ANTICHE CHIESE
CULTO DI S. ROSALIA
Nella
visita pastorale fatta a Racalmuto vi è un accenno ad una chiesa dedicata a S.
Rosalia, ubicata nella bisettrice
Carmine-Fontana. A leggere la
storia di Sicilia di Denis Mack Smith -
lo storico amico di Leonardo Sciascia ([1]) - , si
sarebbe portati a credere che Santa Rosalia sia stata un’invenzione del
Cardinale Giannettino Doria. Fu questi in effetti che trasformò il rinvenimento di ossa nel Monte Pellegrino, il
15 luglio 1624, in un miracoloso
rinvenimento della salma di Santa Rosalia.
Resta,
invece, assodato che a Racalmuto il culto di Santa Rosalia è ben più antico. Non sembra che vi sia
qualcosa su S. Rosalia nelle primissime visite pastorali agrigentine del
1540-3, dato che in quella del 1543 si accenna alle seguenti chiese
racalmutesi:
1) Chiesa Maggiore, sotto il titolo di S.
Antonio;
2) “Ecclesiola” sub titulo Annuntiationis
Gloriose Virginis Marie, da tempo sede di una Confraternita e dove era stato
trasferito il Santissimo , chiesa adibita ormai al posto di quella Maggiore, a
quanto pare fatiscente;
3) Chiesa di Santa
Maria del Monte;
4) Chiesa di santa
Maria di Gesù;
5) Chiesa di Santa
Margherita;
6) Chiesa di San
Giuliano;
Nella precedente visita del 1540 abbiamo:
1) Chiesa della “nuntiata”
2) Chiesa di Santa
Maria di Gesù (Jhù)
3) Chiesa di Santa
Margherita
4) Chiesa di “Santa
Maria di lo Munti”
5) Chiesa di S.
Giuliano. [2]
Il
silenzio delle fonti - si sa - storicamente non comprova molto; ma è certo che a quel tempo quella
chiesa, se vi era, non rivestiva agli occhi della curia vescovile grande
importanza.
Passando
alla visita pastorale del 1608, la Chiesa di Santa Rosalia è posta nell’interno dell’abitato di Racalmuto.
Il 22 giugno VI Ind. 1608, il vescovo Bonincontro così la indica:
“E più distintamente la d.a
parocchia di San Giuliano comincia dallo
Carmino et tira a drittura strata strata alli casi di Antonino Curto La Mantia quali
casi di d.to della Mantia si includino in d.ta parocchia di S. Giuliano e
tira strata strata per la potya d. m.o
Gregorio Blundo et tira
all’altra cantonera della Casa di Vincenzo Brucculeri affacci frunti la potya
di M.o Gregorio Blundo e dilla scindi a
drittura alla Chiesa di Santa Rosalia et dilla scindi
alla Cantonera delli casi del quondam
Carlo d’Afflitto parimente
puntone della propria strada , et dilla tira per la medesima strada alla
Cantonera delli casi del quondam Francesco di Liu et dilla tira dritto per
l’orto di Cavallaro fino allo loco
dov’era la chiesa di San Leonardo lo
vecchio.”
E subito dopo:
“E Parimenti la parocchia della
Nuntiata [...] scindi
adrittura per la Casa del quondam Micheli Catalano a facci frunti della Chiesa di Santa Rosalia in sino alla
cantonera delli casi di Antonino Lo Brutto in un pontone
della strada ...”
Dunque
il culto di Santa Rosalia è ben provato in Racalmuto, sin dal primo decennio del
1600, un quarto di secolo almeno anteriore alla discutibile invenzione delle
spoglie mortali in Monte Pellegrino da parte del cardinale Doria. [3]
* * *
Senza
dubbio la fonte storica sulla Chiesa di Santa Rosalia più antica ed accreditata è quella del PIRRI.
«
Rahyalmutum - scrive a pag. 758 -
[...] Pervetusta erat aedes ab anno 1400 circiter ubi ad annum 1628 dipincta
videbatur S. Rosalia Virginis in habitu heremitico, sed incuria
aliquorum ob novum aedificium dicatum eidem Virgini, cuius colunt reliquias,
cum societate animarum Purgatorii, habennte uncias 70, deleta est.»
CHIESA DI SANTA ROSALIA.
Può
così tradursi il passo latino del Pirri: «A Racalmuto v’era una chiesetta [aedes] - antichissima -
che risaliva all’anno 1400 circa. Fino al 1628 vi si poteva vedere dipinta
un’immagine di santa Rosalia in abito d’eremita e portante una croce ed un
libro tra le mani.. Purtroppo, è andata distrutta per incuria di alcuni, ormai tutti presi dalla nuova chiesa dedicata
alla medesima Vergine, di cui venerano alcune reliquie con una confraternita denominata delle Anime del Purgatorio dotata
di rendite per 70 once.»
Non
si sa se la nuova chiesa di Santa Rosalia sia sorta in altro posto oppure sopra quella
vecchia. Quella vecchia, nel 1608, collocavasi nel mezzo della bisettrice
Carmine-Fontana. In dettaglio sappiamo che travavasi dalla parte
della parrocchia di S. Giuliano: per giungere alla vecchia
chiesa di Santa Rosalia, posta dalla parte di S. Giuliano, si partiva dal:
·
Carmino et
tira a drittura strata strata
alli casi di Antonino Curto La Mantia;
·
e tira
strata strata per la cantonera delli casi et potya d. m.o Gregorio
Blundo;
·
et tira all’altra cantonera della Casa di
Vincenzo Brucculeri affacci frunti la potya di M.o Gregorio Blundo;
·
e dilla
scindi a drittura alla Chiesa di Santa Rosalia
La
linea divisoria prosegue, quindi, per le seguenti strade per giungere fino alla Fontana.
