A far luce a favore del Messana ci pensa, suo malgrado Malgrado Tutto, ospitando una sedicente ricerca storica del Coco. Lasciamo stare le chiacchiere di questo giovante professore di storia e i suoi malevoli infondati giudizi. Invero reperendo un lontano testo di Carmine Senise del 1946 non può che mettere in dubbio la incollabile convinzione che il Messana fosse un fascista della prima ora. Il Senise testimonia qui che invece il Messana era considerato "come un funzionario «che proprio non aveva l’animo del fascista». "- Ma soprattutto emerge qui il feroce contrasto con il prefetto fascista e fanatico della RSI Tamburini che sta tanto a cuore a Ricciardelli il calunniatore del Messana e che fa andare in brodo di giuggiole l'ingenua Cernigoi.
Curioso poi il fatto che a fregare il Messana a Lubiana è proprio il Gueli. Altro che amico suo!
I dubbi sul questore Ettore Messana. Fascista o antifascista?
di Vittorio Coco | 12 marzo 2015
STORIA. Resta aperto il dibattito sul questore Ettore Messana, protagonista delle stagioni più tormentate dell’Italia e della Sicilia. Un saggio di Vittorio Coco sul numero 56/57 della rivista Storica, sul ruolo dei funzionari di polizia in Sicilia tra regime fascista e Repubblica, dedica alcune pagine alla figura di questo poliziotto originario di Racalmuto. Su concessione dell’autore e della rivista, pubblichiamo alcuni stralci dello studio
A LUBIANA, DURANTE LA GUERRA
Dopo l’attacco vittorioso dell’Asse ai danni della Jugoslavia nell’aprile del 1941, all’Italia furono attribuite la Slovenia meridionale, quasi tutta la costa dalmata, il Montenegro e il Kosovo. In particolare, la creazione della provincia di Lubiana, inglobando nel confine italiano alcuni dei principali centri del movimento di resistenza sloveno, determinava dei contraccolpi notevoli nella Venezia Giulia, esponendola all’azione delle bande partigiane slovene.
Fu per far fronte a questa situazione che il capo della Polizia, Carmine Senise, nell’aprile 1942 mandò in missione nella zona [Giuseppe] Gueli, che ormai era considerato un’autorità nel coordinamento delle forze di polizia nelle periferie.
Ciò che risulta con maggiore evidenza dalla relazione dell’ispettore e dalla sua corrispondenza successiva – poiché a partire da quel momento egli fu posto a capo di un Ispettorato generale di pubblica sicurezza per la Venezia Giulia – era una gestione caotica degli apparati che, in una continua sovrapposizione di competenze, entravano costantemente in conflitto, provocando un’incapacità di reazione a quello che veniva definito «brigantaggio politico».
Era necessaria un’immediata razionalizzazione, perché altrimenti «il prossimo avvenire, se il male non verrà convenientemente fronteggiato, ci riserva sorprese dolorose specialmente per il buon nome e per il prestigio del nostro Paese». (1)
Invece, notava Gueli a più di un anno di distanza dalla costituzione dell’Ispettorato, «una vera gara – determinata in parte da sentimento di gelosia, in parte da spirito di emulazione – si è venuta a stabilire tra i vari Corpi di Polizia e tra questi ed i molti presidi dell’Esercito». (2)
Un primo ordine di problemi era costituito infatti dalla mancanza di accordo tra le autorità civili e militari. […]
Secondo Gueli uno dei casi in cui il dissidio tra autorità civile e militare aveva prodotto i maggiori problemi era quello della provincia di Lubiana, di cui nel 1941 divenne questore Ettore Messana. Nel 1942, il generale del IX Corpo d’armata, Mario Robotti, scriveva che Messana «anziché affiancare la propria opera a quella dell’autorità militare ha assunto sempre più un atteggiamento nettamente in contrasto con qualsiasi forma di collaborazione». (3)
E concludeva: «Ho acquistato ormai la convinzione che si tratta di persona che per il suo speciale apprezzamento della situazione, basato su una non adatta comprensione del movimento attuale in Slovenia, non è adatto ad una carica che si deve svolgere in condizioni particolari di ambiente nel quale debbono essere bandite tutte le forme di personalismo e tutte le ingiustificate gelosie. La sua presenza – fermo restando il mio atteggiamento – incide non solo sull’armonia fra le varie autorità, ma compromette l’esito della lotta intrapresa contro il comunismo e rende il lavoro degli organi competenti difficile e pesante». (4)
Fu probabilmente anche a causa di questa durissima presa di posizione che Messana – contro il quale peraltro si stava conducendo un’inchiesta per maltrattamenti sulla popolazione slava – fu sollevato dal suo incarico a metà del 1942, passando alla questura di Trieste.
