Storia[modifica | modifica wikitesto]
La cattedrale di Cremona fu eretta nel XII secolo, periodo di grande prestigio della
città, collegato a una serie di successi in campo militare e a condizioni di
benessere economico. Il luogo scelto per la costruzione era il punto più alto
della città medioevale, non lontano dal centro
dell'originario castrum romano, al riparo
dalle alluvioni del Po che all'epoca scorreva molto più vicino al
centro storico rispetto ad oggi. In questo luogo, in precedenza, sorgevano due
chiese, dedicate a Santo Stefano e a Santa Maria,
che furono demolite per dare inizio ai lavori di costruzione del tempio
principale. La data di posa della prima pietra è nota: 26 agosto 1107[1].
Durante la
reggenza del vescovo Oberto da Dovara,
il devastante terremoto del 3
gennaio 1117 sconvolse il Nord Italia e danneggiò gravemente anche la nuova
cattedrale cremonese, che venne pertanto ricostruita, praticamente in toto, nei
decenni successivi. Un documento redatto dal vescovo Sicardo attesta la ripresa dei lavori di
costruzione nell'anno 1129, quando furono ritrovate, sotto le macerie,
le reliquie di Sant'Imerio Vescovo[1]. Nel 1190
avvenne la consacrazione, presieduta dal vescovo Sicardo.
La
cattedrale eretta nel XII secolo si presentava
molto diversa dall'attuale. Innanzitutto aveva una facciata a salienti,
come dimostrano alcune raffigurazioni (tra cui un sigillo comunale, ora
conservato presso l'Archivio di Stato), e la pianta era basilicale, senza transetto. Il progetto originario prevedeva
inoltre che la facciata venisse affiancata da due torri laterali, sul modello
delle grandi cattedrali delle città imperiali
d'oltralpe (westwerk). Tale idea non fu però messa in
pratica, forse anche a causa dell'erezione, a lato della facciata, di una ben
più alta torre campanaria
(il Torrazzo).
La facciata
della cattedrale nel 1645
Durante i
secoli XIII e XIV furono aggiunti i due bracci del transetto,
conferendo alla chiesa una planimetria a croce (non propriamente a croce latina, in quanto la lunghezza del
transetto supera quella del corpo principale).
Ulteriori
interventi si susseguirono nei secoli successivi, concentrati soprattutto
all'interno della chiesa. Tra le modifiche operate all'esterno, vi è in primo
luogo il rifacimento della parte superiore della facciata, realizzato nel 1491
dall'architetto Alberto
Maffiolo da Carrara, che vi conferì l'aspetto attuale con le nicchie
dei santi, il timpano, le
volute e la guglia centrale[2]. Nel medesimo periodo, l'architetto
Lorenzo de Trotti realizzò parte del nartece (di forme bramantesche) che collega il Duomo al Torrazzo,
completandolo all'inizio del secolo successivo con la costruzione della loggetta
rinascimentale denominata Bertazzola[2].
Nel XX secolo l'intervento più significativo riguardò
la sistemazione, in termini urbanistici, dell'area attorno alla cattedrale, al
Torrazzo e al Battistero. Nel 1931 furono demolite le case che
si addossavano al lato settentrionale del duomo, creando quello che è oggi
Largo Boccaccino.
Descrizione[modifica | modifica
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Esterno[modifica | modifica wikitesto]
La facciata
principale
Il complesso
costituito dal Duomo, dal Battistero e
dal Torrazzo risulta completamente staccato dal resto del tessuto urbano,
essendo circoscritto da vie e piazze (dopo una serie di demolizioni effettuate
nella prima metà del XX secolo).
La facciata
principale, affiancata dal Torrazzo, guarda su Piazza del Comune (antica Platea
Maior della città medievale), esattamente di fronte al Palazzo Comunale. Rivestita di marmo bianco di Carrara e rosso di Verona dai maestri Campionesi,
è caratterizzata da un grande rosone centrale, opera di
Giacomo Porrata da Como (secolo XIII secolo). Il fronte è alleggerito da una
loggia a due piani, interrotta nel mezzo dall'elegante protiro sormontato da una loggetta a tre arcate,
che accolgono le statue di Sant'Imerio, la Vergine Maria
e Sant'Omobono. I due leoni che reggono le colonne del protiro sono
opera di Giovanni Bono
da Bissone.
