Il giovane socialista, l'avv. ETTORE GIUSEPPE MESSANA
In quel frangente là di fascismo in Sicilia neppure l'ombra. Un minimo di conoscenza storica ci rassicura. Cessato il governo Vittorio Emanuele Orlando, subentrato Nitti c'è invece aria di vago socialismo magari ufficiale, magari moderato.
E guarda caso il trentacinquenne dottore Ettore Giuseppe Tancredi Messana era di Racalmuto e prima di entrare in polizia vi faceva l'avvocato con propensioni nientemeno socialiste.
Un testo storico seppure sbrindellato e non sempre attendile ce ne dà notizia. Eugenio Napoleone Messana nel suo facondo RACALMUTO NELLA STORIA DI SICILIA, Canicattì giugno 1969, a pag, 357 ci racconta: "Fra gli intellettuali del paese che in questo periodo si affermarono meritano particolare attenzione l'avv. Giuseppe Scimè, l'avv. Salvatore Petrone e l'avv. Ettore Messana. I primi due intrapresero la carriera della magistratura e raggiunsero i posti più alti, sostituto procuratore generale e consigliere di cassazione lo Scimè, consigliere di cassazione il Petrone, il Messana scelse la pubblica sicurezza, fece tutta la carriera, partendo come si suol dire, dalla gavetta e giungendo, dopo avere subito remore dal fascismo, in quanto ex socialista, alla carica di questore, ispettore di polizia per la Sicilia, ispettore generale della Repubblica."
Il giovane avvocato socialista, sulla scia di un folcloristico, l'avv. Viciu Vella, a Racaluto vi era nato di straforo nel 1884 in un'ampia casa da arricchiti delle zolfare, prospiciente S. Anna, nel 1884. La sua famiglia aveva un secolo di storia paesana alle spalle. Negli ultimi decenni del '700 quando nel paese sciasciano era piombata fame e miseria. I preti erano costretti a fare funerali gratis: neppure i signori avevano quei cinque tarì per il cappellano della buona morte.
E non solo: i magazzini del popolo non avevano più grano; il vescovo autorizzò il celebre futuro canonico Mantione a impegnare gli iocalia pur di comprare frumento da distribuire ai poveri, da panificare in nome del Municipio.
Grida di dolere si raccolgono ancora nel vetusto archivio parrocchiale. Un Casuccio discendente addirittura dai Doria lacrimava morti premature di figli maschi, malattie e indigenze. Il prevosto del tempo commiserava.
Ma l'astuto mastro Luigi ne usciva non solo indenne ma addiririttura locupletando molto e bene col il predetto 'commercio degli zolfi', prima amministrando a modo suo i gracili beni del subentrato principe di Naro e soprattutto alla fine affamando ricchi e poveri con la 'esosa tassa del macino'.
Un testo storico seppure sbrindellato e non sempre attendile ce ne dà notizia. Eugenio Napoleone Messana nel suo facondo RACALMUTO NELLA STORIA DI SICILIA, Canicattì giugno 1969, a pag, 357 ci racconta: "Fra gli intellettuali del paese che in questo periodo si affermarono meritano particolare attenzione l'avv. Giuseppe Scimè, l'avv. Salvatore Petrone e l'avv. Ettore Messana. I primi due intrapresero la carriera della magistratura e raggiunsero i posti più alti, sostituto procuratore generale e consigliere di cassazione lo Scimè, consigliere di cassazione il Petrone, il Messana scelse la pubblica sicurezza, fece tutta la carriera, partendo come si suol dire, dalla gavetta e giungendo, dopo avere subito remore dal fascismo, in quanto ex socialista, alla carica di questore, ispettore di polizia per la Sicilia, ispettore generale della Repubblica."
Il giovane avvocato socialista, sulla scia di un folcloristico, l'avv. Viciu Vella, a Racaluto vi era nato di straforo nel 1884 in un'ampia casa da arricchiti delle zolfare, prospiciente S. Anna, nel 1884. La sua famiglia aveva un secolo di storia paesana alle spalle. Negli ultimi decenni del '700 quando nel paese sciasciano era piombata fame e miseria. I preti erano costretti a fare funerali gratis: neppure i signori avevano quei cinque tarì per il cappellano della buona morte.
E non solo: i magazzini del popolo non avevano più grano; il vescovo autorizzò il celebre futuro canonico Mantione a impegnare gli iocalia pur di comprare frumento da distribuire ai poveri, da panificare in nome del Municipio.
Grida di dolere si raccolgono ancora nel vetusto archivio parrocchiale. Un Casuccio discendente addirittura dai Doria lacrimava morti premature di figli maschi, malattie e indigenze. Il prevosto del tempo commiserava.
Ma l'astuto mastro Luigi ne usciva non solo indenne ma addiririttura locupletando molto e bene col il predetto 'commercio degli zolfi', prima amministrando a modo suo i gracili beni del subentrato principe di Naro e soprattutto alla fine affamando ricchi e poveri con la 'esosa tassa del macino'.
Così potè fare 'speziale' il figlio don Liddru Missana. che potè convolare a giuste nozze con una ormai 'donna Lucia Nabone' di quel ramo risollevatosi dai ranghi del popolino per merito di un prete birbantello che aveva saputo sfruttare i seppellimenti del Thau a S. Anna. Lo speziale, quando giovanissimo , era testa calda. Si va ad impelagare nei moti siciliani antiborbonici del '20. Incauto allora ma così poté intrufolarsi bella rampante borghesia carbonara di Sicilia. Conoscenze poi munificanti. C'erano i fratelli Amari, ma c'era anche Francesco Crispi. Con Donna Lucia Nalbone il dottor Calogero fu prolifico. Ma una sola figlia femmina: ben dotata dal padre, ebbe 'lauta dote' si gloria lo storico di famiglia. sposa addirittura un barone: don Giuseppe Tulumello. Quella era nobiltà per modo di dire. Un prete mariolo aveva quasi strozzato i principi di S. Elia e il feudo di Gibillini, ma non la Rocca, fu suo con il titolo nobiliare incorporato per persona da nominare. che poi fu un turbolento nipote in eterna contesa con i borghesi Matrona tanto cari a Leonardo Sciascia.
I cinque figli maschi don Calogero Messana, li fece tutti laureare: don Luigi in medicina, Biagio, Giuseppe e Arcangelo in legge, Serafino in chimica e 'filosofia medica'.
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