[…] Un periodo per noi molto interessante è quello successivo all’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale. In quel momento, infatti, esplosero definitivamente alcuni problemi che questi territori avevano posto al fascismo, insieme con le contraddizioni che i tentativi di risolverli avevano comportato. Tutto ciò determinò l’esasperazione di alcuni dei caratteri dell’apparato di repressione del regime, che possiamo ritrovare nelle vicende dei funzionari che abbiamo seguito finora.NELLA SICILIA DEL DOPOGUERRA
[…] Siamo così giunti all’altro estremo cronologico che possiamo prendere in considerazione nel nostro discorso, quello che dalla caduta del regime arriva ai primi anni della Repubblica.
[…] Nell’ottobre 1945 l’organismo tornò poi ad assumere la stessa denominazione che aveva con Gueli, Ispettorato generale di pubblica sicurezza per la Sicilia, e fu posto alle dipendenze di Ettore Messana. La scelta di un simile funzionario derivava da più motivi: indubbiamente non fu trascurata l’esperienza di inizio carriera in Sicilia, anche se a giocare il ruolo decisivo fu forse l’assimilazione del cosiddetto «brigantaggio politico» slavo, con cui Messana aveva avuto a che fare da questore di Lubiana e Trieste, con la situazione siciliana, in cui la recrudescenza del banditismo si saldava con l’emergenza separatista.
Del resto anche nell’isola si era iniziato a parlare di un «banditismo politico» – esemplare il caso di Salvatore Giuliano –, in un momento in cui, però, stavano ormai tramontando le fortune separatiste ed esso si configurava piuttosto come strumento nelle mani dei gruppi conservatori per acquistare peso all’interno dei nuovi equilibri di cui era al centro la Democrazia cristiana. Messana arrivava a quest’incarico dopo il recentissimo proscioglimento da parte della commissione di I grado per l’epurazione della pubblica amministrazione dall’accusa di «faziosità fascista». (5)
In particolare deponevano a suo favore i contrasti che, da questore di Trieste, aveva avuto con la Federazione fascista e con il prefetto Tamburini, per cui fu sospeso dal suo incarico dalle autorità della Repubblica di Salò e costretto a darsi poi alla latitanza per alcuni mesi. La vicenda ci viene anche raccontata da Senise nelle sue memorie, con il solito tono assolutorio nei confronti della pubblica sicurezza rispetto al fascismo. (6)
L’allora capo della Polizia, infatti, in una situazione che stava ormai precipitando, aveva inviato a tutti i questori una circolare nella quale li invitava a compilare degli elenchi dei gerarchi delle varie province, in cui dietro all’espressione «per poterli tutelare in caso di disordini» si sarebbe dovuto intendere «arrestare».
Messana, avendo inteso l’interpretazione autentica del telegramma, aveva allora compilato una lista completa di tutti i fascisti triestini (Tamburini compreso), rimettendoci poi il posto a causa di una delazione anonima. Più che a un contesto di antifascismo, però, a me sembra che il caso del questore rimandi a quella situazione di caos e conflitto tra diversi poteri che, in una situazione ormai di collasso del regime, si era fatta evidentissima. Tanto più che, nel suo fascicolo personale, si possono leggere numerosi giudizi nei quali Messana è ben lontano dall’essere dipinto, come vorrebbe invece Senise, (7)
Messana, così come i suoi successori alla guida dell’Ispettorato (tra i quali Ciro Verdiani), continuò a usare i metodi che avevano caratterizzato la polizia nel regime fascista, come la durissima repressione militare e il tentativo di sfaldare i gruppi criminali dall’interno attraverso la ricerca di informatori, tra cui il famigerato Salvatore Ferreri, noto pure con il nome di Frà Diavolo.
Come negli anni Trenta da parte dell’Ispettorato di Gueli, tale ricerca appare sistematica e non un mezzo occasionale. Dunque, le parole di Aristide Spanò, figlio di un altro funzionario che diresse l’organismo, secondo cui in fondo «tutte le polizie del mondo si servono di confidenti», sembrano posizionarsi su una linea giustificazionistica dell’azione della Pubblica Sicurezza in Sicilia. Tale prassi, del resto, non poteva che attirare le critiche del dirigente comunista Girolamo Li Causi il quale, dopo gli attacchi in provincia di Palermo ad alcune sezioni comuniste e socialiste e ad alcune sedi della Camera del Lavoro del giugno 1947, accusò l’ispettore Messana di essere «il dirigente del banditismo politico». […]
NOTE AL TESTO
(1) L’ispettore generale di P.S. al Capo della Polizia, Roma, 23 aprile 1942, p. 7, in ACS, MI, DGPS, cat. A5G (seconda guerra mondiale), p 2.
