Le scrittrici siciliane
In Sicilia tale modello educativo fu quello
adottato presso le famiglie di varie autrici
contemporanee alla nostra Giuseppina Turrisi Colonna.
Certo l’educazione in sé potè mettere in discussione
un tabù radicato da secoli nell’isola, mostrando come
70 Prospetto biografico delle donne italiane rinomate in
letteratura dal secolo decimo quarto a’ giorni nostri di
Ginevra Canonici Fachini con una risposta a Lady Morgan
riguardante alcune accuse da lei date alle donne italiane nella
sua opera «L’Italie», Venezia, Tip. Alvisopoli, 1824.
71 Ivi, p. 223. Su C. Tambroni, si legga Tosi, R., «Clotilde
Tambroni grecista e poetessa (1785-1817)», in Il Carrobbio.
Rivista di studi bolognesi, XXXI, 2005, pp. 197-218.
57
la scrittura potesse essere praticata
professionalmente anche da donne.
Durante le esplosioni rivoluzionarie che fornirono
alle siciliane l’occasione per uscire dalla sfera
privata e sperimentare, sebbene per breve tempo e
raggio, quella pubblica, il silenzioso impegno
femminile nel tessere la «faticosa tela del
Risorgimento» fu spesso rivolto al sociale. Tra le
tante la cui memoria, in parte ridimensionata o
riformulata all’indomani dell’Unità, attende di
essere restituita, vi è anche una letterata
palermitana, la già citata Rosina Muzio Salvo (1815-
66), partecipe delle lotte risorgimentali del Sud. La
sua vicenda biografica sembra seguire un percorso
paradigmatico rispetto a quello di molte donne colte
contemporanee: durante gli anni Trenta, Rosina fu
attiva nella dissidenza antiborbonica e nella
propaganda progressista che preparava i successivi
rivolgimenti politici; visse sul campo i tumulti del
’48, con una particolare esperienza di
associazionismo femminile dedita alla beneficenza e
all’educazione popolare. Ma non fu l’unica autrice
siciliana del periodo. In quegli stessi anni
operarono, a breve distanza l’una dall’altra, almeno
altre cinque sue corregionali: oltre alla nostra
Giuseppina Turrisi-Colonna possiamo ricordare
Letteria Montoro (1825-?), Concettina Ramondetta
Fileti (1830-1900), Lauretta Li Greci (1833-49),
Mariannina Coffa Caruso (1841-78); si tratta di una
rete che, se non brilla per risultati artistici, è
però indicativa delle difficoltà e delle occasioni
relative alla militanza intellettuale femminile
nell’estremo Sud, prima dell’Unità, e fa riflettere
58
sull’importanza che ebbe, nella storia di una singola
autrice, la consapevolezza che anche altre donne,
nello stesso contesto isolano, avessero avuto il
coraggio di vincere il tabù sociale del divieto della
scrittura. Si tratta di donne che scrivono e
soprattutto pubblicano. Non mancarono, come già
abbiamo evidenziato, nei commenti dei critici e
letterati del tempo, tentativi di dimostrare, incluso
scientificamentte, una presunta inferiorità del
genere femminile, ma è facile intravedere il timore
alla base di tali atteggiamenti: una donna che
impugna la penna, e abbandona i più consueti utensili
da cucina, per farsi spazio nel mondo, probabilmente
non poteva che suscitare sgomento, soprattutto nella
Sicilia della prima metà del secolo, nella quale
destava ancora curiosità la sempre più assidua
frequentazione dei luoghi di cultura da parte delle
signore, cui si riteneva fosse assegnato un destino
di ignoranza o di semi-analfabetismo. Certo, erano
rari i casi in cui una siciliana poteva dotarsi di
adeguati strumenti intellettuali: è proprio la
categoria dell’anomalia a definire la scelta
femminile della letteratura, per quel che riguarda
l’isola. La scrittrice costituiva un’eccezione nella
norma sociale e facilmente la sua eccezionalità
veniva accostata alla pazzia (come nel caso di
Mariannina Coffa)72 o alla malinconia (come nel caso
di Giuseppina Turrisi-Colonna).
Tuttavia, la presenza intellettuale femminile
s’imponeva. E vi furono anche uomini di cultura che
decisero di non ignorare tale presenza, coltivando
72 Le notizie che seguono relative alla biografia di Mariannina
Coffa Caruso vengono riprese prevalentemente da Fiume, M.,
Sibilla arcana, Mariannina Coffa (1841-1878), Caltanissetta,
Lussografica, 2000.
