LA LAMPEDUA DI ACCURSIO, i perlacei versi di Loredana, la mia cupa naca dal blasfemo dire.
Lillo Taverna:
Lampedusa, cosa è mai Lampedusa? Ho voglia
di dire Isola accanto all’Isola. E l’isola
discosta accanto all’Isola madre. Ma accanto a chi? Ma alla Trinacria, questa
isola a tre cosce, divaricate, aperte e pronte ad accogliere tutti i peripatetici
vogliosi di sesso, tutti i falli erti di ogni policroma sporgenza.
Lillo Taverna.
- Ora le femministe dicono: no! Ci
dicono che se mi permetto di spingerle a fare quello che a loro è tanto gradito
e di cui sono ghiotte, ci castrano.
Lillo Taverna:
- Guardate questo groviglio immaginifico
di questo grande e non ancora debitamente compreso Accursio Vinti e se siete intelligenti, se non
ebeti, se non di oscuro intelletto, come fate a non fulminarvi a non
rintracciare la trama che prima vi tracciai?
Lillo Taverna:
- Accursio Vinti, il pittore bizzoso
maschile e maschilista ecco come vi traccia questo strambo filo di Arianna della
nostra atavica tessitura dell’assurdo, dell’inconscio, della vita e della morte.
Trama diabolica ed al contempo angelica: eppure né angelica né mefistofelica:
solo istanti del guazzabuglio del cuore umano.
Tranquilla di giorno,
agitata di notte.
Sei vento tra le mani
e culle di sorrisi
lasciate al tempo.
Non importa quante
navi, hanno toccato
le tue sponde,
le tue scogliere
sono speranze.
Di notte il cielo chiude
gli occhi, non ha più
senso il tempo, quando
è il silenzio a parlare.
E quando appare il giorno,
una lacrima cade giù,
è l'alba che si affaccia
al domani!.....
agitata di notte.
Sei vento tra le mani
e culle di sorrisi
lasciate al tempo.
Non importa quante
navi, hanno toccato
le tue sponde,
le tue scogliere
sono speranze.
Di notte il cielo chiude
gli occhi, non ha più
senso il tempo, quando
è il silenzio a parlare.
E quando appare il giorno,
una lacrima cade giù,
è l'alba che si affaccia
al domani!.....
Lillo Taverna:
- Cara Loredana Cioffi, certo versi lucidi, perlacei i tuoi ma io li
sovvertirei, li graffierei, li sfracellerei in una notte di luna sopra un giaciglio
osceno. Accursio è altro, io sono altro. E soprattutto Lampedusa è altro. Qualche
volta la farò emergere dai mei incupiti sogni, dalle mie memorie per farvela
vedere per quella che è. E' stata nuda e glabra per millenni, è stata violata
come colonia penale, il giallo Giudice cercò di farvi un porticciolo ascoso per fughe anzi tempo.
Berlusconi non sapendo o sapendo cercò di comprarla per un qualche suo furtivo
esodo; così come Pippo Baudo vi visse scomposti amori con la sua rissosa Alida:
proprio là ove poi Modugno amava immergersi violando amori e uova di carrette a
tartaruga quasi imponenti. Ed ora funge da approdo di predaci carrette del mare
per una ipocrita transizione di esodi biblici. E non vedere tutto questo in tale
trama insensa ma folle di Accursio è folle ed insenso. Io vedo e intelligo. Ma
la mia intelligenza vetusta e satirica e repulsiva vede anime angeliche, donne dal
petto procace, fanciulle dalle cosce accessibili, cantare inni di umana pietà.
Lampedusa per me è l'isola accanto all'Isola Sicilia, che cinge l’intero mondo
ma subito scendendo per li rami diviene persino essere singolo come canta l’amara
prosa del mio Sciascia senza amicali cantori. La vecchia Sciascia, la vecchia
Nalone e la vecchia Taverna stavano prossime ma ormai dannatamente sterili
darrieri la Matrice di allora quando era la contorta cupola dell'Annunziatella
della Racalmuto del ‘600. Né donne né nonne del grottese Vinti vi stavano. Ecco
quello che mi divide dal ciclopico Accursio, il pittore del colore espanso dei
giorni nostri.
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