Nella mia decrepita età mi succede anche di chattare con
giovani donne non per tentare senescenti colloqui di un certo tipo (Dio me ne
scansi e liberi) ma fornire spunti storici, archeologici, letterari. L’ho detto
altre volte e qui lo ripeto, per mestiere spiego bene agli altri quello che per
me non comprendo. Le giovani di Sicilia in una cosa continuano a rassomigliare
a quelle dei lontanissimi tempi della mia gioventù: una riottosissima
riservatezza. Mi hanno fatto promettere che non dovrò in alcun modo divulgare i
loro messaggi (peraltro innocentissimi e di buona cultura).
In uno di questi che si dicono colloqui
virtuali (non so cosa abbiano di virtuoso) ho affrontato due temi che mi stanno
a cuore: l’omofobia della Chiesa Agrigentina del ‘500 ed il caso Sole,
l’ergastolano ostativo, filosofo e letterato raffinatissimo. Cassando ogni
riferimento alla interlocutrice, rendo qui pubblico ciò che mi appartiene: omertosissimo
nelle sue cose, per le mie non credo che sia tenuto al totale riserbo. Taccio
ciò che è suo, e divulgo ciò che è mio.
In Vaticano trovo gli atti processuali scabrosissimi di una
sporca vicenda omofoba dell’agrigentino. Ne invio alcune fotocopie a chi so io.
Gentilmente mi chiede:
- cosa sono quei documenti che mi ha
mandato via e-mail? pomeriggio guarderò con attenzione, ne ho aperto uno a caso
e ho trovato espressioni non proprio auliche.-
Nel
mettere tartufescamente le mani avanti con questo avviso:
'ho
detto che non sono per educande. Sono
documenti del Vaticano mandati da un vescovo di Agrigento! Se poi sghignazzavo
col prete Acquisto e col contorno delle sue signorine, una qualche ragione ce
l'avevo. Non sono io il depravato.
quindi
abbandono i convenevoli per precisare:
La vicenda è scabrosa, scabrosissima. Agrigento usciva dal
vescovo Haedo, un pezzo da novanta del Santo Ufficio. Si era a ridosso del
Concilio di Trento. Quella che si chiamava controriforma, ora più
pertinentemente viene considerata dalla più autorevole corrente di pensiero
come riforma cattolica. Il re di Spagna piazzava comunque qui ad Agrigento un
suo famiglio il vescovo spagnolo Horozco y Cuvarruvias. Pingue, incolto,
plagiario, tombarolo anzi tempo, ed altre piacevolezze (pare comunque casto per
eccesso di adipe addominale) soprattutto era dedito ai peccati della gola.
Peccati che ad esempio consumava nei conventi femminili di Sciacca mentre i suoi
palafrenieri riuscivano ad entrare tra le mura della clausura. Fioccavano le
lettere anonime e meno anonime che ne richiedevano la rimozione al papa per
indegnità. Il fascicolo è in proposito divertente. Vi è uno spaccato della
Agrigento del cinquecento.
Fra tanti ribollimenti, scoppia lo scandalo del canonico
Babilonia di Cammarata. Omofilo e pedofilo si aggregava la sera con equivoca
combriccola a Porta di Ponte. Sceglieva il suo bardasso e andava negli anfratti
dell’Agrigento sotterranea per peccati dicevano loro di nefando. Come lo
sappiamo? Vi fu un bel processo: un prete notaio Di Marco (se non sbaglio)
trascrive “fedelmente” le testimonianze. Il tutto viene raccolto e
irritualmente finisce in Vaticano, ove l’ho rinvenuto. Non credo che nessun
altro ne sappia qualcosa. A dire il vero ne scrissi pudicamente a padre De
Gregorio: non mi risulta che ne abbia mai dato corso.
Emerge dalle testimonianze che il giovine succube della
lascivia del canonico fu impietosamente giustiziato in pubblica piazza. Dovette
essere un gran bello spettacolo come quello che vi fu a Piazza del Popolo nella
Roma di fine potere temporale.
Ma nessun segno di pietà si coglie nelle carte.
Ma nessun segno di pietà si coglie nelle carte.
Sono carte di difficile lettura (ma non impossibile). Io ne
ho fatto una veloce trascrizione.
Il tutto però giace nel mio archivio personale, non credo per molto. Certo non è la paura di andare all’inferno, solo la previsione di quel che succederà dopo (come si dice) la mia dipartita.
Il tutto però giace nel mio archivio personale, non credo per molto. Certo non è la paura di andare all’inferno, solo la previsione di quel che succederà dopo (come si dice) la mia dipartita.