59
addirittura amicizie con l’altro sesso: ad esempio,
Michele Bertolami (1815-72) fu scrittore molto vicino
a Rosina Muzio Salvo, da lui incoraggiata
nell’attività letteraria; allo stesso tempo, egli si
occupò di un’edizione delle poesie di Mariannina
Coffa Caruso. Anche Francesco Paolo Perez fu mentore
di Giuseppina Turrisi-Colonna e mantenne un carteggio
con la Muzio Salvo; inoltre, dedicò versi alle donne
siciliane, caricandole d’importanti responsabilità73.
Si arrivò persino a riconoscere il coraggio di
alcune eroine risorgimentali, le cosiddette «donne
ribelli», non dedite all’attività culturale, delle
quali si conservano molti racconti.74
Giuseppina Turrisi-Colonna, Rosina Muzio Salvo,
Concettina Ramondetti Fileti, Mariannina Coffa,
Lauretta Li Greci, Letteria Montoro furono, ognuna a
suo modo, sia intellettuali che ribelli. Non tutte
nacquero a Palermo, ma la maggior parte di loro in un
modo o nell’altro gravitò intorno a questo centro,
che offriva buone occasioni di crescita culturale per
chi veniva dalla provincia e varie opportunità per
conoscere l’impegno di altre donne in letteratura.
Così Rosina, la più anziana del gruppo, a
ventiquattro anni si era trasferita nell’ex capitale,
trovando un ambiente stimolante e partecipando alla
vita pubblica. Non così Giuseppina Turrisi-Colonna,
nata sette anni dopo di lei, più riservata di
carattere: raramente usciva dal suo palazzo di
famiglia, in pieno centro, davanti la cattedrale,
schivando la vita mondana cittadina. Non è attestata
73 La lirica si trova in Desti Baratto, G., Studi storicocritici
sui poeti e verseggiatori e sulle poetesse siciliani,
Acireale, Ragonisi, 1892, pp. 28-9.
74Correnti, S., Donne di Sicilia. La storia dell’Isola del Sole
scritta al femminile, Catania, Coppola, 2002.
60
una conoscenza diretta tra la poetessa e Muzio Salvo,
ma di sicuro le due donne, note come le maggiori
scrittrici di Palermo, spesso affiancate dalla stampa
del tempo, conoscevano l’una le pubblicazioni
dell’altra. Rosina poteva leggere i versi della sua
concittadina anche grazie alla mediazione di Perez,
allo stesso tempo tutore di Giuseppina e
corrispondente della baronessa. Geograficamente
eccentrica rispetto al gruppo segnalato è la
personalità quasi sconosciuta di Letteria Montoro,
nata nel 1825 a Messina, sulla vita della quale
s’ignora quasi tutto75. Nonostante la distanza
dall’ex capitale siciliana, la messinese non doveva
essere sconosciuta alle scrittrici palermitane:
infatti, risulta tra le collaboratrici siciliane de
“La donna e la famiglia” di Genova, la stessa rivista
per la quale scrissero anche Rosina Muzio Salvo,
Mariannina Coffa Caruso e Concettina Ramondetti
Fileti. Quest’ultima, al pari di Rosina Muzio Salvo,
da cui la separavano quindici anni, abbandonò il
piccolo centro della provincia in cui era nata,
Sammartino, per vivere a Palermo, dove giunse ormai
trentenne rimanendovi dal 1850 al 1870.
Poche sono le notizie che la riguardano, ma
certamente conobbe la poetessa di Termini. Le due
autrici ebbero modo di frequentarsi negli anni
Cinquanta, si ricorda che entrambe collaborarono allo
stesso giornale, “La donna e la famiglia”.
È un dato certo anche la conoscenza tra l’autrice
di Sammartino e Mariannina Coffa Caruso, nata a Noto
75 Pochissime notizie relative a L. Montoro in M. Bandini Buti,
«Poetesse e scrittrici», in Enciclopedia bio-bibliografica,
vol. ii, Istituto editoriale italiano C. Tosi, Roma 1941-42, p.
350, in G. Di Pietro, Scrittori contemporanei siciliani,
Palermo, Amenta, 1878, p. 307, in Greco, O., Bibliografia
femminile italiana del xix secolo, cit., pp. 340-1.