·
dilla scindi alla Cantonera delli casi del
quondam Carlo d’Afflitto parimente puntone della propria strada - et dilla tira per la medesima strada alla
Cantonera delli casi del quondam Francesco di Liu
·
et dilla tira dritto per l’orto di Cavallaro fino allo loco dov’era la chiesa di San
Leonardo lo vecchio.
La
chiesa dunque è proprio al centro, con tre strade sopra e tre sotto in quel
congiungimento del Carmine colla Fontana.
Ripercorrendo
il tratto dal versante della Matrice, ne abbiamo ovviamente la
riconferma. Ecco i dati:
Si parte dal
Carmine e di là
·
si tira a drittura alla grutta di Pannella
restando d.a grutta nella d.a parocchia della nunziata
·
et scende allo capo della strada, per la
cantonera della casa di Pietro Rizzo e per la cantonera della Casa di Antonino Curto La Mantia
·
e tira strata strata per la cantonera della casa
di Augustino la Lumia circa
·
circa all’altra cantonera della casa di Giacomo
di Puma affacci frunti della Chiesa di
Santa Rosalia
Del pari, si scende:
·
sino alla cantonera delli casi di Antonino Lo
Brutto in un puntone della strada
·
e per la ditta strada tira alla cantonera della
potya di Vito di Salvo e tira alla Cantonera delli Casi di Anibali
Piamontisi,
·
e per la ditta strada tira alla cantonera della
potya di Vito di Salvo e tira alla Cantonera delli Casi di Anibali
Piamontisi,
·
et dilla tira alla cantonera di Paulo Macaluso confinante con li casi di Geronimo di Nolfo et
li casi di m.o Oratio lo Nobili fino alla fontana.
P.
Morreale fornisce varie
notizie sulla chiesa, ma non tutte, a mio avviso, sono accettabili. Nel volume maria ss. del monte di racalmuto - Racalmuto 1986 - per il gesuita - «E’ posteriore la
notizia di una chiesa dedicata a S. Rosalia in Racalmuto negli anni 1320-1330» (pag. 23);
·
«I Racalmutesi non pensarono solo alle
case; [..] anche alle chiese. Rocco
Pirri chiama «antichissima, circa dell’anno 1400,
che durò fino al 1628» la chiesa di S. Rosalia,
dove la santa era dipinta «in abito
eremitico, tenendo in mano la croce ed il libro». La notizia del dipinto la
troviamo anche nel p. Cascini S.J. Nella sua opera «Santa Rosalia, vergine palermitana»;
riferendosi alla chiesetta di Racalmuto dedicata alla Santa dice, ‘V’era l’effige
della santa dipinta nel muro ... di questa prima immagine restandosi ben fissa
nella mente ... Pietro d’Asaro, n’ha dato fuori un bell’esemplare’» (pag. 24)
[Il testo del Cascini è del 1651, n.d.r.].
·
«Il Cascini fa scendere la data di costruzione della
chiesa, dal 1400 come vuole Rocco Pirri, alla fine del 1300.
«Per
quanto riguarda l’ubicazione pare che sorgesse in fondo alle attuali vie Cavour
e Baronessa Tulumello e che fosse di piccole dimensioni come
affermano le carte del ‘600 e ‘700.» (pag. 24)
·
«Santa Rosalia [...] fin dal 1320-1330 era onorata in una
chiesetta a lei dedicata» (pag. 97);
·
«Santa Rosalia riscuoteva venerazione e culto non solo
nell’antica chiesa di Casalvecchio, ma anche in quella a lei dedicata nella
nuova Racalmuto, sita tra l’Itria e il Collegio di Maria» (pag. 98).
Non
so come il P. Morreale arrivi a collocare la chiesa di Santa Rosalia ‘tra l’Itria e il Collegio di Maria’. La
chiesa del 1608 poteva benissimo essere colà ubicata, anche se i dati prima
riportati farebbero pensare ad un posto più a sud, forse a monte di via M.A.
Alaimo.
Il
padre Antonio Parisi - secondo le note manoscritte che attribuisco
all’arciprete Genco - sosteneva che «Racalmuto la patria mia fu la prima in tutta la Sicilia
ad innalzare un tempio a S. Rosalia già sin dal 1238». Il P. Morreale - che mostra di conoscere quel manoscritto -
parla invece del 1320-1330, dando pieno credito al p. Asparacio Domenico O.F.M.
Conv. ed a quanto questi scrive in proposito a pag. 22 del suo libro «La Santuzza ossia S. Rosalia», Palermo,
1924. L’erezione della chiesa nel secolo XIII o nel Secolo XIV è frutto -
secondo me - di una cattiva lettura del testo del p. Cascini quando accenna al muro cadente con sopra la
residua scritta MCC. Il Cascini,
invero, - come del resto dice lo stesso
P. Morreale (op. cit. pag. 69) - «non fa
distinzione tra l’antica e nuova Racalmuto; per cui la chiesa del 1320-1330 è
quella della nuova Racalmuto, servita dai confrati del SS. Sacramento. [cfr. Cascini Giordano, S. Rosalia Vergine palermitana, pag.
