9 luglio 22.49.05
Carissima Giovanna, io al tuo posto un messeggaio
messaggio riservato a codesta Claudia Cernigoi glielo
manderei e in questi termini, se trovi di poter mandare messaggi a questo nome
in "cerca persone, luoghi e oggetti" di FB
con vivo rincrescimento la sto seguendo nel suo tentativo di
zittire il dottore Taverna, uno storico di vaglia, che la sta sbugiardando nei
suoi svarioni storici contro mio nonno il dottore Ettore Messana. Se un tempo
potevo pensare che lei esprimesse giudizi infondati ed infamanti contro mio
nonno con una qualche buona fede ora debbo pensare invece che ha interesse a
mantenere punti di vista che non posso permettere. Prima che io proceda per le
vie legali, può giustificare con me, che sono la nipote di sì alto e
irreprensibile servitore dello Stato di diritto italiano i suoi apprezzamenti
alla luce delle verifiche storiche che il dottore Taverna si è premurato di
rendere di pubblica ragione e che ora so che gliele ha segnalate.
10 luglio 14.46.18
"Ma è possibile che il Ministro Scelba si possa fidare
di un uomo di cui si presume che conosca anche il passato? Lasciamo stare che
Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una nazione vicina; questo può
far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa: "Va bene, è un
massacratore; però, di stranieri!", ma Scelba come può ignorare che Messana
ha iniziato la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9
ottobre del 1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui
tredici morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I
vecchi di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti
ordinò un'inchiesta mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa,
mentre la Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per
accertare le cause della morte misteriosa di un tenente di fanteria, che si
rifiutò di eseguire l'ordine di far fuoco del Messana, che ne disapprovò
apertamente la condotta, e che il giorno dopo fu assassinato. Questi i
precedenti del commendator Messana, noti al ministro dell'Interno. Ci troviamo,
come vedete, di fronte ad un uomo che per istinto è contro il popolo, e trova,
nei legami con i nemici del popolo, il modo di esercitare la professione di
massacratore di contadini. Oggi, sfacciatamente, questo non può farlo, per
quanto nel clima creatosi in Sicilia è possibile -- in Sicilia, terra dei
"Vespri" -- che i poliziotti di Scelba, ministro siciliano,
aggrediscano un pacifico corteo di donne che dimostrano contro il
carovita." ___________ Questo è un veemente passo di un vociante
intervento al Parlamento del nostro grande LI CAUSI. Siamo nel luglio del 1947:
L'Ispettore Generale di PS gr.uff. Dottore Ettore Messana "per
rotazione". come costume in Polizia - lascia lo sfavorevole altissimo
incarico siciliano e s'insedia molto autorevolmente ed ossequiato in Viminale a
Roma- Messana in Sicilia in fin dei conti non fu mai alle dipendenze di Scelba.
Ora a Roma è collaboratore diretto del Ministro ma non può venire chiamato in
causa per la brutta evoluzione delle vicende brigantesche di Sicilia. Con
Messana a Palermo, l'EVIS ed altre aggregazioni malavitose subiscono colpi
micidiali. Senza Messana il bandito Giuliano mi pare che può briganteggiare per
altri tre anni. A ben leggere il passo di Li Causi. questi allude, insinua,
ammonisce, ma non ha alcun elemento vero, preciso e concordante per inchiodare
ad alcuna responsabilità il Messana, cui peraltro deve gratitudine per avergli
salvata la vita. Si attacca alla "tradizione" ad una pretesa memoria
di qualche residuato senatoriale di vecchissima data, ad una inchiesta dei carabinieri
non sortita a nulla, non approdata a nulla, non coinvolgente il Messana neppure
con un avviso di garanzia. Il Li Causi, causidicamente cerca di ribaltare
l'onere della prova. Non v'è prova alcuna circa una qualunque responsabilità
del Messana nei fatti di Riesi. Scaltramente il Li Causi usa abili perifrasi,
"iniziò la carriera facendo massacrare". In che termini, a quale
titolo, con quale arbitrio. Il Li Causi non si chiede neppure come un
giovanotto di 31 anni poteva "fare massacrare". A distanza di 28 anni
con una guerra in mezzo non ha alcuno straccio di documento. Solo un quasi
prete valdese scrive nel 1934 alcuni ricordi di quella triste vicenda. E lì il
Messana non è citato, e lì i fatti gravi vengono addebitati all'Esercito e ad
un ufficiale dell'Esercito che per rabbia i rivoltosi trucidano. E' vero si
parla di una triade di dita che in contemporanea premono sul grilletto di un
mitra. Si accenna ad un "commissario" come mero compartecipe della
sparatoria. I morti che dice il prete valdese sarebbero stati NOVE. Inseguito
ed ucciso, solo l'ufficiale dell'Esercito. Vi era partecipe davvero il giovane
commissario Messana? Mi sono recato all'Archivio Centrale di Stato: quel che
emerge esclude ogni presenza del Messana. Mi sono recato all'Archivio di Stato
di Caltanissetta: NULLA! Ho interpellato la Questura di Caltanissetta: sorpresa
delle sorprese non c'era alcuna questura a Caltanissetta nel 1919. Solo qualche
anno dopo inizia a funzionare quell'importante istituzione. C'era soltanto un
nucleo di polizia agli ordini del Prefetto. La relativa documentazione
dell'Archivio Centrale dello Stato palesa una provincia all'epoca quieta e
composta. Nessuno sciopero per tutto il 1918 e nessuno per il primo semestre
del 1919. Dei fatti di Riesi dell'ottobre 1919 vi sono documenti che nel caso
escludono ogni coinvolgimento del Messana. All'epoca troppo giovante,
ininfluente per avere magari il piacere di venire citato. Ecco perché il Li
Causi che deve drammatizzare insinua sì ma subito gira al largo. Ebbene ora
secondo la signorina Cernigoi il Messana può venire disintegrato moralmente e
civilmente dovendo lui da morto provare la sua innocenza. Abbiamo riportato
testualmente le infamie che la Cernigoi spara contro il Messana colorando il
tutto con apodittici giudizi di condanna del Messana in ordine ai fatti di
Riesi. Condanne morali e legali con il ribaltamento dell'onere della prova.
Questo sarà l'alto grado di civiltà giudiziaria della Jugoslavia del
Maresciallo Tito, ma in Italia non ha diritto di cittadinanza. Si crucifigga
pure un grande e meritevole servitore dello stato - defunto - ma con prove
indubitabili in mano. Se vi fu una inchiesta dei carabinieri quella fu forse
solo annunciata perché non ebbe alcun seguito. E nel processo doveroso per
l'uccisione dell'ufficiale dell'esercito dei fatti di Riesi, nessuna chiamata
di correo per Messana, nessuna condanna per Messana, nessun coinvolgimento del
Messana Anzi!! Il giovanotto trentunenne Messana, che non poteva godere di
nessuna protezione, lo vediamo poi avanzare meritevolmente in carriera sino a
raggiungere i posti apicali della Polizia di Stato. Come i fatti di Riesi
vengono ora a distanza di quasi un secolo da parte di sedicenti giornalisti e
giornaliste filoslavi è sotto gli occhi di chi se ne sta interessando. Noi
abbiamo cercato documenti, fatto riscontri, consultato archivi pubblici e
privati e siamo arrivati alla conclusione dell'assoluta innocenza del Messana:
Chi oggi l'accusa non può pensare di scomunicarlo senza prove e senza
fondamento. Lo sta infangando criminalmente!!!
13 luglio 13.30.43
fammi sapere quando posso chiamarti senza disturbere grazie
a presto
13 luglio 16.09.36
anche adesso .... ciao. Tantissime cose
Mi pare che anche malgradotutto si sia nel fare da gran
cassa alle ignobili calunnie di sedicenti storici e di triestine giornaliste
nonché alle false ammissioni infamanti il gr. uff. ispettore generale di PS
dottore Ettore Messana da Racalmuto, di un sedicente falso nipote.
