la
questione dei “maragmeri”.
Il Titone scrive (op. cit. pag. 58 nota 8): «Maramma val
quanto fabbrica: masse e maramme si chiamano quindi le amministrazioni delle
rendite destinate al mantenimento e restauri dei sacri edifizi». Il termine
“maramma” è dialettale, ma risale a data antica (lo ritrovo in un diploma del
15 luglio 1489). E’ termine giuridico, tant’è che trovo un intero titolo del
Codice Ecclesiastico Sicolo di Andrea Gallo (libro III, pag. 121 e segg.)
dedicato appunto alle maramme. Stando ad alcune disposizioni del De Ciocchis,
emergono la seguente terminologia e le seguenti locuzioni:
« XIV. Della riparazione delle
chiese, delle Maramme e degli spogli dei prelati.»; « introitus Maragmatis»;
«reditus Maragmatis administrantur
antiquitus per duos Maragmerios qui a rege tamquam Ecclesiae Patrono
eligebantur»; «.. hi duo Maragmerii non ecclesiastici a solo Senatu
[eletti]»; «Caeterum quod expensiones,
quietantiae, mandata syngraphe de recepto, ac omnes quicumque actus, ab utroque
simul Maragmerio fiant sub poena nullitatis»;
«capsa depositi Maragmatis, servetur in thesauro Ecclesiae»
Ferdinando
II di Castiglia Re di Sicilia e per lui Ferdinando di Acugna Vicerè di Sicilia
sancisce che «niuno officiale marammiere
che ha incarico della costruzione di una Chiesa, vi possa apporre, dipingere o
scolpire le sue armi gentilizie.» [ Palermo 15 luglio 1489. Prag, Regni
Siciliae Tom. II. tit. 42. pragm. Unica pag. 404].
Da quanto sopra mi pare che emerga che il “marammeri” o
“marammiere” (alla latina “maragmeri”) più che un tecnico simile al nostro
“geometra” era un amministratore (religioso, ma qualche volta laico) di
istituzioni per la costruzione o la conservazione di edifici sacri (Fabbrica,
massa , maramma, dice il Titone).
Quanto a Racalmuto, trovo tra i miei appunti questo passo
del registro della “Fabrica” della Matrice:
2 31.8.1677 A m.° Vincenzo Picone mandato di maramma onze setti, e tarì
dudici per haver fatto altri ripari alla matrice chiesa, cioe per fare lo
Campanaro per gisso, mastri, petri et acqua, et altri -/ 4 - per molti adobbi
al solo della chiesa -/ 1. per mettere tre legnami ... per gisso et altre -/ 2.12. come per
mandato spedito, et apoca in d. notaro a 15. 8bre p.ma Ind. 1677 dico -/ 7 12
Alla luce delle precedenti puntualizzazioni, debbo quindi
ritenere che il Picone non era ‘marammieri’ ma soltanto destinatario di
incarichi da parte della “maramma” della Matrice. E ciò a rettifica di quanto
un tempo ritenevo.
Spostiamoci di qualche decennio. A
Racalmuto si ruba, si fa dell’abigeato. Del resto, accanto ai poveri in canna,
v’è gente che possiede varie terre, ha frumento, ha casa in paese, possiede
capre, si permette persino “una mutanda”. Tale Lorenzo Pitruzzella è uno di
questi. E’ preso di mira dai paesani poveri – e ladri – e se ne dispera. Ricorre
al vescovo: spera che una delle tante “monitoriali”, con la comminazione di
gravi pene religiose, di plateale scomunica, possa commuovere il protervo
ladro, sicuramente un vicino senza beni di fortuna. La Monitoriale arriva: i
beni rubati - siamo sicuri – no.
