Ho conosciuto Accursio Vinti solo di recente, qualche mese fa a proposito di una possibile intesa per spingere verso cieli salvifici questo paese che pseudo antipolitici hanno sospinto un un baratro di lagnosi gruppi familiari ad appena 500 euro al mese cadauno. Accursio Vinti è di tutt'altra pasta, persino sornione pur nell'indossata veste di bonomia acquiescente. I suoi quadri, anche se prolifici sono un mistero per me. Siamo di due mondi diversi e se questa qui sopra è una missiva che potrebbe essere indirizzata anche a me, io la dovrei restituire al mittene, per mia incomprensibilità - s'intende. Per Accursio i colori non devono rapprendersi in un pennello per reiterare i chiaroscuri, ile luci, le policromie del buon dio dei cieli. Egli è astratto di un'astrattezza tutta moderna, alla Pollock mi insegna la mia Pigmalione romana, ORIANA CAMMILLI. Può anche ad andare a scrappisare i suoi quadri se vuole; non lo fa non per timore di essere tacciato di plagio di quell'altro astrattista americano; ma credo solo per non lasciare impronte nei sui lucidati pavimenti nella grande casa del Confina. Sembra solare e non lo è; appare tenebroso e inganna; è elementare ma vi profonde la sua antica scienza delle costruzioni. Sembra che voglia rifare mappe, e celia. Le sue linee si aggrovigliano, le sue luci si spengono, i suoi sogni si raffreddano diventano algidi. La sua anima sussurra, sbraita, si compone, si addormenta. Ti lascia in pace per ore ma eccola là ad aggredirti, a turbarti, a frastornarti. E ti ride addosso, ti propina scempiaggini che sono un mondo di raffinato pensiero. Un aspirare al cielo. Sì, perché diversamente da me, Accursio è religioso, si lega alle arcane forze del mondo di là delle nubi. Nulla dovrebbe poter dire a me, che stanco annoiato liso fi mente e di corpo bramo il sonno, il nulla. A me mi turberebbe un Dio che esistesse. Ad Accursio l'esistente Dio si rivolge paterno consolatore con tanti doni sovrumani che lui chiama grazia e quasi spirituale vaso di Pandora vi è dentro il dono per lui massimo della fede. Ai miei antipodi insomma; eppure mi aggancia, mi ascolta e soprattutto m'impone l'ascolto. E' lui che alla fine parla, son'io vinto che odo. Non mi immedesimo in lui, s'intende, nei suoi quadro nel groviglio delle sue linee, nel caos del suo racconto, nella geometra delle sue per me strambe immaginazioni. Non dico che m'incanta perché non sono monachella da farmi incapsulare nelle metafisiche astrattezze, ma la mia curiosità si accende, il mio dissenso è partecipe, la mia stizza si spegne. Forza dell'arte? Quella di Accursio Vinti, di certo.
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