13 luglio 21.12.11
Sono uscita e torno in questo momento ,non sei in linea non
oso disturbarti ti chiamo domani mattina
come vuoi. Ciao
allora ti chiamo subito
14 luglio 20.02.16
Tutti a dire: Ettore Messana da Racalmuto. Questo ci onora e
mi onora. E Racalmuto ha il dovere di onorarlo. Ettore Messana in effetti diede
lustro a Racalmuto. Fu apicale nei ranghi ministeriali del Viminale. Per oltre
40 fu al servizio dello Stato Italiano. Servì lo stato di diritto italiano
sotto Vittorio Emmanuele Orlando, sotto Nitti, e NECESSARIAMNTE sotto Benito
Mussolini; quindi sotto Parri, sotto Bonomi, sotto De Gasperi, sotto Scelba e
penso infine sotto Fanfani. I cangianti colori politici dei capi di Stato
qualche volta lo coinvolsero, spesso no, ma unicamente sotto il profilo
personale: come funzionario di stato ebbe solo il culto dello Stato, il suo
compito era il mantenimento dell'ordine pubblico, assicurare allo Stato di
diritto la PUBBLICA SICUIREZZA e ciò fece encomiabilmente, sempre., su
posizioni di vertice e dal '45 con la superna qualifica di ISPETTORE GENERALE,
con tanti riconoscimenti, apprezzamenti, onorificenze: nessuna condanna penale
ebbe mai a sfiorarlo. Eppure sotto processo ne mandò tanti Invero non nacque a
Racalmuto, né la mamma era di Racalmuto, ma per via del padre fu racalmutese
puro sangue, e cioè del ramo dei Messana al vertice, quindi, della crestomazia
racalmutese- Il padre fu don Clemente Messana figlio di don Biagio Messana,
patriota, letterato, poeta, commissario di PS a Bologna. avvocato liberale,
destrorso, non proprio mazziniano. Il bisnonno di Ettore Messana fu quel
Calogero Messana di cui parla il nostro estroso Eugenio Napoleone Messana a
pag. 202 della sua appassionata cronaca di Racalmuto. Trattasi delle
"speziale Calogero Messana, [quello] della giunta dei moti del 1820 "
che aveva sposato "donna Lucia Nalbone". In quella Eldorado che era
divenuta Racalmuto sotto i tanto dileggiati (a torto) Borboni i Messana e i
Nalbone sono i nuovi, ma potenti, ricchi del paese; vale a dire emergere tra
quei galantuomini che vanno pomposamente a sedersi al Circolo della
Conversazione, divenuto poi paradigmatico per la penna del figlio di uno
zolfataio quale fu il grande scrittore racalmutese Leonardo Sciascia. Il nonno
del questore Ettore Messana sposa due volte, come sotto comproviamo, la prima volta
con una illustre palermitana e poi con donna Alfonsa Grillo. I Grillo erano
davvero baroni, nobiltà vera ed effettiva, non raffazzonata non si sa come fece
un certo prete campiere di una famiglia rampante a nome Tulumello. Biagio
Messana un po' avventuriero lo fu. Pare che amasse persino dilettarsi di
pornografia. Il patrimonio cominciò ad illanguidirsi. Ma con il secondo
matrimonio le sostanze di famiglia tornarono a ravvivarsi. Sennonché il figlio
Clemente, il padre di Ettore, ci pensa lui a sperperare alla grande, persino -
dicono - giocando a Palermo presso le bische nobili dell'Hotel delle
Palme,quello di Dell'Utri per intenderci. Il figlio Ettore che era nato nell'88
a Gela deve rifarsi la sua vita: studia con impegno. Si laurea e quindi segue
le vecchie orme del nonno: entra in PS. Raccomandazioni? non certo quelle che
il Casarrubea e la Cernigoni s'inventano pur di coprirlo di ignominia. Un po'
di massoneria era di casa tra i Messana e quella nell'era liberale era viatico
indispensabile per far carriera. Peccato mortale? Casarrubea e Cernigoi non mi
facciano ridere; pensino ai loro viatici ROSSI.
15 luglio 15.11.05
interessantissimo,mai avrei potuto sapere tutto questo ,le
mie origino mi piacciono.......molto
19 luglio 13.03.54
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· Privacy · Condizioni · Cookie · Altro Facebook © 2014 Lillo Taverna 1 min ·
Roma · . Volevo riportare integralmente quanto calunniosamente scrive la
Cernigoi contro il Messana. Non mi viene consentito. Mi limito però a
trascrivere alcune parti significative. ..........................
terrelibere.org > libreria > ipertesto > Il caso degli ispettori
generali Verdiani e Messana Il caso degli ispettori generali Verdiani e Messana
Ipertesto stats 30075 letture tag Tag: storiografia Il caso degli ispettori
generali Verdiani e Messana Storia - Epurazioni e riciclaggi nel dopoguerra Due
alti funzionari di Polizia si distinguono in epoca fascista per i crimini
commessi a Lubiana come dirigenti della locale questura. Nel dopoguerra,
vengono reintegrati nei corpi della Repubblica. Li ritroviamo in Sicilia, a
dirigere un ispettorato per la repressione del banditismo. Manco a dirlo, la
loro vicenda si incrocia presto con quella di Giuliano, con la strage di
Portella della Ginestra, con mafia e neofascismo… terrelibere.orgClaudia
Cernigoi Due alti funzionari di Polizia si distinguono in epoca fascista per i
crimini commessi a Lubiana come dirigenti della locale questura. Nel
dopoguerra, vengono reintegrati nei corpi della Repubblica. Li ritroviamo in
Sicilia, a dirigere un ispettorato per la repressione del banditismo. Manco a
dirlo, la loro vicenda si incrocia [1] G. Casarrubea, “Storia segreta della
Sicilia”, Bompiani 2005, p. 130. [2] Questa e le citazioni che seguono sono
tratte dal testo di Tone Ferenc, “La provincia italiana di Lubiana”, IFSML
1994, p. 59, 60. [3] Il racconto di Gueli si trova nel sito [6] Sentenza Corte
Straordinaria d’Assise di Trieste d.d. 27/2/47. [7] Copia del rapporto
originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551
Zbirka Kopij, skatla 98, pp. 1502-1505. [8] Questi documenti sono oggi
conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11. [9]
All’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia
era organizzata sul modello anglosassone. [10] Relazione in Archivio di Stato
di Trieste, Prefettura gabinetto, b 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già
svolto servizio in polizia sotto il passato regime fascista ed era stato
internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei confronti di
ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare. [11] Definizione tratta
dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise di
Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage di
Portella della Ginestra. [12] “…l’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra
il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di
fiducia personale di Mussolini” (G. Casarrubea, op. cit., p. 108 e 80). [13]
Citazioni tratte da N. Buttazzoni, “Solo per la bandiera”, Mursia 2002. [14]
Una buona sintesi dello studio si trova in rete al seguente indirizzo: www.edscuola.it/archivio/interlinea/banda_giuliano
. Questo sito non ha carattere di periodicita' non essendo aggiornato con
intervalli regolari. P.IVA 02977070834 made by liotren.com Hosting Linux, CMS e
applicazioni realizzate da Liotren.com
----------------------------------------------- Ho cercato di diffidarla
proprio oggi come da testo che pubblico qui sotto. Ha ingabbiato il suo post e
non so se ha recepito la mia diffida. So che mi segue qui e quindi no potrà
difendersi nelle sedi proprie come non preavvertita. ---- Lillo Taverna ·
Università Di Palermo Ho smantellato tutte queste sue affermazioni calunniose
per l'ispettore generale di PS dottore Ettore Messana. Mi sono premurato di
inviarle i miei studi, le mie ricerche, la mia inconfutabile ricostruzione. Mi
ha risposto offendendomi ma siccome non ho stima di lei mi ci sono fatte delle
grasse risate. Ma qui continua pervicacemente a denigrare il defunto Messana.
Vuol controbattere alle mie puntualizzazioni? Se ha materia!!! ::::::::
Aggiungo qui a maggiore chiarimento: La Cernigoi, nonostante l'abbia
sbugiardata circa le infamie che scrive infondatamente sul Messana, continua
imperterrita. Crede che insolentendomi possa acquisire inesistenti ragioni
presso il Tribunale della Storia. dottore Calogero Taverna BANDA GIULIANO, LA
DECIMA MAS E IL NEOFASCISMO IN SICILIA Coordinamento delle ricerche presso gli
Archivi Nazionali degli Stati Uniti (NARA, College Park,... edscuola.it|Di
Dario Cillo .. Mi piaceMi piace · · Condividi . Lillo Taverna Scrivi un
commento... .. .. . . Chat (4) ..
www.edscuola.it
19 luglio 20.30.06
Il prof. Casarrubea mi ha risposto molto urbanamente anche
se non rinnega nulla circa i suoi aspri giudizi sul Messana. Io gli ho risposto
già come segue e come potrai meglio vedere su FV
su FB...Pregiatissimo professore Giuseppe Casarrubea, solo
che mi pare che a Riesi non è neppure certa la presenza fisica di Messana.Di
certo. mi dispiace per il Li Causi, nessuno addebito gli poté venire fatto per
l'eccidio di cui alla cronaca quasi coeva di quel quasi prete valdese. Il Nitti
fece aprire una inchiesta ad un generale dei carabinieri, dice il Li Causi, ma
non sortì alcun effetto almeno contro il Messana che anzi ebbe elogi e meriti
tali da fare una fulminea brillante carriera. Quanto al processo per
l'uccisione da parte dei rivoltosi del tenente dell'Esercito il Messana non
venne per nulla coinvolto. Se no, il Li Causi non si fermava certo a quella
sortita alquanto curiale. Ne morirono otto, quindici o venti? Non importa il
numero, d'accordo, ma se manco questo dato è certo non è così che si può
massacrare la memoria di un Grande Servitore dello Stato di diritto, tanto poi
apprezzato da De Gasperi (e metto da parte Bonomi, Scelba ed altri). Ancor oggi
la famiglia sta subendo danni feroci per certi processi "storici"
diciamo avventati. Sulla Faccenda di fra Diavolo. mi basta la testimonianza
dello stesso Messana in uno storico processo ove non venne neppure sfiorato da
coinvolgimenti della magistratura penale. La vicenda di Lubiana l'ho
smantellata con documenti e atti processuali. Ma Lei non vi si addentra.
Lasciamo alla Cernigoi l’onere di provare le sue calunniose accuse credo in
sede giudiziaria, dato che la signora Giovanna Messana, proprio stasera me ne
accennava. Volere creare complementarità tra il Messana e il Verdiani per
faccende dell'OVRA è molto pretestuoso. Tra i due grandi questori credo che vi
erano differenze di età, grado e incombenze. Svolgerò meglio questo aspetto se
occorrerà. Il Messana lascia la Sicilia nel maggio o giugno del 1947, quando
stava addirittura mettendo le mai su Giuliano. I suoi successori, ben tre, non
brillarono, almeno sino al 1950. Dopo il 1947 il Messana al Viminale è autorutà
apicale. Mi si parla di uno scontro con Togliatti circa armi americane sbarcate
a Napoli del tutto legalmente e per accordi internazionali, cui intendeva
opporsi il nostro MIGLIORE. Io non sono né storico né giornalista né letterato:
ma i miei 50 anni di attività ispettiva presso la Vigilanza sulle Aziende di
Credito della Banca d'Italia e come superispettore di Reviglio molto mi sono
serviti per non fidarmi mai dei sentito dire ma di rinvenire la verità (o
briciole di verità) nell'obbiettivo esame di incontaminati documenti, carte di
archivio, registri e registrazioni. L'incontro mi è gradito per esternarle la
mia grande stima, al di là della contingente di opinioni). La ossequio.