Die
11 agusti 1643
Factae
Monitoriales directae rev. Archipresbytero terrae Racalmuti ... Semo stati
significati da parte di Lorenzo
Pitruzzella di ditta terra qualmenti ci sono stati sgarrati novi bestioli,
rubati salmi mutanda nella sua casasei
di furmento nel suo magazeno, rubati dui crapi, una naca afforata alla Menta …»
Correva l’anno del Signore 1686: il
francescano Francesco Maria Rini dominava la diocesi di Agrigento. Racalmuto
sembra preso da un empito religioso, e, quel più conta, ha voglia di
subordinarsi fino all’inverosimile alle autorità ecclesiastiche del capoluogo.
Nella chiesa di San Michele – poi divenuta il Collegio per sopraffazione degli
arrampanti Tulumello, più o meno in veste di neo-baroni – si vuole una sorta di
perenni Quarantore: vi suol conservare il Santissimo in perpetuo. L’uomo “pio”
è il racalmutese arciprete Vincenzo Lo Brutto, la cui ladipe funerea giace
nell’abside dell’estreneo S. Giovanni Bosco in Matrice, almeno finché il
calpestìo delle locali beghine – ed il loro furore postmestruale – lo
consentiranno. Vi era in S. Michele la confraternita del Purgatorio: ve l’aveva
dirottata l’autoritaria pietà di Donna Beatrice Del Carretto, nata Ventimiglia,
sfrattandola dalla chiesuola di Santa Rosalia. Il vescovo francescano ha stima
di quei “frati” laici e gratificandoli della “salute sempiterna nel nome del
Signore” (Dilectis nobis in Xhristo filiis devotis Gubernatori e confratribus
Venerabilis Societatis animarum S.ti Purgatorii fundatae intus venerabilem Ecclesiam
S.cti Michaelis Arcangeli Terrae Racalmuti … salutem in Domino sempternam) gli
affida nientemeno che l’ «augustissimum Eucaristiae Sacramentum.» La chiesa
era, del resto, decenti muro et in loco satis ad hoc comodo constructa,
reddittum dives, iocalium omnium bene ornata, lampadam diu noctuque accensam
habens.» Era il 17 giugno del 1686. Firmava il provvedimento il vescovo fr.
Franciscus Maria Episcopus Agrigentinus. Controfirmava il canonico Lumia.
Rogava il notaio Vincenzo Calafato.
Qualcosa di analogo avveniva nella
Chiesa del Monte ove era insediata la più coriacea confraternita di Santa Maria
del Monte. Intermediario il solito arciprete Lo Brutto. Quando assistimiamo
impotenti all’agiografico osannare il padre Signorino, pur meritevole prete
racalmutese ma del settecento, ci viene in mente questa lapidaria descrizione
della Chiesa del Monte risalente alla metà del Giugno del 1686: «ecclesia – vi
si dice - decenti muro et in loco satis
ad hoc comodo constructa, reddittum dives, iocalium omnium bene ornata,
lampadam diu noctuque accensam habens», che sarà stata stantia formula rituale
ma qualcosa di vero doveva pure contenere.
Forse è annotare che in tempi tanto
calamitosi, con miseria e pessima nutrizione, con tanti braccianti alloggiati
ancora in grotte o in case “copertae palearum” come ai tempi del’esattore
papale, l’arcidiacono Du Mazel, tanta voglia di esporre il Santissimo in troppe
chiese – sontuose al confronto del circostante ludibrio abitativo – appare
irridente, forse addirittura sacrilega.
* *
*
Francesco Lo Brutto aromatario
Scrivevo qualche mese fa:
Non
sono disponibili dati anagrafici su Francesco Lo Brutto. Riteniamo che fosse
molto più anziano del sac. Santo Agrò e gli sia premorto, ragion per cui non
può avere sostenuto le spese di miglioria della nuova matrice, specie quella a
tre navate che sappiamo operante solo dopo il 1662. Nella numerazione delle
anime del 1660, il nominativo non figura per nulla e quindi era deceduto da
tempo.