14-15]»
Per
mera congettura, sembra quindi che il gesuita P. Morreale s’induca a porre quella chiesetta a
Casalvecchio. Secondo le credenze locali, finora mai smentite, si opina che in
quel tempo Racalmuto fosse dislocato in quella contrada.
Tinebra-Martorana non ha dubbi: sino al 1355 Racalmuto «occupava i luoghi ora
detti Saraceno e Casal Vecchio» (pag. 68 e ss.). Ma, reputo del tutto infondata
questa credenza per le ragioni e le letture che riporto in nota ([4]): escludo
pertanto che la vecchia Chiesa di S. Rosalia - anziché lungo la bisettrice Carmine-Fontana - potesse ergersi a Casalvecchio, come
vorrebbe il P. Morreale.
Il
gesuita nostro compaesano è pregevole per ricerca storica ed archivistica e per
sobrietà di stile: non ebbe però modo di accorgersi dei dati sulla chiesa di S.
Rosalia contenuti nella Visita Pastorale del 1608. Men
che meno, Eugenio Napoleone Messana, che ignorò del tutto gli
archivi della curia agrigentina. Entrambi incappano, quindi, in topiche
storiche circa il dislocamento di una chiesa a Casalvecchio. Sia S. Rosalia,
sia S. Margherita erano chiese antichissime, ma sempre poste all’interno
dell’attuale perimetro edificatorio racalmutese, come le carte vescovili
inconfutabilmente comprovano.
Le
carte vescovili ed i dati del Pirri consentono una ricognizione, sinora mai
effettuata, del numero delle chiese in Racalmuto, prima del ‘600.
Oltre alle n. 6 chiese rinvenibili nella visita
pastorale del 1542-43, sono da annoverarne altre tre:
·
l’antica chiesa di santa Rosalia;
·
la chiesa di S. Leonardo ‘lo vecchio’, sita nei
pressi della Barona, vicino la Fontana, e totalmente distrutta nel
1608;
·
la chiesa di S. Benedetto (il Coenobium cum Ecclesia del Pirri), verosimilmente operante nel
vecchio Campo Sportivo.
Non
so se nel 1596 sorgesse nel Beneficio di S. Agata una qualche omonima chiesa di cui è comprovata
l’esistenza in carte vescovili del XVIII secolo. Nell’ «archivio storico siciliano» del 1908 , Nuova Serie,
Anno XXXIII, F. M. Mirabella pubblicava un articolo su «Sebastiano Bagolino,
Poeta latino ed erudito del Sec. XVI» (pag. 105 e ss.). Vi si parla anche dei
difficili rapporti del poeta ed il vescovo di Agrigento Giovanni Orozco Covarrusias e Leyva di Toledo.
Leggo a pag. 188: «Certo è che della sua traduzione [fatta dallo spagnolo in
latino di alcune opere del vescovo] il Bagolino non si tenne adeguatamente
compensato. Aveagli il vescovo fatto l’onore di ammetterlo alla sua mensa;
aveva anche conferito a don Pietro Bagolino, fratello di lui, prima i beneficj
di Santa Lucia e di S. Margherita in Castronovo, di S. Agata in Racalmuto, di S. Maria Maddalena in Naro, di S. Leonardo fuori
le mura di Girgenti, e poi quello di S. Pietro nella stessa Girgenti col
reddito annuo di 250 ducati. Ma questo al poeta non pareva un guiderdone
condegno.» [5]
LA NOVELLA CHIESA DI S. ROSALIA.
Efficace
il Pirri nel parlare del fervore della confraternita delle Anime del Purgatorio nel costruire o
riedificare la Chiesa di Santa Rosalia. L’anno è il 1628, qualche
tempo dopo la tremenda peste che a Racalmuto infierì nel 1624 , anno del rinvenimento del corpo di S. Rosalia nella
grotta di Monte Pellegrino, giusta appunto il giorno dell’Ascensione.
Nel
manoscritto attribuibile al Genco è significativo il presente passo: «Poi a pag. 373 [il Cascini] narra che Racalmuto fu devoto di S. Rosalia tanto che narra: “Ne si mostrò poco divota verso S. Rosalia la terra di Rahalmuto, la
quale come si è detto nel primo libro, fin dal suo principio, nacque sotto la
protettione di questa Santa e vi dedicò
la sua prima chiesa, havendola hora rifatta di nuovo; è incredibile la
divotione, con che viene visitata a piè scalzo ogni sera non da pochi, ma d’una
moltitudine grande. Però con molto maggior mostra di pietà, e humiltà ciò
fecero il giorno quando accompagnarono
la sua Santa reliquia, che fù l’ultimo di Agosto 1625, erano andati a portarla
da Palermo, ben 80. a cavallo, e quella mattina, che fù Domenica, si cantò
prima [pag. 375] la Messa nella Chiesa dei Padri Minori Osservanti colla
solennità solita; e si liberò una spiritata; dopo il Vespro pur solenne si fece la processione,
nella quale, benché vi fosse molta pompa d’apparato con tre archi
trionfali, di luminarie per tre giorni,
di concerto di Musiche, e salve di schioppi, nondimeno superava ogni cosa la
devotione, che s’udia delle voci, e sospiri, e pianti, e si vedea della
moltitudine tutta a piè scalzo.
