Ne vorremmo, ne dovremmo parlare con i signori Commissari
del Comune di Racalmuto, ma quelli non vogliono essere disturbati: non parlare
al conducente pare che abbiano scritto sull’architrave dei loro saloni
ottocenteschi.
Tanto per alleggerire il discorso, rivolgo la mia salace
attenzione a questo reliquario: la copia della delibera del consiglio comunale
del 25 marzo del 1978. Nasceva il più immarciscibile piano regolatore della nostra Racalmuto. Vige
tuttora. La promessa dei commissari è
però stentorea: ENTRO LA FINE DEL LORO INCARICO AVREMO UN NUOVO PIANO
REGOLATORE. Intanto non disponiamo neppure della perimetrazione di legge da cui
far partire i punti zero per calcolare l’area A, l’area B e l’Area C sulle
quali gravano tariffe monnezzare agevolate.
Ci sollazza l’idea che il più longevo dei nostri
amministratori è il mio carissimo amico Carmelo Collura, sempre presente,
sempre vigile. Lo so di indefettbile memoria; se volesse potrebbe far luce
sulle trame che spinsero la Regione Siciliana a inventarsi un pronunciamento
del consiglio avverso all’ufficio tecnico di allora, per consentire a certe
mani sulla cittadina di costruire ad
libitum.
Sedevano sugli scranni del refettorio (se ci azzeco) delle
monache clarisse figure storiche della politica del dopoguerra. E noi che il
vizietto della microstoria ce lo abbiamo tutto non finiremmo più dal chiosare,
rammentare, punzecchiare.
Ricordiamo l’avvocato sindaco Totò Marchese, il chi l’ha
(più) visto Antonio Baldanza, il compassato della Fiamma Giovanni Fantauzzo,
l’erculeo avvocato Angelo Pillitteri, il pastaroTotu Baiamonte con il consocio
Angelo Saccomando, l’inossidabile Salvatore Falco, e poi, alla rinfusa dal dottor Totino
Petruzzella ad Avarello, ad Amato, a Cavallaro, a Borsellino, Casodino, sino a
finire a Calogero Cacciato. Spiccano certo l due nostri veri onorevoli: Milioto
e Martorana (ma questo invero fu onorevolino.) Stavamo omettendo Carminu Gueli,
‘Ngilino Morreale, Fofu Farrauto e Santo Pinò.
Ma vanno citati a parte Cino, Morgante e Chiodo miei affini nelle
opzioni rosse. Annoto Alessi e Sbalanca e quindi debbo mettere in tutta
evidenza l’altro mio amicissimo Ignazio Petrotto che dimentico della lotta a
suo tempo fatta con me e con Lillo Savatteri a Dino Casuccio non so ove
militasse in quel lontano 1978: me ne
stavo in ispezione al Nord per saperlo.
I BB.CC. di allora, invero bovinamente, appongono questi vincoli
archeologici su San Bartolomeo. Bastava dire foglio 61 – tutto pieno di reperti
archeologici come hanno comprovato Mulè e
Calderone nel foglio consegnato alla Soprintendenza e da noi puntigliosamente
trascritto in questo blog – e il gioco era fatto senza sprecare tante parole.
No! Si son volute segnare tante particelle. Così è venuta fuori una pelle di
leopardo che qualcuno danneggia e qualche altro favorisce ed è facile capire
chi. Ma dopo alla rinfusa agiscono per
contrade: Bovo, Villa Nalbone e Serrone e quindi Monte Castelluccio e contrada
Castelvecchio, contrada frà Diego e
località Fico Troina; località Rocca
Rossa (fra Grotte e Racalmuto) e località Grutticeddi o Grotticelli che dir si
voglia.
Ho saltato volutamente la località Pietralonga e sanno perché
signori Commissari? Perché quella è località del territorio di Castrofilippo.
Decenni ho passato per trovarla a Racalmuto quella località: niente. Solo una
mia vecchia zia monaca in un viaggetto a Canicattì ebbe ad eslamare : Ecco
Petralonga. Le monache hanno memorie infantili incancellabili. Così ho scoperto
dove era quella località ricchissima di tombe sicane a dire dell’ing. Mauceri di Caltanissetta. La Soprintendenza
aveva apposto vincoli deducendoli da certi
lisi Bullettini archeologici che ho avuto modo di consultare qui a Roma a
Palazzo Venezia.
Si dirà: ma che importanza hanno quei vincoli? sono “desueti”. Solo che quando vogliono quelli dell’Ufficio Tecnico di Racalmuto se ne
ricordano. Rarissimamente, a dire il vero, e quando c’è qualche antipatico magari come me
da colpire. Di solito però non vedono e non sentono. Mio fratello che è mente
fina e tecnico tosto mi dice che un vincolo senza indicazione catastale non è
individuabile. Giusto ma mi vien fatto di pensare che potevano bene i signori
della Soprintendenza precisare meglio il patrimonio archeologico racalmutese da
preservare dalle manie cementizie. Soprattutto era l’Ufficio Tecnico che
avrebbe dovuto farsi parte diligente. Ne ho scritto qualche volta. Meglio
tacere. Ma voi che venite da Roma o giù di lì sapevate? E se sì, cosa avete
fatto? se non sapevate .. ora sapete. Vi tocca vigilare, no?
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