Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
Queste violente parole costituiscono il celeberrimo incipit ex abrupto della prima delle orazioni Catilinarie,
pronunciata da Marco Tullio Cicerone di fronte al Senato romano l'8 novembre del
il quale osò presentarsi in senato dopo aver complottato contro Roma e aver tentato di far uccidere lo stesso Cicerone,
che proprio di Roma si riteneva il più ardente difensore.
L'espressione appartiene anche al linguaggio comune: viene usata con l'intenzione di accusare il suo destinatario di abusare della pazienza,
dell'indulgenza o della buona educazione di chi la proferisce o del gruppo di cui si fa portavoce.
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