martedì 16 agosto 2016
Giuseppe Casarrubea è morto e de mortuis nihil nisi bonum.
Ma come perdonarlo di un atto così infame come questo post pubblicato nel suo blog il 2 agosto 2008? Voler criminalizzare l'ispettore Messana mentendo sapendo di mentire è infamia imperdonabile.
In questo post vi sono foto agghiaccianti. Il Casarrubea spinge a farle ritenere denunce contro Ettore messana. In escatollo scrive:
(Questa parte è illustrata grazie alla scrupolosa ricerca condotta dalla storica Claudia Cernigoi, direttrice della rivista “La Nuova Alabarda.” Si tratta di immagini tratte da una vasta collezione fotografica sui crimini fascisti dell’Italia in Slovenia)
Ambigua, subdola, perfida, la didascalia, induce in palese errore interpretativo. Grande storica e ricercatrice la Cernigoi? Ma quando mai? E' lei la fonte di tante pretese allucinanti rivelazioni contro il Messana oppure semplice fornitrice di truculente non specificate foto?
Tallonata dal sottoscritto, ridimensiona dopo il suo apporto documentale e cassa, come abbiamo appurato, dal suo blog quelle indecenti foto.
allorché
La Cernigoi non ha titoli e professionalità per far storia. Si avvale di un libello di un tal Ricciardelli rimasto a Trieste in quanto impresentabile. Il Ricciardelli fu equivoca figura della 'politica' nella questura fascista di Trieste.
Si può permettere una simile cortigliara diffanazione di un suo ex superiore in quel momento di transizione nel governo di Trieste. Crede di potersi togliere un sassolino dalla scapa a distanza di anni infamando il Messana che era stato l'artefice di certi smarrimenti dell'alta gerarchia fascista come già il capo della polizia del tempo Senise aveva spiattellato in un libro di memorie pubblicato nel 1946 e di recente riedito.
Bastava alla Cernigoi un piccolo riscontro in biblioteca per evitare la rogna della gratuita diffamazione del Messana allorché costei si mise a fare il megafono del deceduto Ricciardelli. Ma la ricerca ponderata non fa parte del bagaglio culturale della Cernigoi.
Non così per il Casarrubea. Dimostra persino di avere sotto mano le memorie del Senise: eppure dà enfasi e moralistico risalto alle ciarlate scurrili del Ricciardelli.
Il Casarrubea era uomo di tante letture. Non poteva quindi neppure ignorare un testo classico ed autorevole, quello di Marco Cuzzi, l'autore appunto di un documentatissimo rapporto "l'occupazione italiana della Slovenia (1941.1943), che, peraltro, è volume ufficiale dello Stato Maggiore dell'Esercito . ufficio storico , Roma, edito nel 1998, E tale pubblicazione ebbe seguiti molto interessanti nella casta degli storici paludati cui Casarrubea altezzosamente, si ascriveva. Non poteva ignorare, dunque.
E allora questo sconvolgimento della verità storica per cui si appioppano al Messana fatti e responsabilità che semmai appartenevano a Grazioli sono una vergogna per Casarrubea. La Cernigoi che una volta sì una volta sempre mi minaccia di stalkink appena le chiedo delucidazioni mi pare una poverella che crede di salvarsi l'anima (di storica seria) trincerandosi in un ferreo silenzio. Fosse siciliana, la capirei. Questione di omertà. Ma è triestina.
Calogero Taverna
Emilio Grazioli
on. Emilio Grazioli
Stemma del Regno d'Italia Parlamento del Regno d'Italia
Camera dei Fasci e delle Corporazioni
Emilio Grazioli
Luogo nascita
Zibido San Giacomo
Data nascita
26 ottobre 1899
Luogo morte
Milano
Data morte
15 giugno 1969
Professione
Politico
Partito
PNF
Legislatura
XXX
Emilio Grazioli (Zibido San Giacomo, 26 ottobre 1899 – Milano, 15 giugno 1969) è stato un politico e prefetto italiano.
Fu Alto Commissario della provincia di Lubiana e nel corso della sua gestione si batté a lungo ma inutilmente per l'italianizzazione dei nuovi territori annessi[1].
Partecipò all'Impresa di Fiume con D'Annunzio[2] e aderì al Partito Nazionale Fascista fin da giovane raggiunse il grado di centurione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale[3]. Federale di Trieste nel 1939 Grazioli fu nominato nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni[3].
