Vita
di Don Giovanni Horosco Covarruvias Vescovo
di
Girgento da tre anni in quà ch’è in
questa
Diocesi
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1.
- la sua persona una conditione che per
il soverchio pasto che fà et per il bevere una volta il giorno et una la notte
lansa (?) et per questo effetto ne succeddono molti inconvenienti circa
l’amministratione et cura d’Anime che non sa dove sia nè tampoco quello che fà
che vive peggio di un animale, onde li medici concludono che un giorno sarà che
con il vomitare tanto spesso che fà, lo soffocarà il pasto, per attendere tanto
al cibo che tutto il giorno stà sonnachioso et quasi semihuomo et non sà far
altro che dormire.
2.
-
Scandaloso et scommunicato
|
Alle
visite de monasterij s’hà dimostrato molto inesperto à tale officio, non
sapendo cosa sia visita di prelato nè tampoco letto ma letto si bene cose
d’huomini morti nell’inferno come come appare nel suo studio che non tiene
eccetto libri d’historia onde in quelli facendo visita la vigilia di S. Pietro
all’Abbatia grande si pose in una camera di moniali facendo venire collatione
et in presenza di tante moniali et huomini in sua presenza si pose a fare
collatione nel detto monastero et fatta collatione si faceva dare da bere dalla
più bella monacha che si trovava nel monasterio ponendoci la sua beretta sopra
il capo, toccandola con la mano in faccia, alli mascilli, diceva: questa è
grande amica mia.
Et
doppo fatto questo si pose à dormire nella propria camera et altri suoi creati
stavano nel monasterio, non convenendo. Alla risvegliata si fece venir acqua
dalla sopradetta; si lavò le mani e la faccia; dimandò l’orinale; orinò inante
tante monache ad un canto di camera, non convenendo à suo officio farlo.
Disobediente et
lascivo
|
3.-
In Xacca fece cose mirabili. Mangiò et fece collatione come di sopra pigliandosi presenti, contra le declaratione
fatta in Palermo alli monasterij moniali, non poter li monache far presenti,
pigliando amicitia con certe monache, partendosi partendosi li soleva scrivere.
Accapitò una lettera di risposta d’una monacha al detto Vescovo in mano d’un
Religioso. Facendola leggere in confessione ad alcuni canonici , si vidde in
quella grandissimo animo male et lascivo alle cose dedicate al Signor, onde la
tenne riservata con molta antia. Et certi sacerdoti molto di buona vita di
quelle parti dicono cosi mirabili et in mezo
della piazza si parlava et mormorava publicamente. Dicevano che non conveniva
farlo prelato ma farlo far monaco, che magnasse et dormisse come è il suo
solito et doppò lansa che il pasto et attende che alla crapula come è il suo
intento.
4.
-
Scandaloso
|
Il
detto, venendo furfanti che saltavano in banco, si li faceva venir al suo
Vescovado et illà recitavano cose profane non convenendo recitare d’innante ad
esso prelato et di sua persona lo carnevale faceva vestire un suo paggio di
donna. Quale dormiva innanti il suo lettoet doppò lo faceva ballare, ond’esso
alle volte faceva la sua parte. Et questo impara a suoi creati in presenza di
molti cavaglieri. In una farsa esso teneva la guida di detta farsa come haversi
stato comediante; far ripresentare comedie
lascive in sua casa publicamente, essendo proibito à prelati questo.
5.
-
Scandaloso nano.
|
Il detto, convitando la città il Giovedì santo,
et il capitolo ancora, et doppò haver
fatto solenne apparato et banchetto, non convenendo farlo, infine della mensa
dove doveva fare inessortatione et predica, come conveniva à Prelato à tal
giorno, havendosi seppellito et postosi al monumento N. Sig.re,
al contrario, fece pigliare un suo nano buffone, con suo vestito
quartiato di bianco e di turchino, con un capoccio in testa à modo d’una simia
- cosa ridicolosa à vederlo - sopra detta mensa, et con le sue proprie
mani ci sonava una tavola, et lo fece
ballare sopra la detta mensa, facendoci fare cacatombi (sic). Et le voci
andavano sino al ciel et li risi grandissimi, con molta admiratione di cui fù
presente et lo seppe.
6.
-
nano scandaloso
|
Un
Giorno, facendo il detto ordinationi generali, essendo vestito Pontificale, si
pose il mastro notaro à chiamare quelli che dovevano esser ordinati, infrà li
quali fece mettere il suo nano buffone la soprapelliccia è farlo chiamare come
ordinante. Et comparso il nano buffone mezo l’ordinanti, che parce più tosto
come comedia che ordinatione, et furno tanti li risi et gridi che fecero gl’ordinanti che per un pezo non si sentiva
nessuno. Arrivato il detto nano buffone innanti d’esso, ci levò la
soprapelliccia et li tagliò con li
forfici il tuppo della fronte.
7:
-
Homicidio
|
Concorse il detto alla morte di Luciano lo
Messinese, che per haverci ammazzato il suo sergente, in compagnia con il s.r
Michel la Seta, Gioseppo Xaxa et suo genero, che li compagni del detto bandito
l’havessero ammazzato, come fù , mandandoci signali ch’era la sua volontà, come
ci mandò il suo annello delle mani, promettendoci il viato, come ad istanza del
detto Michele la Seta l’hebbero, declarando essi banditi inanti ad alcuni amici
come Monsignore ci lo fece fare.
8.-
Disobediente della
Sede Apostolica.
|
S’imagina
exssere Papa et Rè: fà quel che vuole et non obedisce nè consig. nè moti
proprij nè tampoco determinationi di Cardinali, delli quali si vede che ordina
li suoi creati innati li tre anni contro quelli Capitoli del sacro Concilio
Tridentino, che «incipit Episcopus familiarem suorum &», come al licentiato
Ferdinando l’ordinò sudiacono et Diacono innanti il sudetto tempo; et anco
ordinò D. Mario di Palermo sudiacono con non haver stato à pena un’anno0 senza
patrimonio et benefitio, nè tampoco sà leggere si hà supplicato al detto che
quando teneva carcerati alcun’huomini constituti in dignità, che ci desse
cercere competente al grado suo, come è stato dichiarato dall’Ill.mi Cardinali
alli Canonici di Messina, et esso non hà voluto eseguire, anzi ponerli in
inferiore loco alli carceri maggiori della città di Girgente.
9.
-
Concurso à
laici.
|
Il
detto, per i grandissimi aggravij
che ha fatto alli poveri prosecuti
indegnamente et à tanto per non voler eseguire i suoi falsi mandati, gl’hà
processato et quelli havendo ricorso al metropoli di gravaminis trasmettendoci
gl’atti et fattoci suppliche protestatorij
in lettre con grandissime spese del Metropoli, quelli non hà voluto
esseguire, et appellando detti prosecuti alla Santità di Papa Clemente vjjj et
alla santa Sede Apostolica, ci denegò il recurso à detta Sede Apostolica,
consultandola con la Regia Monarchia, dando altro superiore a S. Santità, come
appare alle scritture di Don Francesco Navarra Canonico Agrigentino.
10.
-
Contra il Motu
proprio di Sisto.
|
Il
detto ha ordinato persone poenitus ignoranti che non sanno tampoco leggere nè
scrivere il suo nome contra il motu proprio della fe: mem: di Papa Sisto et di
quel Capitolo “contra male promotos”, n’hà ordinato infinitissimi, come per sua
Diocesi et extra.
11.-
Il detto hà ordinato persone irregolari et certi chierici prosecuti di Naro con
grandissimo scandalo et romore, doppò che l’hebbe ordinato.
12.
- Il detto hà huomini di malissima vita, li quali lo consigliano; hanno campato
et campano come secolari, tenendo puttane in casa et extra, facendoci figli
maschi et femine. Li quali li maritano publicamente, essendoli detti sacerdoti
et constituti in dignità. Et esso gl’ha fatto visitatori di monasterij moniali,
mandandoli lupi tra li pecore et delli monaci cui è guardata di quà et di là,
cosa certo pessima ad intendersi da tutti, et le povere monache parlando sopra
di questo che non conveniva nè tampoco era buono, furno poste carcerate come
appare nel monastero grande di Girgenti, et quelli tenevano le chiavi di dette
monache hor cogitate.
13.
-
Usurpatore.
|
Il
detto hà tenuto et tiene l’intrate et pensioni che deve alla chiesa, non
curandosi di scommunica, di poi ch’è venuto. Et quella detta chiesa stà per
cadere per essersi fatte alcune fessure, come hanno dichiarato i capi mastri
del Regno che caderà frà poco tempo con scritture publiche fatte di sue proprie
mani, che non basteranno, se lei cade, da numero di sessanta mille scudi. Et esso non n’hà voluto far niente anzi c’hà tenuto li sudetti et poco si cura di questo
et chi ni parlasse gl’era nimico capitale et lo poneva carcerato.
