domenica 30 giugno 2013

LE MIE CARTE ALLA MATRICE DI RACALMUTO (proprietà privata dell'Autore che non ne facoltizza alcuna riproduzione, neppure parziale salvo esplicita autorizzazione).

LE MIE CARTE ALLA MATRICE DI RACALMUTO (proprietà privata dell'Autore che non ne facoltizza alcuna riproduzione, neppure parziale salvo esplicita autorizzazione)


Qualche dato storico sull'ex chiesa di San Sebastiano a Racalmuto. Stralci da miei vecchi studi, ora rinvenuti in un pingue faldone che padre Puma deteneva negli uffici parrocchiali di Racalmuto. Dovrebbero far parte dello "spoglio" ereditario del defunto arciprete di pertinenza della Curia Arcivescovile di Agrigento, che ovviamente non se ne cura.

Risale ad un secolo dopo (20 settembre 1699) una RELATIO ad
LIMINA del Vescovo di Agrigento (e cioè una delle relazioni
triennali che i vescovi erano tenuti a fare alla Sede
Apostolica dopo il Concilio di Trento sullo stato della
propria diocesi). Là, troviamo un ampio ragguaglio sulla vita
religiosa di Racalmuto e val la pena di richiamarla
consentendoci un quadro di raffronto con quanto emerso dalla
documentazione d'archivio sotto esame (cfr. Archivio Segreto
Vaticano: Agrigentum, relationes ad limina, B18 - f.314). ''
RECALMUTUM - Cittadina (oppidum) di cinquemila abitanti sotto
la cura di un arciprete, la cui elezione ed istituzione sono
da tanto tempo di diritto comune. Costui ha per il proprio
sostentamento quasi duecento scudi. Nella chiesa maggiore si
recitano quotidianamente le 'horae canonicae' da parte di
sacerdoti vestiti con paramenti canonicali (Almutiis
insigniti). Vi sono cinque conventi di religiosi: !
- dei Carmelitani, con tre sacerdoti e due laici; !
- dei Minori Conventuali, con tre sacerdoti e un laico; !
- dei Minori di Regolare Osservanza, con 4 sacerdoti e 3
laici; !
- dei Riformati di S. Agostino con tre sacerdoti e due laici; !
- una casa addetta ad ospedale in cui stanno i frati di S.
Giovanni di Dio, al momento un sacerdote e due laici.
Reputo qui di rappresentare che questi religiosi, dopo avere
accettato di accudire all'ospedale, non hanno giammai pensato
di rinunciare all'istituto ospedaliero, eppure si sono
limitati a consumare soltanto per loro il reddito dell'ospedale.
Ed essendo esenti dalla giurisdizione del vescovo ordinario,
non vi sono forze per costringerli a rinunciare ed a lasciare
i locali del convento. !!
Sorge un monastero di monache sotto la regola del terzo ordine
di San Francesco ove servono il Signore otto professe corali;
due novizie e 5 converse. !!
Oltre alla chiesa maggiore ed a quelle conventuali prima
segnalate, vi sono quindici chiese, con quarantasette
sacerdoti e trentasei laici.'' !!
Siffatta popolazione religiosa era meno vasta alla fine del
'500, ma pur sempre numerosa. Fra i testomini alle nozze
incontriamo: il sudiacono Francesco Lupo; il chierico Angilo
Cimbardo; soro Lauria Morriale; il chierico Pietro Castilano;
il chierico Jacubo d'Avella; il chierico Gioseppi Alberto; il
chierico Simuni Alberto; il chierico Francesco Muntiliuni; il
chierico Santo Agro'; il chierico Pietro Nobili; il chierico
Zacharia Rizzo; il chierico Pietro Macaluso; il chierico
Jurlando Morreale; il chierico Pietro Curobi; il chierico
Antonino Mule'; il diacono Caloyaro di Franco; il chierico
Gasparo Gulpi; il chierico Giuseppe Sanfilippo; il chierico
Pietro Tuzzolino; il chierico Giuseppe Minsau; il chierico
Jacopo Vella; il chierico Giuseppe Lu Sardo; il chierico
Gioseppi di Girgenti; il chierico Pietro Grillo; sudiacono
Fabrizio Muntiliuni; fra' Paolo Fanara; il chierico Filippo
Sabella e fra' Giseppi di Pomo. Ascendono a 22, dunque, i
chierici, cifra non molto lontana dai 36 chierici che
gravitavano sulle chiese racalmutesi nel 1699.

Adde, tra il convento di San Giovanni di Dio e il successivo oratorio del Thao (poi chiesa francescana di Sant'Anna) sorgeva il vetusto edificio della chiesa sub titulo SANCTI SEBASTIANI non solo nei secoli ma anche recentissimamente vulnerato persino con fondi pubblici. Residuano oltre l'interno anche due paraste esterne. All'interno furono collocate varie tele del (o attribuite a) Pietro d'A. Le tele, dopo restauro a Palermo con fondi pubblici, furono ivi sistemate da padre Puma a mo' a mo' di Pinacoteca sempre con fondi pubblici.
Ricerche, testo e traduzioni di Calogero Taverna, unico autore

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