Alto commissario[modifica | modifica wikitesto]
Il 6 aprile 1941 l'Asse invase la Jugoslavia, che capitolò rapidamente. Già a metà mese Grazioli fu nominato Regio Commissario Civile dei territori della Slovenia occupati, carica convertita in quella di Alto Commissario della Provincia di Lubiana alla sua istituzione il 3 maggio 1941[4]. Nonostante una apposita circolare emanata dal generale Vittorio Ambrosio sottomettesse le autorità civili dei territori occupati all'autorità militare Grazioli cercò di svolgere comunque le proprie funzioni in maniera autonoma[5]. Il 12 agosto 1941 Grazioli fece istituire il pubblico registro della popolazione e pochi giorni dopo rese obbligatoria la denuncia dei nuovi nati[6]. Secondo i primi approsimativi dati raccolti la popolazione era composta da 280-400mila abitanti[6].
Il vescovo Gregorij Rožman e il commissario Emilio GrazioliCon la costituzione anche a Lubiana il 21 ottobre 1941 della federazione dei fasci di combattimento Grazioli ne divenne segretario federale fino al febbraio 1942 quando cedette la carica a Orlando Orlandini[7]. Insieme iniziarono a creare anche nella nuova provincia le organizzazioni fasciste già presenti nelle altre provincie come la GIL, l'OND e il GUF[8]. A differenza di queste organizzazioni che ebbero un discreto successo tra gli sloveni (la Gioventù italiana del littorio ebbe l'adesione di cinquemila giovani di cui millecinquecento nella sola Lubiana[8]) il locale PNF, limitato solo ai cittadini italiani ebbe scarso seguito[8]. L'obiettivo che Grazioli si pose fu di integrare la nuova provincia, siappur con una forte autonomia, all'interno del regno d'Italia il tutto senza alienarsi le simpatie di ampie fasce della popolazione che vedevano nell'Italia una protezione dal nascente movimento titino[9]. Tutti i vecchi funzionari sloveni sospesi nel corso dell'invasione, e di cui Grazioli diede una ottima valutazione[10], furono riassegnati ai propri incarichi e in caso di esubero riassegnati ad altri incarichi[11]. Su interessamento sempre di Grazioli l'ordine pubblico fu sottratto all'esercito e fu costituita la questura di Lubiana che fu affidata al questore Ettore Messana[12]. Il 26 maggio 1941 fu nominata una Consulta cui furono chiamati a farne parte diversi esponenti politici locali[13], tuttavia il carattere formale del nuovo istituto spinse nelle settimane seguenti molti membri ad abbandonarla[13]. La consulta si sciolse definitivamente nel novembre[14].
Massima attenzione fu riservata all'ambito universitario in cui gli insegnanti furono accuratamente selezionati e molti elementi furono tratti dal movimento nazionalista "Guardia nella tempesta" del professore Lambert Ehrlich[15] ma ciononostante l'Università di Lubiana divenne un centro di propaganda nazionalista anti italiana[15].
L'azione di Grazioli nei primi tempi fu improntata al rispetto della cultura slovena nei confronti della quale non fu tentata alcuna italianizzazione forzata anche perché si riteneva che l'assimilizione sarebbe comunque avvenuta col tempo come conseguenza della superiore cultura italiana[16]. L'azione di Grazioli che si differenziava dalla politica tenuta nei confronti degli slavi dell'area giuliana attirò su Grazioli l'ironico soprannome di "slavo onorario"[13].
Nei mesi a seguire l'occupazione italiana gli atti di ostilità di parte della popolazione slovena incominciarono a manifestarsi sempre più apertamente e Grazioli, a seguito dell'uccisione di un soldato tedesco, ordinò a partire dal 1º agosto un ampio rastrellamento guidato dalla questura di Lubiana che si concluse solo il 10 agosto 1941[17]. Nel corso del rastrellamento si ebbe un caduto tra i nuclei OF e un gendarme sloveno inquadrato nella gendarmeria italiana[17]. Seguirono poi numerosi attentati sulla tratta ferroviaria tra Postumia e Lubiana[17]. Intanto le autorità militari, rappresentate dal generale di corpo d'armata Mario Robotti, a seguito del perdurante stato di ribellione di diverse fasce della popolazione iniziarono a lamentare il particolare "status giuridico" della provincia che impediva azioni energiche[18]. L'11 settembre 1941, Grazioli nel tentativo di dimostrare ai militari di essere in grado di mantenere il controllo sulla provincia diramò un bando che comminava la pena di morte per quanti avessero preso parte ad attacchi contro i militari italiani e ordinando un imponente rastrellamento a sud di Lubiana tra il monte Krim e Mokrec[19]. L'operazione fu sostanzialmente fallimentare e Robotti ebbe buon gioco ad escludere Grazioli da altre azioni militari[19]. Grazioli fu in pratica relegato ad amministrare il solo capoluogo[20].
