venerdì 3 febbraio 2017

questo mio dissentire dall'incauto microstorico Sciascia risale a decine di anni fa. Infatti:
L'avallo di Leonardo Sciascia al lavoro del Tinebra Martorana ha ormai canonizzato tutte quelle 'pretese' notizie della storia di Racalmuto e non sarà facile a chicchessia rettificarle o raddrizzarle. Malconvenant e chiesetta vetusta di Santa Margherita-Santa Maria saranno usurpazioni storiche cui i racalmutesi non vorrano rinunciare, tant’è che, ancora nel 1986, il padre gesuita Girolamo M. Morreale ribadiva quel falso scrivendo che, indubitabilmente, «frutto della rinascita normanna fu per Racalmuto il riordinamento del culto. Il conte Ruggero conferì l'investitura di signore delle terre di Racalmuto a Roberto Malcovenant che dopo venti anni dalla liberazione vi fece sorgere la prima chiesa sotto il titolo di S. Margherita vergine e martire, vicino l'attuale cimitero, dotandola di fondi agricoli che convertì in prebenda canonicale. Rocco Pirro colloca l'erezione della chiesa nell'anno 1108 e precisa che avvenne con licenza del Vescovo di Agrigento, Guarino (+1108)» () Il mendacio storico è proprio duro a morire, se anche un colto ed avveduto gesuita vi incappa or non sono più di dieci anni fa.
Quanto a falsità storiche, ancor più salienti sono quelle che confezionate dal Tinebra Martorana, furono ribollite da Eugenio Napoleone Messana: sono le incredibili avventure della Racalmuto nel crogiuolo della rivolta del Vespro. Vuole il Tinebra Martorana che nella lotta tra Manfredi di Svevia e Carlo d’Angiò si accodò ai baroni filofrancesi «Giovanni Barresi, signore di Racalmuto. Il quale raccolta quanta gente potè dai suoi vasti vassallaggi di Racalmuto, Petraperzia, Naso, Capo d’Orlando e Montemauro, volse le armi contro il seno della sua stessa patria.» Scoppiata la rivolta del 1282, «Giovanni Barresi, che palesemente aveva seguito la fortuna dei francesi, e durante il loro dominio era stato in auge, ebbe la peggio allorché vennero fra noi gli Aragonesi. Premio meritato, fu spogliato dei suoi domini, che passarono al reale patrimonio. Così la baronia di Racalmuto appartenne per qualche tempo al regio Fisco e poi fu concessa alla famiglia Chiaramonte.»
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Credo di averlo fatto dopo studi e studi e ricerche d'archivio ed essermi avvelenato i polmoni con le polveri dei faldoni e rolli di vetusta data, cosa che Sciascia abborriva.
Mi succede che avventurieri storici dell'ultima ora mi propinino insensi passi del loro adorato Leonardo Sciascia che ho da tempo dopo ardue ricerche storiche sburgiardato; mi succede che con supponenza me li spargono nel mio diario o peggio nel mio sito milionario. Il vaffanculo mi scappa irrefrenabile. Non devo, non posso? Posso ma subito li svello dalle mie evidenze. Sono fatto così! Non sono un'anima bella!

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