61
nel 1841, figlia di un patriota liberale. L’amicizia
tra le due poetesse fu breve ma importante,
testimoniata da una corrispondenza in versi,
recuperata dal biografo Francesco Lombardo. Forse
sopravvalutato, ma certo significativo nella vicenda
personale della Coffa Caruso, spesso alla ricerca di
contatti intellettuali al di fuori del ristretto
ambiente netino, un simile scambio fondato su una
sorta di incoraggiamenti lirici tra due donne sembra
essere un fatto nuovo per i tempi. Anche
successivamente, Mariannina cercò di compensare il
suo isolamento, dovuto al ristretto ambiente ragusano
e a un quasi carcerario regime familiare, con la
ricerca di rapporti culturali non esclusivamente
siciliani, collaborando con riviste di tiratura
nazionale e iscrivendosi a numerose associazioni e
accademie letterarie. Provò ad esempio a scrivere a
Laura Beatrice Mancini Oliva, poetessa napoletana,
che però non rispose mai alle sue lettere.
Le difficoltà incontrate da Mariannina Coffa nel
tentativo di affermarsi nel mondo lettererario non
furono sconosciute a Lauretta Li Greci, poetessa che
trascorse a Palermo la sua brevissima vita76.
Prescindendo dalle date di nascita, si può dire che
fu la più giovane del gruppo, perché morì a soli
diciassette anni, pur riuscendo a legare il suo nome
ad una produzione poetica molto precoce. Le scarse
informazioni biografiche che la riguardano ci fanno
sospettare che non vivesse appieno l’ambiente
culturale palermitano. Eppure il suo nome viene
76 L’autrice viene ricordata nel Dizionario dei siciliani
illustri cit., p. 293. Una sua lirica, Presentimento della
morte, viene riportata da Ettore Janni all’interno
dell’antologia dei Poeti minori dell’Ottocento, Rizzoli, Milano
1955, p. 412.
62
ricordato da alcuni studiosi della cultura isolana
nonostante una produzione limitatissima; alla sua
morte venne addirittura seppellita in S. Domenico, il
pantheon dei siciliani illustri, onore che non toccò
nemmeno a Rosina Muzio Salvo, che pianse la giovane
poetessa in un componimento in versi77. Probabilmente
la storia di Lauretta Li Greci commosse i palermitani
al pari della sua poesia, tutta piena di sofferenza e
presentimento della sua fine prematura e ciò
contribuì a tenere vivo il suo ricordo. Le
personalità di cui si parla sono evidentemente
diverse tra di loro e non sempre in collegamento:
anche l’impiego del termine “gruppo” per una realtà
tanto eterogenea è inadeguato. Tuttavia, si possono
rintracciare delle costanti nelle vicende biografiche
e intellettuali della nostra autrice e di varie delle
sue contemporanee. Il primo dato è che tutte
provenivano da famiglie nobili o alto borghesi:
l’occasione per l’ingresso in letteratura era
l’educazione personalizzata ad opera di un precettore
privato. Questi spesso influenzava le scelte
letterarie dell’allieva, determinando frequentemente
in lei una riduzione del margine di autonomia
intellettuale: fu quanto accadde a Mariannina Coffa
con Corrado Sbano, almeno nella sua prima fase
poetica, e in parte a Giuseppina Turrisi-Colonna con
Giuseppe Borghi prima, con Francesco Paolo Perez poi.
Ancora fortemente subordinate a modelli maschili,
impegnate nelle traduzioni per aquisire una certa
padronanza della lingua letteraria. Non stupisce,
dunque, che Giuseppina Turrisi-Colonna si misurasse
con greco e latino; la Muzio Salvo col francese e
77 Muzio Salvo, R., In morte di Lauretta Li Greci, riportato in
Janni, I poeti minori cit., p. 410.
