mercoledì 31 agosto 2016

   Ilia Marrucci e la famosa chiesa di Agrigento     di San Nicola
 







Agrigento la Chiesa di San Nicola

Agrigento la Chiesa di San Nicola
san nicolaIncastonato tra i mandorli e gli ulivi secolari della campagna agrigentina, a poco più di un chilometro dalla città, ma a pochi passi dall’ecclesiasterion e dall’oratorio di Falaride, troviamo uno dei maggiori esempi di gotico cistercense presenti in Sicilia, la chiesa di San Nicola.
La sua costruzione probabilmente risale all’ XI secolo poiché un documento rinvenuto dallo storico Rocco Pirri indica chiaramente l’esistenza già nell’anno 1181 della contrada intitolata San Nicola e un secondo atto, datato gennaio 1219 così recita: “Nell’anno 1219, nel mese di Gennaio, il nostro Ursone (vescovo) col concorso dei suoi canonici cedette a Pellegrino, Priore di Santa Maria in Adrano ed alla congregazione, il monastero che a causa delle guerre era stato distrutto. Parimenti la Chiesa di San Nicolò che è fuori la città vecchia insieme alle terre…”. Qualche tempo dopo il suddetto priore edificò accanto alla chiesa un cenobio che divenne il convento dei monaci cistercensi, che si erano allora stabiliti ad Agrigento.
Nell’anno 1223 inoltre Pellegrino e la sua congregazione vendettero al vescovo di Agrigento Ursone alcune terre con relativo canneto “in commutazionem ecclesiae S. Nicolai” (in cambio della Chiesa di San Nicola).
Lo studioso agrigentino Alessandro Giuliana Alaimo ha rinvenuto tra le carte dell’archivio Capitolare di Agrigento altri documenti riguardanti la storia della Chiesa e del Convento. Da uno di questi documenti in particolare (del 1322) risulta che il benedettino Pietro ricevette mandato dal vescovo agrigentino Bertoldo de Labro di ricostruire l’abbazia e la chiesa di San Nicola per riportarle al primitivo stato, poiché erano state danneggiate. Finalmente nel 1417 il papa Martino V diede facoltà a Beato Matteo Cimarra, frate minore di Agrigento, di erigere in Sicilia cinque conventi di Minori Osservanti, dei quali il primo vide la luce a Messina, il secondo a Palermo (sotto il titolo di Santa Maria di Gesù), il terzo ad Agrigento nel 1426 (gli altri due sorsero a Cammarata e a Caltagirone).
Così Matteo Cimarra edificò a spese del Re il secondo monastero francescano di Agrigento (innalzandolo sull’antico cenobio cistercense) e volle dedicarlo a San Nicola.
Lo storico Tognoletto così descrive, nell’opera “Paradiso Serafico del fertilissimo Regno i Sicilia” (stampato a Palermo nel 1667), alcuni momenti della vita del beato Agrigentino: “Nel medesimo anno 1426 partitosi da Palermo se ne andò in Giorgiento sua patria dove arrivato, e dopo essere stato dalli suoi paesani invitato, per fondare il terzo convento (della Sicilia) mossi da santa invidia per avere fondato quello di Messina e Palermo; gli diedero per abitazione un convento con la chiesa dedicata a San Nicola Vescovo posto al luogo dove anticamente era il palazzo di Fallari tiranno di Giorgiento, dove abitavano innanzi monaci cistercensi il quale monsignor Urso Vescovo di detta città l’anno 1219 nel mese di Gennaio lo cesse, e diede a fra Peregrino Priore di Santa Maria di Adriano del detto Ordine, ma in detto anno 1426 l’ottenne il Beato Matteo e l’anno 1430 con l’aiuto di certa limosina assignatale da re Alfonso, si finì”.
Il beato Matteo però non riuscì a completare la costruzione del San Nicola che venne portata a termine nel 1669-70 da Fra Bonaventura Sciascia. Ma poco più di un secolo dopo, nel 1789, il convento francescano venne soppresso e tornò in possesso del Vescovo.
Certamente il visitatore è innanzitutto attratto dal suggestivo portale gotico. La facciata ha delle piccole sculture in marmo che raffigurarono i santi Giorgio, Pietro e Paolo e inoltre presenta due poderose ante che sorreggono una cornice in forte risalto. Sopra il portale è evidente l’emblema francescano.
La chiesa è in stile piuttosto rustico nel complesso ed è tutta avvolta di quel tufo conchigliare che è presente ovunque nella Valle dei Templi. Misura otto metri circa di larghezza e ventiquattro di lunghezza. Ad essa si accede da un portone di legno del XVI secolo realizzato dall’artista Angelo Di Blundo. L’interno è ad una navata ed appare poco rifinito, così da sembrare quasi incompleto.
Ha tuttavia uno sviluppo di grande armonia, ben proporzionato: la volta ogivale è sostenuta da grandiosi costoloni, mentre le imponenti arcate sostengono un massiccio cornicione. Sulla parete di fondo, all’interno della chiesa, si aprono cinque arcatelle rinascimentali dentro le quali vi sono affreschi cinquecenteschi raffiguranti figure di santi.
Le opere poste ai lati dell’altare maggiore, sulla stessa parete, raffigurano San Corrado (a sinistra, 1574) e Sant’Onofrio (a destra, 1575).Nel coro vi sono altri affreschi forse del XV secolo e un grosso frammento di trabeazione classica inserito sulle pareti.
Delle due originarie navate rimane oggi solo quella di destra, dove si trovano le Cappelle: nella prima vi è una bellissima statua di marmo rappresentante la Madonna col Bambino, ritenuta opera del Gagini; nella seconda si trova l’altare del Sacramento e il Signore ligneo, detto comunemente “Signore della nave”; nella terza cappella è conservato il sarcofago di Fedra; sul retro vi è il coro dei cistercensi con l’attiguo chiostro, da dove si può vedere l’abside, a forma quadrangolare, con fregio dipinto su una trabeazione.
Da alcuni anni viene riproposta la bella Sagra del Signore della Nave, una delle più belle tradizioni locali. Festività legata al suddetto Crocifisso e che ha ispirato un omonimo lavoro teatrale di Luigi Pirandello.
DI ELIO DI BELLA



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