Una recentissima consultazione del
Rollo Primo del Suffragio apre qualche spiraglio sulla identità di questo
speziale del seicento tramandatoci dal Pirri. Ai fogli 72 e seguenti abbiamo la
cronistoria di un legato di don Gaspare Lo Brutto alla Confraternita del
Santissimo Suffragio delle Anime dei defunti fondata nella Matrice. La lettura
degli atti ci consente di stabilire che il sacerdote è figlio di Antonino Lo
Brutto e che l’aromatario Francesco Lo Brutto era un suo fratello. Gli atti
risalgono al 20 ottobre 1616 ed al 3 ottobre 1617.
Da qui è piuttosto agevole risalire
al nucleo familiare secondo quel che emerge dal Rivelo del 1593. Non vi
dovrebbero essere dubbi che il “fuoco” in questione sia il seguente:
604
|
2
|
224
|
LO BRUTTO ANTONINO
|
CAPO DI CASA DI ANNI 48 - CONSTANZA SUA MUGLERI - VINCENZO SUO
FIGLIO DI ANNI 18 - GIAIMO SUO FIGLIO
DI ANNI 17 - FRANCESCO SUO FIGLIO DI 15 - JOSEPPI SUO FIGLIO DI ANNI 10 -
GASPARO SUO FIGLIO DI ANNI 5 - ANTONELLA SUA FIGLIA - NORELLA SUA FIGLIA
|
L’aromatario del Pirri dunque nacque
a Racalmuto attorno al 1578 da Antonino e Costanza Lo Brutto. I suoi fratelli,
oltre al sacerdote che morì molto giovane (il 4 ottobre 1617 secondo il Liber
c. 2 n.° 31), furono Vincenzo (nato attorno al 1575), Giaimo (nato attorno al
1576) e Giuseppe (nato il 19.1.1585); le sue sorelle: Antonella (nata il 26.9.
1581) e Norella.
Quest’ulima si sposò con un fratello di Pietro
d’Asaro:
23 10 1622 D'ASARO
BARTOLO di GIOVANNI q.am e di GIOVANNA
con LO BRUTTO Leonora di Antonino q.am e di Constanza. Testi: Curto cl.
Panphilo e Sferrazza Mariano. Sacerdote: Sanfilippo don Gioseppe Trattasi del fratello del Pittore . Bartolo era nato il
10.12.1597.
Don Gaspare Lo Brutto morì dunque
all’età di 29 anni come dal seguente atto e fu sepolto a S. Giuliano:
4
|
10
|
1617
|
Lo Brutto
|
don Gasparo
|
S. Giuliano
|
per lo clero
|
gratis
|
Ecco come è ricordato nella visita
del 1608:
cl: Gasparo Brutto an: 20 cons. ad
duos p. min. ord. die 19 maij 1606 Panormi
Un giorno prima di morire fa
testamento e dispone il seguente legato in favore della Cappella del Suffragio
delle Anime del Santissimo Purgatorio fondata nella Matrice chiesa:
Est
sciendum qualiter iner alia capitula donationis mortis causa condite per condam
don Gasparem Lo Brutto in actis meis infrascripti sub die iij octobris prime
ind. 1617 extat capitulum pro ut infra:
Item
dictus donans donavit et donat legavit et legat Confraternitati SS.mi Suffragij
Animarum SS.mi Purgatorij fundate in Hac Terra Raclmuti tt.os viginti quatuor
redditus de summa supradictarum unciarum trium anno quolibet debitarum per
dittum Don Antoninum Capoblanco ad effetum celebrandi missas viginti quatuor de
requie pro animas defunctorum anno quolibet in perpetuum scilicet: missas
duodecim in quolibet nono die mensis novembris cuiuslibet anni et missas
duodecim hoc est in die lune cuiuslibet mensis unam missam in perpetuum quoniam
sic voluit et non aliter.
Ex actis meis not. Natalis
Castrojoanne Racalmuti.