20 luglio 9.26.28
Non c’è nulla da fare: tra le mezze calzette e i cavalli di
razza ce ne corre. Anche nell’ambito della storiografia. Io non sono né
ricercatore né storico né divulgatore giornalistico né tanto meno letterato. Ma
col vizietto antico del fare ispezioni a banche e grandi evasori sulla base
delle verifiche documentali, contabili e vecchie carte di archivio e lasciando
da parte le dicerie dei soliti untori mi sono messo di buzzo buono per cercare
di vederci chiaro nelle vicende del mio grande compaesano l’ispettore Messana.
Come al solito, tutti ad appuntarsi su tre incidenti del Nostro, nessuno che
andasse a scandagliare gli altri lunghi e prestigiosi squarci della vertiginosa
carriere di siffatto singolare servitore dello Stato di Diritto. I tre
incidenti possono così intitolarsi: Riesi 1919; Lubiana giugno ’41-maggio’42;
ispettorato generale di Sicilia giugno 1945-maggio 1947. Scopro che nel 1919 il
Messana non poteva essere l’autore di un eccidio alla Bava Beccaris, che a
Lubiana fece bene il suo dovere di servitore dello Stato Italiano e non certo
del Maresciallo Tito e la vicenda va vista alla luce di quanto uno storico
serio quale il Sala ha inquadrato e come una più avveduta e informata
storiografia super partes deve ancora appurare, che in Sicilia il Messana fu
abile e positivo con indubitabili meriti e che con i bandito fra’ Diavolo ebbe
solo abilità poliziesche quale suo prezioso confidente. Mi imbatto con la
Cernigoi: apriti cielo! Scoprivo i suoi altarini e divenivo persinoa 80 anni un
“ragazzaccio in vena di fare il bulletto”. Mi sono convinto che anche le mezze
calzette in televisioni e nei vari pluriformi blog fanno carriera e finiscono
col ritenersi autorità indiscutibili. Mi scontro, è vero, con uno storico vero
e saggio, il professore Giuseppe Casarrubea, e potete vedere voi stessi qui
sotto quanta urbanità, serietà, rigore scientifico e serietà professionale lo
contraddistingue. Grazie professore. Si dice che la classe non è acqua.
21 luglio 22.45.24
La signorina Cernigoi s‘improvvisa storica, giusperita,
magistrato, commissaria di PS e scrive quanto sotto. Avesse frequentato
L’Archivio Centrale di Stato, avesse almeno verificato quanto annota il prof.
Casarrubea sub 170 (cfr. Acs, Sis, b. 40, f. Criminali di guerra) nel suo
complesso studio STORIA SEGRETA DELLA SICILIA, pag. 198, si sarebbe evitate
(forse) tante censurabili castronerie, purtroppo gravemente calunniose della
titanica figura di alto servitore dello Stato di Diritto Italiano, l’ispettore
generale di PS Ettore MESSANA. La signorina Cernigoi si accoda immediatamente
alla pretesa dei Titini del maresciallo Tito di volere il Messana quale
“CRIMINALE DI GUERRA”, risibile pretesa finita miseramente nel cestino di vari
tribunali militari anche italiani, come doviziosamente appare nella ponderosa e
polverosa Busta del SIS seconda Sezione n. 40 cui rinvia giudiziosamente il
Casarrubea. Scrive a vanvera la Cernigoi: Criminali di guerra Il nome di
Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia
alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations
War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed
inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 [7], lo accusa,
sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione
“Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione, di crimini vari: “assassinio e
massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale;
deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo
di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli
articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13
del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a
Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del
Tribunale militare di Lubiana dott. Macis) la costruzione di false prove che
servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena
capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La
responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da
documenti dell’archivio della questura di Lubiana [8], che fanno riferimento ad
una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e
dal vicecommissario Antonio Pellegrina sotto la direzione personale di Messana,
contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al
Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di
reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre
a pene minori. Noi abbiamo oggi consultato quel vecchio faldone. E di materia
che tutto smentisce quel che scrive la Cernigoi e che a dire il vero rettifica
il Casarrubea ne abbiamo trovato a iosa. Abbiamo chiesto un centinaio di
fotocpoie che costicchiano e abbiamo, previo pagamento di Euro 3, scattato un
altro paio di centinaia di foto. La Cernigoi si è tanto irritata con me da
insolentirmi oltre i limiti del lecito. Persiste nella sua uterina invenzione
di inesistenti verità “storiche” lesive dell’onore del insignito dell’ordine di
San Lazzaro Gr.Uff. Messana. Non so come potrà difendersi se la signora
Giovanna Messana la persegue giudiziariamente. Il professore Casarrubea ci
appare un gran gentiluomo oltre che storico insigne e riflessivo e spero voglia
accedere ad un dibattito sereno per un riscontro del vero, res melius perpensa.
22 luglio 1.12.20
23 luglio 17.58.36
Scrive il professor Giuseppe Casarrubea: "In un
documento segreto del SIS riguardante le attività della commissione per il
mantenimento in carica degli arrestati politici, figura, appunto l'ispettore
Messana, abitante a Roma in viale Beato Angelico92". Insidioso
quell'"appunto". E' evidente che va collegato a quanto affermato
prima: "Storicamente risulta ancora inspiegabile il fatto che personaggi
che godevano fama di essere stati criminali di guerra di paesi vicini
all'Italia, già compromessi col fascismo e le sue più alte gerarchie, potessero
essere stati lasciati al loro posto e anzi avessero fatto ulteriori carriere
con i nuovi governi di unità antifascista". (Cfr. Storia Segreta della
Sicilia, pag 96, note nn. 168 e 169). Il professore Casarrubea con l'onestà
intellettuale che lo contraddistingue non potrà negare che ha messo qui qualche
tocco malizioso che conferisce al testo una ambiguità perniciosa per il buon
nome del Messana. Noi siamo andati alla caccia di quel documento che sarebbe
dovuto essere esiziale per il prestigio del nostro insigne compaesano e siamo
riusciti a trovarlo. Depuriamo subito dell'effetto alone quel "SIS"
custode di segretissimi segreti. Il SIS (Servizio Informazioni Speciali o
similari) fu una malconcia branca amministrativa del Ministero degli Interni e
le carte della sua SECONDA SEZIONE sono ora all'Archivio Centrale di Stato,
lise stropicciatissime, spesso deteriorate e quasi illeggibili, alla portata di
ogni studioso. Il documento commentato dal Casarrubea che si trova in uno
scarno fascicolo portante il numero MP21 di quella che è rimasta busta 54 non
suffraga per nulla le tesi accusatorie dell'esimio professore di Palermo. Quasi
in carta velina, essendo copia di documenti dattiloscritti, il foglio reca in
fondo un paio di annotazioni molto importanti; porta una data che risalirebbe
all'estate del '44 e, bene in chiaro, postumo, il riferimento ad una pratica a
cui non è facile (almeno a me non è riuscito) risalire. Trattasi dell'elenco
nominativo di una "commissione per il mantenimento in carica di arrestati
civili". Segue una elencazione a scalare di altissime personalità da un
generale (il primo dell'ordine) ad un colonnello) con indicazione soltanto del
recapito e del numero telefonico. Il Messana occupa in quella commissione il
secondo posto. Autorità quindi ragguardevole, insospettata e insospettabile.
Abbiamo cercato di fotografare quel documento, ne è venuto per nostra imperizia
uno sgorbio che ugualmente pubblichiamo: all'occorrenza ne faremo trarre una
chiara fotocopia quale la struttura molto valida dell'Acs di Roma sa fornire
agli studiosi. Siamo dunque nel 1944; gli americani erano entrati da qualche
mese a Roma. E a Roma si trova il questore (allora) Messana. E abita appunto
nei pressi del Vaticano proprio in viale Angelico 92. Quello che per la
disattenta signorina Cernigoi sarebbe stato un demerito fu invece un atto di
coraggio civico e politi da parte del Messana: dopo il famoso 8 settembre del
1943 il Messana disdegna di passare a Trieste, dove operava da questore e dove
veniva remunerato con un buon stipendio, al servizio della Repubblica Sociale
di Salò e se ne torna dai suoi a Roma appunto nelle abitazioni presso il
vaticano. Altro che fascista, altro che fanatico razzista. Aveva sperimentato a
Lubiana cosa davvero erano i tedeschi anche quelli che non ostentavano la
doppia 'esse' (SS), A Roma c'era Kappler. Il Messana non si presenta al
Viminale. Sarebbe stato bene accolto ma avrebbe dovuto sottostare all'infame
comando tedesco. Chi conosce la storia di quel periodo capisce. Così il
Messana, senza più stipendio, si eclissa oltre Tevere. La nipote, allora
bambinella, ricorda quel periodo, gli americani che entravano, lo
sbandieramento tripudiante dei romani. E ricorda che con lei c'era questo suo
arcigno ma dignitosissimo nonno (che invero aveva particolare predilezione per
questa sua piccola Giovanna). Mi dice Giovanna Messana che in effetti per un
qualche periodo il Messana si nascose in una chiesetta presso Borgo San Pietro
assieme ad ebrei, molti dei quali furono grandi amici di questo Ispettore
Generale che la Ceernigoi vuol fare passare per un nazista antisemita. Noi
pensiamo he il Messana in questo periodo di rifugiato non dovesse
preoccuparsene più di tanto: cinquantacinquenne non poteva temere il pericolo
di venire arruolato; e a Roma si era troppo indaffarati in quei criminali
rastrellamenti dell'ultima ora per interessarsi ad un questore fuggitivo da Tieste.