Gli
interventi rinascimentali riguardano soprattutto la parte superiore della
facciata; Alberto Maffiolo da Carrara, nel 1491
vi innalza un attico con
quattro nicchie.
I due bracci
(settentrionale e meridionale) del transetto terminano anch'essi con una
facciata. Quella del braccio settentrionale fu completata nel 1288
ma ripresa nel 1319 per riparare i danni di un terremoto, mentre
quella del braccio meridionale fu terminata nel 1374.
Entrambe le facciate hanno la forma a capanna, con la cuspide alleggerita da
una galleria ad archi a tutto sesto, un grande rosone centrale e due rosoni
laterali leggermente più piccoli.
L'intero
edificio è sormontato da numerose guglie, di ispirazione
nordica. Tre sovrastano la facciata settentrionale, tre la facciata
meridionale, due il complesso absidale e due la facciata principale, per un
totale di dieci. La facciata principale ne possedeva in origine tre: le
modifiche apportate in epoca rinascimentale hanno comportato l'abbattimento
della guglia centrale, e la costruzione dell'attuale torretta.
Le statue del protiro
Il rosone
La facciata del transetto nord
Le absidi
Interno[modifica | modifica wikitesto]
Interno
L'interno
della cattedrale è a tre navate separate da due serie
di massicci pilastri alternatamente e cruciformi circolari, i
quali sostengono severe volte gotiche a sesto acuto.
Al di sopra delle navate laterali, si aprono i matronei, che guardano sulla navata principale
attraverso ampie bifore. Le campate della navata maggiore sono coperte da
volte a crociera, a sesto acuto,
impostate nel secolo XIV al posto delle originarie volte romaniche.
La navata
maggiore termina in una grande abside semicircolare, nel cui
catino fu realizzato un notevole affresco raffigurante il Redentore. Anche le due navate laterali terminano
in absidi semicircolari, di dimensioni più ristrette, entro le quali sono
ricavate due cappelle riccamente decorate: la cappella del SS. Sacramento, al
termine della navata destra, e la cappella della Madonna del Popolo, al termine
della navata sinistra.
Il coro ligneo è
opera di Giovanni Maria Platina
del 1484.
Sotto il presbiterio si apre l'ampia cripta, scavata in epoca romanica ma rinnovata nel 1606
da Francesco Laurenzi, al quale subentrarono Giuseppe Dattaro e Giovanni Battista Maiolo dopo il rovinoso crollo della volta.
La cripta è a tre navate, e conserva l'Arca dei santi Marcellino e Pietro,
del 1506[3].
Arca dei martiri persiani[modifica | modifica
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L'abate del
monastero dei Padri Olivetani di San Lorenzo a Cremona, Antonio Meli, nel 1480
affida l'incarico di terminare l'ornamentazione allo scultore Giovanni Antonio
Amadeo che scolpisce "otto formelle", poi riutilizzate in
Duomo nel 1813 per adornare due pulpiti ottocenteschi.
L'anno dopo i fabbricieri del Duomo, bene impressionati, gli commissionano un
rilievo di "S. Imerio elemosiniere" per il frontale dell'arca di S.
Imerio in cui riecheggia lo stile del Mantegazza. Ancora a Cremona nel 1482
il canonico del Duomo Isaac Restalli lo incarica di scolpire "l'arca di S.
Arealdo". La data del 1484 con la sua firma sta su
quattro rilievi marmorei della smembrata Arca, ossia "S. Gerolamo
penitente", "S. Francesco stigmatizzato", "Noli me
tangere", "Gesù alla colonna".
Nel palazzo
del Comune di Cremona il "portale rinascimentale" della Sala del
Consiglio reca sculture ornamentali con le statue della "Giustizia" e
della "Temperanza" che rivelano il suo stile.