Il 20 ottobre del 1616 don Antonino
Capobianco era ancora chierico. Egli è costretto a sistemare una intricata
vicenda giudiziaria proprio con don Gaspare Lo Brutto. Questi è però già
infermo e manda al suo posto proprio l’aromatario ricordato dal Pirri,
Francesco Lo Brutto appunto. Il resoconto trovasi nell’atto del Rollo del
Suffragio (f. 72)
Die xx octobris XV ind. 1616
Notum facimus et testamur quod
Franciscus Lo Brutto Aromatarius huius terre Racalmuti tamquam commissariatus
D. Gasparis Lo Brutto eius fratris a quo dixit habere tale specialem mandatum
... sponte quo supra nomine pro heredibus et successoribus dicti D. Gasparis in
perpetuum vendidit et alienavit ..
clerico Antonino Capoblanco eiusdem terre Racalmuti ... unam vineam de aratro
arboratam cum eius clausura in duabus partibus cum suis puntalibus domo
torculari limitibus maragmatis gessi et alijs in ea existentibus sitam et
positam in feudo predicto Racalmuti et in contrata Garamolis secus vineam
Hyeronimi Capoblanco ex una et secus aliam vineam dicti clerici Antonini
emptoris et secus vineam heredum quondam Nicolai Capoblanco minoris et secus
vineam Antonini Curto Bartholi et alios confines; et eademmet bona quae
possidebat Nicolaus Capoblanco maiori, dictoque don Gaspari uti ultimo emptori
et plus offerenti predicta bona liberata per primum et secundum decretum et
actum possessionis inclusive redactum penes acta curie dicte Terre Racalmuti
diebus etc. banniata et subastata ad instantiam quondam Antonini Lo Brutto et
pro ut melius est expressatum et declaratum in dictis decretis superius
calendatis ad quae in omnibus et per omnia plena habeatur relatio et me refero et
non aliter nec alio modo.
Totam dictam vineam cum omnibus
supradictis etc. subiectam dictam vineam cum arboribus ... cum eius solito
onere census proprietatis et directi dominii debiti et anno quolibet solvendi
ill.i Comiti dicte Terre Racalmuti a quo ill.e proprietario prefati
contrahentes ad invicem proprio eorum nomine licentiam auctoritatem et
consensum reservaverunt et reservant cum debita et solita protestatione
mediante
Et hoc pro pretio unc. triginta
quatuor p.g. de pacto et accordio inter eos absque estimatione ... de
quibusquidem unc. 34 quoad uncijs quatuor dictus clericus Antonius dare
realiter et cum effectu solvere promisit et promittit dicto d. Gaspari absenti
..
Et pro alijs uncis triginta ad
complementum dictarum unc. 34 dictus clericus Antonius vendidit et subiugavit dicto d. Gaspari Lo Brutto uncias tres
redditus censuales et rendales .. super dicta vinea
Item in et super quamdam aliam
vineam sitam et positam in dicta contratasecus supradictam vineam et secus
dictam vineam Antonini Curto de bartolo et secus vineam dictorum heredum
quondam Nicolai Capoblanco
Item in et super duabus domibus
terraneis existentibus in dicta terra et in quarterio Fontis secus domos
heredum quondam Vincentij Mannisi ex una et secus domos dicti Hieronimi Capoblanco
ex altera
Testes Franciscus Manueli D. Michael Barberi et Joannes Franciscus
Pistone
Ex actis meis not. Simonis de Arnone.
In actis curie juratorum ..Grillus mag. not. Franciscus
Anche don Antonino Capobianco ebbe
breve vita. Crediamo che sia una delle innumerevoli vittime della peste del
1624. Già il 22 novembre 1626 risulta deceduto. Naturalmente la cappella del
suffragio si fa parte diligente nella riscossione del legato. Tocca al solerte
don Santo d’Agrò, nella sua veste di deputato della Cappella del Suffragio
delle anime del santissimo Purgatorio, fondata nella chiesa Maggiore, di
sollecitare gli eredi, come dalla seguente carta notarile (Rollo Suffragio f. 75):
Die XXII novembris X ind. 1626
Fuit per me notarum infrascriptum ad
instantiam don Sancti de Agrò deputati Capelle Suffragij animarum S.mi
Purgatorij fundate in maiori ecclesia huius terre Racalmuti ... intimatum et
notificatum Vincentio et Vito Capoblanco fratribus heredibus universalibus
quondam don Antonini Capoblanco Sacerdotis olim eorum fratris presentibus et
audientibus contractum de summa illarum unc. trium redditus annualium per ipsos
de Capoblanco dicto nomine debitarum anno quolibet heredibus quondam don
Gasparis Lo Brutto subiugantium per dittum quondam don Antoninum dicto quondam
don Gaspari vigore huiusmodi contractus subjugationis facti in actis not.