Gli attacchi partigiani si susseguirono e il 25 settembre in un attentato fu ferito il generale sloveno Leon Rupnik mentre il 5 ottobre in uno scontro a fuoco furono uccisi due militari italiani[20]. Il 7 ottobre una bomba fu fatta esplodere alla fiera di Lubiana senza provocare vittime, fu rapidamente individuato il responsabile in un iscritto al partito comunista e fucilato[21]. Grazioli, ritenendo che la situazione fosse ancora gestibile continuò ad opporsi ad una militarizzazione della provincia[20]. L'esercito iniziò al contempo ampia azione di rastrellamento inviando la Divisione di Fanteria "Granatieri di Sardegna" nuovamente sul monte Krim e il Mokrec che si concluse il 28 ottobre[21]. Ciononostante anche alcuni presidi italiani iniziarono ad essere attaccati come quello di Loz e di Bezuliak e in entrambi i casi vi furono caduti in entrambi gli schieramenti[22]. Da questi avvenimenti Robotti trasse maggior convinzione di trovarsi ad operare in un paese ostile in cui la popolazione parteggiava apertamente per i partigiani[23] pertanto dispose che i presidi sarebbe sempre stati tenuti in allerta e che in caso di attentati si sarebbe giustificata una reazione rapida e violenta e in caso di bisogno si sarebbe provveduto ad incendiare l'eventuale villaggio[24].
Emilio Grazioli
on. Emilio Grazioli
Stemma del Regno d'Italia Parlamento del Regno d'Italia
Camera dei Fasci e delle Corporazioni
Emilio Grazioli
Luogo nascita
Zibido San Giacomo
Data nascita
26 ottobre 1899
Luogo morte
Milano
Data morte
15 giugno 1969
Professione
Politico
Partito
PNF
Legislatura
XXX
Emilio Grazioli (Zibido San Giacomo, 26 ottobre 1899 – Milano, 15 giugno 1969) è stato un politico e prefetto italiano.
Fu Alto Commissario della provincia di Lubiana e nel corso della sua gestione si batté a lungo ma inutilmente per l'italianizzazione dei nuovi territori annessi[1].
Partecipò all'Impresa di Fiume con D'Annunzio[2] e aderì al Partito Nazionale Fascista fin da giovane raggiunse il grado di centurione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale[3]. Federale di Trieste nel 1939 Grazioli fu nominato nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni[3].
Alto commissario[modifica | modifica wikitesto]
Il 6 aprile 1941 l'Asse invase la Jugoslavia, che capitolò rapidamente. Già a metà mese Grazioli fu nominato Regio Commissario Civile dei territori della Slovenia occupati, carica convertita in quella di Alto Commissario della Provincia di Lubiana alla sua istituzione il 3 maggio 1941[4]. Nonostante una apposita circolare emanata dal generale Vittorio Ambrosio sottomettesse le autorità civili dei territori occupati all'autorità militare Grazioli cercò di svolgere comunque le proprie funzioni in maniera autonoma[5]. Il 12 agosto 1941 Grazioli fece istituire il pubblico registro della popolazione e pochi giorni dopo rese obbligatoria la denuncia dei nuovi nati[6]. Secondo i primi approsimativi dati raccolti la popolazione era composta da 280-400mila abitanti[6].
Il vescovo Gregorij Rožman e il commissario Emilio GrazioliCon la costituzione anche a Lubiana il 21 ottobre 1941 della federazione dei fasci di combattimento Grazioli ne divenne segretario federale fino al febbraio 1942 quando cedette la carica a Orlando Orlandini[7]. Insieme iniziarono a creare anche nella nuova provincia le organizzazioni fasciste già presenti nelle altre provincie come la GIL, l'OND e il GUF[8]. A differenza di queste organizzazioni che ebbero un discreto successo tra gli sloveni (la Gioventù italiana del littorio ebbe l'adesione di cinquemila giovani di cui millecinquecento nella sola Lubiana[8]) il locale PNF, limitato solo ai cittadini italiani ebbe scarso seguito[8]. L'obiettivo che Grazioli si pose fu di integrare la nuova provincia, siappur con una forte autonomia, all'interno del regno d'Italia il tutto senza alienarsi le simpatie di ampie fasce della popolazione che vedevano nell'Italia una protezione dal nascente movimento titino[9]. Tutti i vecchi funzionari sloveni sospesi nel corso dell'invasione, e di cui Grazioli diede una ottima valutazione[10], furono riassegnati ai propri incarichi e in caso di esubero riassegnati ad altri incarichi[11]. Su interessamento sempre di Grazioli l'ordine pubblico fu sottratto all'esercito e fu costituita la questura di Lubiana che fu affidata al questore Ettore Messana[12]. Il 26 maggio 1941 fu nominata una Consulta cui furono chiamati a farne parte diversi esponenti politici locali[13], tuttavia il carattere formale del nuovo istituto spinse nelle settimane seguenti molti membri ad abbandonarla[13]. La consulta si sciolse definitivamente nel novembre[14].
