreale e Cinisi si verificarono delle azioni terroristiche armate contro i militanti e le sedi della Cgil e del Pci, che provocarono morti, feriti e terrore. Gli autori furono esponenti della banda Giuliano, mafiosi e neofascisti, che continuarono così l’offensiva contro il movimento contadino e le forze della sinistra, che lottavano per il diritto al lavoro e per la riforma agraria. Il raid più grave si svolse a Partinico, dove furono uccisi Giuseppe Casarrubea Sr. (padre dello storico, Giuseppe Jr.) e Vincenzo Lo Jacono e ferite altre persone. Ecco come il Maggiore Comandante del Gruppo Carabinieri di Palermo, Antonino Denti di Forlì, raccontò le azioni armate all’Ispettorato generale di P. S. e alla Procura della Repubblica di Palermo. «A Partinico – scrisse il militare nel suo rapporto - alle ore 22 del 22 andante, mentre la musica suonava in piazza Garibaldi, alcuni sconosciuti, ritiensi in numero di quattro, appostatisi all’angolo di via Pozzo del Grillo, altezza di Corso dei Mille, quasi dirimpetto alla sede comunista, esplodevano alcune raffiche di mitra e lanciavano un fiasco di liquido infiammabile e alcune bombe a mano contro la sede del partito predetto, sita al n. 313 del Corso. I numerosi colpi di arma da fuoco, tre distinti scoppi di bombe ed il liquido andato in fiamme sul marciapiedi, impressionavano vivamente quanti stavano in quei pressi, i musicanti smettevano di suonare ed il pubblico, ancora numeroso in piazza, e nel corso, si allontanava di corsa. Due carabinieri che stavano in piazza, accorrevano prontamente, mentre
altri giungevano poco dopo, unitamente ad agenti, al commissario capo di PS Agnello Pietro, e al sottotenente dei Carabinieri Tomaselli Domenico, comandante della locale tenenza. Penetrati nella sede della sezione comunista rinvenivano bocconi sul pavimento, in una pozza di sangue, il cadavere di un uomo identificato per Casarrubea Giuseppe, di anni 47, da Partinico, ebanista, iscritto al Partito Comunista. Presentava ferite di mitra e di schegge di bombe all’emitorace posteriore sinistro, alla regione sottomascellare destra ed alla fronte. Altre cinque persone erano rimaste colpite, riportando ferite varie: Lo Iacono Vincenzo, di anni 38, dichiarato in pericolo di vita e riconosciuto abbisognevole di intervento che non ha avuto luogo (poi sarebbe morto – ndr); Addamo Leonardo, di anni 42, mediatore; Patti Salvatore di anni 39, calzolaio; Salvia Giuseppe, di anni 42, agricoltore; tutti da Partinico, comunisti; Ofria Gaspare, di anni 53, impiegato privato, pure da Partinico, ma non iscritto al partito». In seguito, si sarebbe accertato che Ofria era stato uno del commando degli aggressori. A colpirlo, nonostante fosse ferito, fu Leonardo Addamo, che estrasse la sua rivoltella, di cui era legittimamente in possesso, e sparò un colpo contro gli aggressori per difendere se stesso e i suoi compagni. Un certo Andrea Mazzurco avrebbe poi raccontato ai carabinieri di avere avuto l’impressione che le prime raffiche di mitra fossero state sparate in aria per fare allontanare la gente. Ma «ciò che non appare attendibile – scrisse il comandante dei CC nel suo rapporto - dal momento che delle sei persone che stavano davanti alla sezione, solo Mancuso Salvatore di anni 28, da Palermo, insegnante elementare, è rimasto miracolosamente illeso, per essersi, ai primi spari, buttato a terra, mettendosi, subito dopo al riparo nell’interno del locale». Sul posto, furono «rinvenuti 41 bossoli di cartucce per fucile mitra cal. 9; n. 8 pallottole di piombo schiacciate, n. 3 cappe di bombe a mano ed altrettante linguette di sicurezza; pezzi di vetro e paglia di rivestimento del fiasco che conteneva il liquido infiammabile». Una vera azione di guerra contro il movimento contadino, con l’obiettivo di fermare il “vento del nord”, l’avanzata delle forze democratiche e di sinistra.

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