Simonis de Arnone die XX octobris XV ind. 1616, habeant et debeant anno
quolibet solvere dicte Capelle Suffragij eiusque deputatis tt. 24 redditus e sunt pro alijs dette
Cappelle legatis per dittum quondam don Gasparem in eius donatione causa mortis
fatte in attis meis not. infr. die iij octobris p. ind. 1617 et nemini alteri
solvere sub pena anno quolibet .... unde
Testes Antonius Curto martini et Franciscus Curto Joseph
Ex actis meis not. Natalis Castrojoanne.
* * *
Giaimo Lo Brutto morì pure
giovanissimo, appena ventiquattrenne, ed era ancora scapolo: non può quindi
essere quello del noto processo dei Savatteri che rivendivano il beneficio del
Crocifisso in quanto eredi del nobile Giaimo Lo Brutto:
1
|
9
|
1600
|
Lo Brutto
|
Giaimo
|
Antonino
|
Carmino
|
per lo clero
|
La madre fu al contrario piuttosto
longeva: morì nel 1636 e venen sepolta nella chiesa che il figlio aromatario
avrebbe abbellita:
27
|
6
|
1636
|
Lo Brutto
|
Costanza
|
m. del q.m Antonino
|
Matrice
|
sepulta in questa magior eclesia.
|
Su Leonora (Norella) Lo Brutto,
sposatasi con Bartolo d’Asaro, possiamo piluccare qualche dato: Nel 1636 era
già vedova. Le amministra i beni il pittore Piero d’Asaro che li include nel
suo rivelo come sue “gravezze”. Dichiara il 25 novembre 1636 nel documento
intestato:
Rivelo che il Cl. Don Pietro
d'Asaro, clerico coniugato di questa terra di Racalmuto presenta con giuramento
nell'officio del signor D. Giacomo Agliata capitano d'arme del Regno nella
nuova numerazione delle anime, e facultà in virtù di bando d'ordine di d. sig.
cap.no d'arme in detta terra a 25 novembre Va ind. 1636
tra le altre, la seguente “gravezza”:
Gravezze
mobili
Deve onze ducento a Leonora d'Asaro
di detta terra relicta dal q.m Bartholo d'Asaro per causa et compenso delle sue
doti assegnatele per testamento di d.o q.m Bartholo in notaio Simone d'Arnone
di detta terra di onze....................................200
Ella morì a 74 anni nel 1663 come
dal seguente atto:
8
|
2
|
1663
|
D'Asaro
|
Leonora
|
74
|
uxor q. Bartholomei
|
Matrice
|
presente clero
|
Agro' Libertino
|
MANSIONARI
1690
[DALL’ARCHIVIO
VESCOVILE DI AGRIGENTO - REGISTRI VESCOVI 1689-1690 - F. 898 E SS.]
“Racalmuto
- Concessione di insegne corali pei 12 mansionarii”
Nos
frater don Xaverius Maria Rhini ex ord. min. reg. observantiae Sancti Principis
nostri Francisci Dei et Sanctae Apostolicae sedis gratia Agrigentinus Regiusque
Comitus etc:
Dilecto
in Cristo filio Ill.ri Domino nostro D.
Hieronimo del Carretto principi comiti terrae Racalmuti huius nostrae
agrigentinae dioecesis et salutem in Domino et nostram episcopalem
benedictionem.