14.
-
Usurpatore.
|
Il
detto, havendosi ricuperato 300 et tante oncie dalla Regia Corte per la morte
del q- Don Francesco del Pozzo della pensione dell’Episcopato che deve 500
scudi, l’hanno applicati alla detta fabrica ecclesiastica, il detto sol l’hà
pigliato senza scrupolo di censuirla et spenderseli à suo modo et alla detta
Chiesa senza spenderci un quattrino, come appare per polize fatte al Thesoriero
di tali dennari.
15.
-
Usurpatore.
|
Il
detto si prese un thesauro ecclesiastico
dove stavano le robbe della detta Chiesa et lo volsi “loco mutui” per
un’anno sinchè si faceva il suo studio et hora son passati tanti tempi, onde la
Chiesa patisce rt hà patito tanti danni, perdite et maltrattamenti di robba,
essendo gittati trà lochi stretti et non conviene maltrattare detta robba
stando con bona conscienza, pigliandosi giucali, tovaglie, paramenti di calici,
candilori, calici et patene d’oro,
pigliandosi reliquarij aprendoli auctoritate propria del Thesauro oro, argento; levandole messe della Chiesa
dell’obligo per sparagnare non tenendo capellano et se la fà dire entro il suo
Episcopato.
16.
- Li suoi creati et praecisè il suo confessore passato, huomo di grandissima
malavita, essendo monaco fuori della sua Religione, che non potendo havere
(sendo carnale) donne per sfogare il suo male appetito quelle faceva processare
li riduceva carcerate in una carcere et ivi redotte sotto l’auttorità della
giustitia le violavano publicamente la notte e’l giorno.
17.
- Il detto suo confessore frà Giovanni era tanto lascivo della carne ch’era la
notte incontrato con la mula di Mnsignore che andava un di Petra sua puttana et
quella attaccava dietro la porta. Diceva la messa ogni mattina con grandissimo
scandalo. Di più lo detto teneva li dennari dell’elemosina et li poveri
andavano un di esso et esso per fama publica si diceva per la città haver
profanato molte vergini figliole ch’andavano à domandarci l’elemosina. Come s’è
visto che una donna povera di conditione nobile andò al detto frà Giovanni et
espose la sua necessità che teneva una figliola; quel tempo era d’haverla collocata et per non
potere per essere povera donna supplicò sua Reverenza trattare con Monsignore li volesse dar la charità. Il
detto Episcopo li mandò à dire che ci voleva dare oncie 5. et il buon Padre le
disse: «ho fatto quanto havete voluto. Monsignore vi dona oncie cinque et oncie
cinque vi dono io et lasciatemi colcare con vostra figlia inanti che si marita,
altrimenti non haverete nè l’uno nè l’altro.» Et la donna lo incominciò à
riprendere et lo seppe Monsignore dallì à tempo et non ne fece niente, anzi
disse che non era vero come fù vero,
essendoci testimonij degni di fede.
18.-
Vi fù un monaco suo theologo dell’ordine di S. Augustino il quale si chiamava
P.dre Honofrio, quale Monsignore mandava spessisime volte delegato. Arrobava
publicamente essendo essaminatore con il Vicario generale. Passò certi
ignoranti che à pena sapevano leggere della Licata et se ne presero oncie dodici
facendo simonia. Et da certi altri ordinanti certi cantari di formaggio et
cascicavalli. Et facendosene parole di questo intrà la sala sopravenne
Monsignore. Volse sapere ciò si trattava; li fu detto il tutto et Monsignore
disse: «io tengo carta che quelli ci lo diranno in faccia», et dicendo tiri spagnuoli tra essi l’un l’altro
si posero molto à ridere et non se ne trattò più.
19.
-
Gio: Dios
|
Di
più, portò un huomo con esso da Spagna, chiama[to] Gio: Dios, il qual di subito
ch’arrivò à Girgente, lo fece visitare et sopra di delegato in Diocesi. Et si
partì et conferisi nella città di Sambuca. Incominciò ad arrobbare publicamente
che furno costretti ricorrere all’Arcivescovo di Palermo, et in fine al Vicerè,
onde venute molte lettere che Monsignore ci lo mandasse in Palermo acciò desse
conto del tutto: come stava che buoi, giomenti, muli, porci, frumenti, orzo,
formagio et robbe tutte queste così rubbatole. Et vedendosi così affrontato il
detto Monsignore lo fece imbarcare per Malta per non essere affrontato. Et
doppò che fù arrivato in Spagna il detto Gio: Dios incominciò à dir male de l’
Episcopo che ci fece fare in sua diocesi, et doppò non fù habile favorirlo, onde lo seppe suo cognato;
fattoci lettere di riprensioni grandissime; se queste cose havessero arrivato
all’orecchie, di subito l’haveria prohibito del suo beneficio, ond’esso con
grandissima malitia investigò et scrisse che Jan Dios non è venuto per esso
chiamato da S. E.; ma fù mentita perch’esso l’haveva prosecuto. Essendo qua esso sindi fuggito, il che non fù
vero et havendo havuto questa nuova, di subito voleva dare testimonij alcuni
canonici con dire che Jan Dios era adultero et si godea Donna Petronilla sua
criata. Li fù detto che non ne sapevano niente et se esso lo sapeva lo doveva
castigare et proseguire quando era qua et non hora che è andato.
20.
-
Gio: Dios
|
Senza
nulla saputa del Capitolo fece fare una una lettera approbatoria del Consiglio
falsa per la risposta, fatta di Spagna et curò ? con diligenza che Monsignore
si prese il sigillo del Capitolo; sigillò la lettera confidandosi al
Cancellere. Et questo si fece per non si sapere sua malavita. S’ha accompagnato
con questi huomini delli quali sindi spagna (?) et lo portano dove vogliono
essi che hanno rovinato questa povera Diocesi; che li poveri preti non possono
più; se ne vanno fuori ad altra diocesi, finchè N.S. li provederà dal Cielo,
cosa che non s’ha saputo à tempi antichi quello che si fà oggi.
Il
detto frà Giovanni et frate Honofrio, per le gran lettere che vennero di
Palermo dall’Arcivescovo et da S.E. che li volesse mandare di sua casa, che non
conveniva à Prelati tener huomini così di mala vita, come non li mandò.
21.-
Fra Antonino.
|
Teneva
uno in casa sua qual’era apostata reuscito (?) della sua Religione, chiamato
nell’habito frate Antonino d’Amore dell’Ordine di Santo Domenico; prete, si
faceva chiamare D. Francesco d’Amore, il quale lo fece molte volte delegato et
fece tanti miracoli che altro. Xacca, il Burgio, Caltavellota et Chiusa tutto il
giorno et notte non predicano, nè si può scrivere che si non era chiamato da
questa Santa Sede Apostolica, come molti furno chiamati, di quest’habito
haveria stato una gran rovina. Et era come un orso traditore: peccava di malo
vitio et per questo effetto stette sette anni in galera; et non v’era peccato
che non l’havesse adoperato. Monsignore, tutto così, lo favoriva.
22.
-
Creati.
|
Il
detto Monsignore hà proseguito molti suoi creati delegati et quelli mandandoli
à pigliare à posta et provandoci con testimonij cosi mirabili, arrobamenti et
sopra questi officij si facevano chimarare la tale et la tale donna per causa
di testimonij, et doppò che erano ridotti nelle loro case, le violavano con
andare li sudetti delegati di notte con liuti, tenendo gioco di carte nelle
case loro. Quelli li pose carcerati et voglio fare et voglio dire con farci
inventario di tutta la loro robba, pigliandoci quanti dennari havevano et dippò
di là à pochi giorni erano tristi. Li fece delegati et sono al presente che
dove passano ardino largo.
23.
-
Homicidio.
|
Et per essere costoro ignoranti se bene
malitiosi et astuti al male, à molte parti fecero inciuntione à donne maritate,
su pena di oncie dieci et della frusta che non dovessero pratticare con li tali
et anco alla persona sospetta. Pervenendo questo a l’orecchie di mariti et
parenti, da subito l’ammazzorno, come in Caltavillotta, che il marito ammazzò
una donna honesta, senza peccato: non convenendo à persone far inciuntione per
il gran pericolo dell’homicidio, come hà successo. Tutto ciò è stato causante
il detto Monsignore che doveva mandar delegati huomini dabene et non figlioli
tristi et di mala vita, onde che alle volte, senza peccato mortale, si partiro
delegati à tarì quaranta, ad instanza del fisco, come fosse giudice della gran
corte.
24.