(2) Ivi, l’ispettore generale di P.S. al Capo della Polizia, Trieste, 10 luglio 1943, p. 1.
(3) Ivi, l’ispettore generale di P.S. al Capo della Polizia, Trieste, 22 agosto 1942, p. 1
(4) Ivi, il Generale Comandante il IX Corpo d’Armata al Comando della II armata, 28 febbraio 1942, p. 1 e p. 5.
(5) Delibera della Commissione di I grado per l’epurazione del personale di pubblica sicurezza, Roma, 3 maggio 1945, in ACS, MI, DGPS, Divisione del personale, Personale fuori servizio, versamento 1973, b. 126 bis.
(6) Senise, Quando ero Capo della Polizia, Ruffolo, Roma, 1946, pp. 146-8 e 180.
(7) Ivi, p. 147. Ad esempio, il prefetto di Bolzano Marziali scriveva al ministero dell’Interno: «Attaccato al Regime ed alle organizzazioni da esso create, gode la più alta simpatia del locale Fascio, mentre numerosi sono gli attestati ed i ringraziamenti che gli pervengono da Gerarchi di organizzazioni giovanili […]»: il prefetto al ministero dell’Interno, Bolzano, 7 agosto 1930, in ACS, MI, DGPS, Divisione del personale, Personale fuori servizio, versamento 1973, b. 126 bis.
Ma chi era questo Tamburini che fa stravedere il calunniatore Ricciardelli dell' intemerato Messana e che induce in tentazione la ingenua (per non dire altro) Cernigoi?
giovedì 13 novembre 2014
Rintuzziamo le accuse di Ricciardelli a Messana che pervicacemente la CERNIGOI manine in FB del 20 giugno 2014 di LA NUONA ALABARDA. continuando a dileggiarmi
Rintuzziamo le accuse di Ricciardelli a Messana che pervicacemente la CERNIGOI manine in FB del 20 giugno 2014 di LA NUONA ALABARDA. continuando a dileggiarmi
Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante.
Si disse "uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana.
E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia. Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi.
E quel insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca.
lunedì 12 settembre 2011
L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria. L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano.
Ma ecco cosa scriveva ancora il Ricciardelli:
“Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.”
Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva ricavato lauti profitti.”
Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”. Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo momento, dicono gli storici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e attività economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse l’avere comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non resta altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E la Cernigoi vi corre dietro:
“Durante la sua permanenza a Trieste, per la creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.”
Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo:
“Ma anche qui come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto limitata. In proposito”
Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un poliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di Uffici di polizia, più o meno segreti.
Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio u. s.)
Che possiamo obiettare? Come fa il Ricciardelli ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che “gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato! chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca di forte olezzo fascista.
Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il provvedimento assolutorio.
Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale straniero o italico osò tanto.
Procediamo nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della commissione stessa.[3]”
Il Messana era certo un duro, ma ciò costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il Prefetto fascista Tullio Tamburini?
E per chiusura il denigratore subalterno, a forza di volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del Messana.
“Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4]
Che un forsennato poliziotto s’induca a tale sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste, Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della “politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole!
Ecco perché tempo fa avevamo scritto:
Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa storia.
Ma chi era questo Tamburini che fa stravedere il calunniatore Ricciardelli dell' intemerato Messana e che induce in tentazione la ingenua (per non dire altro) Cernigoi?
Il Corpo di Polizia Repubblicana è stato un corpo di polizia della Repubblica Sociale Italiana.
L'organizzazione della polizia repubblicana anticipò in parte la Polizia di Stato fondata nel 1981, in quanto essa divenne un organo mono-componente ed unificato, a differenza dell'ordinamento vigente nel Regno del Sud, dove la polizia continuò ad essere composta dai funzionari civili del Ministero dell'Interno e dal Regio Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza.
Alla fine della guerra venne riassorbito dal Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza.
I reparti antiguerriglia, raggruppati nelle forze di polizia, sempre dipendenti dal Ministero dell'Interno, consistevano in:
Ma chi era questo Tamburini che fa stravedere il calunniatore Ricciardelli dell' intemerato Messana e che induce in tentazione la ingenua (per non dire altro) Cernigoi?