Accettò la Santa la pietà loro, e
gli mostrò a chiari segni, che la sua protettione l’havea liberati dalla
pestilenza; imperoché havendo la terra delle Grotte presso à due
miglia molto mal menata da quel morbo, colla quale così infetta per un buon
pezzo, prima che fosse dichiarata, vi fù pratica stretta, per essere in buona
parte parenti fra loro e haver molta communicatione, non si attaccò però male
veruno; anzi entrandoci dentro appestati diversi, si di questa terra, come
d’altre, i medesimi che la portavano poi in altri luoghi, quivi non vi
lasciarono vestigio alcuno.»
Facendo
la collazione con il testo originale, sono sate necessarie alcune rettifiche. (
Si è consultata l’edizione del 1651 del volume del p. Giordano Cascini «S. Rosalia, Vergine
Romita palermitana, palesata con libri tre dal M. R. P. Giordano Cascini della
Compagnia di Giesù»). Il manoscritto racalmutese (ed anche p. Morreale) attinge a questa pubblicazione palermitana del 1651.
Il p. G. Cascini era morto sin dal 1635 quando fu pubblicato questo volume. E’
stato il p. Pietro Salerno S.J. a riprendere gli appunti del Cascini ed a
rimaneggiare altri due testi già pubblicati tra il 1627 ed il 1635 per fare
questo ponderoso tomo. Per di più rettifica ed immette notizie posteriori,
ragion per cui non si sa quali notizie
siano originali del Cascini e quali interpolate successivamente dal
Salerno. Nell’analisi critica dei padri autori degli «acta sanctorum» del 1748 queste anomalie sono
puntigliosamente messe in rilievo. Certo, anche per la storia di Racalmuto, alcune interpolazioni del
Salerno - tipo, secondo me, quella del riferimento al Monocolo - disorientano. [6]
Notizie
interessanti sulla Chiesa di S. Rosalia di Racalmuto - anche se forse non proprio fondate - si
scoprono nel “saggio storico-apologetico sulla
vera patria del celebre medico D. Marc’Antonio Alaimo di Racalmuto dell’Abate d. s. acquista” Napoli 1852 (cfr. copia fornitaci da P. Biagio
Alessi). «... Andrea Vetrano - scrive Acquisto a pag. 7 -, discepolo di Marco
Antonio Alaimo, recitò nel novembre del 1662 le lodi funebri del dotto Maestro
[...e] proseguendo [..] in conferma
dell’assunto, e della pietà, che sempre più gelosamente si coltivò nella
famiglia Alaimo, il medesimo scrive; che Aloisia Alaimo, dalla quale
Marc’Antonio trasse sua origine, gettò in Racalmuto le fondamenta della Chiesa
di S. Rosalia , unicamente a di lei spese, circa il 1200. [7]
* * *
Nelle
varie fonti prima citate si rinvengono briciole della storia locale di
Racalmuto. Non vanno disperse. A
parte qualche tocco di satanismo secentesco (la vicenda della spiritata), il
vivere paesano, la sua religiosità, la sua organizzazione vi trovano riscontro
sinora non adeguatamente messo in risalto. Le reliquie di S. Rosalia, comprate
in Palermo e traslate in pompa magna nella chiesa di S. Maria dei frati minori osservanti, da ottanta
cavalieri, assurgono a momento di grande rilevanza storica. Una conferma la
ritrovo nel Diploma custodito in Matrice (che però è parziale e non mi consente di
leggere l’ultima parte di destra.)
Ecco quelli che riesco a decifrare:
[1]) La
"Storia della Sicilia medievale e moderna" dello storico inglese deve
la sua fortuna editoriale allo Sciascia. Per questo, il nostro
paesano ebbe le acri frecciate di alcuni storici paludati della Sicilia, come
il Correnti, che a pag. 29 della sua "Storia di Sicilia come storia
del popolo siciliano" - Longanesi
Milano 1982 - annota in modo querulo: "...a lodare il Mack Smith per il
suo 'stile provocatorio' rimase il solo Leonardo Sciascia, che però si rifece
clamorosamente, facendo decretare al suo amico inglese gli onori del
trionfo, in una speciale manifestazione organizzata a Palermo
il 6 aprile 1970, niente meno che al palazzo dei Normanni: onore mai concesso a nessuno
storico, e assolutamente sproporzionato al merito dell'opera (e il
primo a stupirsene fu lo stesso Mack Smith)." Secondo il Correnti,
anche Francesco Brancato, Giuseppe Giarrizzo, Gaetano
Falzone, Francesco Giunta, ed altri, avrebbero storto la bocca di
fronte alla storia siciliana
dell'inglese Smith.
[3] ) In
un appunto manoscritto del 15 ottobre del 1922 che si rinviene negli archivi
della Matrice,
si riferisce - credo dall’arciprete Genco - che Santa Rosalia sarebbe nata a Racalmuto nel natale del 1120. Le prove documentali le
avrebbe avute il canonico Mantione ma le avrebbe distrutte per dispetto al
vescovo riluttante a finanziargli la pubblicazione di un suo libro. Tra
l’altro, in quel manoscritto leggesi che «Padre
Gregorio [rectius: Giordano] CASCINO scrittore del 1600, palermitano e gesuita,
[fu autore di una vita sulla Santa]». E quindi: «Fui il 13 ottobre 1921 nella Biblioteca Nazionale di Palermo ed ebbi
il piacere di leggerlo per summa capita: trovai che il Padre Cascini Gregorio [rectius: Giordano] morì nel 1635=
[...] poi a pag. 171[parla di antiche iscrizioni e di chiese anche fuori
Palermo includendovi:] “quella di Rahalmuto, della quale non
appare altro millesimo. che questo M.CC.
ed il muro è guasto”». Il testo riportato dall’Arciprete Genco non comprova certo che il 1200 fosse la data
di costruzione di quell’antica chiesa, essendo sicuramente abrase le successive
lettere della data, appunto per quel ‘muro guasto’. Seguono altre citazioni,
tra le quali quella di maggior risalto appare il riferimento al P. Spucces,
difensore a Roma dell’antichità del culto della Santa nel 1642 e, per altro
verso, - se trattasi della stessa persona - il gesuita delatore della congiura
del conte di Mazzarino che costò la vita al nostro conte Giovanni del Carretto.