63
l’inglese; o che Ramondetta Fileti traducesse in
italiano alcuni racconti di Poe. Questo lavoro fu per
loro un esercizio linguistico, oltre che una forma di
apprendistato poetico, anche perché a metà Ottocento
chi tentava la strada della letteratura nella maggior
parte dei casi si esprimeva in un idioma molto
diverso da quello materno, soprattutto in Sicilia,
dove ancora, in accordo con le diffuse correnti
separatiste, era possibile proporre il siciliano come
lingua ufficiale. Le artiste isolane entravano in
possesso dell’italiano letterario dopo un intenso
lavoro, guidato o autonomo, sebbene talvolta qualche
impronta dialettale fosse riscontrabile nella loro
scrittura. La sicurezza nell’uso della lingua può
esser messa in relazione con la loro formazione
culturale: ad esempio, la Turrisi-Colonna, che si
avvalse dei migliori maestri e che ebbe una delle più
solide preparazioni letterarie tra le autrici del
gruppo, potè addirittura sorprendere i salotti
toscani per la padronanza del fiorentino78. Un altro
elemento comune alle autrici siciliane fu la
frequente collaborazione con giornali: tranne
Lauretta Li Greci, tutte parteciparono alla
pubblicazione di almeno una rivista. Ma ciò che
sembra caratterizzarle è innanzitutto il fatto di
essere, ognuna a suo modo, ‘ribelli’, non rassegante
al proprio destino. Innanzitutto, lo diventarono
affrontando la scelta del loro difficile ruolo di
intellettuali-donne, perché insidiavano in qualche
modo il predominio maschile della parola scritta. In
secondo luogo, conducevano spesso battaglie nella
78Galeotti, M., «Elogio di Giuseppina Turrisi Colonna», in
Poesie edite e inedite di Giuseppina Turrisi Colonna, Ruffino,
Palermo 1854, p. XIII.
64
sfera privata. Estenuante fu la lotta di Mariannina
Coffa contro l’istituzione del matrimonio, avvertita
come menzogna sociale, sacrificio castrante per una
donna delle sue qualità: infatti, ella dovette
mortificare le ragioni del cuore a quelle della
morale borghese, interrompendo il suo fidanzamento
con l’amato Ascenso Mauceri, per assecondare il
volere della sua famiglia con un matrimonio di
convenienza destinato a darle infelicità. L’autrice
reagì con la scrittura clandestina e, soprattutto nei
suoi ultimi anni, con un comportamento fuori dalla
norma, coltivando interessi per la teosofia e il
magnetismo, di moda al tempo, e intessendo rapporti
con personaggi non ben visti dall’ambiente netino e
siciliano in genere, come Migneco e Bonfanti, il
farmacista cui spesso si rivolse e al quale fu molto
vicina non senza scandalo poco prima della sua morte.
Invece, Giuseppina Turrisi-Colonna si oppose alla
tradizione dei matrimoni combinati con una ribellione
silenziosa ma ferma, poiché decise di non accettare
nessuna proposta di nozze fino a quando non le fosse
consentito di coronare il suo sogno d’amore con
Giuseppe De Spuches. Queste letterate, inoltre,
vollero spronare le altre rappresentanti del loro
sesso perché, attraverso la poesia, cominciassero a
comprendere e coltivare l’amor di patria. Come già
Laura Beatrice Mancini Oliva e Maria Giuseppina
Guacci nell’area napoletana, anche la TurrisiColonna,
come vedremo, la Muzio Salvo e la Coffa
Caruso intitolarono spesso le loro poesie alla donna,
in generale, o alle siciliane più in particolare. Le
destinatarie di tali liriche potevano essere
personaggi storici noti oppure figure simboliche,
come madri e formatrici e incarnazioni di un ruolo
65
materno ed educativo nuovo. L’esigenza di coinvolgere
nella propria produzione poetica altre donne era
forse indice di una sensibilità diversa e di una
ricerca di solidarietà per un dolore che scaturiva
dal limite della condizione femminile, dalla
solitudine che spesso accompagnava la reclusione
domestica o la scelta di un impegno letterario non
sostenuto dai congiunti. Una donna che si rivolgeva
ad un’altra donna sperava di poter contare su una
comunicazione ulteriore e sottintesa. Questo forse è
anche il valore di quella che potrebbe sembrare
un’attività casualmente contemporanea di un gruppo di
autrici, accomunate solo dai disagi della propria
situazione, dalla terra, dal periodo di nascita e
dalla scelta della scrittura come impegno nel proprio
tempo: ognuna trovava il suo modo di tradurre la voce
che era in lei in varie forme d’espressione. Oltre
che con contributi intellettuali, le donne dell’isola
parteciparono alla grande rivoluzione siciliana del
1848-49, con gesti che rivelarono un eroico e
impavido amore verso la Patria: ricordiamo ad esempio
il caso della palermitana Santa Astorino, che sparò
il primo colpo di fucile il 12 gennaio 1848; o Rosa
Donato che a Messina contribuì alla difesa della
città con un suo cannoncino semovente; o il caso di
alcune donne che a Siracusa costruirono un forte, che
in loro onore fu chiamato il "Forte delle Dame". Il
coraggio di queste donne sicialiane, il loro senso
del dovere, l’amore verso la Patria diedero vita,
inoltre, alla già menzionata "Legione delle Pie
Sorelle" che anticipò la Croce Rossa Internazionale,
poi fondata a Ginevra sedici anni dopo, nel 186479.