-
Usurpatori.
|
Si dice che le giornate che fanno li delegati
se le piglia Monsignore et per questo vanno tanti delegati il giorno che fanno
un Perù et questo si verifica quando morì un beneficiale, esso si piglia tutti
li frutti non toccandoci et lo povero beneficiale che viene vuol pagare duoi
annate della pensione che deve della sua pensione, come si vede in Girgente
alla parochia di S. Pietro, che se la riscote tutta esso et lo povero
benefitiale non hebbe niente et si moria di fame.
Il simile ha fatto per la morte de l’Arciprete di
Raxhalmuto di detta terra.
25.
-
Disobediente della
Sede Apostolica.
|
Il
detto Monsignore per la gran cupidità di
dennari che tiene in gabelle li giorni festivi per tutta la sua diocesi et per
queste donò, modo et causa, à quelli che tal gabella prendono d’arrobare
essendo tant’alto il prezzo che c’impongono, non potendo esso Vescovo
ingabellare tali giorni, stante esser così provisto dalla Sacra Congregatione
de’ Cardinali. Et di quelli non si cura poichè quelli giorni festivi si devono
esseguire da l’ordinarij delli luochi et dalli ad opere pie. Ma esso se
l’imborsa.
26.
-
Subornatore.
|
Il
detto Vescovo suole suducere testimonij con darvi à mangiare et bere et offerirci
dennari per sostentare loro famiglia et
giurassero quello che dice esso, come fece con Vincenzo Cillebba che lo fece
giurare contra certi sacerdoti et canonici
dandoci à mangiare nel suo Vescovato in un suo camerino, mandandoci il
mangiare con frà Gio: suo confessore. Et giurò come volse esso Vescovo.
Promettendoci che da subito lo voleva scarcerare, lo lasciò un giorno
carcerato: esso s’imaginò esser tradito; incominciò dire publicamente inanti
tanti carcerati nel castello le carezze et l’intento che teneva lo sopradetto.
Et doppò l’indomani l’uscìo et se lo portò à sua casa, tenendolo per servitore
et creato, onde commessi certi delitti et fù appicato ad istanza di S.E. nella
città di Girgenti. Et inanti ch’havesse morto, facendosi scrupolo di tal fatto,
essendo in potere delli bianchi et di molti sacerdoti, canonici et secolari,
declarò esso confitente che non fù mai quel che giurò esser la verità ma bugia, dimandando perdono
à chi haveva offeso, che ci fù fatto fare. Et quello diceva per sgravare sua
conscienza.
27.
-
Scommunicato.
|
Il
detto Vescovo, essendo in Roma ad effetto per essere approvato Vescovo di
Girgente, come fù, ottenne lettera dalla Sacra Congregatione delli Ill.mi
Cardinaliche li frutti della Sede vacante si dovessero reversare al nuovo
successore, qual portò sigillata more solito. Come fù in Palermo l’aprì et la
presentò alla giurisditione temporale, facendola essecutoriare in Regno senza
saputa del Capitolo et di subito il Capitolo, dandone di questo avviso, mandò in
Palermo à lor procuratore et da subito
inviaro à S.S.tà, dal quale ottennero un breve da mons. Giusto che Mons. non
movesse li canonici fin tanto che si determinasse in Curia et provassero
l’horatori immemorab.e. Esso di subito fece intimare capitolo ad istanza sua
mandando il suo Vicario generale. Espose
la sua volontà che voleva tre mille scudi della sede vacante, onde alcuni
Canonici, havendo coscienza mala essendo huomini di mala vita et tenendo figlij
et puttane come ci fossero moglie, campano come preto greci et per questo si
contorno pagare come mancia seicento scudi. Alcuni Canonici volendone per la
giurisditione capitolare spettare la sentenza di sua B.ne et doppò pagare
quello toccava giusto et li sopradetti Canonici, quelli che ci davano tali dennari
per questo e davano quest’offerte acciò non facesse indulto della loro mala
vita passata et non se ne trattasse di niente, come fù, tenendoli al suo
palazzo per consigliere, facendoci fare mille errori il giorno et agl’altri ci
cominciò à processare, come appare per suppliche fatte all’Arcivescovo di
Palermocome Metropoli, che per non consentire alla partedi questa sede vacante
et fece questo aggravio à processare. Onde doppò con tutti haverli processato
et esserci escarcerati da detta Metropoli, li compose et sequestratoci cosi
debiti non obstante ancora esser deffinito il negotio in Roma dalla Santità di
Papa Clemente Ottavo come supremo dittatore (?) et quelli se l’hà tenuto et
tiene per forza.
28.
-
Scandaloso.
|
Si
desidera sapere se il diavolo può
celebrare et dir messaet se il Prelato se ne può servire famigliarmente come
consultore et quel che dice esso si fà et facendolo à chi sia tenuto.
29.
-
Scandaloso.
|
Anco
si desidera sapere se uno sacerdote constituto in dignità accettasse esserci
dato il titolo dal diavolo et fare suo officio et di quello si avanta tenendosi gloriosissimo appresso
delli popoli; se esso può dir messa et se può tenere beneficio ecclesiastico.
Et vedendo li popoli dir messa da lui, dicono il diavolo del Vescovo dir messa
modo molto male et lo lascio considerare à cui spetta et provedere à chi può.
30.
-
Cupido.
|
Il
detto Vescovo non usa quelli termini paterni verso li prosecuti et contra di
quello che dispone il sacro Concilio Tridentino et il Sinodo Diocesano, onde
che à questi si deve fare prima, seconda e 3^ monicione inanti che li
processasse; ma esso da subito prosequisce et quelli mette carcerati come
appare nel Erario Fiscale essere ingarcerato. Et così si fà pagare à cui oncie
dieci, a cui venti, à cui trenta, à cui quattro, et à chi tre, talchè niuno mai è castigato ma si castigano burli
et li popoli dicono mormorando: «non peccamo et esso se ni piglia li denari sui
ledendo l’autorità sua.»
31.
- Il detto Vescovo, venuto che fù in
Girgenti di fresco alla Chiesa, incominciò à mandar fuori del choro di detta
chiesa molte persone che erano venute per ascoltare gl’officij divini, dicendo
- esso Vescovo - che non conveniva los
picaros con los nobles nè tampoco i prosecuti star inanti d’esso et
l’inviavano carcerati, come fù una mattina vedendo la predica di quadragesima
Don Natale Muserava et il medico Lauricella. Questi essendo carcerati à sua
istanza dicevano: «noi tornamo carcerati per haver veduto la predica, non
havendo lor fatto delitto». Et quello andando attorno, ogn’uno temeva venire
alla detta Chiesa et si perse la frequentatione di detta Chiesa.
32.
-
Pazzia
|
Il
detto Vescovo, trattandosi di non si che atto di giurisditione della fera sopra
le cosi comestibili et potabile, diede esso Monsignore ordine sub poena di scommunicatione che nissuno si
volesse traperre (?) alla fera, pigliandosi l’autorità temporale adesso non
auditi (?) li ..[giurati (?)] della
città che erano soliti dar la metà sopra
le cosi sopradette acciò non arrobassero li poveri che vanno et vengono in
detta fera, havendo l’occhio alli poveri mandano in Palermo à S.E. dove fù
previsto dal Real Patrimonio li giurati
haver di far questo et non il Vescovo
come appare per lettere executoriate nella detta città. Da subito li Giurati
fecero exeguire quanto ci fù imposto. Il detto Vescovo, doppò haver veduto
questo, si mosse et disse li Giurati c’erano incorsi in excommunicatione: così
infamò la città di Girgenti, fugendo sin à Caltafaraci, loco molto vile, dove si
dava herba à cavalli à tempo de state. Et doppò un esserli supplicato, chiese
che se ne volessero venire, seppe che la città se ne voleva venire à pigliare
in forma di città . Esso Vescovo se ne fuggì al Chiuppo ad una mandra in mezo
d’huomini di fori svilendo sua dignità. Illà concorsero molti gentilissimi
cavaglieri et Canonici ad espronarlo che se ne volesse venire. Et illà, in
campagna, tra case private, sopra tavole et buffetti che servivano da mangiare,
faceva dir messa come se fosse stato Papa. Onde
et inde era scandalo molto non vi essendo chiesa né oratorio à tal
effetto. Et quelli non volendo ascoltare, il sopradetto se ne fuggì à Cammarata
à stare à S. Jo:, onde fù costretta la città farne di tutto consapevoli. Mandò
duoi giurati con grandissime spese in Palermo à S. Ecc.a et fattoli ad
indendere il tutto si fece assemblea di diverse parti, concludendo Monsignore
haver il torto et li giurati non haver incorso in scommunica. Et in quella sua
mala opinione, si partiro li giurati con grandissimo honore. Il Vicerè, come
luoco tenente di S. Maestà, hebbe molte lettere acciò l’informasse perchè causa
s’è partito da sua casa et lasciato sua residenza; se qualche inconveniente
havesse stato illecito contra esso, voglia far esperienza di giustizia. Li rispose,
per esser infermo voglìa mutar aria simulando perchè spettava la venuta del
Duca di Machina che vuol rovinare tutti li giurati con grandissimo animo et
odio. Li suoi creati questo publicaro in una processione. Onde si tiene huomo
et prelato di molto poca conscienza et poco sapere. Da subito il Vicerè fè
lettere al Vescovo con il regio patrimonio, che di queste cose vili che faceva
n’erano per scrivere à S. Maestà, onde tre Canonici da bene et molti amati
dalla città ci disposero haver sentito
questo farlo venire acciò non si sapessero queste calamità et miserie. Trattano
in somma la pace con la città et con il Vescovo et fatta la detta per lettere,
da subito se ne venne, onde la città ci fece tanti regali che non gl’ha fatto
giamai à nissuno prelato. Con un’entrata pomposissima mandò la città otto
cavaglieri fin à Cammarata, duoi giurati con molta compagnia di cavaglieri fino
alla metà del camino, facendoci un solenne banchetto. Vi fù il Barone di
Rafadali come Capitan d’armi in guerra et vennero in compagnia molti ss.ri
Canonici et preti, facendoci battagliare
inanzi che lo incontrassero. Doppò fattoli la debita riverenza, se lo posero in
mezo; gridavano con lagrime: «Iddio sia lodato che s’è fatta questa pace.» Li
sacerdoti et clerici erano in processione;
per spatio di sei miglia si vedeano un’esercito di clerici. Onde, doppò,
nescì il Sig.r Barone di Cianciana con il sig.r
Buvalandro, Barone di Montechiaro, Jurati in forma di città et li fecero
tanto honore che non l’hanno fatto à nessun Vescovo.