Importante per noi sapere che in questo periodo il Questore Messana né a
Trieste nel clima criminale repubblichino né a Roma nell'altro nefasto delle
Fosse Ardeatine si contaminò con il Nazifascismo. Era intemerato e così poté
ritornare al Viminale: ecco perché gli affidarono la vice direzione di questa
Commissione cui accenna il Casarrubea. Quel liso documento del '44 depone a
tutto favore del Messana. Le insinuazione del professore palermitano sono
destituite di ogni fondamento. L'onore di Messana non rifulge proprio in quel
foglietto quasi illeggibile del Sis, seconda sezione.
23 luglio 19.07.32
dal pc di mia cognata ho letto quanto hai precisato ottimo
come sempre
grazie
25 luglio 2.21.02
Per la Cernigoi v’è certezza assoluta: il Messana è CRIMINALE
di GUERRA. Il suo giudizio è inappellabile. Lei si arroga il diritto di
giudicare e condannare. Con quale autorità, con quali prove, con quale
istruttoria? Non ha titolo, non ha elementi, non può provare nulla. Per me
diffamare qualcuno a mezzo stampa quale criminale di guerra sapendo che giammai
costui era stato condannato per siffatto gravissimo crimine è materia da codice
penale. Io l’art. 595 u.c. C.P. ce lo vedrei tutto ma non sono né pubblico
ufficiale né magistrato, né istituzione pubblica (in questo caso il Viminale
quale parte offesa). La Cernigoi non poteva non sapere che all’Archivio
centrale di Stato vi sono faldoni e faldoni del SIS, seconda sezione ove il
caso è ben sviscerato e l’adamantino comportamento del Messana vi riluce
inconfutabile. Scrive la Cernigoi: Criminali di guerra Il nome di Messana
risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla
Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War
Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed
inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 [7], lo accusa,
sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione
“Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione, di crimini vari: “assassinio e
massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale;
deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo
di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli
articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13
del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a
Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del
Tribunale militare di Lubiana dott. Macis) la costruzione di false prove che
servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena
capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La
responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti
dell’archivio della questura di Lubiana [8], che fanno riferimento ad una
“operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal
vicecommissario Antonio Pellegrina sotto la direzione personale di Messana,
contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al
Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di
reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre
a pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false
prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16
persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis.
Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del
15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura
di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei
Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per
onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative
all’attentato di Preserje. Nello specifico Messana ricevette come
riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e
Lazzaro”. Ettore Messana fu anche segnalato con nota del 21/9/45 dall’Alto
Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma al Prefetto di Trieste, che
richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA [9]. Il risultato di questa
indagine è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore
Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa [10], dalla
quale citiamo alcuni passaggi. “… il Messana era preceduto da pessima fama per
le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella
città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei
mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle
rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.r.) che ordinava arresti di persone
facoltose contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di
conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi
avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che
prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di
denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio
in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a
Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del
famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm.
Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni
di polizia politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici (…)”. :::::::::::::::::: Ma al Ministero
degl’Interni, al SIS si sa bene che trattasi di tentativo titino di
criminalizzare l’intera Italia. Siamo nel 1945-46. Orde di ex partigiani titini
scendono persino col paracadute in Italia a tentare vendette, a commettere atti
di giustizia sommaria, a macchiarsi di infami delitti. Le carte del SIS sono
molteplici e inequivocabili. Non punge vaghezza alla Cernigoi di
contestualizzare le effervescenze punitive slave con questo clima terroristico
che disseminano in Italia? In Jugoslavia da parte dei Partigiani Titini si
confezionano reboanti capi di accusa contro i nostri concittadini rei soltanto
di esservi stati comandati in tempi di guerra magari con incarichi polizieschi;
si mandano granguignoleschi papielli accusatori. Ma sono le stesse commissioni
di guerra estere che rimettono, dopo una prima sbozzata, le accuse alle
competenti autorità italiane. E in Italia queste più ponderate carte arrivano e
queste carte si trovano a Roma, al SIS ed ora in ACS. Ebbene di tutta quella
paccottiglia della Cernigoi relativa al Messana, al Ministero giunge il
foglietto che noi pubblichiamo. Trattasi dello “STRALCIO RELAZIONE 12”:
L’accusa titina infierisce contro magistrati italiani, funzionari di P.S. e
soprattutto contro Grazioli che fu un personaggio non del tutto negativo stando
agli studi di Sala. Il MESSANA vi viene fatto entrare per il rotto della
cuffia: non c’è nulla di specifico contro di lui. Pretestuoso, prevenuto e
diffamatorio è volere a tutti i costi il questore come colui “che esortava
personalmente gli aguzzini ad infierire contro le proprie vittime”. Quali
prove? Nessuna, quali testimonianze? Nessuna, come si poteva affermare. e dalla
parte lesa, qualcosa del genere? Fandonia: un questore se ne sta nei suoi
uffici, non scende negli scantinati ad incitare scherani ai suoi ordini a
violentare innocenti vittime. Fantasie da menti malate o si vede che non si è
mai stati in questura a rispondere ad interrogatori sia pure serrati ma per la
cultura giuridica italiana sempre con il senso del limite. Tanto è vero che in
Italia il SIS neppure prende in considerazione questa calunniosa accusa titina
contro il Messana. Anzi il Messana viene inviato persino in Sicilia nell’aspra
lotta al banditismo filoamericano del fuori legge Giuliano di Montelepre. E il
Questore Ettore Messana viene promosso Ispettore generale di P.S., insignito di
onorificenze di altissimo livello e viene nominato Grande Ufficiale; e guarda
caso ottiene l’esclusiva commenda dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro, roba
sabauda insomma. La ruggine slava, che si può comprendere ma giammai
condividere, è solo appiglio per postumi scoop giornalistici che francamente
sono disgustosi. La Cernigoi sa che il Messana neppure fu scalfito da quelle
infamanti farneticazioni slave. Non c’era materia alcuna. Eppure quando gli
slavi accennarono a fatti e vicende che potevano destare sospetto, l’istruttoria
scattò accurata, precisa, inflessibile. Le carte del SIS lo dimostrano.
Consultarle per credere. Singolare la chiusa degli accusatori slavi: “secondo
le istruzioni di GRAZIOLI operavano anche i suoi organi civili e principalmente
il questore di Lubiana Ettore Messana, uno dei maggiori carnefici” Ma di grazia
quale furono queste “carneficine del Messana? Nulla di nulla. Vi fu
l’esecuzione di Tone TOMISIC che invero mi lascia perplesso. Ma quella nacque
da una sentenza “del tribunale di guerra di Lubiana preseduto dal dr. MACIS”.
Il Sis fece, dopo, una accurata inchiesta. Al SIS si ebbe modo di appurare
quale fu il ruolo del Messana. Il Messana aveva minuziosamente ragguagliato la
magistratura su l’operato della questura di Libiana. All’ Acs abbiamo trovato
il fascicolo. Trattasi della denuncia del 4 aprile del 1942 n. 05698/1942 Gab,
di Prot. Il Messana è esaustivo, preciso, formale. Ne riportiamo qui sotto
alcune fotocopie. Basta darvi uno sguardo per sbugiardare la Cernigoi e i
titini circa l’inventata accusa che il processo era stato intentato “in base a
false testimonianze del commissario di P.S. PELLEGRINI e di altre persone al
servizio di Grazioli”. No! Invero erano stati i tedeschi che avevano scoperto
il covo dei partigiani slavi e avevano costretto la questura ad irruzioni,
interrogatori ed arresti0. Noi pensiamo che la stessa sentenza del MACIS sia
stata imposta dalla Ghestapo. Ma qui il Messana non c’entrava più. Anzi tutto
lascia capire che il Messana fosse tanto poco gradito ai tedeschi da giubilarlo
subito dopo quella esecuzione che tantò impressionò; le SS non furono
certamente estranei allo sbolognamento del Questore. Appare infatti non gradito
ai falchi del Viminale per cui ritirarsi come in subordine a Trieste. Il suo
ruolo fu così defilato da fare poi scrivere ai suoi denigratori che ”costui non
riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare
rilievo”. L’addebito dispregiativo negli intenti di allora, oggi suona come
epitaffio laudativo del Messana: questi non fu 0 quindi per nulla complice
delle famose Foibe che oggi si sono riesumate per doverose condanne.
25 luglio 14.57.46
signorina Cornigoi risponda a queste note Quando leggeremo
quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome
Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande Ettore
Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad
apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e
si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e
dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse
"uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere
aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E
redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre
voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era
suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo
spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio
niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff.
Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto
funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia.
Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino
dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha
già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno
l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante rapportino finisce obliato e
trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti
speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima
fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma
repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso
alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza.
Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011
L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150
anni dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria.
L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano
Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso
l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco cosa scriveva
ancora il Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era
anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui
venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti
personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in
carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la
liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli si
faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui
aveva ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in
esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come
scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito
esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma
solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”.
Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva
anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo
momento, dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e
attività economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche
apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse
l’avere comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella
famiglia Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non
resta altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E
la Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la
creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato
speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui
non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare
rilievo.” Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del
commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di
polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come
pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto
limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la
mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un
ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo
dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di
Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità d’animo
una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed all’insaputa dello
stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di oltre venti ebrei
fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e Leone, Romano Davide,
Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero proposti al Ministero per
l’internamento, perché ritenuti politicamente pericolosi. E che il Messana
avesse agito per pura malvagità e, probabilmente, per cercare di accattivarsi
la benevolenza della locale federazione fascista, con la quale non
intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo stesso Ministero
respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti che furono
rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati particolari e per
conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i precedenti al Ministero,
poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale Questura, furono asportati o
distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione della città ai primi di maggio
u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli ad affermare che “non
c’era addebito specifico” e che tutto avvenne all’insaputa dello stesso ufficio
politico della Questura (ove pare che militasse proprio il Ricciardelli e
quell’ufficio fascista, deleterio e terrificante, era appunto ”politico”). Lui
stesso aggiunge che per “più dettagliati particolari e per i precedenti”
occorreva esaminare gli atti del Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora
al ministero non abbiamo trovato nulla, ovviamente tra le carte riversate
all’ACS. E furbacchione soggiunge che “gli atti dell’Ufficio Politico della
Questura furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione ,,
ai primi di maggio u.s. Peccato! chissà quanti malefizi della politica ove
dimorava il Ricciardelli avremmo trovato. E tutto ci fa pensare che fosse
alquanto pressato da quelle “truppe jugoslave” per scrivere sotto ricatto
quelle amenità da bassa cucina poliziesca di forte olezzo fascista. Ma il fatto
si riduce ad un denegato internamento di ebrei. Il ministero non avrebbe
sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di forte persecuzione razziale se
il Messana nel rappresentare la faccenda non si fosse sapientemente, come
sapeva fare, adoperato per propiziare il provvedimento assolutorio. Ma giratela
come volete, li Ricciardelli nulla prova di di censurabile contro il Messana e
tutto sa di meschineria diffamatoria, la classica ripicca del subordinato. Da
qui a fare del Messana un Criminale di guerra dedito ai crimini contro
l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale straniero o italico osò tanto.
Procediamo nelle accuse del Ricciardelli. “Risulta in modo indubbio che il
Messana, quale componente la locale commissione provinciale per i provvedimenti
di polizia, infierì in modo particolare contro i denunziati. Difatti egli,
anche per colpe di lieve entità per quanto riguardava i denunziati per il
confino chiedeva sempre il massimo della pena. Tale comportamento veniva
aspramente criticato dagli altri componenti la commissione e finanche dal
Prefetto fascista Tullio Tamburini, presidente della commissione stessa.[3]” Il
Messana era certo un duro, ma ciò costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo
metterci allora ad osannare il Prefetto fascista Tullio Tamburini? E per
chiusura il denigratore subalterno, a forca di volere diffamare, finisce con
testimoniare a favore proprio del Messana. “Destituito Mussolini, nonostante
avesse eletto domicilio a Trieste, se ne allontanò ben presto facendo perdere
di fatto le sue tracce. Alla data del 2 novembre era ancora irreperibile e in
tale veste fu dichiarato dimissionario d’ufficio”. [4] Che un forsennato
poliziotto s’induca a tale sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate
ma che la Cernigoi vi si accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto
sopra che vuol dire? Il Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene
dall’aderire alla RSI, si rende irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo
stipendio, e certi suoi colleghi e subordinati quali il Ricciardelli si
affrettano a dichiararlo “dimissionario di ufficio” incappando in un abuso in
atti pubblici che a guerra finita doveva essere perseguito. Ed è certo che per
Trieste il periodo repubblichino fu il più tragico: in quel biennio Messana non
c’era alla questura di Trieste, Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale
ufficio fascista della “politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto
di censura non il Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con
fascisti repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché
tempo fa avevamo scritto: Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni,
maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema
di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore
Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO.
Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe
risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione
calunniatrice. Certamente non fa storia. signorina Cornigoi risponda a queste
note Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere
codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in
anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e
che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica
larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo
riportato locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da
addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un epiteto
alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un
reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di
sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice",
"non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero
malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne
fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande
superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E
quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto funzionarietto di questura,
relegato ad una insignificante periferia. Nell'ottobre del 1945, crede che è
giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo
ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima
di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel
insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e
ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per
riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le
parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e
indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva:
non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di
bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011 L’Ufficio di Presidenza
dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150 anni dell’Unità
d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria. L’Esempio di un
Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano Ricciardelli”.
L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso l’Auditorium
dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco cosa scriveva ancora il
Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era anche
quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui venivano
mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali.
Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un
poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione
mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli si faceva
carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva
ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in
esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come
scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito
esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma
solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”.
Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva
anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo momento,
dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e attività
economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi
fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse l’avere
comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella famiglia
Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non resta
altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E la
Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la
creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato
speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui
non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.”
Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del
commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di
polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come
pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto
limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la
mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un
ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo
dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di
Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità
d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed
all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di
oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e
Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero
proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente
pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente,
per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista,
con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo
stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti
che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati
particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i
precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale
Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione
della città ai primi di maggio u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli
ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne
all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che
militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e
terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più
dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del
Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato
nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che
“gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti
dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato!
chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo
trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe
jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca
di forte olezzo fascista. Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di
ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di
forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si
fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il
provvedimento assolutorio. Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova
di di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la
classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di
guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale
straniero o italico osò tanto. Procediamo nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale
commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo
particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità
per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo
della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri
componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini,
presidente della commissione stessa.[3]” Il Messana era certo un duro, ma ciò
costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il
Prefetto fascista Tullio Tamburini? E per chiusura il denigratore subalterno, a
forca di volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del
Messana. “Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste,
se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data
del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato
dimissionario d’ufficio”. [4] Che un forsennato poliziotto s’induca a tale
sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si
accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il
Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende
irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e
subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di
ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva
essere perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il
più tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste,
Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della
“politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il
Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti
repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché tempo fa
avevamo scritto: Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni,
maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema
di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore
Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO.
Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe
risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione
calunniatrice. Certamente non fa storia.
25 luglio 18.19.12
Reitero una mia lettera all’avvocato mio cigino Gigi Restivo
Uno storico davvero professionale e serio quale il prof. Sala, deceduto, ha
pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra parallela" che consentì
al Duce di istituire questa cosiddetta provincia di Lubiana per insegnare ai
tedeschi come occupare un territorio straniero e gestirlo
"umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo anno della
"provincia" di attuare quella politica "umanitaria e
civile" ma non poté fare molto perché "esautorato
dall'esercito". Questo emerge da una probante corrispondenza che
naturalmente la Cernigoi o ignora o intenzionalmente oblitera. Per il resto la
Cernigoi si avvale della "postuma" farneticazione del Ricciardelli,
la quale credo di avere disinnescato in miei post che mi pare hai letto (magari
- scusami - molto superficialmente). Ad ogni buon conto sto reiterandoli. Altre
pagine di tre testi della Bompiani si ostinano a martellare per infamare
indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono alla faccenda di Riesi del
1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo nell'ambito della tragica storia
del bandito Giuliano; mi dicevi ieri che anche a te apparivano
"cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti. Io resto
maggiormente confermato in favore del Messana -------------------------------
bandito Giuliano ---------------------- La strage di Portella della Ginestra/
Documenti sulla strage/Documento 13 VERBALE INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO
MESSANA [rectius ETTORE] Verbale di continuazione di dibattimento del 20 luglio
1951 [cartella 4, vol. V, n. 5] D’ordine del Presidente, introdotto il
testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato a Racalmuto (Agrigento) e
domiciliato in Roma, Ispettore di Ps. [Ettore Messana non nacque a Racalmuto,
bens^ a Gela da Clemente Messana. Nato nel 1988, per avere 66 anni dobbiamo
essere nel 1956, n.d.r.] Interrogato in merito ai fatti della causa, risponde:
«Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia
nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì
l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo fu quella di
integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed
in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi a mia
disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii in
tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i
nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero
essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di
Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda
Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda
Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi
notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi
recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una
certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San
Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera
di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo
rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono
quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna
responsabilità». D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si
limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione
tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a
Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle
indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io
passai alle dipendenze di costui» D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che il
1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo
Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato
ucciso in un fossato da un nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il
ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a
mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del
cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine
dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato
dalla banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di
Portella poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di
quelli che aveva sparato a Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo
momento, pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda
Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della
banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso».
D. R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu però rafforzato dal
rinvenimento del cadavere del Busellini». Contestatogli che nel verbale di
rinvenimento del cadavere del Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto
sul suo cadavere, risponde: «Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale
fatto, ma pure mi sembra di ricordare così». D. R. «Le indagini continuarono e
solo nel giugno avvennero i primi fermi effettuati dal nucleo centrale
comandato dal colonnello Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di
esse». D. R. «Il rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero più Ispettore
Generale in Sicilia, essendo stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli
Coglitori». D. R. «Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in
Sicilia ed io, giorno per giorno, venivo informato di quanto si riusciva a
sapere dai fermati». D. R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era
in contatto con alcuni elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito
Ferreri Salvatore». D. R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo
ebbi rapporti con lui tramite i suddetti elementi di collegamento». D. R.