79 Correnti S., Breve storia della Sicilia, dalle origini ai
giorni nostri, cit.
66
Altre invece, come già evidenziato, contribuirono
alla rivoluzione culturale del Risorgimento siciliano
attraverso la parola. Giuseppina Turrisi Colonna,
seppe parlare, profeticamente, già nel 1847 di
quell’uguaglianza tra i sessi di cui ancora oggi
tanto si discute:
”Né trastullo, né servo, il nostro sesso
col forte salga a dignità conforme!"80
La "dignità conforme", di cui parla la poetessa
siciliana nel 1847, ventidue anni prima del primo
saggio europeo sull'assoggettamento delle donne, (The
Subjection of the Women di John Stuart Mill,
pubblicato a Londra nel 1869) rappresenta un
messaggio di grande modernità. Ma vediamo di
conoscere più in dettaglio la vicenda umana e
letteraria che riguarda la giovane poetessa
siciliana.
La vita di Giuseppina Turrisi Colonna
Giuseppina Turrisi Colonna nacque a Palermo il 2
aprile del 1822, nel palazzo dei Turrisi, di fronte
alla Cattedrale, dal barone Mauro Turrisi, e da
Rosalia Colonna (una lapide sul muro ricorda
l’avvenimento). Antica nobiltà quella della madre,
più recente, ma ricca di feudi quella del padre.
Giuseppina crebbe in un ambiente colto, ma
ovattato, e fu molto legata alla madre, ai fratelli e
a uno zio paterno. Sin da fanciulla rivelò uno
80 Alle donne siciliane, in Turrisi-Colonna, Poesie, cit., p.
197.
67
spiccato interesse per lo studio, e la letteratura in
particolare.
La poetessa, come la sorella Anna, fu allieva di
Giuseppe Borghi, su sollecitazione del quale a soli
quattordici anni compose alcuni inni, ispirati ai
manzoniani Inni sacri. L’opera di Giuseppina, però,
come evidenzieremo più avanti, lontana da qualunque
tipo di cristiana rassegnazione, rivelava già toni
accesi da un appassionato spirito civico, che dà vita
ad una “lirica eroica", estranea allo stile dello
stesso Borghi.
A Palermo, dove trascorse gran parte della propria
esistenza, dedicandosi con ammirevole impegno allo
studio delle lingue antiche, ebbe come maestro anche
Michele Amari, storico dei Vespri Siciliani. Notevoli
doti intellettuali e una moderna, quanto emancipata,
sete di conoscenza vennero manifestate da Giuseppina
già in età precoce: «Chiusa nella sua abitazione
ripudia le cure femminili […], è la virago per
eccellenza, e il femmineo costume, apparendo a lei
caduca usanza, alteramente lo disdegnò».
81
Sappiamo, inoltre, che ebbe un’approfondita
conoscenza della più rilevante produzione poetica
europea contemporanea:
[...] nè il lungo studio e il grande amore, che cercar le
fece que’ volumi eterni di ogni poetico magistero fu in essa
scemato dalla fatica e difficoltà immensa, ch’ebbe a sostenere,
per conoscere originalmente i migliori poeti delle più colte
nazioni moderne, e Spagnuoli, e Inglesi, e Francesi, e
Tedeschi. Dappoichè tanta prese con gli idiomi loro
dimistichezza, da non solamente assaporarne ogni pregio intimo
81Guardione, F., Lettere d’illustri italiani a Giuseppina
Turrisi-Colonna e alcuni scritti della sorella Anna, Palermo,
Tipografia editrice del Tempo, 1884, p. 19.
68
d’eleganza, ma eziandio da parlare in ciascheduno di essi e
scrivere speditamente82.
Del resto, la casa dei Turrisi, come si legge in
alcune memorie dell’epoca, era frequentata da dotti
letterati siciliani. Scrive il Di Carlo: «in quella
casa si studia con serietà di intenti, vi si ha il
culto del sapere, della scienza, delle lettere, delle
arti belle, delle grandi idee di Patria e libertà»83.
E a quest’ideale di Patria e libertà Giuseppina
consacrò gradualmente le sue rime e la sua vita
brevissima.