Perillustres
hae imperialis familiae, et antiquissimae nobilitatis genus, multiplica
servitia, quae ad suorum perillustrium Antenatorum imitationem, invictissimo
nostro Catholico Hispaniarum Regi in muneribus militaris campi ad bellum in
revolutionibus Civitatis Messanae, et in bello regio Galliae evidenti cum tuae
vitae periculo in fonte inimicorum tuis maximis dispensiis manutendo societates
militum siculorum, alemannorum et calabriensium, et vicarij generalis prius in
civitate neti, et postea in hac Civitate Agrigenti, eamque repartimentis toto
d. belli et revolutionum tempore contra Gallos ad singularem benefitium, et
huius regni hi tamen prestiti, et in diem prestare non curans (?), quorum
intuitu à predicto invictissimo Rege pias (?) ceteras mercedes habuisti munus
Pretoris predictae Siciliae regni et clavem auream uti illius eques; aliaque
innumera laudabilia merita nobis satis superque
cognita nos inducunt, ut te specialibus favoribus, et gratiis prosequamur.
Praemissa igitur prae oculis habentes in exequtione provisionis de ordine
nostro factae in domo tuae suppicationis, tenore pretium Bullarum perpetuo
valiturum concedimus facultatem, Reverendissimum Archipresbyterum et duodecim
Mansionarios, et Chorales distributionarios à nobis eligendos, et qui pro
tempore erunt in Sacra distributione de numero duodecim iam ex nostra facultate
erecta et fundata pro divini cultus incremento, et Sanctissimi Purgatorii
anumarum suffragio, per alias nostras Bullas expeditas sub die 12 Januarii
currentis posse deferre capuccium sive Almutium sericum, quò ad rev.m
Archipresyiterum et Vicarium nigri, et subtus rubri colorum, et quò ad alios
nigri, et subtus violacii colorum..
Mandantes
etc. ....
die
13 januarii 1690
Officiati
1.
Santo
d’Acquista terrae Racalmuti (ex 12 coristi);
2.
don
Antonio de Amico;
3.
don David
Corso;
4.
don
Vincentio Casuccio Racalmuti;
5.
don
Francesco Pistone;
6.
don
Nicolao Carnazza;
7.
don Filippo
Cino;
8.
don
Giovanni Sferrazza;
9.
don
Francesco Savatteri;
10.
don Pietro
Casuccio;
11.
don
Vincenzo Castrogiovanni;
12.
don Santo
la Matina.
1.
don
Caetanus Cirami (un casu vacationis mansionarium);
2.
don
Fabritio Signorino (de suprannumerariis);
•
don
Sthefanus Faija (soprannumerario della sacra distribuzione);
•
don
Calogero Cavallaro ( ‘’ ‘’ ‘’
‘’ );
•
don Pietro
d’Agrò ( ‘’ ‘’ ‘’
‘’ ).
E saltiamo al Settecento. Il Settecento fu un secolo di
grandi sconvolgimenti per Racalmuto: uscito dalle grinfie dei Del Carretto –
ormai totalmente decaduti per morti precoci e per debiti devastanti – il paese
subiva uno dei più grossi grovigli giuridici del tempo e cadeva nell’ipocrita racapità
dei Gaetano. Abbiamo già detto dell’ineffabile Macaluso, una scialba signora
che si presta alle truffe feudali del duca di Naro. Patetico quel patrizio –
che con Racalmuto non aveva avuto mai nulla a che spartire – quando, con
impudenza tutta nobiliare, afferma che egli era niente meno che “mosso da pietà
per i suoi vassalli” nel reclamare le due salme di frumento per ogni salma di
terra coltivata Siamo nel 1738 allorché sorse quella strana controversia
feudale, esemplare per la storia del nostro paese. Ci si mettono pure i monaci
di Milocca (dopo Milena): imbrogliano codesti feudatari in abito talare ed
inventano privilegi da parte del vescovo di Agrigento che, anche se con
l’avallo sacrilego della curia grigentina, sono il segno della protervia degli
sfruttatori dei lavoratori racalmutesi con quelle aberranti pretese di
terraggio e terraggiolo. In pieno Settecento, il retaggio barbarico dello
schiavismo perdura ancora a Racalmuto. E gli ecclesiastici non ne sono certo
immuni, come dimostra una controversia tra il Convento di S. Martino delle