Si deve
essere scettici sull’attendibilità di tante notizie contenute nel manoscritto:
è certo, comunque, che di esse ebbe ad avvantaggiarsi il padre gesuita Girolamo
Morreale nel suo “Maria SS. del Monte di Racalmuto” , stando a quel che si legge
nelle pagine 23, 24, 69, 97, 98, 99 e
101.
Ritornando
alle cronache sulla chiesa di Santa Rosalia, i libri d’archivio della Matrice comprovano l’esistenza di quella chiesa solo
dal 1618, come risulta dal seguente atto:
13
|
1618
|
Puma Cincorana
|
Vincenza
|
f. di Petro
|
S. Rosalia (Chiesa della
sepoltura)
|
(Tra il 1618
e il 1620 si trovano una cinquina di sepolture in una chiesa dedicata a santa
ROSANA o ROSANNA, ma sembra trattarsi dell’identica chiesa di Santa Rosalia.
Se ne fa qui la trascrizione:
24
|
12
|
1618
|
Xichili
|
Ursula
|
f.di Antonino
|
Santa Rosana
|
Curto d. Mario
|
26
|
6
|
1619
|
Castronovo
|
Vicenza
|
f. di Francesco
|
Santa Rosana
|
Curto d. Mario
|
7
|
10
|
1619
|
Di Benedetto
|
Gioseppi
|
f. di Francesco
|
Santa Rosana
|
Curto d. Mario
|
4
|
11
|
1620
|
Mule’ (di)
|
Antonina
|
f. di Filippo
|
Santa Rosana
|
17
|
11
|
1620
|
Giancani
|
Rosa
|
f. di Antonino
|
Santa Rosana
|
Va annotato
che prima del 1636 neppure era diffuso il nome di Rosalia in Racalmuto: un paio di casi risalgono al
1500; vedasi l’atto di battesimo di:
98
|
1595
|
Rosalia
|
Jo:
|
Surci
|
Joanna
|
ed il nome della teste nel matrimonio di:
12
|
10
|
1570
|
Micheluzzo
|
di Filippu
|
Murriali
|
Chiappara Rosalia
|
Nei primi del Seicento notiamo:
1601
|
07/02/01
|
ROSALIA
|
VINCENZO
|
PETRA
|
Dobbiamo
arrivare all’anno 1643 per riscontrare in un elenco delle comunicate una lunga
sfilza di Rosalie e simili:
309
|
Rosa
|
Murriali (la)
|
Vitu
|
Di
|
462
|
Rosa
|
Farrauto
|
Francesco
|
Moglie
|
774
|
Rosa
|
Casuccio
|
Gioseppi
|
Di
|
787
|
Rosa
|
Latina Bua
|
Giseppi
|
Di
|
40
|
Rosalia
|
Lo Sardo
|
Gioseppe
|
Moglie
|
50
|
Rosalia
|
Cina (la)
|
|
|
82
|
Rosalia
|
La Gnignia
|
|
|
83
|
Rosalia
|
La Licata
|
|
|
99
|
Rosalia
|
La Licata
|
Petro
|
Di
|
188
|
Rosalia
|
Turrisi (la)
|
|
|
241
|
Rosalia
|
Lauricella
|
|
|
302
|
Rosalia
|
Bonsignura (la)
|
Francesco
|
f. di
|
318
|
Rosalia
|
Chiarenza (la)
|
|
|
417
|
Rosalia
|
La Lattuca
|
Decu
|
f. di
|
418
|
Rosalia
|
Cammalleri
|
Micheli
|
Muglieri
|
428
|
Rosalia
|
Gueli
|
Minicu
|
f. di
|
513
|
Rosalia
|
Laudicu
|
Ninu
|
Moglie
|
540
|
Rosalia
|
Castronovo
|
Francisco
|
f. di
|
703
|
Rosalia
|
Picuni
|
Giurlando
|
Di
|
708
|
Rosalia
|
Cuddura (la)
|
Francisco
|
Di
|
56
|
Rosalia
|
Asaro
|
|
|
7
|
Rosolia
|
Carchiola (la)
|
|
|
30
|
Rosulia
|
Lo Brutto
|
Grispino
|
Di
|
128
|
Rusalia
|
Randazza (la)
|
|
|
130
|
Rusalia
|
Burzellina (la)
|
Francesco
|
Di
|
136
|
Rusalia
|
Ristiva (la)
|
|
|
178
|
Rusalia
|
Giglia (la)
|
Francisco
|
Di
|
340
|
Rusalia
|
Falletta
|
|
|
343
|
Rusalia
|
Taibi
|
|
|
443
|
Rusalia
|
Rotula (la)
|
Vincenzo
|
f. di
|
480
|
Rusalia
|
Cullura (la)
|
Decu
|
f. di
|
605
|
Rusalia
|
Pistuna (la)
|
Gio: Francesco
|
f.di
|
555
|
Rusana
|
Nobili (lu)
|
Micheli m.o
|
Moglie
|
[4])
Leggo ne L' amico del popolo di Agrigento del 22 dicembre 1991 (n. 39) pag. 5: Racalmuto: la patria di Pietro d'Asaro:
" ....Distrutto Casalvecchio, come riferisce Michele Amari, il nuovo centro abitato
venne spostato di alcuni chilometri e dagli
Arabi venne denominato Rahal Maut
(villaggio distrutto o paese della morte a causa di una terribile peste che
fece innumerevoli vittime).
