Tra la
primavera e l’estate del 1919 Ettore Giuseppe Tancredi Messaana lascia il noioso studio legale di Racalmuto
per approdare al commissariato di Mussomeli. Da vice commissario si accinge a ad organizzare la vigilanza e a
repressione per il mantenimento dell’ordine pubblico in una piazza che se non è
ancora quella virulenta alla Genco Russo, non è manco sonnacchiosa dimora di
cittadini onesti e remissivi.
La vicenda
umana di Mussomeli è molto simile all’appena dismessa Racalmuto. Mussomeli mi
ha interessato sia pure marginalmente
nella mia mani di ricercatore microstorico della civiltà sicana. Un bel libro
di Giuseppe Sorge mi ha fornito ottimi spunti. Ad esempio un privilegio del 1395
che se proprio non Racalmuto riguarda il
Castelluccio: trattasi di una delle tante lotterie feudali del Medioevo
siciliano. Con privilegio dato in Catania il 15 febbraio IV Ind. 1395, i Marini
confermano il Marchesat0 di Malta e di Gazzo ed altri luoghi, fra i quali
Mussomeli, al conte d’Agosta. Fra gli ‘altri luoghi’ emergono la Terra di Naro,
il Castello e il feudo di Delia, il Castrum di Sutera, il ‘Castrum Musumelis
cum terra Manfrele (sic) e per quel che a noi interessa il feudo Gibillinorum.
Indi vengono segnati Castello e Terra di Favara, Castrum et Terra Musarj, Castra Terre et pheuda Montis clarj
Guastanella et Misilmeri, Castrum et Terra Miney, Castrum seu fortilicium et feudum de Mungillinii .
Delusione
la mia non incontrarvi Racalmuto che a
quell’epoca il bel Castrum incoltamente chiamato Chiaramontano c’era, come
secondo le carte vaticane da me consultate. Mi ripago in un certo senso con il
‘conto del segreto Bonfante del 1486’ e siamo in pieno Medioevo sia pure agli
sgoccioli. Il Bonfante al punto 11.10 registra ‘lu fegu di Rabiuni lu teni lu
Magnificu Baruni di Regalmuto per anni … vinduto per lo Magnifico Signuri
Pietro lo Campo unzi trentacincho, uno vitellazzo, una quartara di Burro, e un
cantaro di formaggio di pagarisi a Pasqua’. La storia baronale della Racalmuto
di questo scorcio del XV secolo è piuttosto buia. Noi non sappiamo chi potesse
essere codesto Barone du Racalmuto: forse gli Isfar. Comunque. Le storielle dei
Del Carretto che succedono ai Chiaramonte vengono qui smentite. Occorrono studi
seri. Le congetture agiografiche che corrono per il momento sono appunto cervellotiche.
Il Bonfante
del 1486 ricita Racalmuto al punto 20.
“Lo fegu di Santo Blasi lu teni Mazzullo di Alongi di la Terra di Regalmuto per
anni 3 videlicet quinte Ind. 6 Ind. et 7
Ind. et pri unzi quattordichi quolibet anno uno Crastatu, uno cantaro di
formaggio et una quartara di Burru quolibet anno da pagarsi a menzu Septembru
et la mitati a la fera di Santu Juliano intentendosi quindi primi poi di Pasqua.”
Ghiotte note
di costume e storici squarci dell’economia agreste di quei tempi. Ma non
sappiamo nulla di questo ricco racalmutese
Mazzullo Alongi. Ad esempio noi non sapremmo che altro aggiungere nei
profili prosopografici dei racalmutesi eminenti di ogni tempo. Nessun Alongi
pare oggi abitare in quello che tanti chiamano il paese di Sciascia. Che Ettore
Giuseppe Tancredi Messana si sia lambiccato in siffatte storie paesane non
crediamo: eccelso servitore dello Stato, sì, ma erudito ricercatore microstorico,
no di certo.
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