R. PREFETTURA DI GIRGENTI
n. 419 sub 1\6\75
Esposto dei soci del Mutuo Soccorso di Racalmuto, del 31 maggio 1875
Al Signor Prefetto della Provincia di
Girgenti
Signore
I sottoscritti componenti il Consiglio direttivo della Società del Mutuo Soccorso degli Operai di Racalmuto, rassegnano alla S.V. Ill.ma quanto siegue.
La detta Società tende ad affratellare la classe lavoratrice pel miglioramento morale e materiale della classe stessa; fondata sin dal Gennaro 1873 con l'ausilio dei Signori fratelli Gaspare e Napoleone Matrona, il primo attualmente Sindaco di questa Comune, ed il secondo fu quegli che il giorno dell'impianto della società pubblicò gli articolati dello statuto per approvarsi, e diresse il tutto.
La Società, dopo un poco elasso di tempo, eleggeva a socii onorari i predetti Signori Matrona, i quali ne significarono con lettera la loro accettazione. Le relazioni tra il Signor Sindaco e la Società divennero or mai più strette, tanto vero, che in tutte le feste Nazionali e religiose, ove assisteva il Municipio, la Società era sempre invitata per assistere parimenti a quelle solennità.
Lo mentre la Società era ligia ai voleri del Sindaco e volentieri obbediva a tutti gli inviti dello stesso; la Società era progressista e tendente all'ordine; onesti e liberali erano tutti coloro che la componevano; se ne encomiava la condotta; si plaudivano tutte le sue operazioni, tutto era armonia e serenità.. Quando, giorni sono, l'inaspettato scoppio di un fulmine in ciel sereno, venne a spezzare le relazioni tra il Sindaco e la Società, a disturbare l'armonia che li univa e ad abbuiare lo splendore che rischiarava il tanto bene che si operava dalla stessa. La si fu l'arrivo di un numero del Giornale intitolato Don Bucefalo, che conteneva un articolo a carico del ridetto Sindaco, che la Società dietro di aver udito la lettura in pubblica assemblea ( per come suole usarsi di tutti i giornali diretti alla Società) l'assemblea medesima non sen incaricò e passò a trattare delle faccende proprie.
Il Sindaco non si acquetò a codesto diportamento indifferente della Società, volea tirare bracia alla sua pasta con le mani attrici, e fece sentire a certi socii a lui dipendenti, che proponessero ed invogliassero la Società a rispondere in contrario a quanto diceva il giornale. I Socii che si ebbero questo incarico fecero noto all'assemblea, che era piacere del Sindaco, che la Società si incaricasse dell'articolo in di lui carico e che si accingesse a smentirlo; al che la Società peritosa sul da fare, adottò la norma che la stessa siegue tutte le volte che un socio viene accusato nella condotta; e cioè d'invitare il Socio accusato per legitimarsi in faccia della Società infra un termine, sotto pena di venire cancellato, e così fece. Deliberò che il Sig.r Gaspare Matrona come socio venisse a legitimarsi infra sessanta giorni del carico che l'articolo gli addebita.= Cotesto deliberato fece montare nelle furie il detto Signor Matrona, e concepì in cuor suo il disegno di vendicarsi a qualunque costo e di fare sciogliere la Società. Ed in effetti non indugiò tanto a far vedere i preludii; la sera del 28 spirante Maggio, quando il consiglio era riunito, il Signor Napoleone Matrona si portò nell'ufficio della Società, ed appena giunto si fece lecito bistrattare con ingiuriose parole pronunziate con indicibile acrimonia contra gli assembrati, tanto che quei buoni operai riuniti rimasero di sasso; chiese conto dell'operato alla Società in riguardo all'articolo di cui è parola, e letto una proposta fatta da un socio in proposito, che invitava l'assemblea a prendere in considerazione quell'articolo a carico del Socio Gaspare Matrona, disse altre obbrobriose parole per la società, ed invitando il consiglio a cancellarlo di socio unitamente al di lui fratello Sig.r Gaspare, si appartò.= Poco dopo di questa scena, si videro presentare il Delegato di sicurezza pubblica accompagnato da due reali carabinieri, chiedendo la consegna del pezzo di carta ove era scritta la predetta proposta. Gli assembrati gliela esibirono immantinenti, ed il delegato se la portò con se.
Le diatribe e garralità che si sparsero, l'indomani, contro la Società, sono indicibili Onorevole Sig.r Prefetto. Essa viene dipinta come una associazione d'internazionalisti, come una banda di briganti; composta da gente di galera e simili, tanto che han messo in allarme le famiglie dei socii; ognuno crede arrivata l'ora di venire arrestato; di essere mandato in esilio o a domicilio coatto; insomma si crede essere in quei tempi del medio evo, che fece esclamare dal divino Alighieri.
O fortunati! E ciascuna era certa
della sua sepoltura.
Ecco Signor Prefetto, perché i supplicanti si rivolgono alla di Lei giustizia, onde non dare credito a tutto quanto Le potranno esporre avverso detta Società; mentre il fatto genuino è quanto si espone, e potrà informarsi da onesti cittadini del Paese.
Racalmuto lì 31 maggio 1875.
Falletta Calogero - Romano Calogero
Salvatore Scimè - Lumia Gaetano
Agrò Rosario - Rossello Giovanni
Giuseppe Romano.
E’ facile vedervi la prosa tra l’aulico e l’incespicare del giovane barone Tulumello. Il prefetto aveva il suo bel da fare (o da dire) per riportare entro limiti di normalità il contesto accusatorio. Da Roma si esigevano spiegazioni ed era il ministro dell’interno a reclamare informazioni e chiarimenti. C’era di mezzo nientemeno Garibaldi.
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