...". L'articolo è genericamente
assegnato alla Regione Siciliana - Assessorato Turismo Comunicazioni e
Trasporti..
Nel falso dell'Abate Vella si parla di un 'governatore -
AABD-ALUHAR - di RAHAL-Almut (v. Tinebra Marturana, pag. 36). A pag. 37 dell'opera del Marturana v'è già l'accenno a Casal
Vecchio. Per
Tinebra Marturana, Casal
Vecchio, s'accresce notevolmente anche sotto i Normanni (cfr. pag. 55). Quanto poi scrive a pag. 69
sembra alquanto contraddittorio..
Su Casal Vecchio si
dilunaga Eugenio Napoleone Messana in racalmuto
nella storia della
sicilia. Leggesi a pag. 30
"Gli Arabi in Sicilia trovarono i miseri avanzi di un antico
splendore, sia per lo stato in cui l'avevano ridotta i precedenti invasori, sia per la loro guerra
nelle zone in cui ebbe luogo, giacchè in
più posti vi giunsero con patteggi. Essi chiamarono il Casalvecchio
dell'agrigentino Rahal Maut, paese distrutto
o Rahal-Kal-Maut, paese in pendio
diroccato, si ignora se per fedele traduzione del nome o per danni che subì
alla loro conquista, o per i resti ancora visibili dell'antica città di cui
abbiamo a josa discusso. Casalvecchio non era dove oggi è Racalmuto, ma più a sud-est,
precisamente nella contrada di
Casalvecchio (Casaliviecchi). ... "
Di Castel
Vecchio ( e non Casal Vecchio) parla in effetti Michele
Amari (Storia
dei Musulmani di Sicilia, a cura di Nallino, Catania ) nel volume II, pag. 64-67, ma la località non
sembra possa riferirsi a Racalmuto. Annotiamo qui alcuni brani: (pag. 64 ..."Ibrahim a venticinque anni
salì al trono per uno spergiuro [875-901]. Muhammad, suo fratello, venendo a
morte lasciava il regno al proprio figliolo bambino: commettea la tutela ad
Ibrahim, facendogli far sacramento di non attentar mai ai diritti del nipote,
né metter pie' nel Castel Vecchio, ove questi dovea soggiornare con la
corte .... Uscito da al-Qayrawan alla testa del popolo
in arme, occupava il Castel Vecchio;
si facea gridar principe [pag. 67].
.......
[I familiari di Muhammad] furono
ridotti nel Castel Vecchio [pag. 67]. Fece por mano ai lavori il 263 [876-877]
in luogo discosto quattro miglia da al-Qayrawan e chiamato Raqqadah [in nota: "«Sonnolenta» come
suona apponoi ... I due ultimi scrrittori al-barki e ibn-wadiran
riferiscono la fondazione di Raqqadah negli anni 273-274. Il nome nacque,
secondo alcuni, dall'amenità del sito che inebriasse di voluttà e sforzasse al
sonno; secondo altri, da un gran mucchio di cadaveri che vi si trovarono a
dormire l'ultimo sonno. "] Era
avvenuto che i liberti di Castel Vecchio
tumultuassero [ v. pag. 67].
[5] ) Ad ulteriore
esplicazione valgano i dati espunti da una lunga nota apposta in proposito
sempre dal Mirabella: «Questi beneficj
della diocesi di Girgenti furono dall’Orosco assegnati a don Pietro Bagalino
col seguente atto, che trovasi inserto in quello d’accettazione rogato a 28
agosto IX indiz. 1596 in Alcamo presso il not. Lorenzo Lombardo: ‘ Die 23 augusti viiij ind. 1596 - Cum ad
presens in manibus Illustrissimi et R.mi Domini Episcopi Agrigentini vacaverint
et vacent infrascripta beneficia, videlicet: beneficium sante Lucie existens
subtus orologium seu campanile maioris ecclesie civitatis Castronovi, beneficium Sante Agathe exstens in terra
Racalmuti, ac etiam et benefitium sante Marie Maddalene in civitate Narii
Agrigentine dioecesis ob liberam resignationem et renuntiationem fattam in
manibus ditti illustris.mi et Rev.mi domini episcopi per clericum don Joannem
Gomes hispanum, olim beneficialem dittorum benefitiorum prout virtute suarum
bullarum apparet, [....]: ideo volens dittus illst.mus et rev.mus dominus
Episcopus dei eis disponere tanquam de mensa episcopali, ne ditta benefictia
suis debitis defraudent obsequiis, attentis meritis don Petri Bagolini
alcamensis, quibus testimonio fide degno comprobatur, vigore presentis actus
superattiva benefictia supradicto modo
vacantia contulit et confert in persona ditti de Bagolino cum omnibus et
singulis iustis juribus redditibus fructibus et emolumentis ceterisque ad ditta
benefictia debitis spectantibus et pertinentibus, cum onere celebrandi seu
celebrari faciendi solitas missas et de solvendo quolibet anno in qualibet
translatione santi Gerlandi patroni nostri solitam ceram jure recognitionis et
superioritatis ditto ill.mo et rev.mo domino Episcopo prout erant obligati
ditti olim beneficiales. Unde de mandato ill.mi et Rev.mi episcopi Agrigentini
fattus est presens attus electionis hodie die quo supra suis die loco et tempore
valiturus. Unde etc. - Ex actis Magne Curie Episcopalis
Agrigentine extracta est presens copia. Collatione salva. - Joseph a Marco
Magister Notarius».
