Abbagliate da un esplodente sole pedemontano,
le due signore si guardano, stropicciano gli occhi folgorati da troppa luce
repentina ed inforcano gli ammiccanti occhiali da sole che donne astute non al
tramonto sanno scegliere per ispirare e subito occultare ambigui richiami
vetusti.
-
Ma che è ‘sta piana – esordisce la signora romanesca.
-
La piana di Corvaro. Dovrei però dire dei miei
antenati, farfuglia, colta di sorpresa,
l’altra del Cicolano.
-
Come? Eravate tanto ricchi e non me l’hai mai detto.
-
Già, eravamo … eravamo.
-
Racconta, via!
-
Per quel che ne so
…. Sa tutto un mio zio acquisito!
-
Dimmi quello che sai. Tuo zio acquisito, lasciamolo per
ora da parte … forse dopo chissà!
-
… mi diceva che a fine del ‘700 si affermava un
contadino del luogo, uno che non è da escludere che si fosse pian piano finito
di rosicchiare terre conventuali, specie delle monache di Borgo – cosa che i
vescovi di allora non cessavano di lamentare col papa. Di qua stato
pontificio, di là stato borbonico, Regno delle due Sicilie. Le vindici voglie
clericali si scontravano con la sornioneria partenopea (Regno delle due
Sicilie, appunto… )
-
Come parli colta ed anche difficile
-
Ripeto a memoria le frasi … ipotattiche di mio zio … e celio il tuo
spirito di ‘sta sera a mare chiaro!
-
Mica vogliamo litigare anche qui … a casa tua … nelle
tue lande feudatarie …
-
Ex … ex .. come?
-
Prosegui con la storia e lascia perdere le
punzecchiature campanilistiche … anche perché gira e rigira siamo entrambe
partenopee … regnicoli. Dunque dicevi?
-
Quel mio antenato aveva nome strano: SABBANTONIO. Aveva
due figli GIACOMANTONIO e CELESTINO …
-
E dove l’hai letto questi pretesi tuoi nobili lombi…
-
Veramente questo l’ho letto in certi studi di SALVATORE
LUCIANO BONVENTRE …
-
Buono a sapersi
… lo rintracceremo per farcele dire da lui meglio di te…
-
Perché io non so raccontare?
-
Male … molto male …
-
Allora me ne sto zitta e buonanotte ai suonatori.
-
Non fare la stronza, continua.
-
Questi due fratelli avevano anche una sorella piuttosto
bisbetica, vezzo non insolito nella mia famiglia ..
-
E tu ne sei un esempio!
-
Ricambio la stronzaggine!
-
… dunque?
-
Dunque: questa sorella sposa attorno al 1750 un tale
Domenicantonio DI GIOVANNI di Castelgiudeo, e o perché si sposa troppo tardi o
per inidoneità di lui, muore senza figli. A chi va l’eredità avuta in dote con
i suoi sonanti beni parafernali? Questa mia antenata di nome MARIANNA cova una
vecchia ruggine, con i suoi familiari ce l’ha … con tanto di pitazzu scritto l’avevano superdotata di
tali misteriosi beni parafernali ma poi all’atto pratico se li erano tenuti
stretti stretti e la sorella ancora al momento di far testamento ristava ad aviri.
-
Bella ‘sta storia … non nuova peraltro, specie nei matrimoni
combinati della media ed alta nobiltà medievale…
-
Mio zio mi dice che la vicenda si verificò tale e quale
a Racalmuto nei primi anni del ‘600 con la nobile virago Donna Aldomza del
Carretto …
-
Ma questa tua Marianna, una virago non mi pare ..
-
Veramente da parte maschile i miei cari antenati
trottavano troppo la cavallina. Pensa che ancor oggi tanti si chiamano di
Sabbantonio .. come dire figli illegittimi di mio catabisnonno.. Per non
parlare dei tanti preti della mia famiglia.. molto avveduti negli affari e mai
casti. Qualcuno vestiva con fibbie d’argento, azzimatissimo e pur non essendo
neppure parroco nel suo portone si fa effigiare un baculo episcopale … forse a
simbolo di qualche altro arnese maschile …
-
Ah! Ah! Ah! L’epilogo della storia?
-
Lo so a memoria .. ed è quello che racconta SALVATORE
LUCIANO BONVENTRE (che è andato a spigolare in ASA Notai dell’Aquila, b. 1809 .
quando l’Aquila era ancora in piedi) .. “nel 1789 Marianna B. di Baccarecce,
evidentemente senza prole e titolare di una dote del valore di sessanta ducati,
regolò con due clausole la sua eredità, con la prima di esse lasciò i ‘tanti
mobili di diversa sorte’, ossia il corredo ascendente al valore di trenta
ducati ricevuto dal padre Sabbantonio al momento del matrimonio, a suo marito Domenicantonio
Di Giovanni di Castelgiudeo e con la seconda clausola lasciava la proprietà
della dote restante, che ancora doveva ricevere a “complimento’, ai suoi
fratelli Giacomantonio e Celestino e l’usufrutto della stessa a suo marito
Domenicantontio”.
-
Una bella beffa, non c’è che dire. Ma il patrimonio di famiglia ebbe ad
assottigliarsi a beneficio dei Di Giovanni?
-
Manco per niente … vi pensarono i tanti preti venuti
dopo con i loro bravi patrimoni sacri, raccolti chissà come. Pensa che ancor
oggi sta in catasto una stranissima partita catastale che dopo tre o quattro
secoli sta a ratificare non si capisce bene quale lascito enfiteutico per far
celebrare messe a salvezza dell’anima di cicolani o forse cicolane che avevano
fiducia nella missione salvifica di alcuni collaterali di miei antenati … Che
Dio li abbia in gloria. Vai a Baccarecce e troverai nei portoni del palazzo
avito stemmi lapidei con soli splendenti, bastoni pastorali ed il famoso
acronimo JHS bellamente crociato. C’è qualche intruso in famiglia che ironizza
sulla dedizione ad un vecchio zio ricchissimo di una pimpante vecchietta a nome
Berenice. Fatto sta che la mia famiglia divenne locupletissima con migliaia di
coppe di terra e rendite tra le più cospicue di tutto il Cicolano. Tutte queste
terre una volta erano nostre .. e tali rimasero ma solo al catasto per molto
tempo. La paura dell’IMU ci fa dichiarare ora la verità: quelle terre furono
cedute illo tempore per il tramite di
un tal geometra a nome Cavalieri che con sue scritture private cedeva,
divideva, acquisiva beni immobili come noccioline. E compratori e venditori vi
prestavano fiducia meglio che ai costosi e sottili notai. Tutto il Cicolano
vive la tragicommedia di cessioni ed acquisti vetusti ignoti al catasto. Gli
accomodamenti si sono però trovati e la nuova e già chiusa agenzia del
territorio non va per il sottile.
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