giovedì 1 agosto 2013

vecchi rancori

MISCELLANEA FUORI DAI DENTI

Ieri mi sono vietato di intromettermi in quel tuo proiettare arcane foto di arcane donne. Mi sono domandato perché una donna – che non ho mai vista ma che mi raffiguro bellissima – celia con immagini vagamente saffiche? Mi mostrò al mio primo incontro una elfide gotica guglia svettante da un dannunziano lavacro ignuda e monda; ora la riveste di fiori a primavera e ne oscura il volto quasi perversa Botticelli. E tutto poi deteriora coll’inceppato dire di chissà chi, che altro che Saffo scivola nolente in ambiguità espressive da angiporto.

  Per portare la stizza all’ira infuocata quale penso sai accendere, di prima mattina, ricorro alle mie insolenze verbali, dopo molteplici ore aduse a dire che il papa è nudo, che il suo pauperismo da America latina è solo folklore in terre opulente quali anche l’Italia; e se, avendo un solo polmone, null’altro sa comunicare se non biascicar preghiere: un pater un ave e gloria come ...dopo infantile confessione quando ci pentivamo in ginocchio da un prete che lascivamente ci accarezzava il nostro volto ancora angelico il nostro aver peccato per una innocua bugia, è solo ombra passeggera per occultare gli assetti de septimo all’IOR.

  E visto che non uomo del profondo Sud, ma isolano, ma di Racalmuto provincia di Agrigento, ma mediterraneo di mare, il mare davvero africano, riesco talora a fare stizzire una ammaliante vichinga della godereccia Cento, Nord per Nord, meglio Zanzotto con la poesia:

Nella casa illustre di scolpiti
avori, di stemmi preziosi,
di foglie e fiori di vetro,
un giullare canta lungo
i pallidi conviti
la lode delle mense
su cui di rosee nevi i vasi
gemono colmi,
brilla l’aroma dell’arancio,
il pingue cibo i calici arricchisce.

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Ma i commensali, raccolti
I nobili dolori nel cuore,
per le mirabili trifore
guardano il lontano azzurro
e l’oro dei capelli
consuma le loro sembianze
e gli occhi
in cui sporge la perla
e le rosse labbra di figura.
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Braci e spine premono intorno,
le candele
alzano mura di marmo,
sotto le mense
muto splendido cane è la morte.
 
 
 
 
 
 




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