Giunto a questa svolta delle mie ricerche sul questore
Ettore Messana, dopo giorni di colloqui con la spumeggiante nipote di questo
cerbero attaccatissimo al suo senso dell’onore, ligio sino all’autocalunnia al
più rigoroso rispetto del dovere, un dovere che magari a me risulta effigie di uno Stato di polizia qualunque sia
la vernice ideologica della travagliata vicenda politica dell’Italia del XX
secolo, giunto qui insomma voglio tracciare le tre cifre ermeneutiche di questa
infamia divenuta domma storico.
I tre momenti sono: la vicenda del 1919 a Riesi, l’avventura
di una Lubiana inventata dal Duce d’accordo con i tedeschi quale “provincia
italiana” in cui approdò per il primo anno il Questore Messana; il
tormento della Sicilia dell’AVIS quando
toccò al Messana districarla dalle grinfie degli agrari in collusione con un
Fiorello La Guardia newyorkese; e sarà lui a stroncare il fenomeno del
banditismo dei Giuliano, Pisciotta e Fra
Diavolo alias Ferreri.
Che il Messana sia stato tacciato di protagonismo
negativo nelle lotte contadine dei tempi
di Nitti in qualità di feroce commissario di pubblica sicurezza noi siam certi
che fu l’effetto indotto delle ire funeste del compagno Li Causi, giustamente
furibondo per l’eccidio – quello di trent’anni dopo – di Portella delle
Ginestre.
Ciarla proprio il Casarrubea quando letteralmente scrive,
diffamando – che: “l’eccidio ricorda da vicino quello ordinato da Ettore
Messana a Riesi nel 1919”. Un
personaggio, un valdese di Riesi, lo
storico Salvatore Ferro, nel 1934
raccoglie memorie del suo paese ed ecco invece come ci descrive quei
tristi eventi: “Gli scalmanati ritornando sull’imbrunire entrarono in paese cantando
battendo le mani. Trovandosi in piazza l’Angilella ordinò al popolo di andarsi
ad armare e ritornare. E difatti così fecero. La piazza formicolava di gente.
Ad un certo punto il Tenente e il Delegato di P.S. premerono la mano del
soldato, facendo funzionare lo strumento micidiale. Al crepitio fulminea della
Mitragliatrice seguirono altri colpi di fucile e di revolvers. Il terrore
invase tutti gli animi. Un momento dopo si vide un campo di morti sia in Piazza
che nel Corso: anche i feriti fecero spavento. Nella confusione gli sparatori
fuggirono: inseguiti, fu raggiunto il Tenente al piano del Pozzillo per la via
di Ravanusa e fu freddato. In quella occasione l’ing. Accardi, che si trovava
lungo il Corso, trascinato nel Cortile Golisano, venne pugnalato da mano ignota
e ferito. Il pallore, lo sgomento si leggeva in faccia di tutti, vedendo la carneficina
il sangue che scorreva, raccolti i cadaveri , le famiglie ne piansero
amaramente i figli, i mariti, i parenti. I morti furono 8 e dei feriti non si
seppe il numero.”
Lo si accetti, lo si nego codesto racconto, una cosa è certa
come si fa a dire che vi partecipò il Messana? Che fu lui in ogni caso colui
che ne avrebbe “ordinato l’eccidio”? che i
morti furono - poi si disse - in numero di quindici, o di venti? Pare che vi sia stata dopo una inchiesta.
Prima o poi troveremo gli atti di questa inchiesta. Ma una cosa è certa:
nessuna responsabilità, nessun addebito venne fatto al Messana, e non certo per
raccomandazione: non aveva appoggi, non aveva protezioni. Il Messana nel 1919 aveva appena 31 anni e di
carriera ne farà, ma dopo .
A caldo il Prefetto di Caltanissetta così, per incidens,
ragguaglia l’onorevole Ministero dell’Interno: “ il 13 corrente, la locale
sezione socialista presentava avviso che l’indomani, domenica, dalle organizzazioni
economiche sarebbe stata fatta una pubblica manifestazione con comizio in onore
e per l’escarcerazione dell’avv. Calì Carmelo, socialista ufficiale, già arrestato quale istigatore dei noti fatti
di Riesi e dimesso dal carcere il 10
andante”.
E in questa lunga relazione da noi rinvenuta nell’Archivio
Centrale di Stato altri ed altri elementi che fanno tanta luce su queste
tragiche vicende delle lotte contadine in Sicilia. Ma un cenno, dico un cenno,
che possa coinvolgere l’operato del questore Messana, allora modesto delegato
di PS in forza a Caltanissetta non c’è. Si dirà che il silenzio nulla prova.
Certo, ma non può non provare che l’eccidio di Riesi “ordinato” dal Messana è
solo una infamante superfetazione del Casarrubea.
Il secondo atto riguarda il periodo in cui Messana fu
questore a Lubiana: abbiamo lettere e documenti ove traspare che il questore Messana
non fu colpevole di nulla, dato che addirittura veniva esautorato dall’esercito.
(“ora erano le truppe regolari ad
assumere compiti di polizia ad insaputa della Questura”. Scriverà il Messana. Vds.
Lettera del questore Messana al gen. T. Orlando, comandante della Divisione
Granatieri di Sardegna – 04481 del 3/9/1941 IZDG fasc. 656/IV). Nessuna prova, nessun documento, nessuna
accusa seria poterono addurre gli juguslavi titini a guerra persa, per noi, e
così nessuno può infamare il Messana perché quella dei Titini fu solo calunnia che
non ebbe seguito alcuno. Messana fu poi uomo di Stato con De Gasperi. Tutto lo
comprova. Quanto si è ricamato sopra,magari
ingigantendo l’invidiuzza di qualche collega del Messana, è talmente irrisorio
che è solo malevolenza volerla ancora strumentalizzare come la recentissima pubblicistica
pervicacemente continua.
La vicenda siciliana degli anni 1945-1947 vede in effetti un Messana in sintonia con l’on.
Aldisio, ed è un abilissimo segugio , poliziotto integerrimo che sfruttando le
confidenze di fra Diavolo poté sbaragliare l’ordito mafia-banditismo-agrari-agganci
e protezioni americane. Abbiamo trovato ampia documentazione che prova il valore,
l’abilità e il modo intemerato di agire del Messana negli archivi di Stato qui
a Roma. Documentazione che pur disponibile non è stata mai indagata da chi si
veste dei panni di censore di un uomo a totale servizio dello Stato, morto in
dignitosa austerità finendo i suoi giorni addirittura in una casa INGC.
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