«Escludo che Ferreri mi abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano
partecipato all’azione di Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia
data al colonnello Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo
Zappone, che io avevo dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a
Borgetto in un agguato». D. R. «Il nostro convincimento che l’azione di
Portella era dovuta alla banda Giuliano fu maggiormente rafforzato dal riconoscimento
effettuato da quattro cacciatori sequestrati in quella mattina del 1° maggio, i
quali in una fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che
ritenevano fosse il capo del gruppo che li aveva sequestrati». D. R. «Il
colonnello Paolantonio, fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò mai del
fermo di alcuno ritenuto partecipe della strage di Portella per confidenze
avute dal Ferreri». D. R. «Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta
Gaspare, come escludo di avergli rilasciato un tesserino di riconoscimento sia
al suo nome che a quello di Faraci Giuseppe». Co0ntestatogli che il Pisciotta
ha affermato invece di aver avuto rilasciato un tesserino proprio da lui che
glielo fece recapitare tramite Ferreri, risponde: «Escludo nel modo più reciso
che ciò sia avvenuto». Richiamato l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli
la dichiarazione resa dall’Ispettore Messana a proposito del tesserino,
risponde: «Il tesserino lo ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana,
aveva i timbri dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che colui che lo ha
strappato, se ha coscienza, lo dirà». D. R. «Luca potrà dire qualcosa in
merito, può darsi che il tesserino esista ancora, ma a me risulta che fu
stracciato». Il teste Messana: D. R. «Io facevo da organo propulsore
nell’attività dei miei funzionari; dissi loro di indagare anche sulla ragione
per cui Giuliano fece l’azione di Portella ma nessuno di essi mi parlò mai su
tale fatto». D. R. «Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai
più della cosa». A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde: «Non ricordo di aver
rilasciato al Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma non escludo che
esso possa essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome, essendo io il
capo dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma ufficiale è quasi
inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto inintellegibile».
D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se
ne furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano
intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri confidenti ed intorno a
noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i superiori». D.R. «Io fornivo
il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti, i quali mi
rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un confidente-
senza indicarne le generalità». D.R. «Certamente i rapporti col Ferreri
iniziarono prima della strage di Portella. Ricordo di aver saputo, attraverso
la fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita dei dirigenti del
Partito Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi. Informai per la
opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio che avvisò
direttamente il Li Causi». D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un porto
d’armi, ma ciò rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano. Sentii
parlare del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma
ciò non constatai personalmente». D.R. «Escludo che il padre del Ferreri
facesse parte della banda Giuliano». D.R. «Non mi risulta che dopo l’amnistia
dell’Evis Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone insospettabili». D.R.
«Dopo di me all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi
Verdiani» D.R. «Non ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano».
D.R. «Esiste un rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da
esse spiegate, rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze». D.R.
«Sono a conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto
in detto rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo
potuta qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere». D.R. «Non ricordo
il nome di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so se egli sia
stato interrogato dal colonnello Denti». A domanda dell’avv. Crisafulli,
risponde: «Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del
Ministero, come di solito avviene quando succedono fatti di una certa
rilevanza». D.R. «Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura
e poiché ogni organo comunicò i risultati delle indagini svolte, l’Ispettore
volle che le varie attività fossero coordinate e quindi, senza esautorare e
sostituire alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva
essere comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto
riguarda i fatti di Portella». D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu operato di
appendicite». A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde: «Non mi risulta che al
Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi, autista del
colonnello Paolantonio». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Parlando di
un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo Lo
Bianco relativo ai fatti di Portella» A domanda del Pisciotta Gaspare,
risponde: «Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi
risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca
avevamo penuria di armi». Il Pisciotta aggiunge: «I cinque mitra servirono per
l’azione di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri». Dopo di che il
Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del 23.7.1951
ore 9,30. Calogero Taverna a 21:57 Link a questo post
27 luglio 18.26.54
Io non so se potrò correttamente continuare a sentirmi
vetero comunista dopo che mesi di ricerche sul commissario Messana mi stanno
stravolgendo tantissimi giudizi e tantissime condanne. Su tutti questi
personaggi avrei da dire la mia che è capovolta anche rispetto ad assiomi che
per il meritevole storico Casarrubea sono verità di fede. Scelba,
ricordiamocelo, fu quello delle leggi Scelba che stroncarono il fascismo che
stava risuscitando. Sulla faccenda Giuliano quando andremo a studiare le carte
della NARA in America ne scopriremo delle belle. Il dottor Navarra non fu dei
migliori ma neanche dei peggiori di un certo nostro mondo. Se penso a Guarino
Amella, le mie certezze rosse schricchiolano. Se penso all'on. Montalbano, da
rabbrividire. E lo stesso Licausi dove voleva andare a parare? Perché se la
prese tanto con Messana, quando credo che sia stato lo stesso Scelba a
liquidarlo come ispettore generale di PS? Perché non si dà peso a quanto andava
relazionando a Roma sui finanziamenti americani alla EVIS il questore Ettore
Messana? Non è tempo di mandare al macero tutti i luoghi comuni sul comunismo
siciliano del dopo guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la verità, non 'è
revisionismo che tenga! Chi uccise il sindaco socialista di Favara nella prima
metà degli anni 'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare dal dottore Calogero
Castronovo che mi pare adesso consigliere comunale di questa meravigliosa ma
chiacchierata cittadina propinqua a Racalmuto?
28 luglio 17.43.19
22 ore fa SCRIVEVO Io non so se potrò correttamente
continuare a sentirmi vetero comunista dopo che mesi di ricerche sul
commissario Messana mi stanno stravolgendo tantissimi giudizi e tantissime
condanne. Su tutti questi personaggi avrei da dire la mia che è capovolta anche
rispetto ad assiomi che per il meritevole storico Casarrubea sono verità di
fede. Scelba, ricordiamocelo, fu quello delle leggi Scelba che stroncarono il
fascismo che stava risuscitando. Sulla faccenda Giuliano quando andremo a
studiare le carte della NARA in America ne scopriremo delle belle. Il dottor
Navarra non fu dei migliori ma neanche dei peggiori di un certo nostro mondo.
Se penso a Guarino Amella, le mie certezze rosse scricchiolano. Se penso
all'on. Montalbano, da rabbrividire. E lo stesso Licausi dove voleva andare a
parare? Perché se la prese tanto con Messana, quando credo che sia stato lo
stesso Scelba a liquidarlo come ispettore generale di PS? Perché non si dà peso
a quanto andava relazionando a Roma sui finanziamenti americani alla EVIS il
questore Ettore Messana? Non è tempo di mandare al macero tutti i luoghi comuni
sul comunismo siciliano del dopo guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la
verità, non 'è revisionismo che tenga! Chi uccise il sindaco socialista di
Favara nella prima metà degli anni 'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare
dal dottore Calogero Castronovo che mi pare adesso consigliere comunale di
questa meravigliosa ma chiacchierata cittadina propinqua a Racalmuto? Mi
risponde il prof. Casarrubea: E' proprio così, caro dottore. Bisogna mettere in
discussione verità date e cercare con altri strumenti, quelli della ricerca e
della fatica personale, come fa lei, le verità che ci servono per il futuro.
Mia riposta: La ringrazio proprio per queste Sue graditissime parole. Mi è
rincresciuto che la Cernigoi mi abbia frainteso e sia partita alquanto, mi
consenta, istericamente. Avendo tutta la vita fatte ispezioni bancarie e
tributarie la mia propensione è solo quella di cercare di intessere un dialogo
col dio - di solito il demone - ascoso nel profluvio di carte e documenti e
contabilità e pezze d'appoggio e contraffatte dichiarazioni. Proprio oggi mi
sono recato alla Biblioteca Nazionale qui a Roma e ho consultato il 1919 del
Giornale di Sicilia. Ho trovato le corrispondenze sul celebre caso di Riesi.
Sfido chiunque a dirmi che vi si parla di un certo commissario Messana. Se
penso ai film, ai convegni, all'ANPI di Palermo mi disoriento. Sono sincero:
Lei cade nel trabocchetto teso da Li Causi. Per ragioni che non so e in tempi
molto sospetti, quando forse voleva far carriera nel PCI (e il carrierismo là
fu feroce; ne so qualcosa per confidenze avute) volle fare apparire il
giubilato Ispettore Generale di P.S. gr.uff. comm. dell'Ordine di S. Maurizio e
Lazzaro dottore Ettore Messana la reincarnazione di Bava Beccaris per la
faccenda di Riesi, il negriero di Lubiana per l'istruttoria al processo Tomsic
e il "compare" di Ferreri alias fra Diavolo. In base alla mole di
documenti e di ricostruzioni storiche che ho potuto trovare o condurre soprattutto
per l'ausilio (magari non voluto) che Ella con i suoi tre preziosi testi
pubblicati da Bompiani, sono giunto alla conclusione che a Riesi Messana non
c'era o se c'era il suo ruolo fu marginale e nessun tribunale ebbe mai ad
inquisirlo; che la faccenda di Lubiana è uno dei tanti aspetti dell'insana
guerra che volle Mussolini e che il Messana, quale subalterno del Ministero
degli Interni, non durò a Lubiana più di un anno per non essere in grado di
quelle ferocie che i fascisti militanti esigevano. Ne ebbe conseguenze che
rasentano la retrocessione finendo come in subordine a Trieste dove ad avviso
degli stessi suoi denigratori non commise azioni di rilievo. Quindi non aderì
alla RSI, fu destituito dai fascisti tra i quali non escludo quel Ricciardelli
che poi diventa il malevolo Torquemada del Messana, fu privato dello stipendio;
scappò a Roma nascondendosi sino alla liberazione degli Americani quando poté
tornare al Viminale e per la sua fede monarchica e forse per le sue protezioni
massoniche ritornò in auge, destinazione Palermo. Qui visse i suoi brutti
momenti. Lei diligentemente scrive che ebbe a denunciare i criminali
finanziamenti degli Americani all'EVIS. Fatto questo, che con più ampiezza e
con maggiore efficacia emerge dalle relazioni autografe del Messana al suo
Ministro, quali ho rinvenuto in ACS (e mi pare che si tratti di rivelatrici
relazioni non pubblicate da alcuno). Il collegamento con Ferreri fu un atto
imposto. Lei stesso parla dell'incontro a Roma tra il padre del Ferreri,
Aldisio e in subordine il Messana. Su quale fu lo snodo di tale collegamento,
io non ho dubbi di sorta ed accedo alla verità processuale di Viterbo e cioè
alla deposizione esaustiva del Messana la cui prima interpretazione è quella
letterale e le superfetazioni analogiche e dietristiche io le ripudierei anche
per l'obbligo della "avalutatività" che bisogna seguire nelle scienze
sociale. Per questo dissento dalla sua tesi dello Stato connivente, quasi
prefigurazione dell'attuale processo di Palermo. Un lungo discorso per
insinuare una mia proposta. Racalmuto è la patria di Sciascia, una Fondazione
si erge a suo nome. Mi piacerebbe che Lei potesse presiedere un incontro per la
chiarificazione del ruolo e. se vi sono, delle colpe del compaesano racalmutese
Ettore Messana, magari per stabilire se gli si deve dedicare una strada in
commemorazione oppure no, per comprovata indegnità. E mi piacerebbe che nella
Fondazione SI ISTITUISSE UNA SORTA DI SEMINARIO PER RICERCHE STORICHE NON
PRECONCETTE DA LEI PRESIEDUTO. PENSO A GIOVANI CHE POTREBBERO ANDARE A STUDIARE
LE CARTE DELLA N.A.R.A. quali lei meritevolmente illustra nel suo LUPARA NERA
(e credo altrove). E non mi dispiacerebbe che vi partecipasse anche la
Cerrigoi, sempreché desista dalle non provate accuse contro il Messana.
