Racalmuto ha una antichissima tradizione dolciaria, forse millenaria: mescolare farina di grano duro, mandorle o noci, uova e miele (finché non arrivò lo zucchero) fu delizia e salvezza: delizia per il palato; salvezza per la nutrizione non misera. Ma da storico debbo precisare che solo con l'avvento di Ernesto Dinaro da Napoli l'arte dolciaria di Racalmuto molto ne guadagnò in prelibatezza ed anche avvenenza. Chi non ricorda lo schiumuni per la festa del Monte consumato attorno ai tavolinetti rotondi vezzosamente disposti alla piazzetta? Eppure vi fu subito un superamento, il famoso Taibi il MAGO nonché autore di teatro socialpopolare e quindi i taralli di Piuzzu o le celeberrime granite di Parisi, con l'acqua di seltz nelle caratteristiche bottiglie violacee con pallina vitrea a tappo. Ora noi apprezziamo ad esempio la pasticceria del giulivo Capitano darriè la Matrice. Ma siamo rimasti estasiati dalla disponibilità della Cremeria Parisi, il cui manager, raffinatissimo dolciere, immaginifico, è capace di lecconerie stratosferiche. Si va nella sua pasticceria, si entra magri e si esce con l'epa rigonfia oltre il decente. E l'accigliato gestore ti serve con prontezza ma senza cedevolezze, fiero perché conscio del suo valore. E sa anche apprezzare l'arte, la cultura, il bello insomma. Ci ha promesso che ci metterà a disposizione la sua ampia sala per una premostra del connubio da me inventato tra Leonardo Sciascia (racalmultese d'eccellenza) e Agato Bruno, pittore di fama internazionale, raffinato e non naif, coloristico: entrambi a sfidarsi uno morto, l'altro vivo , a distanza di mezzo secolo: uno il grande Sciascia si inventò le FAVOLE della DITTATURA (che io chiamerei però le favole della post-dittatura perché Sciascia le scrisse quando era ancora nostalgico del ventennio anche se gli aveva dato fastidio per quell'obbligo del "giummo") e l'altro di contrapposta ideologia politica che cerca di reinventarsi in tavole cromaticamente luminose le stesse identiche favole sciasciane: Agato Bruno.
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