[6] ) Ad
ogni buon conto, integro qui quelle parti dell’opera che riguardano Racalmuto e che non sono state integralmente citate dal
supposto Genco.
Pag.
14.
«Ma
nella Diocese Agrigentina trè luoghi principalmente antica, e celebre la
memoria di Santa Rosalia conservano, Bivona, S. Stefano, e Rahalmuto, e
par che portata, ò accresciuta vi fosse tal devotione dai Chiaramontani,
percioche poterono per questo haver due cagioni; una la comune patria di
Palermo, dove la Casa Chiaramonte fù molto nobile, e potente: l’altra, la
signoria di quei medesimi paesi, dei quali era stata già Signora la Santa Vergine Rosalia, come diremo nella vita.
«Hor
primieramente quanto a Rahalmuto n’habbiamo chiarezza, percioche Costanza di
Chiaramonte, figlia di Manfredi, sorella di Giovanni, Conte
di Modica rimaritandosi la seconda volta
con Antonio del Carretto, figlio pur di Antonio, che
illustrò questa famiglia col titolo di Marchese del Finale, edificò, ò
riedificò da fondamenti quella terra
Pag.
15
«nel 1320. e visse fin al 1330 [evidentemente
l’Asparacio nel 1924 e, mediatamente, il p. Morreale nel 1986 - cfr. op. cit. - derivano da qui la datazione della fondazione
del chiesa di S. Rosalia di Racalmuto nel decennio 1320-1330) e
benché le lasciasse l’antico nome Rahalmut , che vuol dire in Arabico,
Casalmorto, cioè distrutto, li volle però dare ornamento, e presidio di vita
col patrocinio di S. Rosalia, che perciò edificò la prima Chiesa in honor di
lei nel mezo della terra, che hoggi è servita dai confrati del Santissimo
Sacramento.
«V’era
l’imagine della Santa dipinta nel muro da poco in quà rovinato, e quella che
v’ha hoggi in tela è assai nuova, cioè del 1600, mà della prima imagine,
restandosi ben fissa nella mente, un valente dipintore del medesimo luogo,
detto il Monocolo di Rahalmuto il cui nome è Pietro d’Asaro , n’ha dato fuori
un bello essemplar: vi si fà la festa à 4. di settembre un gran concorso, e
devotione del Popolo, e quel quarto della terra hà pure il nome di S. Rosalia fin’hoggi.»
«Hora
per ciò meglio confermare, passerò all’altra testimonianza delle immagini
[...] Quella di Rahalmuto, della quale
non appare altro millesimo, che questo M.CC. e il muro è guasto»
L’importantissimo
passo delle pagg. 373 e 374 è stato sopra riportato e ad esso si fa qui rinvio.
Pag.
376
«Le
Grotte patirono anche molto [al tempo della peste del
1624], alle quali soccorse la Contessa di Rahalmuto, che l’era vicinissima,
colla reliquia di S. Rosalia; ma non hò distinta, e certa
relatione di alcun benefitio ...»
Per
inquadrare in qualche modo la figura del Cascini e l’opera sua, riporto alcuni dati reperibili
nell’introduzione del libro.
«AL
LETTORE, Pietro Salerno della Compagnia di Giesù.
«L’autore
di quest’opera fù il R.P. Giordano Cascini della Compagnia di Giesù, che a miglior vita
passò sul finire del 1635.
«Nacque
il P. Giordano Cascini di famiglia nobile nella città di Palermo, fù
adoperato dall’Em. Cardinale Giovannettino Doria Arcivescovo di Palermo nelle
consulte per la dichiaratione delle ritrovate Reliquie di S. Rosalia.
«[....]
raccolse quanto il padre Ottavio Caetano [aveva già scritto, prima del
rinvenimento del corpo a Montepellegrino e con contrapposto orientamento su S.
Rosalia,, n.d.r.] nelle Vite de’
Santi di Sicilia».
In polverosi
e ponderosi volumi consultabili presso la Biblioteca Nazionale di Roma, mi sono
imbattuto nella vita di S. Rosalia che trovasi negli «ACTA SANCTORUM - Septembris (tra i santi festeggiati il 4 di
settembre) Tomus II - Antverpiæ - apud
Bernardum Albertum Vander Plassche - 1748 - pag. 278 e ss.
Stralcio e talora traduco:
«Sec. XII post medium. Nullius antiquus de
S. Rosalia egisse scitur: nonnulli tamen
ante inventionem corporis.
