PAGINA DUE
Sempre caro Carmelo,
Sempre il Degregorio scrisse
che il primo presidente della Virtus? dell’AC? Di Racalmuto fu Calogero Saccomanado.
Calogero Saccomando era figlio di mastru Jacumu Saccumannu oriundo da Naro, firrraru
– ed aprezzato anche. Con “potia” all’Armi Santi (come dire via Anime Sante di
Racalmuto, nel quartiere del Carmelo).
Era frati “parrastru” di mia padre e figurati i salti di gioia che ho fatto. Gli
ho creduto al prete-storico, sulla parola e ho già dato alle onde non sono come
definirle di Internet questo POST (ormai siamo tutti inglesizzati come il “emocristianizzato”
PCI di Racalmuto con voto unanime di iscritti di maggior lunga più numerosi dei
votanti hanno eletto MANIGLIA democristianamente capo dei comunisti racalmutesi
all’UNANIMITA’). Il POST te lo rifilo anche per sapere da te o dai tuoi
assistenti STORICI dei 100 anni della Virtus cosa di vero ci sia in questa
storia di Sacomando clericale presidente, come il comunista segretario
racalmutese. Ho l’impressione che mio zio “parrastru” non sia mai stato presidente
di niente per intervenuto decesso da SPAGNOLA, epidemia dell’immediato primo
dpoguerra che Eugenio Napoleone Messana dice essere stato Vaiolo. Non mi intendo
di medina ma mi pare che si tratta di due cose diverse. Tu da medico già un po’
di luce qui potresti farla. Come al solito penso che il buon Geniu confonde il
diavolo con l’acqua santa.
...per
mestiere spiego bene agli altri quello che per me non comprendo.
lunedì 14 gennaio 2013
Autorevolmente
si afferma che quest’anno ricorre il centenario della istituzione a Racalmuto
dell’Azione Cattolica. Chi l’afferma è persona degnissima di fede e noi gli
crediamo sulla parola. Un tempo padre Puma rievocò quella fausta ricorrenza
stampando un foglio ove raccolse testimonianze svariate, anche di chi ostentava
sberleffo eretico come colui che qui scrive. Sì, è vero: anch’io sono stato
presidente d’azione cattolica imperando l’arciprete Giovanni Casuccio e
assistendoci allora seraficamente il nostro padre Alfonso Puma Pagliarello.
Dopo ebbi a cambiare casacca e mi allineavo con i mutamenti del grande Sciascia
che dal giummo fascista e dalle colonie elioterapiche di PNF memoria era
divenuto quello che sappiamo. Apriti Cielo! Il Petrotto senior dalle colonne di
Malgrado Tutto mi fulminò con roventi lemmi, invitandomi anche a far di conti
in banca ché quanto al giovanile antifascismo di Sciascia lui poteva ben
testimoniare. Si sa, che la dommatica da cattolica è divenuta laico-socialista
e manco mi fu permesso di controbattere adeguatamente, con la solita scusa che delle mie pretese
lungaggini. Ma de mortuis nihil nisi bonum e quindi qui noi ora ci fermiamo.
Aggiungiamo però che in famiglia non
sono il solo parrinaro a capo delle falangi del cattolico credere: ce n’è stato
un altro: addirittura il primo Presidente dell’Azione Cattolica di Racalmuto,
che credo però facesse capo al giovane sacerdote Giovanni Casuccio, in
contrapposizione per giunta a quanto con suoni chitarre e mandolini gravitava sull’ostile
padre Chiarelli, quello che potete vedere all’ingresso del cimitero in
sembianze marmoree somigliantissime.
Quel primo presidente – l’ho appreso da
un testo del poderoso storico ecclesiastico, monsignor Domenico De Gregorio –
si chiamava CALOGERO SACCOMANDO ed era nato a Racalmuto il 24 agosto del 1890,
come ben può arguirsi dall’ostentata foto dell’atto di battesimo sopra
riportato (f. 429 penultimo registrato).
Il Saccomando, ottimo fabbro ferraio
alla scuola del padre venuto da Naro, mastru Jacumu, e nipote dell’arciprete
Tirone per via della mamma, morì molto giovane lasciando in ristrettezze la
famiglia numerosissima. Non ebbe tempo di sposare la zza Stifanuzza, una
sorella della matrigna Maria Concetta La Rocca.
Mio nonno materno (che tale era Mastro Giacomo) sposò tre volte, due
sorelle Tirone e mia nonna La Rocca: dalla prima moglie (morta giovanissima)
non ebbe figli; dalla seconda morta dopo tre parti ebbe appunto Calogero,
Marianna e Vincenzo; dalla terza moglie, sette figli.
I primi tre figli ebbero vita molto
singolare; Calogero, presidente d’azione cattolica, diciamo che propendeva
verso una religiosità accentuata; la seconda Marianna, presto orfana –
sicuramente per interessamento del locale clero amico del deceduto arciprete Tirone
– a tredici anni lasciò Racalmuto. Pressoché analfabeta, di intelligenza
superiore – l’ho conosciuta di persona e posso affermarlo e si sa che non sono
generoso nel laudativo – crebbe in santità, cultura, capacità intellettuali e
doti umane tanto da divenire MADRE GENERALE
del suo istituto che da bislaccheria di un tal prete toscano, padre
Bianchi, ora è prestigiosa congregazione religiosa con riconoscimento di
personalità giuridica anche da parte della Chiesa Romana e tutto per merito di
questa rotondetta monachella racalmutese, con l’assistenza a dire il vero di
mons. Parisi, altra splendida figura di sacerdote di questa nostra bistrattata
comunità.
Il terzo figlio di primo letto
(veramente secondo) fu mio zio Vincenzino, uomo di travolgente intelligenza,
caratterialmente vivacissimo, frustrato forse da quell’essere divenuto troppo
presto orfano di madre. Si raccontano varie esagerazioni in famiglia e certo la
sua vita in Italia fu alquanto avventurosa. Emigrò in America, passò da New
York a Buffalo; qui attrasse altri due fratelli non germani. Con abilità, con
certa astuzia, in un ambiente ostile dominato da squami mafiosi di stampo
irlandese, prosperò e i suoi figli sono ora tre italo-americani dignitosi e
rispettati. Soprattutto la figlia Marianna, avvocatessa di grido, varie volte
all’apice di quella particolare magistratura elettiva all’americana, sagace e
persino sentimentale nel sentirsi legata a questa nostra terra, a questa
Racalmuto che spesso visita, che rispetta e che illustra in positivo in quel
lontano lembo di terra sulla sponda di fiumi e laghi che spartiscono gli Stati
Uniti dal Canada. Il padre Vincenzo Saccomando fu pervicacemte laico, diverso
al presidente Calogero, religioso e devoto, e dalla MADRE GENERALE ribattezza
suor Anna, morta nel ’60. Ero a Modena e l’andai a trovare negli ultimi giorni
della sua vita in quel di Massa: era corrucciata ed immalinconita; le
consorelle cui tanto bene aveva fatto ora le si rivoltavano se non contro
sicuramente senza amore, senza gratitudine, solo con la nota ipocrisia delle
anime dedite al Signore.
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