L'apice della festa è ... nella conquista della bandiera, c'è una "macchina" alta cinque metri in cima porta uno stendardo ricamato in oro, ogni anno diverso, i giovani borgesi in piazza lottano per conquistare lo stendardo. C'è tutto un rituale, non possono lottare per la bandiera che borgesi scapoli ma già fidanzati, entro l'anno dovranno sposare; si formano le fazioni, ciascuna contiene il suo campione: l'ora va rispettata e il luogo dove la zuffa deve cominciare, armi non si devono portare; ma a pugni e calci quanto si vuole e si può [...] Dura dieci minuti, un quarto d'ora la zuffa; poi si vede sanguinante il campione salire verso la bandiera, scalcia come un mulo contro quelli che vorrebbero tirarlo giù, coglie finalmente lo stendardo mentre sotto la lotta di colpo si placa.
Così Sciascia in LE PARROCCHIE DI REGALPETRA. La mitica e orgoglio del paese presa di lu ciliu sarebbe questa qua, o meglio lo era nel 1956 quando lo scrittore si cimentava in cose che trascendessero gli stilemi rondisti che lo avevano attanagliato prima.
Sono circa quindici anni che non vedo la festa di lu Munti. Quest'anno mia moglie me lo ha permesso. Così sabato me ne sto ad aspettare sino a mezzanotte questa benedetta presa del Ciliu, però comodamente seduto nel balconcino di Danieli Ciciruni. Giù il corso che noi chiamiamo piazza furmiculia di gente: Racalmuto è in crisi dermografica; sorprendente quell'affollamento. Mi viene dopo spiegato, i giovani rampanti del Circolo Unione si sono inventati una manifestazione dell'inesistente convivio tra Sciascia e Circolo: così hanno potuto tambureggiare al Gazzettino di Sicilia e quando c'è la televisione di mezzo il successo è assicurato. Dal nuovo e di incerta fortuna Centro Commerciale tanti vacanzieri del sabato sera delle province di Agrigento e Caltanissetta si sono riversati a Racalmuto. Bastava guardare come erano vestiti. Una volta alla Festa del Monte, permettendo alle ragazze di mostrarsi per sposarsi, l'annuale abito nuovo era di rigore. Ora c'era la ghiottoneria di una rissa con sangue; Sciascia aveva scritto di festa "insonne e violenta". Pure l'eroe insanguinato sarebbe a sceso a suon di pugni e calci come un mulo su sino a cogliere lo stendardo.
Ma era un inganno. Cose che se vere erano vere erano negli anni cinquanta. Ora a Racalmuto a forza di antimafia siamo tutti buoni e contriti: una rissa non la facciamo manco per far piacere ad Alfano, nostro vicino di paese.
Un piccolo incidente però è successo: Tre sono i cilii: uno ormai povero e ignudo, piccolo e mal vestito, appartiene (apparteneva) ai cicirara, l'altro, medio, agli Ogliara e il terzo magno ai burgisi (che sono poi quelli che fan rissa per sposarsi entro l'anno). Stavolta quello degli Ogliara era il meglio bardato: Tante erano le coperte Aurora che posso dichiararlo con orgoglio le ha vendute nell'anteguerra mio padre. Gli oleari stanno passando una brutta stagione per questioni di giustizia di un paio di loro affiliati. Le donne ardimentose si sono schierate impavide dinanzi al loro carro ultra paludato e hanno preteso che la banda di Carrara dovesse seguire con rispetto il loro carro non mettersi davanti a fare emulativa ostentazione. Ne andava di mezzo il prestigio che di questi tempi, come detto, tendeva ad appannarsi, La zuffa di Sciascia stavolta avvenne al Canalotto tra donne all'Aristofane e sconcertati giovani bannistri. Incidente durato ore, e noi in piazza (nel corso) ad aspettare. Dopo la presa del cilio ci fu ma fu cosa molto moscia come vecchietto alle prese con la pronipote che si intestardì di sposare.
Quei forestieri, delusi, manco lu castieddru fuocu aspettarono e non persero molto che fu cosa altrettanto moscia. A Santa Lucia di Fiamignano, paese di mia moglie, in val del Salto, duecento abitanti, fanno di meglio: caro Enrichetto stavolta, data la stitichezza parsimoniosa di questi invisibili commissari straordinari, tutto su misura ti è stato confezionato. Speriamo che l'anno venturo a presidente con fascia azzurra ci mettano lu niputi di Maricchia la Longa.
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