mercoledì 24 agosto 2016

sabato 4 gennaio 2014

Tra lupa e leone una fiamma inestinguibile: la Fonta dei nove cannoli di Racalmuto

Mi giunge all’orecchio che vogliono restaurare la Fontana. Nobile intento. Solo che va rispettata la storia e l’originaria architettura. Abbiamo per fortuna una vecchia cartolina a colori che farebbe giustizia di ogni avventurosa manipolazione. La alleghiamo.

Annotiamo qui che la fontana portava sull’architrave rettangolare (se faccio qualche errore di denominazione, tengo a precisare che non sono architetto, mi basta farmi capire) ben tre manufatti in pietra altamente simbolici. A sinistra di chi guarda vi era un leone grifagno ed a destra una lupa o forse una pantera "rincagnata" direbbe Sciascia (ricordate: "due pantere rincagnate che lo [il sarcofago] sostengono", in esordio delle Parrocchie di Regalpetra.) Al centro una gigantesca pisside coperchiata con guizzo igneo e agghindata con un festone a pigne (se vedo bene).

Leone, lupa, pigne, sono simboli a significato plurimo come da richiami riportati in allegato. La fontana è decisamente borbonica. Risale ai primi dell’ottocento. Prima vi era una fonte a ben diversa forma e disposizione come può vedersi nell’ex voto del Monte, quello della Vinuta di La Bedda Matri (che è sicuramente di fine Settecento come ho potuto dimostrare in un mio scritto e nulla ha a che fare con Pietro d’Asaro che pur non eccelso non è da ridurre a quel maldestro pittore naif dell’ex voto).

Il simbolo delle pigne può richiamare riti massonici anglosassoni, che in quel tempo potevano avere qualche peso per la nota egemonia inglese nella Sicilia borbonica.

La fotografia fa intravedere propaganda elettorale per LAURICELLA (il noto deputato socialista di Ravanusa) e sotto in piccolo per AVENIA (credo Giovanni, che quindi può stabilirne la datazione).

Tutta la fontana è in pietra: sono sicuro che proviene dal feudo di San Benedetto, quello vicino Favara. Niente cemento dunque. Mi potrei accontentare solo se si usa l’alabastro racalmutese, lavorabile come dimostra l’altare novecentesco che si trova a San Giuseppe, primo altare di sinistra entrando.

Se soldi vuol spendere il Comune, rispetti le nostre memorie architettoniche: se soldi non ha, non permetta a chicchessia di manomettere i nostri monumenti, specie con cemento anche eccelso.



Calogero Taverna

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