Di
poi haver scorto per spatio d’un miglio un corpo di vita pontificale, con molta
compagnia di cavaglieri, con li maschi, trombette et tabale lo ricevero sotto
Santo Petro et li fecero profondissima riverenza, non guardando à sua
ingratitudine et infamia che l’haveva dnato ma all’’obedienza apostolica et à
quella havendo l’occhio. All’entrata della città vi si trovò l’infanteria con
sue bandiere spiegate et tabale. Facendo segno d’humiltà, sparavano et
s’inchinavano spettando al prelato, non à sua persona - che non lo meritava.
Inanti ch’entrasse la porta, sparò molti maschi che mai fù tale preparatorio.
Et così lo condussero per tutta la città con grandissimo honore, facendo salva
nell’entrata del vescovato. Li popoli dicevano. «Iddio sia laudato che habbiamo
fatto raccogliere il Vescovo». Et di tutto questo murmoro et mal’essempio fù lui causa. Et
passando pochi giorni, quelli poveri Canonici che fecero fare questa pace non
li potè più vedere. Si servì, come si servì, di quelli che ci consigliavano che
non c’havessero venuto acciò havessero esseguito loro mala conscienza et stare
senza timore, dimostrando alli poveri clerici et sacerdoti essere tali lupi
affamati. Tutto questo fece la città per dare loro intendere, ad esso et à
tutto il mondo, ch’erano catholici come sono et come diceva esso che pigliava
le cose al contrario, onde il Vicerè con il Real Patrimonio l’hebbe molto à caro et se bene l’haveva
maltrattato tuttavia l’accettavano come padre et pastore et non come persona
odiosa.
33.
- Il detto Vescovo, facendo la visita, conferito che fù à Chiusa per li mali huomini che teneva et tiene,
tenendo cresima in la maggiore Chiesa, li suoi creati stando alle porte,
festeggiando certe nobili donne, s’avvidero li parenti, dove vi fù tumulto di
popoli; sonorno campane all’armi et se non si salvavano in detta chiesa
l’haveriano ammazzato dove era esso. Onde un suo creato dalla bocca per spatio
di molti giorni mandava sangue et esso come levantino et subito interdisse la
terra. Onde recorsero in Palermo li detti popoli, hebbero la gratia et con suo
affronto sonaro le campane all’arme, facendo festa. Lo tennero et tengono per
volubile et quasi pazzo et per questo s’ha
visto esso che doveva far guerra non và più in visita et per questo
manda li suoi visitatori.
34.
-
Usurpatore
|
Il
detto Vescovo per tutta la sua Diocesi hà levato molti beneficij semplici con
molto scandalo come fù per S. Stefano. Levata l’entrata alli padri di S.
Domenico senza esser intesi, spogliò dove fù grandissimo rumore et scandalo di
popoli havendosi ribellato, levando il pan di tanti servi di Dio per conferirlo
ad un figliolo che non sà scrivere il suo nome. Così ha levato molti altri
beneficij con obligo di messe conferendoli à suoi creati, dicendo che ci sono
troppo messe in questa chiesa. Et così fà dove và facendosi cognoscere per huomo odioso. Et proprio ad ogni terra che
ciò fà guerra et scandali molti che non si possono scrivere.
35.
-
Pazzo
|
In
Xacca ci furno fatti molti regali et bellissimi banchetti da molti cavaglieri
et genti illustri. Et come fù al fine del mangiare, promise portare et
transportare la sede episcopale in Xacca, onde incominciò à disegnare
l’episcopato dicendo quà è buono stare l’episcopo che lo regalano muccio. Il simile fece in
Naro, voleva trasportare la sede et illà voleva a S. Maestà che havria fatto
quanto esso havrebbe voluto contandoci proragia. Quelli ss.ri vedendo questo
cui ci offerse casa di tre mille scudi et cui dennari; la città ci offerse non
sò quanti dennari contanti. Esso respondeva: «Io son obispos di Naro et non di
Xuvento perchè quelli sono heretici»,
alli quali publicamente li chiamava et l’infamava. La cui è stata et è sempre
Catholica patria, onde per le parole sue connobbero essere huomo molto leggiero
et inhabile à tal dignità dicendo queste parole inanti tanti ss.ri Baroni et
sacerdoti honorati et discorse molte parole contra S. Maestà Catholica come
appare dalli Giurati di Girgenti, havendo scritto à S. Maestà Catholica, contra
di cui ci diede il pane standone tutti attoniti et meravigliati, non solo essi
cittadini, ma anco tutto il popolo.
36.
-
Disobediente
|
Per il mal’essempio che hà dato di sua vita e
stato mirabile, le cose ch’ha fatto non
potremo noi altri Cavaglieri esplicarle nè narrarle con bocca, ma li diciamo
esser bisogno che fossimo lettori un paro d’anni per legerci cose nuove et stupende, onde negli altri -
come hò detto di sopra - non obedisce
nessuno , non stà à legge. Ha fatto nel suo cortile fare guioco del toro con la
... in mezo cen..(?), dalli santi Dommi et ecclesia prohibito et esso stare ad
una finestra che dava al detto cortile et ordinava come dovevano fare, ridendo
dosirdinato, onde ne fù causata molta
meraviglia et scandalo.
37.
- La vita sua la spende con huomini vili et con quelli mangia, come per la
città, che da molti si è visto trasere che à sua dignità non conveniva,
dimandando di fare colatione et smersare (?) alli casi di barbieri vili et
dicralij (?) di detta corte, essendo persone vili, facendoci collatione. Anzi alla
sua tavola si vidde una sera à Pinnavaijra, fossaro vile, vestito di lana, in
compagnia del Capitanio et di molt’altri, et il detto fossaro lo burlava alla
tavola; diceva à detto Vescovo: «Monsignore mio, vivi et con la bocca ci faccio
il pidico (pidito ?)». Saputosi la mattina per la città conclusero essere huomo vile, indegno,
immeritevole di tanto bene. Andando à star fuora come si vide alla vigna di
edtto Pinnavarija, si pose che all’hora havendo finito di mangiare, fece
collatione con il pane di Pinnavajra et notorio nigro come un panno, fomaggi,
radici et cipolle zuppe ad un fiasco che fù spasso per tutta la città et
ogn’uno s’ammormora di tal fatto.
38.
-
Scandaloso
|
S’hà
visto molte volte con il suo nano buffone
mandare à chiamare ad una giovinetta, mogllie di un suo creato choamato
Roderico, giovane molto bella: quella con sua madre suole entrare nel Vescovato
fin alla sua camera dove stà esso, in presenza di molti, onde non si hà potuto
sapere quel che facevano, sebene dava molto scandalo et murmuro, che ci doveva
parlare publicamente fuor dal vescovato, non andandoci occulto: Ma alla fine
del Vespro all’hora che li parrini andavano à detta chiesa, havendo molte vesti
nobili di drappi di seta, essendo essa vilissima et povera, s’imagina che esso
ci l’habbia fatto con molto scandalo.