28 luglio 21.32.14
E’ la seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo
lunga vita. La prima volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni
Settanta. Tra il luglio e il settembre del 1974 fui inviato dalla Banca
d’Italia a giubilare la Bana Privata Finanziaria che tutti ancora si ostinano a
chiamare la banca di Sindona. Falso. La Privata, contro tutti e contro tutto,
invocando le dieci righe l’art. 64 della vecchia legge bancaria, riuscii a
giubilarla. Nonostante Andreotti Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza
meneghina e mettiamoci per contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano
del mio Soldi Truccati. Ma Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli
USA di Cosa Nostra. Scrisse e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo
Calogero Taverna le abbia chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido
Carli. Il Baffi mi sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de
polulo . Ora è la Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto: 6 giugno 18.17.40
lei dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana
già ispettore generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di
tanto grande personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare
ricerche che la smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta
di resipiscenza operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona
da oppiare. Certo non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti
sedicenti storici fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma
ora ha deciso. Le avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini
molto educati, ad onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in
pubblico, dopo 14 giorni così osa irridermi (e contraddirmi): La Nuova Alabarda
20 giugno • APPUNTI SU ETTORE MESSANA. Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni
messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere
l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana", del quale
Taverna starebbe ricostruendo una biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere
alcune note su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni
unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la
collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su
questa persona. Com’è noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la Jugoslavia,
in perfetto accordo con l’esercito di Hitler, creando la “Provincia italiana di
Lubiana” e mettendo ai posti di comando dei propri funzionari. Così, a dirigere
la questura di Lubiana fu posto il commissario Ettore Messana, che resse
l’incarico fino a giugno 1942, e successivamente fu a Trieste fino a giugno
1943. Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati
dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra
(United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in
lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45
(Copia del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato
di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla
base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione
“Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e
massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale;
deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo
di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli
articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13
del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a
Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del
Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la costruzione di false prove che
servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena
capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La
responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da
documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi conservati presso
l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad
una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e
dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana,
contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al
Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di
reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre
che furono condannati a pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati
di avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in
conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna
comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte
ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da
altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice
Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e
militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita
delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento per il suo
operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”. Il 21/9/45 l’Alto
Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al Prefetto di
Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il Prefetto
richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che all’epoca
Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia era
organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una
relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della
Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi. “Il Messana
era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di Lubiana.
Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i perseguitati
politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei confronti di essi
per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che
ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano mossi addebiti
infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che
tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno,
compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento
di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era
dedicato al commercio in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante
la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione
in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di
polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì
ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo. Ma
anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza
assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente
nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa
relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura
gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia
sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto
l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui
aiutati a scappare. A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia
stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno
“epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato
dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario
dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la
Sicilia”, un “organo creato per la repressione della delinquenza associata, e
specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il
“bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla
sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo,
presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage di Portella
della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari di PS
svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla sentenza
emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini di
Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il Primo
maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone molte
altre. “L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della
mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si
incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia,
Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta,
nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato
Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse con la
raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere dei
bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il Procuratore
Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo
bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore
Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano fosse
soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire
una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare
Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex
generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò
l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di
Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”,
Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”. Quanto a Messana
leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette nel negare
di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”,
sarebbe stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo catturare; Ferreri
sembra essere stato tra gli organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti
a Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro
di Portella della Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte
all’affermazione del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette
(sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove
avvenne il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il
Ferreri stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente
segreto al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”;
Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito
come pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato
in contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di
rapinare una vettura automobile”. Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo
“decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse
sotto i riflettori”. Per approfondire la questione dei rapporti tra la “banda”
Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti
statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di
personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al
citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”. Non crederete che
l’abbia lasciata in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita a chiudermi
persino i canali di FB. Diversamente da lei si è invece comportato quel gran
signore e profondo studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete potuto legge
qui da me. Calogero Taverna
Martedì 9:31
La Nuova Alabarda 20 giugno • . APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi
"accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore
Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia. In
effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata
come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali
dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo
opportuno rinfrescare la memoria su questa persona. Com’è noto, il 6/4/41
l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di
Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di
comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto
il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e
successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943. Il nome di Messana risulta
nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla
Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War
Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed
inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto
originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551
Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di
documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo”
dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri;
terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di civili;
detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di denazionalizzare gli
abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli 4, 5, 45 e 46 della
Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice militare jugoslavo
del 1944”. Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con il
commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana
dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi
imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data
21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e
Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della
questura di Lubiana (oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS
1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad una “operazione di polizia
politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario
Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula
sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima
citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot
(a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a
pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false
prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16
persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis.
Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del
15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura
di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei
Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per
onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative:
Messana ricevette come riconoscimento per il suo operato la “commenda
dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”. Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto
per l’Epurazione di Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era
segnalato il nome di Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla
Polizia Civile del GMA (ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un
Governo Militare Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone),
il cui risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata
dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa,
dalla quale citiamo alcuni passaggi. “Il Messana era preceduto da pessima fama
per le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in
quella città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di
usare dei mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare
delle rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di
persone facoltose contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di
conseguire profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi
avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che
prometteva loro la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di
denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio
in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a
Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del
famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm.
Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni
di polizia politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata in
Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore
Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia sotto il passato regime
fascista ed era stato internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento
nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare. A fronte
di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per
quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica
Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia,
a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro
Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per
la repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione
del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano,
n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3
maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco
D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per
sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli,
leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella
della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era
radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui
donne e bambini e ferendone molte altre. “L’Ispettore Verdiani non esitò ad
avere rapporti con il capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche
con lo stesso Giuliano, con cui si incontrò nella casetta campestre di un
sospetto appartenente alla mafia, Giuseppe Marotta in territorio di
Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli,
zio e nipote, quest’ultimo cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso
Albano. E quel convegno si concluse con la raccomandazione fatta al capo della
banda ed al luogotenente di essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si
sarebbe adoperato presso il Procuratore Generale di Palermo, che era Pili
Emanuele, onde Maria Lombardo madre del capo bandito, fosse ammessa alla
libertà provvisoria. E l’attività dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché
qualche giorno prima che Giuliano fosse soppresso, attraverso il mafioso
Marotta pervenne o doveva a Giuliano pervenire una lettera con cui lo si
metteva in guardia, facendogli intendere che Gaspare Pisciotta era entrato
nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex generale dei Carabinieri Ugo
Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò l’uccisione di Giuliano in Sicilia”,
già “uomo di fiducia personale di Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea
in “Storia segreta della Sicilia”, Bompiani 2005) ed operava con costui contro
Giuliano”. Quanto a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana
negò ed insistette nel negare di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore
Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda” di
Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli organizzatori
degli attacchi contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu ucciso dai
Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di Portella della Ginestra), ma la
negativa da lui opposta deve cadere di fronte all’affermazione del capitano dei
Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette (sic) in dibattimento che Ferreri
fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne il conflitto in cui
restarono uccise quattro persone; e, ferito, il Ferreri stesso chiese di essere
portato a Palermo, spiegando che era un agente segreto al servizio
dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”; Salvatore Ferreri
era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito come pericoloso
pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato in contumacia
alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di rapinare una
vettura automobile”. Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in
modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i
riflettori”. Per approfondire la questione dei rapporti tra la “banda”
Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti
statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di
personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al
citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”. Mi piaceMi piace •
• Condividi . Commenti più in vista Piace a Maria Pia Calapà e altri 8. .. 2
condivisioni . Lillo Taverna Scrivi un commento... . . Lillo Taverna E’ la
seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo lunga vita. La prima
volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il luglio e il
settembre del 1974 fui inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la Bana Privata
Finanziaria che tutti ancora si ostinano a chiamare la banca di Sindona. Falso.