- [Antonio Ignazio Mancuso S.J. - scrive
nel 1621 e ricorda i più antichi scrittori rispetto al 1624 e cioè Valerio
Rossi nel 1590 visto da Vincenzo Auria; Filippo Paruta nel 1609 - ] recensit Simonem Parisium , baronem Milochæ,
qui in “De scriptione Siciliæ”, anno 1610 edita [e Vincenzo la Farina,
barone di Aspromonte, che scrisse nel 1620 una “epistolam de S. Rosalia]. [Soprattutto Ottavio Cajetano S.J.,
attorno al 1607 nella sua “Vite dei Santi” [..] Il Cascini muore il 21 dicembre 1631 (?) in Mongitore
“Bibliotecha Sicula”.] «Edidit Cascinus
anno 1627 Vitam S. Rosaliæ etc.. Anno 1631 “Vitam et inventionem corporis S.
Rosaliæ”»
Infine,
viene pubblicata l’opera maggiore in tre libri, dopo la morte, nel 1651 ove
sono inserite molte opinioni, notizie e congetture da parte del p. Salerno. Gli
ACTA si diffondono in puntigliose incongruenze, specie di date che appaiono
postume rispetto alla data di morte del Cascini.
·
Altri autori di
vite della Santa: «Joseph Spucces Societatis Jesu: dissertatione Ms. quà anno
1642 Romæ antiquitatem cultùs S. Rosaliæ defendit. Dissertationem hanc cum
altera ejusdem auctoris de stirpe S. Rosaliæ nobiscum anno 1744 communicavit
R.P. Stanislaus Ignatius Castiglia Societatis Jesu, tunc provinciæ præpositus
..»
Pag. 317
·
Hisce breviter
observatis, redeo ad laudatam dissertationem [...]: “ Primò Racalmuti [*
Rahalmuti] quod est oppidum in dioecesi Agrigentina, templum habetur
antiquissimum S. Rosaliæ, cuius antiquitas refertur ad annum MCCVIII, ut
conijcere licet ex notis repertis in arcu quodam ejusdem ecclesiæ, quae
huiusmodi erant MCCVIII: quinque enim postremae jam media sui parte corrosæ,
hanc tantùm speciem ostendebat.” Hanc S. Rosaliæ ecclesiam memorat etiam
brevissime Salernus pag. 152, et Cascinus pag. 14 et 15. At hic uno seculo
ecclesiam posteriorem facere videtur, cùm narret ædificatam inter annum 1320 et
1330, [ed a questo appiglio mi pare che
tornino ad aggrapparsi, per una riconferma delle loro tesi l’Asparacio nel 1924
e, mediatamente, il p. Morreale nel 1986 -
cfr. op. cit.] , uti ibidem videre licet. Verùm sive seculo XIII sive XIV
condita sit illa ecclesia S. Rosaliæ, certùm est antiquissimi cultus
argumentum.»
Pag. 362
«380. Rahalmutum,
Agrigentinæ quaque dioecesis oppidum, Siculis Rahalmut, antiquis temporibus S.
Rosaliam coluit, primamque eidem ecclesiam dedicavit, ut vult Cascinus. Hanc
ecclesiam, invento corpore, diligenter instaurarunt Rahalmutenses, et Sanctae
reliquias obtenuerunt Panormi. Harum trasnlatio incidit in diem XXXI Augusti
anni 1625, quando suscepta sunt ab inculis insigni pietate et pari solemnitate,
eodemque die energumena liberata, in Ecclesia Fratrum Minorum de Observantia,
ubi solemne cantabatur Sacrum, teste Cascino. Rahalmutenses quoque peste
periculo liberasse videtur patrona Rosalia, præsertim quia illa maximé sæviebat in vicinia
et quia nonnulli infecti Rahalmutum intrârunt, malo nulli communicato, et demum
quia ipsi Rahalmutenses satis diu cum vicinis infectis commercium habuerant,
nec nullum tamen contraxerant contagium.»
[7] ) Ciò
chiaramente appare, aggiung’ei, da un antico Atto esistente in notar D. Michele
Morreale di quella stessa Comune . Quod virtutis specimen non solum fas est suspicere in nostro Marco
Antonio, nam admiratione dignum quoquo videtur in Aloisia Alaimo, a qua
originem ducit idem Marcus Antonius, quæ suis sumptibus in Racalbutensi oppido
templum S. Rosaliæ V.P. sacrum extruxit, anno circiter 1200 a partu Virginis,
ut ex veteri monumento, et chirograho publici Notarii Michaelis Morreale
Racalbutensis, clarissime apparet.»
Interessante, pure, il passo di pag. 14:
«Ci tramandano i nostri
padri, che han ricevuto per incontrastabile certezza, che quattro Chiese numera
la nostra Patria, ove la S. Vergine ha avuto speciale divotissimo culto. La
prima, e la seconda son quelle appunto, che rapporta il Cascini, di cui l’una precesse alla
riedificata, ed in quel luogo, ove è oggi detto d’alcuni di S. Rosaliella. La terza in quello, ove a
nostri dì è la Chiesa di San Michele, opera dell’immortal memoria del Sac. D. Giuseppe Tulumello! nella quale si rappresentava
a seconda la descrizione del Pirro; e la quarta finalmente è la Chiesa della
Matrice,
quale, sebbene non alla S. Vergine consacrata, avvi intanto a destra
un’adornato dorato Altare, e cappella. In essa si vede una quasi parlante
Statua colorita, in abito eremitico, con croce in destra, e libro e bastone
nell’altra, pari all’antico modello.»
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