Scale ed il duca Gaetani. A noi, ivero, importa di più questa altra lamentela
del neo conte di Racalmuto: abbiamo ragguagli di prima mano sullo stato
economico e sociale del paese a cavallo del Settecento: Racalmuto era, dunque,
quel centro oppresso, angariato e pieno di debiti che il seguente documento
finisce per tatteggiare:
Ecc.mo
Signore
il
Ill.mo duca d. Luiggi Gaetano possessore del Stato e terra di Recalmuto N.bus
nelle sue scritture dice a V.E. che il sudetto stato si ritrova in deputazione
ed amministrazione da più anni, il cui giudice deputato ed amministratore
attualmente si ritrova l’illustre Preside d. Casimiro Drago, e con tutto che la
gabella corrente di detto stato si trova nella più alta somma che giammai non
fu il pagato, tuttavia li creditori suggiogatarij non hanno potuto giammai
ottenere l’intera annualità, anziche nemmeno l’intera mezza annualità, tanto
perché le suggiogazioni apo.te trascendono di gran lunga l’introiti dello stato
sudetto, quando ancora perché consistendo la maggior parte delli introiti da ... molini situati in parte di lavanchi ki
ricercano ogni anno spese considerevoli per riparo di esse lavanche oltre le
vacature che si bonificano alli gabelloti di detti molini; per quei tempi che
non macinano, motivo che riflettendo oggi il supplicante ed anche le grosse
spese di salarij ed altri che cagionando da detta deputazione, ed
amministrazione onde ha considerato l’esponente come possessore di detto stato
di Regalmuto, intervenendo prima che la maggior parte dei creditori
suggiogatarij sopra detto stato gradualmente fare abolire che a detta
deputazione ed amministrazione in circostanza anche di non potere questa
sussistere a tenore degli ordini di S.E. in data 16 agosto 1735 per il quale si
stabilì come la deputazione che non possono pagare a creditori l’annualità ed
offerire a detti creditori suggiogatarij per conto delle di loro respettive
suggiogazioni, di pagarli il 60 per 100 ogn’anno per l’importo di anni dieci;
nel qual tempo però si devono consentire che l’amministrazione di detto stato
resti e si faccia per l’esponente, con che per il consenso prestando dalla
maggior parte di detti creditori suggiogatarij non se li possa dare nè inserire
per detti dieci anni dalla minor parte di detti creditori suggiogatarij veruna
sorte di molestia talmente che li detti creditori suggiogatarij in siffatta
maniera vengono a conseguire ogni anno
durante la suddetta decennale
amministrazione dell’esponente non solamente l’intiera mezza annualità
in due .. di decembre e maggio di ogni anno, che non hanno mai conseguito, ma
anche vengono a conseguire un’altra sesta parte
oltre di detti pagamenti, ed inoltre tengono la futura speranza di
conseguire doppo la suddetta decennale amministrazione maggior somma; per il
che possedendo l’esponente senza deputazione il sudetto stato independentemente
d’ogni altro potrà facilmente invigilare all’augumento delli introiti del
medesimo in beneficio anche di essi creditori, onde in vista di tutto ciò,
considerando l’esponente che abolirsi la sudetta deputazione ed amministrazione
e contentarsi la maggior parte di detti creditori suggiogatarij .. samministri
su detto stato di Recalmuto per detti anni dieci del .. con l’obbligo di pagare
a detti creditori suggiogatarij il 60 per 100 come sopra ogn’anno e durante la
sudetta decennale amministrazione dell’esponente viene à resultare anche in
beneficio delli sudetti creditori suggiogatarij. Pertanto ricorre a V.E. e la
supplica si segni servita provedere ed ordinare che prestandosi prima il
consenso della maggior parte delli creditori suggiogatarij, che non solo si
