Carissimi votanti di la cunfina.
Inizio con una faccenduola di famiglia. Un arciprete a nome D’Averna (cognome che le carte della matrice di Racalmuto dimostrano inoppugnabilmente modificarsi. per le disattenzioni di preti un po’ sordastri un po’ ignorantelli, in Taverna) corrompe nei primi del Seicento certi prelati di Roma ed acquisisce prebende ed onori come massima autorità religiosa in questa mia ecclesìa (dico mia perché suppongo che nel vostro 28 ottobre vorrete a maggioranza divorziare da noi.) Porta con sé due o tre congiunti e radica a Racalmuto la rispettabile schiatta dei Taverna. Sotto i Del Carretto, pur con tanti balzelli (terraggio e terraggiolo, ius proprietatis ed altri tributi come tande tasse sul macinato ed altri oneri ancora) vivono dignitosamente, votano al suono della campanella nella chiesa madre; insomma non si possono lamentare. Cessa la schiatta del Del Carretto; subentrano i Baglio di Naro; si inventano il miracolo della venuta della Bedda Matri di lu Munti e per i Taverna le cose si mettono male. Che fare? Scappare a Grotte dove il nuovo signorotto ha bisogno di mano d’opera e accorda esenzioni, agevolazioni, dimezza le tasse, accorda privilegi. Una cuccagna per i miei antenati. Ma il trucco c’è: surrettiziamente i gravami in quel di Grotte diventano asfissianti, lo spazio vitale è molto più angusto; i preti piuttosto scadenti per insegnare almeno l’abbecedario ai numerosissimi bambini; scarpara, mastrudascia, muratura, ipogei di chiese per una rassicurante sepoltura, viuzze scassate, religiosità alquanto slabbrata, monache di casa malandate, un san roccu e una santa vennira piuttosto dimessi rispetto alla miracolosissima IMAGO VIRGINIS di Racalmuto, o non soddisfano o mettono malinconia, fatto sta che PIETRO TAVERNA con la sua famiglia se ne torna a fine Settecento a Racalmuto e da allora i miei antenati, gli antenati dei miei cugini si sono abbarbicati a questo paese del sale e dello zolfo "come erba alla roccia", direbbe un certo Nanà Sciascia.
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