Massima attenzione fu riservata all'ambito universitario in cui gli insegnanti furono accuratamente selezionati e molti elementi furono tratti dal movimento nazionalista "Guardia nella tempesta" del professore Lambert Ehrlich[15] ma ciononostante l'Università di Lubiana divenne un centro di propaganda nazionalista anti italiana[15].
L'azione di Grazioli nei primi tempi fu improntata al rispetto della cultura slovena nei confronti della quale non fu tentata alcuna italianizzazione forzata anche perché si riteneva che l'assimilizione sarebbe comunque avvenuta col tempo come conseguenza della superiore cultura italiana[16]. L'azione di Grazioli che si differenziava dalla politica tenuta nei confronti degli slavi dell'area giuliana attirò su Grazioli l'ironico soprannome di "slavo onorario"[13].
Nei mesi a seguire l'occupazione italiana gli atti di ostilità di parte della popolazione slovena incominciarono a manifestarsi sempre più apertamente e Grazioli, a seguito dell'uccisione di un soldato tedesco, ordinò a partire dal 1º agosto un ampio rastrellamento guidato dalla questura di Lubiana che si concluse solo il 10 agosto 1941[17]. Nel corso del rastrellamento si ebbe un caduto tra i nuclei OF e un gendarme sloveno inquadrato nella gendarmeria italiana[17]. Seguirono poi numerosi attentati sulla tratta ferroviaria tra Postumia e Lubiana[17]. Intanto le autorità militari, rappresentate dal generale di corpo d'armata Mario Robotti, a seguito del perdurante stato di ribellione di diverse fasce della popolazione iniziarono a lamentare il particolare "status giuridico" della provincia che impediva azioni energiche[18]. L'11 settembre 1941, Grazioli nel tentativo di dimostrare ai militari di essere in grado di mantenere il controllo sulla provincia diramò un bando che comminava la pena di morte per quanti avessero preso parte ad attacchi contro i militari italiani e ordinando un imponente rastrellamento a sud di Lubiana tra il monte Krim e Mokrec[19]. L'operazione fu sostanzialmente fallimentare e Robotti ebbe buon gioco ad escludere Grazioli da altre azioni militari[19]. Grazioli fu in pratica relegato ad amministrare il solo capoluogo[20].
Gli attacchi partigiani si susseguirono e il 25 settembre in un attentato fu ferito il generale sloveno Leon Rupnik mentre il 5 ottobre in uno scontro a fuoco furono uccisi due militari italiani[20]. Il 7 ottobre una bomba fu fatta esplodere alla fiera di Lubiana senza provocare vittime, fu rapidamente individuato il responsabile in un iscritto al partito comunista e fucilato[21]. Grazioli, ritenendo che la situazione fosse ancora gestibile continuò ad opporsi ad una militarizzazione della provincia[20]. L'esercito iniziò al contempo ampia azione di rastrellamento inviando la Divisione di Fanteria "Granatieri di Sardegna" nuovamente sul monte Krim e il Mokrec che si concluse il 28 ottobre[21]. Ciononostante anche alcuni presidi italiani iniziarono ad essere attaccati come quello di Loz e di Bezuliak e in entrambi i casi vi furono caduti in entrambi gli schieramenti[22]. Da questi avvenimenti Robotti trasse maggior convinzione di trovarsi ad operare in un paese ostile in cui la popolazione parteggiava apertamente per i partigiani[23] pertanto dispose che i presidi sarebbe sempre stati tenuti in allerta e che in caso di attentati si sarebbe giustificata una reazione rapida e violenta e in caso di bisogno si sarebbe provveduto ad incendiare l'eventuale villaggio[24].
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