Dopo i primi componimenti di tematica filosofica e
religiosa, pubblicati tra il 1836 e il 1841,
Giuseppina si dedicò gradualmente e sempre più
apertamente ad argomenti patriottici e civili. Pare
che a ciò avesse contribuito l’influenza del
precettore Francesco Paolo Perez, che, a differenza
d
69
membra delicate ed esili un’anima di ferro e di
fuoco, una perpetua battaglia tra le cure casalinghe
e modeste prescritte alla donna, e il desiderio di
una vita avventurosa, com’è del soldato e del
marinaio»
86.
Nel 1841, a soli 19 anni, Giuseppina pubblicò il
suo primo volumetto di poesie.
In esse l’autrice ricordò esempi civici che
contribuissero a scuotere le coscienze dei
contemporanei, e delle contemporanee in particolare.
Scrisse per esempio di Aldruda, nobildonna che nel
1174 aveva guidato i suoi concittadini alla
liberazione contro tedeschi e veneziani. Scrisse di
Giovanna d´Arco, sognando di imitarla con il fine di
destare le "sicane menti".
Varie altre figure femminili come Gaspara Stampa o
Vittoria Colonna popolano le liriche della Turrisi,
tutte esempio di alto ingegno, e sprone per le
lettrici, che incalza e stimola a reagire perché
siano forti e audaci come i modelli femminili
proposti.
La partecipazione attiva della giovane poetessa
siciliana alla vita culturale del resto del paese è
evidenziata anche dalle amicizie, spesso epistolari,
che la giovane riuscì a instaurare con illustri
intellettuali italiani dell’epoca. Per esempio le due
sorelle Turrisi-Colonna conobbero Massimo d’Azeglio
durante un viaggio di questi in Sicilia nel luglio
del 1842. E tramite il D’Azeglio ebbe inizio una
cordiale corrispondenza tra Giuseppina e il milanese
Tommaso Grossi, autore della fortunata novella in
ottave Ildegonda, uscita a Milano nel settembre del
86Zanella, G., «Della vita e degli scritti di Giuseppina Turrisi
Colonna», in Scritti Varii, Firenze, Le Monnier, 1877, p. 295.
70
1820. Al noto intellettuale lombardo, la Turrisi
Colonna aveva fatto pervenire una copia di una delle
sue pubblicazioni. Dono che lo scrittore gradì con
parole di stima e riconoscenza:
Ora adempio di tanto maggior buona voglia a questo dovere, in
quanto che alle grazie che le debbo per la troppo compiacente
cortesia da lei usatami, posso aggiungere le mie sincere e
vivissime congratulazioni pel valore che dimostra nella nobile
e generosa palestra, in cui cosi giovinetta è con tanta
sicurezza discesa. La scelta degli argomenti sempre veri,
importanti e morali, l’indole grave e meditata dei diversi
sentimenti che vi si manifestano, e sopra tutto la soavità
delle domestiche immagini e dei domestici affetti intimamente
sentita, e rivelata da soavi armonie, m'hanno tocco più volte
di cara maraviglia, e m'hanno fatto desiderare che la mia
parola potesse aver pure qualche peso, onde efficacemente
confortarla, gentilissima signora, a correre con alacrità
coraggiosa una carriera nella quale ha dato cosi valorosamente
i primi passi. La prego a volermi considerare quale con vera
stima ed ammirazione ho l'onore di dichiararmi Dev.mo
servitore, Tommaso Grossi87
.
Molti intellettuali dell’epoca elogiarono le
capacità artistiche della giovane poetessa, e le
fornirono, in alcuni casi utili suggerimenti
tecnici88. Riportiamo, solo per avere un’idea della
stima della quale godè la scrittrice, alcuni degli
elogi raccolti nella già citata raccolta epistolare a
cura di Francesco Guardione:
87 Guardione, F. (a cura di) Lettere d’Illustri Italiani e
alcuni scritti della sorella Anna, cit., p. 44.
