Marzo 2012, giorno 15. Ore 16,30 circa, luogo di fronte Palazzo Venezia Roma. Il mio amico dottor Angelo de Mattia mi mostra il n. 11 de “l’Espresso”. Notizie al fulmicotone alle pagine 63 e 64 (vedi a lato). Il titolo? allusivo! “Caro Regan – TUO SINDONA” non ho tempo per leggere, ho colloquio impegnativo. Come difendere Fazio che mai era stato mio governatore per mio prematuro esodo. Non lo amavo. Troppo cattolico per i miei gusti. L’avevo visto di mattina presto entrare nella chiesa d’ingresso a piazza San Silvestro. Quattro giovanotti in jeans, sonnolenti: erano di guardia del corpo. Tutti in chiesa. Il pio Antonio s’inginocchia, prega. Si alza, il suo prete confidente stava già nel confessionale. Il pio Antonio va a confessarsi. I quattro giovanottini in fondo alla chiesa decisamente si annoiano, ed hanno ancora sonno. Ritorno dopo il suo CONFITEOR; ancora in ginocchio a fare penitenza. Quanti Pater, Ave e Gloria? Quindi compuntamente va a farsi la comunione. Esce di chiesa, non ha macchina di servizio; a piedi per le scalinate a scavalco della galleria, quindi il transito di via Nazionale-angolo via Milano, e giù per il gran portone di via Nazionale 91. I militare in jeans sempre dietro. Non teme attentanti il religioso Fazio. Solo che gli attentati glieli stanno preparando spagnoli, francesi, un presidente don i baffi mi dice ora che dietro vi erano olandesi massoni di rito scozzese. Fonte: un tal Cossiga, convertitosi al governatore Fazio dopo una sua veemente rabbia per essere stato posposto ad Amato. Pietoso Fazio- attaccato da Dagospia – “ ma presidente, le pare?. Quello era posto non degno di Lei”. Cossiga si commosse, perdonò e passo in difesa dell’uomo dalle molteplici penne stilografiche nel taschino della sua sgraziata giacca.
Cossiga però non c’era più quando una pasticciera di Milano ebbe a sentenziare: colpevole.
E perché: “dalle conversazioni telefoniche intercettate e dalla prova logica, inducono a ritenere fondata l'ipotesi accusatoria che vede Fazio perdere il ruolo di vigile equidistanza per assumere consapevolmente quello di 'regista occulto' e di istigatore, determinato a perseguire - con ogni mezzo fraudolento e/o elusivo della normativa in tema di opa e di patti parasociali - il suo fine di mantenere saldo il principio dell'italianità della banca".
Mi si accusa di innamorarmi dei perdenti e dei delinquenti. Sì, è vero: i perdenti suscitano in me l’irresistibile pietas inculcatami dalle orsoline della matrice di Racalmuto (brutte ma una era bellissima, mi smarrivo al pensiero che un angelo così bello potesse avere tra le le gambe una ferita tanto oscena); i delinquenti mi piacciono perché non possono non essere intelligenti, mentre tutti gli onesti (specie le oneste) sono di una noiosissima imbecillità. I manigoldi per gran parte della loro vita si riposano, i cretini mai. Quanta ragione aveva Pitigrilli. Una ulteriore prova? Leggete quello che questo pomeriggio scrivo nel mio blog CONTRA OMNIA RACALMUTO.
Fu così che decisi di passare tra le fila dei difensori di Fazio; dissi quel che dissi e purtroppo fui facile profeta. Mi misero la museruola in attesa che Gerongi sgranasse il suo CONFITEOR che tutti i cattivi avrebbe dannato ed i buoni fatto assolvere. Il disastro lo si legge tra il 28 novembre ed il 5 dicembre del 2012. Poveri noi!
Ma ritorniamo all’Espresso. A casa lessi e sogghignai leggendo l’ultimo stralcio di pag. 64: «Credo sia giunto il momento di dire le cose come stanno. Mio padre non è stato ucciso: si è suicidato: noi in famiglia non abbiamo mai avuto dubbi. Era depresso, fiaccato, senza più speranze. Sapeva come procurarsi il veleno e dove nasconderlo. E’ stato metodico, fino all’ultimo.» PAROLA DI FIGLIO: come dire NINO SINDONA.
Se davvero fosse così io dovrei bruciare il mio apologo LA DONNA DEL MOSSAD. Non ci penso neppure. Certo ora è morto anche Enzo Biagi che le confidenze di Sindona le ebbe sino all’ultimo e di presenza. Avrebbe detto: ma va là: Sindona, depresso? Ma se era pronto a svuotare il sacco. Svanito sì, basito, incongruente. Me lo diceva un giornalista di color viola, prima che lo zittissi con un pervicacissimo silenzio per quasi un’ora al laghetto dell’Eur. E per non palesare con la mia lingua gesticolare guardai ostentatamente a sinistra mentre il desso stava a destra. Sono stato antesignano di D’Alema che se vi riceve – miracolo – resta seduto dietro la sua scrivania e picchietta tasti di computer per non guardarvi e non tradirsi in alcun modo: solo che il nervosismo è tanto che di tanto in tanto le gote gli si gonfiano peggio di Armistrong quando suonava la tromba. E sembra che quello che gli dici forse è atto a farlo vomitare.
Piacevole questa storiellina del veleno furbissimamente ascoso. Mi pare di aver letto che ebbe a trattarsi di veleno fuori commercio: in dote pare di un solo servizio segreto estero. Non per nulla io titolo: LA DONNA DEL MOSSAD.
E “la lettera inedita del banchiere siciliano al presidente USA”? Premetto che si trattava di un nutrito fascicolo. Mi dissero che vi trovavo albergo anch’io ma in termini negativi. Il mio ex compagno di liceo voleva a tutti i costi mostrarmelo e darmelo. Non ci fu verso. Un demone dell’inferno – penso Mammona –ebbe ad ispirarmi. Altrimenti il buon Imposimato chissà che mi avrebbe fatto il 17 marzo 1980. E quell’altra copia che pare davvero sia finita in mano di Sciascia, ad opera di un Mercurio racalmutese di nome Giuseppe finché andava a cercare di liberare il padre dalle carceri di San Francesco a Racalmuto, e divenuto più sinteticamente ed allusivo JOE in America. Falcone è morto per svelarci cosa veramente ebbe a pensare quando mise il Nostro sotto torchio. Ed anche il Nostro è morto. Storie varie volte da me accennate. Qualche volta le racconterò con maggiore puntiglio.
Calogero Taverna
N.B. Il corredo di oto in FB
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