39.
-
Sordido.
|
Delle
cosi delli paramenti dell’Altare n’è indevoto che si vedono le tovaglie
lordissime, standosene li mali suoi sporchi paggi, tenendoci piatti da mangiare
di sopra, vedendosi tovaglie svoltate et strapazzate, pendendo una merà in
terra et l’altro per aria, lo pariete dell’Altare stando nudo, il paraltare
stracciato, non essendo suo ma della chiesa maggiore, con haverci così mala
cura che ci dormono li daini la notte, animali sporchissimi, non convenendo à
tal luoco.
40.
-
Cupido.
|
Soleva
publicamente in Santa Maria delli Greci far cavare un thesoro chiamato
Bradamanti sotto un campanaro, facendo una cava tanto grande che per il gran
peso del campanaro fece moto di cadere onde à N.S. non piacque. Soleva partirsi
dal Vescovato solo in detta chiesa, facendosi dar le chiavi, con timore delli
confrati, per cavare quella moneta, contra la pragmatica ch’all’hora v’era, con
grande scandalo.
41.
-
Cupido.
|
Soleva
anco andare allo steri con donne vili et far cavare, volendo trovare il thesoro
delli Chiaramonti credendo pure à sonni. Et quando si dicevano gl’offitiali
divini, ch’esso non poteva andare, per non essere visto mandava il suo
confessore fra Gio: et doppò finiti gl’officij, per essere la chiesa fuori di
conversatione, andava esso et non era visto eccetto da duoi cittadini et
forestieri, onde li suoi creati facevano molti peccati con certe donne. Et si
diceva per la città: «Il Vescovo fà cavare una moneta nel steri et per questo ne
pervenne morte». Havendo andato una
donna à veder questo li fù imputata che Christoforo, suo nigromante, che hebbe
conservatione carnale. Et lo diceva la predicatora ad alcune donne. Lo seppe lo
marito et la mandò fuori di questa vita, come appare in quella Città di
Girgenti notizia di tutti.
42.
-
Cupido.
|
Il
suo nigromante Christofaro andò à cavare per sonni di questa donnamaga,
chiamata la predicatora, sopra la Favara et trovò li signali che disse essa.
Esso Vescovo cavalcò, andò via, con grandissimo scandalo, dando credito à
sonni.
43.
-
Scandaloso
|
Si
diceva che il suo nigromante faceva fare il lapis philosophorum per i sogni che
si vedevano scandalosi, onde lo ingannò: si prese molti denari et se ne fuggì,
lasciandoci appresso il popolo malo nome di Prelato, attendendo alla pecunia et
con mala coscienza con quelli pratticava.
44.
-
Cupido - Archimista.
|
Fece
venire un distillatore che distillava notte et giorno. Ci voleva far far acque
à proposito per fare oro et argento: voleva far fare quinti essenze quali Dio
non volse farvi recusare. Restò burlato
et ne vennero molti scandali, mali inconvenienti et murmuri delli
popoli.
45.
-
Cupido - Archimista.
|
Si
prese un argentero per far plattas et aniglios à sua persona, onde mai potero
forgiare et finire una borstta. Si dice per la città che faceva l’archimia, non
convenendo à prelato.
46.
-
Scandaloso
|
Il
detto è stato murmurato, essendo prelato et non convenendo alla sua decenza ch’inanti il suo letto dormisse
un paggio sbarbato per guardia.
47.
- Il detto Monsignore fece il suo vescovato macello publicamente. Si faccia
vacche, bovi, iuvenchi et vitelle contra il ben commune, che v’è prammatica
Regia non si poter sfare vitelli acciò il Regno augumentasse li bestiami et si
potesse seminare con facilità. Et esso publicamente quelli sfaccia molte il
giorno facendo perdere al prossimo la gabella delle carni alli gabellotti Regij
et quelli lamentandosi di questo li voleva carcerare, ricorsero à S.E. .
Vennero lettere riprensive che non doveva far questo stante che
l’officio del prelato non essere bucceri et cupido di dennari onde non ne fece più in sua casa et li faceva
sfare in [...]
del
suo diavolo per non essere soggetto à nissuno, nè vennero pur lettere et si
quietò.
48.
- Teneva à questo effetto un huomo di pessima vita chiamato Mattheo Tauro che
in Xacca se ne predica. Et huomo così malo non s’hà saputo et quando questo non
arrobbava diciva che hò dar guadagno con mangiare la sua casa di carne franca
ce lo pneva carcerato. Et questo diciva molte volte inanti li Canonici dicendo:
«se vuole che arrobbi che voi che faccia.» Fù accusato à S.E. ; vennero lettere
che l’havessero per le mani et il detto Vescovo lo fece fuggire et non si sà
s’è vivoo morto per non si sapere quanti furti fece, trovando robbati molti
bistiami in Xacca. Ebbe molte scopettate alla Sambuca, molte ferite mortali et
guarì facendolo delegato. Ebbe questo et per passare charitativamente inanti,
stette molt’anni carcerato con haver tratti di corda, tre anni con ferri à
piedi. Homo molto di poca conscienza che per un tarì haveria ammazzato cui voleva esso. Diceva il
detto vescovo «costui è hombres mirables
che fugge gl’huomini da bene.»
49.
- Questo se verifica che fuggì al Sr
Decano, huomo molto di santa vita, come sua fama sia per tutto il mondo, con il
sig.r D. Raymondo Canonico Theologo et predicatore, huomo di molti beni,
essendo sua vita esperimentata à servire Iddio. Et anco il sig. D. Vito
Belguardo canonico, huomo da bene, intiero alla s.ta Chiesa et da bene alle
cose dello spirito et molti altri canonici
che seguitano. Cotesto SS.ri s’ha ributtatp et non li vuole vedere come
son fatti. Per dirci la verità et ammonendolo di alcune cose che non convengono
à prelato, l’ha voluto male. Si serve d’huomini di pessima vita facendo il suo
diavolo fiscale acciò sapesse tutte cose di tutto. Si diletta ininfamar il
prossimo, natare fra peccati et sapere la conscienza di questo et di quello di
d. Thomaso di Leto, il quale doppò ch’è sacerdote et canonico è stato et stà con figli mascoli et femine,
maritandole publicamente in sua casa et quella inanti di tanti parlava con
consarci la gulera del collo come se fosse stata moglie vivendo da parete greco.
Non dice mai messa, eccetto le feste mobili. Gl’altri li tace meno acciò,
quando à Dio piacerà trovassero cose stupende; che in Ginevra non si fanno tal
cose. Questi abbraccia et di questi si serve con il suo Vicario Generale,
facendoci entrare gran dennari arrobbati.
50.
- Costui dona credito à sonni et cose d’incantesimo che essendoci detto che in
S. Nicola c’era un thesoro et per apriresi l’incanto ci voleva il Vescovo
vestito à modo come diceva messa et
doppò bisognava ragliare à modo d’un asino et così s’apriva l’incanto et si
pigliava lo thesoro et così havevano l’intento. Dicevano che vedevano nell’aria
certe sperone d’oro con [oro e soldi?].
Gli fù adivertito d’un huomo da bene et così si stette.
51.
-
Scandaloso
|
Con
grandissimo scandalo, in vista et in sua città Agrigentina, li tempi prohibiti
della S.ta Chiesa come la quadragesima, quattro tempi, et viglia, mangiava
carne non essendo ammalato et con molto scandalo com’era in mezzo del pasto
mangiava tunnina, sovra pesce, olive,
cappari, minestra delicata, ova et anco cose di latticinij. Si ammalato era,
non haveria mangiato cose delicate. Li boni [?] contemplativi dicono che non ci
crede, overo per gustare lo mangiare et di là à poche hore ributtava. Ributtato
ch’era, dimandava da smorsare per quetar
il corpo. Alla sua bocca non si ci può accostare per l’odor di l’agro pasto
indigesto, quando mangiava. Queste cose erano puclichissime in presenza de’
nobili et ignobili, canonici et sacerdoti.
52.
- Il detto Vescovo diede al suo licentiato oncie 40 acciò perseguitasse et
facesse uscire con delgato da S.E. contro certi innocenti come fù che venne li testimoij, l’haveva
fatto pigliare esso Vescovo come volse. Fece subdurre [?] un suo mozzo di
stalla chiamato lo Sardo che un povero notaro voleva scalare il Vescovato et
voleva ammazzare lo licentiato et pigliarsi certi dennari, nel quale non c’era
quattrino. Lo posero carcerato con certi altri et questo fù, diceva il suo
notaro Gio. Turano per non haver voluto deporre contra li chiusaleni del rumore
che fecero li suoi creati et per dimandarci le sue fatiche degl’atti che si
fece della gabellatione del Vescovato si composero molti testimonij come sà
esso povero notaro. Venne il delegato detto pigliarsi li testimonij per essi;
li repete parte citata; li pose alla corda; detto notaro per essere ammalato
confessò quel che non era et li altri
suoi compagni furno negativi, onde il detto delegato di subito fece far le
forche, ponendole in loco sacro et perchè si vidde la irregolarità di sopra, si compone che non
l’impedisse ma lo mandasse in galera, come fù. Lo frustorno et lo manderno in
galera per anni dieci onde esso notaionon haveva commesso delitto et quando li
testimonij giurorno che esso voleva far questo delitto ci diede testimonio
ch’era ammalato in letto con lo medico, non bastente l’andar in galera. Et
doppò il detto Vescovo ordinò il suo licentiato di questa mala causa con grandissimo murmuro.