Affreschi[modifica | modifica
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Affreschi
medievali nella cattedrale
La
decorazione pittorica della navata maggiore della Cattedrale, realizzata da
vari artisti nei primi due decenni del XVI secolo, rappresenta uno dei più
importanti episodi della cultura figurativa lombarda del periodo, tanto da
derivare al duomo l'appellativo di "Cappella Sistina della Pianura
Padana". Iniziò i lavori Boccaccio Boccaccino,
artista per il quale si è ipotizzata una formazione ‘prospettica’ milanese
arricchita successivamente dal contatto con il proto-classicismo emiliano e i
cromatismi dell'area veneta, durante il soggiorno presso la corte estense di Ercole I (1497-1500). Tornato a Cremona, tra il
1506 ed il 1507 il Boccaccino affrescò il catino absidale con il Redentore
tra i Santi Marcellino, Imerio, Omobono e Pietro esorcista, protettori
della città, l’Annunciazione sull’arco trionfale e due volte, purtroppo
perdute. L’affresco del Redentore sembra evidenziare l’assimilazione delle
novità veneziane non solo di Giorgione ma anche di Durer,
che hanno fatto ipotizzare un soggiorno lagunare dell'artista. Il programma
pittorico degli arconi delle campate della navata centrale prevedeva il ciclo
delle Storie della Vergine per la parete sinistra, e delle Storie
della Passione di Cristo per quella di destra. Spettò ancora al Boccaccino
intraprendere la decorazione dei primi affreschi con episodi della vita di
Maria nei primi quattro arconi, completati tra il 1512 ed il 1516.
L'artista fu
affiancato da altri pittori a partire dal 1515, quando Giovanni Francesco Bembo
iniziò a dipingere l'Adorazione dei Magi e la Presentazione al Tempio
nel quinto arcone, mentre Altobello Melone, dall'anno successivo,
affrescava la Strage degli Innocenti e la Fuga in Egitto nel
settimo (la sesta campata è occupata dalla monumentale cinquecentesca cassa
intagliata e dorata contenente l'organo "Mascioni" del 1984), per poi
affrescare sulla parete di destra altre due campate a partire dal presbiterio
con episodi della Passione. Le novità stilistiche introdotte dai due artisti
impressero un'evoluzione anche al Boccaccino, che mostra un passaggio da un
calmo stile narrativo ad una visione meno simmetrica e centrata della
composizione. La decorazione del Duomo di Cremona è infatti di grande interesse
per l'apporto di alcuni dei maggiori degli artisti 'eccentrici' dell'Italia
settentrionale, che sperimentano soluzioni formali alternative rispetto al
linguaggio del classicismo.
Il Pordenone, Crocifissione
(ca. 1520-1521), affresco sulla controfacciata
Nel 1519 i
due arconi successivi della parete destra furono affidati al bresciano Girolamo
di Romano, detto Il Romanino, che vi
rappresentò Cristo davanti a Caifa, la Flagellazione , l'Incoronazione
di spine e l'"Ecce homo". Tuttavia i nuovi Massari nel 1520 gli
ritirarono la commissione, preferendogli Giovanni Antonio de Sacchis, detto il Pordenone, che, reduce da un'esperienza
romana, poté concludere la decorazione con un linguaggio considerato più
avanzato perché aggiornato sulle novità di Raffaello e, soprattutto, Michelangelo. La massima intensità stilistica
raggiunta dall'artista appare nella controfacciata, dove il Pordenone dipinse
una drammatica Crocifissione
e uno stupendo Compianto,
dipinto in uno spazio architettonico fittizio, con il corpo del Cristo deposto
in scorcio. Il ciclo venne concluso nel 1529 da Bernardino Gatti detto "il
Soiaro", che dipinse la "Resurrezione di Cristo" nella zona
inferiore sinistra della controfacciata. Il presbiterio fu inoltre impreziosito
da affreschi dei Campi in seguito all'apertura delle due finestre absidali che
comportarono la distruzione di preesistenti affreschi del Boccaccino. Nelle
navate minori dell'esteso transetto è notevole un ciclo quattrocentesco
pittorico di affreschi raffiguranti episodi veterotestamentari, la cui
attribuzione è tutt'oggi incerta. Il ciclo, in origine esteso alle navi minori
del corpo centrale, in quest'ultima zona è stato nascosto da sovrapposizioni
pittoriche a partire dal XVII secolo.
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