Faccio subito ammenda: il signor
Sindaco avv. Emilio Messaana al raduno nell'(af)Fondazioni di sabato scorso non
c'era, né parlò Lasciò solo la sua CMC appendice (ma pare per poco) che ovvio
sproloquiò. Quel POPO di roba falsa e bugiarda persino nel titolo dominò.
Taluno si disse essere volato non so da quale cima alpina per osannare chi
ormai non c'è più. Sciascia oggi non lo conosce più nessuno.
Esibisco qui una paginetta di un
groviglio di parrocchie in un inesistente paese quod dicitur Regalpetra.
Racalmuto ai sensi del codice canonico era monoparrocchiale, salvo una infelice
interruzione attorno al 1620. Invero prima tre poi quattro e per una breve
parentesi 5 parrocchie furono poco edificanti vicende ma degli anni trenta del
millennio scorso.
Incipit: quel 1645 anno di gran
peste a Racalmuto è tutta una allucinazione storica del poco storico Leonardo
Sciascia. A sua difesa penso che voleva dire 1625. Un banale rifuso dunque? E
Sciascia nelle tante successive edizioni del suo fortunatissimo libello non se
ne accorse mai? Sabato scorso persino un giudice di Caltanissetta non
aveva nulla da fare e venne qui in viale della Vittoria ad osannare il grande
fallace della storia locale. Ci regalò persino un inno alla gloria ad un notorio
avvinazzato leguleio.
Sciascia quindi ha le traveggole: ci
vuol far credere che in quella (inesistente peste) una metà "della popolazione
fu falcidiata". Invero già nel 1570 "Racalmuto contava 5.279
abitanti" (Calogero Taverna - Racalmuto nei Millenni, pag. 148, ma è testo
che la afFondazione disconosce per l'avara povertà (di spirito) catalana
e il comune succube disdegna)
Caro Sciascia, il "terzo
Girolamo non andò a cacciarsi in una congiura contro la sovranità di don
Filippo IV". Bellamente lo confonde con suo padre, quel Giovanni V di cui
alle cronache anche del D'Auria.
Codesto Girolamo terzo sopravvive
addirittura al figlio Giuseppe e visse sino al 9 marzo 1710 (Bibliografia? C.
Taverna: la signoria racalmutese dei del Carretto, passim: Non vale? Non fa niente!!!)
Puttanata sostenere che
"l'investitura passava ai marchesi di Sant' Elia" e posso affermare che
è una tua fandonia sostenere che "fu grande riforma quella che i Sant'Elia
fecero centocinquant'anni addietro, divisero il feudo in lotti, stabilirono un
censo non gravoso, la piccola proprietà nacque , litigiosa e feroce". Caro
Sciascia anche qui la tua maldicenza contro di noi racalmutesi veraci non si
acquieta. Ma storicamente asserisci panzane: allora eri amico dell'arciprete Casuccio.
L'Arciprete teneva ancora in sacristia una bella memoria difensiva a
favore di suo padre, mastru Liddru Casuccio cultore di pirreri a Fra Paolo. Era
memoria del celebre avvocato Xerri. Vi avresti letto i termini della faccenda dei
Sant'Elia e ci avresti dispensato da una simile castroneria storica che
purtroppo quel POPO di cultura storica di sabato scorsa continua a martellarci.
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