abolisca la detta deputazione, ma anche che la minor parte delli creditori
suggiogatarij, che forse non interverrà a prestare il medesimo consenso, fosse tenuta
ed obligata a concorrere colla maggior parte di detti creditori suggiogatarij
dalli quali si presterà il consenso nel modo e forma di sopra espressati, ed
acquiescerà e starà alla decennale amministrazione in persona del supplicante
con l’obligazione come sopra per il medesimo senza che dalla detta minor parte
di detti creditori suggiogatarij se li possa dare, a riflesso del consenso forse prestando dalla maggior parte
di detti creditori suggiogatarij per il spazio di detti dieci anni, nessuna
sorte di molestia nè cancellare l’atti fatti per la medesima deputazione seu
amministrazione, come s’ha pratticato per l’altre deputazioni fin oggi
abolite; vel ... si vorrà ordonare che
sopra l’abolizione suddetta interverrà il consenso della maggior parte delli
creditori suggiogatarij ed obbligare a detta minor parte delli creditori
suggigatarii di concorrere ed acquiescere come sopra, come il tribunale della
R.G.C. della Sede Civile, a cui spetta doversi provvedere vocatis creditoribus
e in vista del consenso che si presterà per publici documenti della maggior
parte dei creditori suggiogatarij, per resultare in beneficio delli medesimi. E
ciò non ostante quasivoglia cosa che in contrario l’ostasse o potesse ostare,
etiam che fosse tale che .. se ne
dovesse farre espressa ed individuale menzione quale s’habbia .. per la sussistenza della presente,
qualmente al tutto disponendo V.E. de plenitudine potestatis et ex certa
scientia ... Datun Primo Junij 1736 ex parte G.S.d. Joseph Chiavarello .. vocatis creditoribus per sp: de Paternò:
Die sexto settembris 1736.
Jesus
Maria
Abbiamo prima ragguagliato
sull’interdetto del 1713, ora ci pare opportuno riportare alcune annotazioni
disseminate nei registri parrocchiali della Matrice.
1713 (Morti dal 1714 al 1724)
Dopo il 28 agosto 1719:
L’interditto fu imposto dall’Ill.mo
e Rev.mo Signor D. Francesco Remirens Arc. E Vesc. di Girgenti con il consenso
della S. Sede nella Chiesa Cathedrale di Girgenti e in tutta la Diocesi fu
sciolto la domenica di Agosto al dì 27 [1719] dell’ora vigesima seconda dal
rev.mo Sig. Dr. D. Giuseppe Garucci (?) Can. Teo. E Vic. Generale Apostolico
con l’Autorità della S. Sede.
Morti 1707-1714 (Die 3 7bris 1713
VII Ind.)
Vigilia Sanctae Rosaliae hora
vigesima fuit affixum interdictum generale locale in hac terra Racalmuti.
Battesimi 1711-1716 - pag. 450.
Ad perpetuam rei memoriam Die tertio
septembris septimae inditionis 1713 Vigilia Sanctae Rosaliae nostrae Patronae
hora vigesima, fuit affixum interdictum in Civitate Agrigenti et in eiusdem
Dioecesi ab Ecc.mo et rev.mo D.no D. Francisco Remirens Episcopo dictorum
Archipresbitero D.re D. Frabritio
Signorino 1713.
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Il Lo Brutto fu personaggio di
spicco; arciprete, in simpatia delle varie autorità vescovili, di famiglia
presso l’ultimo conte Del Carretto, dispensatore di benefici e di mozzette
clericali, finì – come si disse – sepolto in Matrice, osannato da una lapide a
spese del nipote dottor Antonio
:
Matrice ex Cappella dell’Annunziata.
Monumentum hoc mortalitatis, quod
jure sacelli propriis sibi facultatibus ascito, ante aram Virginis huius templi
patronae, familia Brutto paraverat, doctor don Antonius Pistone, hic situs,
velut optimus heres, honorifico lapide, qui suos suorumque cineres decentius
conderet, exornatum curavit, votumque expletum est. -
Kalendis Septembris MDCC - Post eius obitum anno sexto.
(Stemma - Pampini - leone alato ... elmo chiomato del milite)
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