53.
- Si desidera sapere se il licentiato persequendo iniustè, è irregolare et se può ascendere à cura d’anime.
54.
- Anco si desidera sapere se il Vescovo
lo poteva ordinare sapendo che era irregolare.
55.-
Irregolare
|
Anco
si desidera sapere se il Vescovo può con buona conscienza sborsare li cento scudi à far proseguire li
sopradetti, dando agiuto al liceniato et consiglio, farli andare alla corda et
in galera.
56.-
Homicidio
|
Il
detto Vescovo dandosi ad intendere che
li compagni del bandito che fece ammazzare per causa non ci haver venuto lo
criato per molti giorni si fece venire molti greci con sue scopetteinserragliate,
carricati et bulogni caduti. Dava gran timore alli popoli et le povere donne si
spagnavano di disertarsi alcuno. Dicevano onde
«Volemo andare à S. Gerlando frà tanti greci cui sà che succederà». Et
esso tra la sua sedia si voltava verso loro stendendo il braccio con la mano
serrata come ci havesse voluto dire: «state forte» et quelli mettevano le
mani all’armi dandoci animo di far male. Quando n’usciva per la città, pareva un bargello di campagna
et un caporale di sbirri che un prelato, facendosi mormorare et doppò venuto il
viato [?], vennero li banditi nel suo Vescovato. E.L.m. molte volte
accompagnarlo con scopette et così diede licenza alli greci.
Hor
vedete se questa è vita di prelato o di
fuoruscito. Si crede essere più presto pazzo per haver letto tante historie.
57.
- Hà tenuto molt’huomini letterati onde al presente tiene uno chiamato il
letterato et quello tramuta l’emblemi di suo zio di lingua spagnola in versi
et in prosa. Essendo posti in luce se
l’attribuisce à se stesso per darsi fama et per il salario di costui l’hà posto in un’Abbatia per confessore,
sparagnandosi il salario. Ci levò il
sig.r Decano molto di santa vita, il quale per molt’anni l’haveva servito. Et
li monaci il detto litterato non volendo. Il detto Mons.r andò co’l suo
diavolo. Et il sig.r D. Thomaso, huomo castissimo come il Venere et carcerò
molti vergini udendo: «vogliamo scrivere à S.B. del torto li faccia». Er
ogn’uno si spagniava onde furno costrette quello accettare contra sua voglia,
non potendo combattare contra un leone affamato et contra il suo diavolo, on
potendoci andare d’inanti. Onde si giudica che le povere monache, per quel che
si vede, non frequentano bene i santissimi sacramenti come facevano per il
passato raffreddando lo spirito. Et in somma
fà quel che vuole; dice male di tutti; non conosce nessuno pe superiore
et fa un fico à tutti.
58.
-
Disobediente
|
Di
puù, il Vescovo non osserva i decreti della Sacra Congregatione sopra Vescovi
applicando à sè le [spremute ?] pene, essendo stato ordinato et determinato che
le sopradette pene s’applicano à luoghi pij, spendendosi et distribuendosi per
deputati. Et di più ha affittato et affitta l’officio di mastro notaro
facendosi pagare molto esorbitante et l’Indulgenze le quali nostro Sig. in
omnibus et per omnia etiam ad scripturam omnia gratis et pro Deo concede et fà
gratia, se ne fà pagare per l’essecutione.
59.
- Tiene un’appetito et conditione mirabile di dennari ch’è cosa meravigliosa à
dirsi nè si può esplicare et quelli ci sono veri amici ch’arrobbano et fannoci
entrare dennari come si vede hoggi il giorno à Caltavillotta delegato il
licentiato et anco à Xacca contra cittadini, à Bivona et à Cammarata D.
Giovanni Gamez, à Naro D. Diego et alla Licata D. Thomasso di Leto, huomo
santissimo dell’Inferno. Il Padre don Cipriano fà la visita.
Hor
vedete se queste cose possono persistere. Et sopra il visitatore duoi altri
visitatori à vedere quel che hà fatto il visitatore tirando dupla visita.
60.
- Tiene una persona tanto mala et iniqua
che con la sua bocca lo tiene et lo
nomina il diavolo, come si vede che quando vuol far giustitia dice il detto:
«chiamatemi il diavolo» et quello che dice esso diavolo si fà. et con questo
ch’è così di mala vita si confessa publicamente et lo tiene per suo
confessoreet li popoli dicono il Vescovo confessarsi co’l diavolo, non
convenendo à tal officio nè à persona tale tenerlo in casa sua dando molto
scandalo allo popoli.
61. - Un giorno il detto volendo far ordinationi, il diavolo ci consigliò che
non la faceva, ma la doveva far per trè ò quattro, fra li quali ci approbò et
nominò un clerico di Caltaniscetta. Et dissero ch’era ricco et laureato et il
detto Episcopo rispose: «Costui deve essere ben assortato et avventurato poichè lo favorisce il diavolo», dando
intendere alle persone devote che la fortuna et buona sorte sia al diavolo et
non à Nostro Signore da cui dipende ogni bene, in presentia di tanti canonici
et sacerdoti.
Multa
quidem et alia fecit, quae non sunt scripta in libro hoc.
Da
Palermo il di 13 di xbre 1597.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Ill.mi et Rev.mi Sig.ri
Essendo
il Vescovo di Giorgente chiamato da questa Congregatione per il fumo [?] et
cause rilevanti per il suo òamlgoverno con grandissimo danno di quella povera
diocese, si escusa dicendo esser querelato per difender la giurisditione della
chiesa. Il che non è come si vede chiaramente per sup.ce presentata à
Mons.r Morra, autentica, decretata del
detto Vescovo. Dicendo habbia recorso alla Monarchia del Vice Re di Cicilia,
negando l’autorità pontificia, che per assai
manco di questo, il Vescovo di Lecce è stato travagliato in questa Corte
di Carcere et sta tuttavia. Dice anco per voler castigar, et reformare il suo
capitolo, il che non hè vivendo m.ti di quel capitolo tanto scandalosamente e
in publico concubinate con m.ti figli per uno, dotandole publicamente matrimoniali presentati in poter di Mons.
Morra. Si supplica le SS.VV. Ill.mi
vogliano provedere à tanti ecessi è chiarirsi di questi et m.ti altre
cose più d’importanza, anzi scandalosa nella persona del Vescovo praticando in
case di sospette, che mancando persona di qui intiera e di buona mente,
libereranno quella povera Città et Diocese di tanti furti, confr.ne et
estorsione che hanno fatto li suoi creati delegati che tutto sarà opera grata,
et acetta. Iddio,
****
Che essendo chiamato qui il Vescovo di Girgento per
la causa del suo mal governo, si scusa esser querelato per haver difeso la
Giurisditione della Chiesa , il che non è poichè anzi esso è ricorso alla
monarchia di Sicilia, come appare da una supplica presentata. Dice anco detto
vescovo voler riformare il suo
capitolo e pur consta che vi sono alcuni canonici che hanno figli e vivono in
concubinato, come appare da un contratto matrimoniale presentato. Dice ancho
che detto Vescovo prattica in case di persone sospette. e .. Supplica la S.
Congregatione volere provvedere in tanto inconveniente d’uno vescovo con
mandar persona di buona mente a liberar quella città di molte estorsioni.
|
All’Ill.mi
et Rev. Sig.ri Cardinali sopra Vescovi e
Regolari
Per
...
