[Articoletto
n.° 11]
IL NOME DI
RACALMUTO
di Calogero
Taverna
Mi si controbatterà che buia per quanto sia la
pagina araba racalmutese, arabo è indubitatamente il toponimo.
Già nel XVI secolo il colto Fazello attestava
l’origine saracena di Racalmuto. «Castello saraceno - lo definiva - dove è una
Rocca edificata da Federico Chiaramonte». Più in là non andava. Tra il 1757 e
il 1760, il monaco benedettino Vito Maria Amico nel suo “Lexicon topographicum siculum” rivestiva purtroppo di patina scientifica la
funerea etimologia di paese “diruto,
morto” e simili relativamente a Racalmuto. L’avv. Giuseppe Picone,
agrigentino ma del ceppo dei Picone del nostro paese, s’inventava addirittura
la derivazione da due termini arabi: Rahal (‘Villaggio’ e sin qui correttamente)
e Maut (‘della Morte’ e qua invece cervelloticamente). Il Nostro Tinebra
Martorana, con fervore giovanile, vi correva dietro. Leonardo Sciascia,
ovviamente poco incline alle pignolerie terminologiche, vi dava plurimo ed
autorevolissimo avallo.
Diviene difficile
per chicchessia procedere ora alle debite rettifiche. Vi tentò, ma
flebilmente, il compaesano gesuita padre Antonio Parisi: «... emerge la
probabilità, se non la certezza - scrive il dotto gesuita - che fosse stato un
Hamud [...] a dare il nome all’abitato.
Rahal, pronunziato Rakal [ ...]; Hamud, pronunziato Kamud o Kamut [...] dava
Rakal-kamut; ed a togliere la cacofonia si soppresse il secondo “ka” e rimase
“Rakal-mut” = Ralmanuto!». Quando ignoravamo questo scritto, seguendo altre
nostre personali argomentazioni, siamo arrivati a conclusioni analoghe che
abbiamo affidate alla locale biblioteca comunale.
Di certo, con la sua indiscussa autorità, ci aveva
pensato il Garufi a debellare la fantasiosa etimologia di Racalmuto quella
lugubre di “Paese dei Morti”. In un
suo studio del 1947 (Carlo Alberto Garufi, PATTI AGRARI E COMUNI FEUDALI DI NUOVA FONDAZIONE IN SICILIA, parte II dell'articolo, in
ARCHIVIO STORICO SICILIANO, anno
1947, pag. 34) troviamo, infatti, questa illuminante nota: «soggiungo che
l'unica e più antica notizia di Racalmuto, che ci permetta d'indagarne
l'origine al di fuori delle cervellotiche etimologie di R a h a l m u t, casale
della morte, si ha nella pergamena greca originale conservata tuttavia nel
Tabulario di S. Margherita di Polizzi, la quale contiene l'atto di
compra-vendita, dell'a. m. 6687, e. v. 1178, feb. ind. XII, di un fondo sito in
Rachal Chammout. Sin dalle sue origini il casale fu denominato da Chammout,
nome codesto di persona che per due volte ricorre fra i g a i t i
testimoni saraceni nel diploma originale, greco-arabo, di Re Ruggiero
dell'a.m. 6641, e.v. 1133 feb. ind. XIa ».
Va detto che la lezione del Garufi, purtroppo, non è
stata recepita dai moderni storici alla Henri Bresc. Ispirato forse da quest’ultimo,
un grandissimo arabista contemporaneo si è data la briga di riesaminare
l’etimologia del toponimo “Racalmuto”. Non accetta la versione tradizionale. Ed
ci dà una nuovissima lettura: Racalmuto come ‘Paese del moggio’. Ci riferiamo a
quanto pubblicato nel 1990 nell’opera rispettabilissima: Giovan Battista Pellegrini,
in Dizionario di Toponomastica - i nomi
geografici italiani - UTET 1990.
Vi leggiamo che “Racalmuto”: «deriva dall'arabo Rahl al Mudd = uguale Casalis Modi (Cusa 24, 25 e
221) 'sosta, casale' del Mudd <latino modium 'Moggio' ". "Paisi di
lu Munnieddu", dunque, alla siciliana. Ma di modii e mondelli
Racalmuto non ha la configurazione. L'immagine potrebbe valere per il vicino
Monte Formaggio di Sutera. Del resto, può escludersi qualsiasi vecchio fonema
che suoni simile a Racalmuddo o Racalmullo ed analoghi.
Ma almeno, niente più accenni mortuari che ci
tornano indigesti. E’, dunque, un passo avanti.
Dipanata in qualche modo la questione del
significato, nasce quella del periodo in cui si ebbe ad affermare quel nome
arabo. Fu durante il periodo della dominazione berbera, come propende il p.
Antonio Parisi? O va spostato nei tempi immediatamente successivi alla caduta
dell’Emiro di Girgenti, Hamùd (25 luglio del 1087), come noi siamo inclini a
credere?
Insediatosi Ruggero il Normanno, presso gli abitanti arabi del
territorio di Racalmuto permase l’uso di chiamarsi quelli del Casale di Hamùd
e, tardivamente, i notai e gli uomini colti dell’agrigentino -
preponderantemente, ebrei - finirono
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