Invero c’era stata un’ interlocuzione:
- caspita! ci sono
tutti gli elementi per un romanzo! ma io prima le chiedevo info sulla storia di
Sole, cosa la intenerisce? cosa scuote i suoi sentimenti? Lei crede che tutti a
questo mondo abbiano diritto di un riscatto? -
La storia di Sole ha tre tempi. Primo tempo: gli
avvenimenti feroci, disumani imperdonabili d'esordio sono quelli narrati da
Gaetano Savatteri in I RAGAZZI DI REGALPETRA: per taluni aspetti ho cognizioni
diverse appena appena abbozzati nel mio RACALMUTO NEI MILLENNI, pag. 198 e ss.
La mia razionalità mi porta ad invocare uno cento mille ergastoli. La pena di
morte sarebbe insufficiente; accetto la volontà del legislatore dell'ergastolo,
anche in carcere duro (art. 41 bis) e poi se del caso ostativo. Alfredo consuma
i suoi orrendi crimini quando ha appena 21 anni. Secondo tempo: l'antimafia
reagisce, diviene efficiente, a ventitre anni Sole viene incarcerato. Ha già un
figlio (che sarà l'ulteriore vittima del tutto innocente). E' un duro, non
parla "non collabora", persino insolente si crede un giustiziere: ha
la sconfinata ammirazione di quelli suoi simili dannati alle più inflessibili
carcerazioni. E' pressoché un analfabeta. Gli infliggono due ergastoli ma di
quelli duri. Lo relegano in una cella per 22 ore al giorno. Per non fargli
vedere il figlio lo rinchiudono in carceri lontanissimi, in modo che sia
difficoltoso raggiungerlo. Le visite settimanali accordategli così si vanificano.
Frattanto gli giustiziano quelli della cosca contraria, egemone, il padre, un
fratello, altri della famiglia. Sole ora è davvero un capo, antagonista ma
capo. Per le regole di quello strano ordinamento alla Santi Romano dovrebbe e
potrebbe imporre le faide omicide. Ma qui comincia il cambiamento di Alfredo.
Ferma le faide. Ma resta omertoso. Se parla coinvolge parenti o amici e lui ha
quello strano senso dell'onore perché è (e si sente) uomo d'onore. Per qualche
beneficio non sacrificherà mai il suo sangue, non tradirà, non può tradire:
tacere e penare è la sua nuova cifra etica, il suo intimo orgoglio. Non
collabora ed allora la giustizia si accanisce contro di lui, diviene disumana,
barbara, inflessibilmente dura. I dettami costituzionali della redenzione del
reo si attenuano nel trattamento verso questo membro deleterio del consorzio
civile. Del resto sembra non dare segni di "resipiscenza". Terzo
Tempo: inizia a leggere. Dostoevskij , libri ardui, studia, prima è solo un modo
di passare il tempo, poi arriva il tempo della riflessione, del dubbio, delle
inquietudini dello spirito. Si ingolfa nello studio della filosofia greca. Fa
esami esterni per un diploma, e poi una laurea; non studia legge come un suo compagno
di ergastolo, siciliano pure lui ed oggi ergastolano ostativo non pentito,
battagliero, estroso, avvincente che attira su di sé persino la simpatia di
Veronesi. Quello di Sole ha un taglio umanista. Uno dei primi miei contrappunti
con lui ebbe a snodarsi su una mia confusione tra la parresia di San Paolo e la
parusia dei tragediografi sommi della Grecia classica. Legge testi di
filosofia. Se deve divagare con me sull'Antigone di Sofocle, mi cita passi e
giudizi del Cacciari filosofo. Intanto scrive e poi scrive: affina penna,
pensiero, idee, snodo narrativo. Amici miei raffinatissimi critici riconoscono
in lui un grandissimo talento letterario. Savatteri riporta nel suo libro una
pagina di grande fascino calligrafico. Tiene una sorta di rubrica informatica.
Ragazzine, giovani donne, belle anime femminili se ne invaghiscono. E Alfredo
nelle sue risposte è garbato, suadente, consolatore. Ovvio che un cuore arido
come il mio ha interni empiti ironici. Ma io ho avuto tardi tra le mani il
libro di Savatteri: mi irrita; v'è una denigrazione sia pure inconsapevole del
mio paese, del paese dei miei avi, di una stirpe come tante altre racalmutesi
intemerata, ligia alle leggi, lontanissima da tutte ste escrescenze che si
dicono mafiose e sono bubboni delinquenziali che investono piccole ed
insignificanti frange del vivere civile di questa terra, forgiata
dall'attaccamento a valori umani "come erba abbarbicata alla roccia"
avrebbe soggiunto Sciascia.
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