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Ill.mi
et Rev.mi Sig.ri
Don
Francesco Navarra canonico di Giurgento humilmente fà intendere à questa Sacra
Congregatione che in detta Cathedrale sono dui canonici Don Jacomo Menga, et
don Tomasso di Leto, quali per esser l’uno Fiscale, l’altro capo notaro della
corte episcopale, tengono tal vita licentiosa, che in dispregio delle sacre
leggi, et del decoro sacerdotale in gravisimo scandalo del publico tengono
continuamente nelle proprie case loro la concubina, et di esse ne hanno
figlioli, et figliole et le maritano, come si vede per publica scrittura de
partibus, quale si essibisce: et
maritano ancora le istesse concubine et poi repigliano le altre moderne, per
non star senza: et inoltre per poter
meglio mantenere dette concubine, et governare et maritar le figliole ci mandano spesso commissari
delegati per la diocese, dove procedono tanto rigorasamente che in ogni
cannuccia benchè minima, tanto contra preti e religiosi, quanto contra laici,
fanno pagare grosse pene: oltre che loro godono la provisione di quaranta
tarini il giorno deputate à detti commissarij. Et così rovinando detta diocese,
la quale reclama di tanto ingiusto procedere. Et il Vescovo non ci hà mai
provvisto, nè il suo Vicario, anzi questi sono li loro favoriti. Per tanto
l’oratore in benef.° publico e di detta diocese, et massime de poveri oppressi
et per quiete di tutti, et per decoro della vita sacerdotale supplica le ss.vv. ill.me et Rev.me à
rimediare à tanti inconvenienti, che oltre sarà opera pia, riceverà per gratia
etc.
^^^^^^^
Die
XIJ° Maij viiij^ Ind.is 1596.
Pro
felici et prospero Matrimonio in Dei nomine feliciter contracto disponsato asubarrato, in facieme Eccl.e praecessis
prius debits denunciationibus juxta
formam et dispositione Sacri Concilij tridentini infra Catherinellam filiam
Joannellae Palamango sponsam ex una parte et Baldassarem filium legitimum et
naturalem quondam Mariani lu Ginduso et Margaritae viventis, olim jugalium
sponsum parte ex altera, cogitos notario praesentes, coram nobis modo et in
scriptis raedapto secundum tenorem, formam infrascriptorum capitolorum per eos
ad invicem scriptorum et firmatorum mihi presentatorum tenor quorum in omnibus
et pro omnia talis est ut infra sequitur VL. ...........
Capituli
dello felici et prospero matrimonio in
Dei nomine feliciter contrahendo secundo la costumi del rito et Consuetudine di
greci secus Verius secundo li liggi et ragioni communi ditti vulgarmenti alla
greca, fatti prima li debiti denunciationi et solemnità conformi alli sacri
Canoni infra Catherinella figlia di Joannella Palamengo, virgini in capillo,
spusa di una parte et Baldassaro figlo legittimo et naturali de lo quondam
Mariano Lo Ginduso et Margarita viventi olim jugali, spuso del altra parti
secundo la forma delli infrascritti capituli. V.L.
Per
contemplacioni et decorationi dello quali felici matrimonio Don Thomasi di Leto
Canonico Agrigentino dotau et dota et per titulo et causa di doti constituio et
constituisce ad essa Catherinella spusa et per essa ad esso Baldassaro spuso
unzi cinquecento del piso generali del modo et forma infrascritti. V.L.
Item
unzi cento in prezo di tanti porchi, vitellazi, et ginizi quali ditto donanti
si obliga consignari a ditto spuso ad ogni sua semplici requista nello
territorio della Pitrusa quali porchi, vitillazi si digiano estimari per dui
Communi Amici comunimenti da eligersi in pace ......... _/ 100.
Item
unzi cento del piso generali in prezo di tanti gioij di oro et argento laurato
da estimarsi per dui Comuni argenteri comunimenti da eligersi, quali oro et
argento laurato detto dotanti si obligau et obliga consignarsi a detto spuso ad ogni pura et semplici
requesta di detto spuso, inguagiata prima detta spusa et non altrimenti. In
pacem .......... -/ 100
Item
unzi dui cento in tanta robba bianca et arnesi exstimati per dui Comuni Amici
comunimenti da eligersi juxta la forma della consuetudini di questa città di
Girgenti con lo debito della terza parti di più, quali unzi duicento in robba
detto dotanti si obligau et obliga consignari a ditti spusi incontinenti
inguagiati che sarranno. In pacem ...... 200
Et
per li altri unzi cento restanti in denari a compimento delli ditti unxi cento
di dota ditto donanti per esso et soi heredi et successori in solutum detti et
dona, vindio et sugiugau et sugiuga et
pro titulo et causa di detta in solutum dationi et subiugationi cum patto et
cartagiura di recattari come appresso si dirrà, concedio et concedi al detto
Baldassaro spuso stipulanti con la authorità et consensu, interventu di
Geronimo Gallo suo curatore presenti et se contentanti et la sua authorità prestanti a detto Baldassaro stabilitanti et consulenti per esso et soi
heredi e successori unzi dechi annuali censuali, rendali, franchi et liberi et
exempti da qualsivoglia dono, nova impositione seu colletta, dicunti et da
pagarsi ogni anno per detto dotanti et soi heredi et successori in perpetuum
per tutto lo misi di agusto.
onzi
10 di rendita subiugati et in solutum ut supra ditto dotanti et subjuganti per
esso et soi heredi et successori in perpetuum constituio, impossi et assecurau
constituisci, imponi et assecura allo
ditto spuso stipulanti con l’authorità
di detto suo curatore per se et soi heredi et successori specialmenti et
expressamenti sopra una vigna existenti nelli territorij di questa Città di girgenti con soi terri et
arbori nello territorio di Racalmari[1]
con soi stancij, fontana, et altri in quello existenti, confinanti per livanti
con li terri et chiusi delli heredi del quondam m.° Stanto di Carlo artium
medicinae doctoris, per mezo jorno con li terri del territorio di Racalmari et
similmenti per ponenti et con lo fegho di li Cummatini.
Item
sopra lu ditto territorio di Racalmari posito nelli territorij di questa
preditta terra di Girgento confinanti per levanti con la vigna et terri di
Marco et Bartholo Fanara, per punenti et tramontana con lo fegho delli
Commitini, mezo jorno con li detti terri di detti di Fanara.
Item
sopra uno tenimento di casa di esso dotanti consistenti in corpi decisette
quali olim erano dello quondam Caloijro di Liuni et di Blasi Failla con lo sua
Cortiglio di abaxo et un altro cortiglio della altra parti con dui cisterni et
tri puzi in questa Città di Girgenti, in contrata della Ecclesia della
Consulacioni, confinanti per levanti et ponenti con la via publica, tramontana
e con li casi di Mattheo di Oliveri, mezo Jorno con li casi di Blanca .....
Item
sopra altri salmi quattrodechi di terri con suo jardino, chianta, fontana in
detto territorio di Girgenti et agregati con ditto territorio di Racalmari,
confinanti per livanti con la via
publica, punenti et mezo giorno con li terri dello fegho di Cummitini,
tramuntana con li terri dello fegho delli Grutti rt altri confini.
Item
sopra un altro suo tenimento di casi consistenti in corpi quattordechi con suo
astraco, dui cisterni, dui puzi con lo baglo per livanti existenti in questa
Città di Girgenti et contrata della Ecclesia di santa Maria di greci,
confinanti per livanti et punenti con la via publica, et tramontana con lo
tenimento di casi di don Rogeri Salamone, mezo Jorno con li casi di Don Jacopo
Mengha et altri confini.
Et
generalmente sopra tutti singuli altri soi beni mobili et stabili inclusi
dinari, nomi di li debitori, ragioni et actioni, universi, presenti et futuri .
Li
quali quidem predij territorii et beni ut supra specialmenti et generalmenti
obligati et qualsivoglia di loro in solidum ditto donanti per esso et soi
heredi et successori subiugao et subiugao et subiuga, submisi et submitti,
obligao et hipotecau, obliga et hipoteca detto spuso per esso et soi heredi in
detti unzi dechi di rendita ut supra subiugati et in solutum dati juxta la
forma, tenuri et menti della bulla Apostolica di Papa Gregorio xiij et regia
pragmatica sopra li subiugationi ordinati.- Ita quod la preditta speciali et
expressa obligacioni subiugationi et hipoteca la prefata et infrascritta
generali non geroga ne per contra ma à l’una per l’altra si corrobori et
confirmi ac è converso et che si possi variari et mutari della generali alla
speciali et e contra.
Delli
quali quidem -/ 10 di rendita ut supra subiugati et in solutum dati detto
dotanti per esso et soi heredi et successori dona la possessione lel quasi
detto spusu stipulanti per se et soi heredi et successori del primo di
settembre del anno viij ind.nis sequentis et hora pertanto et è converso inanti
possa ditto spuso tenerli, possederli vel quasi exigere, consequitare et
havere.
Et
per questa causa ditto dotanti per esso et soi heredi et successori in virtù
delli presenti si obligao et obliga ad esso spuso per esso et soi heredi et
successori detti unzi dechi ogni anno pagarsi per tutto lo misi di agusto
incominzando la prima paga per tutto lo misi di agusto dell’anno sequenti viij
ind.s 1594 et cossì successive sequitarsi di anno in anno in pacem al quali
annali pagamento detto dotanti per esso et soi heredi volsi essere tenuto et
obligato come in casu di pesti, guerra et fami et ogni qualsivoglia altra
sterilità di tempo, il che Iddio non permetta.