88«Non si stanchi di. studiare, e veda che il pensiero e la
forma corrano spediti e di pari passo. Studi i sommi, vale a
dire i pochi, e lasci in disparte il branco degli scrittori. Le
letterature Straniere le sieno di sussidio, la nostra di
fondamento. Scriva sopratutto le terzine e le ottave ; questi
metri gravi che, a chi ben guarda, chiùdono in sé tutti gli
altri, le daranno virtù di signoreggiare i metri minori […],
Arezzo 12 marzo 1846 ,G. Giusti», ibidem, p.51;
71
Io appena credo a me stesso, poiché è forza credere a voi;
come a sedici anni sapete fare quei versi? O chi vi susurrò
agli orecchi quei modi eletti ? Chi vi ispirò nell' anima
cotesta armonia mestissima, ed arcana? Io ben sapeva, che le
Muse sempre si piacquero immaginare in Sicilia cose belle, e
quel caro Meli me lo avea insegnato: ma né sapeva né credeva di
vedere scorrere in Sicilia le linfe purissime del sermone
nostro , eh' io teneva per fermo non potessero scaturire d'
altronde che dal mio appennino. F. D, Guerrazzi89
.
Da tutti i suoi componimenti traluce un alto ed affettuoso
animo, pieno di quella dolce malinconia ch’è perpetua dote de'
buoni ingegni, ed in ispezialità io ho avuto cagione di notar
cosiffatto privilegio nei versi intitolati all' angelo mio in
quelli a suo fratello Niccolò, ed in alcuni altri […],Af. G.
Guacci Nobile90
.
Nei versi della Turrisi mi sembra che ognuno debba ammirare
la spontaneità, la grazia, l'armonia e più che spesso
l'eleganza. Far meglio in età cosi giovane e digiuna ancora di
forti studii e profondi credo non sia possibile. Quello poi che
mi contenta sopra tutto è il vedere che Ella non può fingere a
sé medesima né un pensiero né un affetto. Ma le é forza cantare
di quelle cose che sente ed ama con tutta l’anima. E però la
sua poesia sgorga veramente di vena e splende talvolta d’una
semplicità che innamora, Terenzio Mamiani all’Ilmo.Sig.
Vincenzo Favara Palermo91
.
Un notevole rinoscimento giunse, poi,
dall’Accademia Aretina di Scienze, Lettere ed Arti,
che volle annoverarla tra i suoi membri.
Eccellenza, Questa nostra Accademia Aretina, desiderosa
sempre di rendere omaggio al vero merito, si è recata ad onore
di ascrivere, fin dal di i del corrente marzo, nell’Albo dei
soci corrispondenti anche l’E. V. come una delle più gentili e
89 Ibidem, p.40-41.
90 Ibidem, p.54.
91 Ibidem, p.66.
72
delicate cultrici delle Muse Italiane, e nutre speranza di
vedersi onorata di qualche poetico frutto del di lei
feracissimo ingegno. Nell'atto che col più vivo piacere Le
trasmetto per mezzo del chiarissimo signor professore G.
Borghi, suo degno maestro ed amicissimo mio, il relativo
diploma. La prego ad accogliere di buon animo questa
testimonianza di estimazione sincera della mia Patria, ed i più
vivi sentimenti di considerazione di chi ha il pregio di essere
Della Eccellenza Vostra Arezzo 12 marzo 1846 Dev.mo ed obbl.mo
servitore, Antonino Guadagnoli, Arezzo 12 marzo 184692
.
All’apertura al mondo culturale italiano contribuí
anche da un breve soggiorno della poetessa a Firenze,
prima ed ultima esperienza fuori dall’isola natia.
Nel 1846, anno in cui, come abbiamo detto, fu
pubblicata una sua raccolta di liriche che ottenne
grande successo in Lombardia, Toscana, Sicilia e a
Napoli, si recò, infatti, insieme alla madre in
Toscana, dove ebbe la possibilitàdi incontrare
numerosi intellettuali dell’epoca, tra cui Nicolini,
Guerrazzi, Giusti; in questa occasione la giovane
Giuseppina, stando a quel che scrive Francesco
Guardione, sviluppa un ‘gentilissimo affetto’ per il
capoluogo toscano, che abbandona malinconicamente per
ritornare ai più cari affetti siciliani:
Ella con infinito piacere dimorò fra essi [i fiorentini] tre
mesi e volle, che, parute buone a quei Savi, uscissero in luce,
nella beata Firenze, in un volume raccolte, le migliori sue
liriche. E quel volume terminar le piacque con quattro stanze
altamente inspirate dall’illustre città, e venute in guisa
spontanee dall’intimo del suo core commosso, che questo v’è
tutto rivelato; essendo che per una parte avrebbe voluto [...]
tutta trasformarsi nella patria di Dante: dall’altra era di
quel desio più forte l’amor dei suoi, che la costringea di
ritornar nella patria Isola, ‘dov’è il ciel sì pio’, e a
92 Ibidem, p. 49 – 50.
73
ritornarvi (si noti che ben disse Platone esser fatidiche le
sentenze de’ poeti, dall’infausto presagio, pur troppo con
grande dolore verificatosi) per chiudere gli anni amari93.