Corpo di Polizia Repubblicana
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Corpo di Polizia Repubblicana | |
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Descrizione generale | |
Attiva | 1943-1945 |
Nazione | Repubblica Sociale Italiana |
Alleanza | Asse |
Servizio | Polizia |
Ruolo | Polizia giudiziaria, pubblica sicurezza, Ordine pubblico, antiguerriglia e perlustrazione del territorio periferico (quest'ultimo svolto principalmente dalle unità mobili) |
Dimensione | 32.229 uomini (ottobre 1944) |
Guarnigione/QG | Salò |
Reparti dipendenti | |
11 Ispettorati Regionali, 66 Questure, reparti speciali
| |
Comandanti | |
Comandanti degni di nota | Guido Leto, Tullio Tamburini, Eugenio Cerruti, Renzo Montagna |
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Indice
[nascondi]Storia[modifica | modifica wikitesto]
Il Corpo di Polizia Repubblicana venne istituito il 20 novembre 1943, come parte delle Forze Armate, nel territorio della Repubblica Sociale Italiana (RSI). Qui i compiti di pubblica sicurezza furono assicurati appunto dal Corpo di Polizia Repubblicana e dalla Guardia Nazionale Repubblicana (GNR), costituita dai disciolti Reali Carabinieri, dalla Polizia dell'Africa Italiana (PAI) (che svolse servizio unicamente a Roma per tutto il periodo dell'occupazione tedesca) e dalla disciolta Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN). Il Corpo di Polizia Repubblicana, invece, assorbì i funzionari civili del dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno e gli appartenenti al disciolto (nel territorio della RSI) Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza.[1]L'organizzazione della polizia repubblicana anticipò in parte la Polizia di Stato fondata nel 1981, in quanto essa divenne un organo mono-componente ed unificato, a differenza dell'ordinamento vigente nel Regno del Sud, dove la polizia continuò ad essere composta dai funzionari civili del Ministero dell'Interno e dal Regio Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza.
Alla fine della guerra venne riassorbito dal Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza.
Struttura e organizzazione[modifica | modifica wikitesto]
Il Corpo di Polizia Repubblicana contava circa 20.000 uomini, dislocati prevalentemente nelle città capoluogo di provincia, organizzati su 10 ispettorati regionali e 66 questure, due scuole di specializzazione - una per agenti e una per ufficiali, entrambe a Padova -, nuclei di scorta distaccati presso i vari ministeri, inclusa la squadra presidenziale addetta alla sicurezza del Capo del Governo più reparti operativi mobili per assolvere alle funzioni antiguerriglia e di controllo del territorio.I reparti antiguerriglia, raggruppati nelle forze di polizia, sempre dipendenti dal Ministero dell'Interno, consistevano in:
- 6 battaglioni organizzati secondo l'organico militare;
- Legione Autonoma Mobile Ettore Muti, comandata dal colonnello Francesco Colombo;
- Legione Arditi di Polizia Caruso.
Reparti autonomi speciali[modifica | modifica wikitesto]
Formazioni autonome speciali aventi compiti investigativi, informativi e repressivi furono costituite sotto la RSI. Fra queste sono da annoverarsi ad esempio: il Reparto Speciale di Polizia Repubblicana, altrimenti noto come "Banda Koch", al comando del tenente Pietro Koch e il Reparto Servizi Speciali, detto "Banda Carità", guidato dal maggiore Mario Carità. Queste unità, in stretta relazione con le Forze Armate germaniche (Wehrmacht o Waffen-SS) erano solo nominalmente inquadrate nel Corpo, e godevano di ampia indipendenza operativa.[2]Attività[modifica | modifica wikitesto]
L'attività di Pubblica Sicurezza nella R.S.I. non ebbe uno svolgimento ed una omogenea applicazione sotto il profilo istituzionale e d'azione. Molto influirono a creare questa situazione le interferenze tedesche con i relativi abusi di potere di autorità politiche (particolarmente i comandi SS). A livello generale, l'attività di Polizia ebbe un andamento tiepido e cauto, pur non raggiungendo l'ostruzionismo generalizzato della Guardia di Finanza, oppure la complicità con la resistenza dei Carabinieri.[3]Capi del Corpo di Polizia Repubblicana[modifica | modifica wikitesto]
- Tullio Tamburini, dal 1º ottobre 1943 all'aprile 1944;
- Eugenio Cerruti, dall'aprile 1944 al 5 ottobre 1944;
- Renzo Montagna, dal 6 ottobre 1944 al 25 aprile 1945.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Dal 1925 al 1944.
- ^ S. Cucut, Le forze armate della RSI 1943-1945. Forze di terra, Trento, 2005.
- ^ 22 - Polizia Repubblicana.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
- Repubblica Sociale Italiana
- Governo della Repubblica Sociale Italiana
- Guardia Nazionale Repubblicana
- Bande di repressione
- Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza
- MVSN
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