Ordinando
detto dotanti a magio cautela a tutti singuli
persune che gabbelliranno de terriranno et possediranno detti beni,
territorij, predij, obligati che ogni anno per tutto agusto hagiano et digiano
pagari a detto spuso a soi heredidetti unzi dechi ita che sia convento (?) di
gni anno una paga circa li q. persuniet lor beni et heredi ditto dotante per
esso et soi heredi cedio et cedi a ditto spusu per esso et soi heredi
stipulanti et recipienti non con animo di vidiri li ragioni ma con pota.no di variariri come apresso si dici
tutti singoli ragioni et actioni reali et personali, utili, diretti, misti,
taciti et expressi et altri qual singola speranza et exercitio di quelli li
quali havi, teni, po' et spera di haviri in detti onze 1o di rendita subiugati
et in solutum dati ut supra alla sua annua exacioni et conventioni et vitioni
et defensioni in ogni causa in virtù di qualsivoglia contratto et semptare
constituendolo procuratori alla sua causa et mettendolo allo suo loco in questa
parte etc.
Quali
quidem doti, denari, robba, gioij, renditi et altri ut supra expressati et
dotati siano et si intendano dotati a detta spusa per quella integra parte ad
essa spusa toccanti come donatario di detto don Yhomasi dotanti di tutti et
singoli quelli beni mobile et stabile, terri et altri contenti et expressati
nello atto di donationi fatta per esso don Thomasi a detta spusa et a Francesco
et Andrea et altri fratelli di detta spusa nelli atti di Notar Gian Domenico
Bertuglia die 29 Aprilis p.^ Ind. 1588 et per la integra parte toccanti a ditta
spusa di quelli beni et gioj consignati per detto Di Leto dotanti a Joannella
Palamengo in virtù di atto di consignationi celebrato nelli atti di detto di
Bertuglia die 2° Maij p.e Ind.s 1588 et ancora in virtù di altro atto di
ratifica con incerto tenore fatta per detta Joannella Palamengo nelli atti di
Notaro Antonino Aronica di Caltanixetta die 16 octobris iij^ ind.is 1589, et per tutte si voglia altri ragioni ad essa
toccanti et per ragioni di alimenti et
cossi ancora ad esso Baldassaro spusu di quelli si contentau et contenta tanto
per esso come ancora per nome et parte di detta Catherinella spusa per la quali
esso Baldassaro con l’authorità et consensu di detto di Gallo suo curatore
presente et permetti di arato iuxta la forma dillu ritu della Regia Gran Corte
et quoniam detta Catherinella spusa sarà
di età di anni 18 compliti di presenti capituli et contratto da farsi
matrimoniali ratificherà accettirà et confirmirà et si contentirà di tutti
licosi nelli presenti capituli contenti per atto publico in margine o per altro
notaro con lo inserto tenore di quelli altrimenti si possi procedere juxta la
forma del detto .. contra esso
Baldassaro li quidem unzi deci di rendita ut supra dotati et in solutum dati
ditto dotanti per esso et soi heredi promisi et si obligau et obliga ad ditto
spusu stipulanti per esso et soi heredi
a detti beni specialiter et generaliter obligati sempri et ogni futuro
tempore legitimamenti defendere di qualsivoglia molestanti persona etc. et di
qualsivoglia evicioni esseri tenuto etc.
Item
ditto spusu constistuixi a ditta spusa per ragione di dotario et antefato unzi
quaranta del peso generali in denari quali ditta spusa possa consequitari supra
li beni di detto spusu tanto si fanno figli quanto ancora senza figli ex fatto.
Item
processi di patto che detta spusa possa in arcticulo mortis per una volta tanto
disponere unzi cinquanta della somma di detti doti in denari et ancora in
sanità quando li piace per una volta tanto a sua volontà et a cui li piaci.
Item
processi di patto che detti doti ut supra dotati siano et si intendano dotati
con questa condicioni che detto spusu haggia e deggia campare pacificamenti et
quietamenti da vero et perfetto christiano et non perpetrari nè committeri
delitto alcuno in crimine lesae maiestatis divinae et humanae nè qualsivoglia
altro delitto per lo quali succedisse lo casu di confiscationi di beni
altrimenti succedendo tal causa detti doti ut supra dotati ... in denari, robba, et renditi come in
gioij ut supra expressati siano et si intendano acquistati alli figli di detti
spusi da nasciri del presente matrimonio et in defetto che non havessero nati
figli si intendano restituiti. In detto caso et ex nunc pro tunc et è concesso
alla ditta Catherinella spusa come sua dota per mesi sei innanti la
perpetrationi et comiso delitto tali casu et condicioni che dopoi impetrata et
obtenta venia siano et si intendano un’altra volta dotati conforme alli
presenti capituli et non altrimenti stanti che esso dotanti volse et vole che
sempre restino detti dote inlese et intatte et reservate per la ditta
Catherinella spusa et soi figli legittimi et naturali di patto etc.
Item
cum per ornamento del presente matrimonio detto Baldassaro spusu con
l’authorità et consensu di geronimo Gallo suo zio et curatore presenti et
quillo authorizanti portau et porta nupcias la integra parte di esso spuso
toccanti di tutti beni mobili stabili renditi ragioni actioni universi lassati
dopo la morti del detto quondam Mariano Ginduso suo padre in virtù di suo
testamento fatto manu publica die etc. et specialmenti di quelli renditi ogni
anno che si devono per donna Francesca et don Micheli Morreali sopra la baronia
di Castrofilippo et altri beni, in virtù di publici contratti manu publica die
etc.
Item
processi de patto che in casu di separatione del presente matrimonio quali
forte succedisse per morte di essa spusa quali forte morisse senza figli del
presente matrimonio o con figli legitimi et naturali et quilli nati et morti in
minuri seu maiuri età et senza figli legitimi et naturali et in ogni et
qualsivoglia altro casu di restitutione detto spuso sia tenuto et cossì si
obligau et obliga in detto casu et hora
per tando et è convento con l’authorità di detto suo curatore presente etc.
ditti doti restituire a Francesco, Andria et Eufemia di Leto frati et sorodi
detta spusa et loro figli legitimi et naturali et qualsivoglia persone vennero
che succedendo lo casu di detta restitutione di dote vivente detta spusa si digiano ditti doti restituire
a ditta spusa cioè li denari in denari li renditi in renditi et in detto lo
prezo et la robba pezo per pezo come si troverà una con lo ditto antefatto et
quilla robba che mancasse sia obligato ditto spusu restituirla et pagarla
conforme alla stima et consuetudini preditta di questa Città di Girgenti etc.
Nello
quali caso di restitutione et è converso detto spuso con l’authorità di detto
di Gallo suo curatore presenti etc. per esso et soi heredi et successori
specialmenti et expressamenti obligau et
obliga, hipotecau et hipoteca ad esso dotanti, stipulanti et a cui ditta
restitutione si doveva fare. Io notaro stipulanti per essi detti et singuli soi
predetti beni, mobili, stabili, renditi et ragioni ut supra per esso propter
nuptias apportati li quali tutti et singuli in dittu casu et hora per tando et
è converso si li constituero et constituixi per constitutum per nome et parte
di quelli alli quali si doveva fare detta restitutione, io notaro stipulanti
per essi et hora per tando etc. tenioli et possedioli li quali stiano in ditto
casu et da hora per tando inanti
vinculati et vinculo restitutionis subiecti per lo retto casu di restitutione
di detti doti.
Item
cum patto che volendo ditti spusi stari alla casa di detto dotanti ipsu dotanti
sia tenuto dari a ditti spusi una loro citella et cum garzuni et anni tri di
tavola franca.
Item
etiam cum pacto che volendo stari ditti spusi et habitari nellu tenimentu di
casi che era di caoiro Liuni et Blasi Failla et uno appartamento di detti casi
che vi possano habitari per quanto tempo vorrà ditto spuso di anni deci senza
pagari loeri ex pacto etc.
Item
cum pacto che detto spuso sia obligato detta spusa ingiagiare et desponsare in
faciem Ecclesiae juxta la forma delli sacri Canoni et che delli presenti capituli se ni diggiano fari publico
contratto con quelli patti clausoli
cauteli obligationi et altri che in quelli si requedino et requesta di
l’una et l’altra parti.
[1]) scrive Giuseppe Picone
in Memorie storiche agrigentine - pag. 414: Rahal-Mari (11) ad otto
miglia a nord-est; dal qual sito sgorgano le acque , che incanalate per una
tubatura di ghisa, fin dal 29 ottobre 1865, arricchiscono Girgenti.
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