Il viaggio in Toscana contribuì, stando alle parole
del Guardione, a che «la fanciulla dapprima,
unicamente in Sicilia, avversando il municipalismo,
sì allora radicato», levasse «la mente sublime
all'idea nazionale»94; ma l’apertura mentale e la
capacità di ‘lanciarsi sopra soggetti Patri’, venne
già notata negli scritti della Turrisi anche da una
delle interlocutrici epistolari della scrittrice, la
nobile Isabella Rossi Gabardi Brocchi, che colse
nelle liriche della giovane tanto l’ampio respiro
nazionale, quanto le limitazioni sociali e
geografiche che tarpavano le ali della sua creatività
e del suo desiderio d’emancipazione:
La poesia alle “Donne Siciliane” quella al “l’Aldruda”,
“Ottavio d'Aragona”, le “Rimembranze”, “Firenze” e molte altre
trovo bellissime; e più che tutte a senso mio l’ “Addio
all'Italia di Byron” ed “Un Sepolcro a Termini”, poiché ivi
scorgo la Cittadina più che la Donna, perchè li più che altrove
emerge, non “l’individualismo” che si aggira, e ripiega nelle
proprie sensazioni, ma l'effusione larga, spazzante dello
spirito, che si lancia sopra soggetti Patri, grandi,
“interessanti ogni cuore, ogni persona, ed ogni classe”. Deh
potessi io farla infiorentinire! Deh! Potesse Ella, allora
trovarsi libera di correre nei vasti campi del Genio, che la
chiama ad altra meta, non circoscritta dai ceppi delle
convenienze e degli usi imposti troppo severamente alle donne
del suo Paese! Firenze 38 luglio 1846, Dev.ma obbl.ma aff.
amica e serva , Isabella Rossi Cont. Gabardi Brocchi95.
93 Guardione F., «Elogio di Giuseppina Turrisi Colonna», in
Liriche di Giuseppina Turrisi Colonna, cit., p. XXX.
94Ibidem, p. 13.
95Ibidem, p. 53.
74
Nel 1847 Giuseppina sposò il siciliano Giuseppe de
Spuches, principe di Galati, letterato, poeta e
grecista. Dopo soli dieci mesi di matrimonio, e dopo
essere diventata madre, la giovane poetessa morì a
Palermo a soli ventisette anni. Il genio letterario
della scrittrice, rapito «alle speranze della
Patria», viene celebrato nella commossa iscrizione
funebre che il marito fece porre sul monumento a lei
dedicato presso la chiesa di San Domenico, a
Palermo.96
La sorella Anna, pittrice, morta anch’essa
precocemente, riposa con lei nel Panteon palermitano.
Per le sue alte doti artistiche venne da alcuni
contemporanei considerata una novella “Saffo”:
[...] se il Leopardi può dirsi in qualche modo l'Alceo de’
tempi nostri, la Turrisi Colonna, se fosse vissuta più a lungo,
avrebbe potuto diventarne la Saffo97.
La città di Palermo, e molte altre città siciliane,
hanno dedicato a questa giovane scrittrice alcuni dei
più rilevanti istituti educativi della regione, anche
se la sua fama è ben lungi dalle celebrazioni e
96 Alla memoria
di Giuseppina Turrisi Colonna Principessa di Galati
Angelo di sembianze e di core
Prodigio d’intelletto per letterario sapere per poetica
fantasia
che nel fiore degli anni
rapita alle speranze della Patria e dei suoi
vivrà negl’ispirati suoi carmi
e nella luce delle sue virtù
Giuseppe de Spuches Principe di Galati
consorte dolentissimo
Q. M. P.
Nacque in Palermo il 3 aprile 1822.
Morì il 17 febbraio 1848.
Ahi sì presto!
97 Zanella, G., «Della vita e degli scritti di Giuseppina
Turrisi Colonna», in Scritti Varii, cit., p. 295.
75
auspici di gloria di cui alcuni contemporanei la
ritennero degna:
[...] ci gioverà credere che più alto monumento [che quello
funebre] le venga innalzato nel tempio della gloria italiana.
[...] Ond’è, non stimiamo orgogliosa affermativa, che non
tarderà ad essere riverita sovrana di tutte le poetesse
italiane Giuseppina Turrisi Colonna98.
Le
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