La Privata, contro tutti e contro tutto, invocando le dieci righe l’art. 64
della vecchia legge bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante Andreotti
Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci per
contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati. Ma
Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse
e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le abbia
chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi
sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la
Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto: 6 giugno 18.17.40 Lei dovrebbe essere
l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già ispettore
generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto grande
personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche che la
smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di resipiscenza
operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo
non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti storici
fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso. Le
avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini molto educati, ad
onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in pubblico, dopo 14
giorni così osa irridermi (e contraddirmi): La Nuova Alabarda 20 giugno APPUNTI
SU ETTORE MESSANA. Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo
Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti
infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe
ricostruendo una biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su
questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite,
basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione
archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa
persona. Etc. etc. Che ne penserebbe la Cernigoi di un preteso storico che un
domani prendesse l’insolente e infondato articolo di Melchiorre Gerbino e lo
adducesse come prova indubitabile della denigrabilità della Nostra, procurando
anche danni d’immagine sulla sua famiglia? Non crederete che l’abbia lasciata
in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita a chiudermi persino i canali di
FB. Diversamente da lei si è invece comportato quel gran signore e profondo
studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete potuto legge qui da me.
Calogero Taverna Mi piace • Rispondi • 7 min .. VOGLIAMO RADIOANCHIO E LA RAI
SENZA BERLUSCHINI non fatevi intimorire Mi piace • Rispondi • 1 • 21 giugno
alle ore 20.52 .. La Nuova Alabarda certo che no! Mi piace • 22 giugno alle ore
8.34 ..
Mercoledì 14:27
CIAO CARISSIMO ,SONO RIENTRATA QUESTA MATTINA ,STO LEGGENDO
QUANTO HAI SCRITTO SE NON DISTURBO TI CHIAMO DOPO COLAZIONE
Sono stato in biblioteca a cercare dati su tuo nonno. Sono
rientrato per il pranzo ed ora sono libero. Ben tornata
ti ho chioamato sul cell ora riprovo
bene
Giovedì 15:19
MI SCRIVONO e reitero anonimamente qui quanto sotto, a
dimostrazione di quale calunniosa campagna di stampa e cinematografica è stato
vittima il gr.uff. comm. Dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ispettore
Generale di PS, dottore Ettore Messana da Racalmuto. Non credo che dopo la gran
mole di documenti e ricerche che con qualche merito credo di avere acquisito e
pubblicato possano più avere diritto di asilo tante calunniose insinuazioni.
Credo che il prof. Casarrubea me ne abbia dato atto. Non così la Cernigoi, una
testarda goriziana, che persiste nelle sue denigrazioni dell’intemerato
Messana. Credo che abbia voglia di subire querele penali e soprattutto
citazioni civili per risarcimento anni. Quanto al Lucarelli non abbiamo avuto
modo, né io né la famiglia di contattarlo. Si vedrà. • * * * CREDO CHE QUESTE
NOTIZIE L'AVRAI GIA’ LETTE La Resistenza antifascista in Slovenia e l'ispettore
Messana casarrubea.wordpress.com Accursio Miraglia Ettore Messana, il braccio
destro di Scelba ha un ruolo nella strage di Portella della Ginestra ma anche
nell'insabbiamento delle indagini per la morte del sindacalista di Sciacca
Accursio Miraglia. Questi fatti sono stati oggetto di Blu notte di Lucarelli,
per esempio http://www.youtube.com/watch?v=ipJgrLQLRDQ
al minuto 9. Stranamente sono espressi meglio nella voce di wikipedia in
inglese che in quella italiana. "He
also claimed that police inspector Ettore Messana - supposed to coordinate the
prosecution of the bandits - had been in league with Giuliano and denounced
Scelba for allowing Messana to remain in office". [Le valutazioni
sono di parte e senza fonte.] Ma te prego! IL VIDEO è STAO STATO ELIMINATO
BUONA GIORNATA.
www.youtube.com
Venerdì 18:23
IL QUESTORE MESSANA E I FATTI DI RIESI Il crucifige di
Ettore Mesana si consuma il 15 luglio del 1947. Il gran sacerdote che ne vuole
la fine è l’on. Li Causi: tre i capi d’accusa (politica). Desumiamoli dallo
stesso Li Causi, da un suo arrabbiatissimo discorso all’Assemblea Costituente,
pronunciato nella Seduta del 15 luglio del1947. Per il sanguigno grande
esponente del comunismo siciliano del dopoguerra, Messana andava giubilato: A)
Perché c’era da domandarsi: «Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato
la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del
1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici
morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi
di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò
un'inchiesta mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la
Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause
della morte misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire
l'ordine di far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e
che il giorno dopo fu assassinato …» B) « Messana è nell'elenco dei criminali
di guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della
Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di
stranieri!"…» C) «Si ha, [ …] , questa precisa situazione, che il
banditismo politico in Sicilia è diretto proprio dall'ispettore Messana: e
l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale dovrebbe avere per compito quello
di sconfiggere il banditismo -- il suo compito veramente sarebbe quello di
ssconfiggere il banditismo comune e non già quello politico -- l'Ispettore di
pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece addirittura il dirigente del
banditismo politico.» Ecco qui i tre capi di accusa: Riesi del 1919; Lubiana
del 1941 (maggio)-giugno 1942; banditismo siciliano dal maggio 1945 al giugno
del 1947. Sono mesi che scartabelliamo faldoni, giornali, documenti vari,
pubblicazioni vecchie. Ebbene: non ci possono essere dubbi. Nessuno può
dimostrare che davvero in quel terribile 9 ottobre del 1919 ci fosse
addirittura un giovane agente di polizia che prese la “mitraglia” in mano nel
campanile della chiesa prospiciente piazza Garibaldi e falcidiò sei, si disse
in un primo momento, contadini rivoltosi; poi si disse dieci, poi invece si
salì a quindici (qui sopra) e, di recente, dovendo sperperare soldi comunitari,
sempre a Riesi, addirittura 20. Ci dispiace per Li Causi: non si può condannare
alla damnatio memoriae un glorioso ispettore generale di Stato sulla base di
quello che avrebbero dovuto ricordare a distanza di quasi trent’anni ‘vecchi
padri costituenti’. Vi poté pur essere stata una inchiesta del generale dei
carabinieri Densa ma questa ammesso che si sia mai conclusa nessun addebito
poté formulare e formulò contro il giovane trentunenne cmmissario Messana, che,
anzi, a fascismo consolidato e con Calogero Vizzini confinato, spiccò salti da
gigante nei gradi della polizia e proprio perché senza macchia alcuna, lui
figlio di un modesto e dissennato redditiere racalmutese, sperperatore del
proprio patrimonio, lo sfaccendato Clemente Messama, diviene – giovanissimo -
questore ed ebbe affidate questure strategiche del Nord. Ad onore e vanto della
sua patria natia, Racalmuto. Analogo discorso per quell’inchiesta giudiziaria:
noi abbiamo reperito una relazione del Prefetto di Caltanissetta del successivo
natale. Altri sono i colpevoli, i fatti avvennero in termini ben diversi dal
facile populismo cui si abbandona, comprensibilmente , il Li Causi. MESSANA, il
grande assente. NON COLPEVOLE. Nel 1934 dopo 15 anni – troppi o pochi a seconda
delle tesi che si vogliono formulare – un quasi pastore valdese scrive una
storia di Riesi. Quei truculenti fatti vengono rievocati. Sì, è vero: nella
memoria della gente è scolpito che una mitraglia militare sparò e uccise tanta
gente. Enfasi della memoria tanta. Si parla di un “commissario di Pubblica
Sicurezza”, si dice che insieme ad altri due un ufficiale dell’esetrcito ed un
semplice soldato, in tre, tutti insieme eccoli a premere il grilletto del
mitra. Fantasia. Improbabile. Ma a tutto concedere: il nome del Messana non
c’è. Davvero Li Causi nella foga ciceroniana finisce con l’inventare e quindi
diffamare e direi calunniare. Erano tempi incandescenti. Portella della
Ginestra fu più di una sventura nazionale e - se le carte della N.A.R.A. già
consultate dal prof. Casarrubea verranno tutte alla luce -sarà da parlare di
crimine americano. Finalmente. Altro che insana criminalità di un ex giovane
commissario di polizia in vena di scimmiottamenti dell’esecrando generale
Bava-Beccaris fatto dal Re senatore del Regno. Ma noi abbiamo cercato notizie
vere, coeve, indubitabili. Abbiamo consultato i microfilm del giornale L’Ora di
Palermo e il Giornale di Sicilia dell’epoca. Messana non ci sta. I fatti son
diversi da come amò trasfigurarli il Li Causi per sue polemiche politiche di
stampo rosso scarlatto. Da vecchio comunista, per il quale la verità storica va
piegata alla grande lotta di classe. Noi siamo per la lotta di classe ma di
quelli che reputano che la VERITA’ E’ SEMPRE RIVOLUZIONARIA. [segue]
Venerdì 20:02
per le notizie sul'onoreficenza di Maurizio e Lazzaro ho
trovato molto sulsitoOrdini dinasticicasa Savoia.it
Sabato 0:20
Mi riferivo a questa foto(se la vedi qui).
Domenica 0:08
Ma passiamo ora al giornale principe di Sicilia. Nella
stessa notte in cui avvennero i fatti delittuosi il cronista nisseno ecco come
compendia l’impressionante tumulto di Riesi. Subito dopo invierà un altro
messaggio un po’più esaustivo. GIORNALE di SICILIA: 9/10 Ottobre 1919 (foglio
interno) I gravi fatti di Riesi Conflitto fra dimostranti e forza pubblica.
Sette morti e numerosi feriti Caltanissetta: 8, notte. «Pervengono da Riesi
notizie incerte e contraddittorie riguardanti fatti colà avvenuti e che
sarebbero di una gravità eccezionale. Pare che le locali agitazioni d’indole
più politica che economica siano degenerate in veri e propri tumulti e che
sarebbero anche avvenuti conflitti in cui i dimostranti ne avrebbero avuto la
peggio. Da persona scappata dal luogo riesco a sapere che stamane quasi
improvvisamene parecchi nuclei di zolfatari e contadini si siano ribellati alla
forza che tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i pochissimi soldati quando
la loro pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza Garibaldi di pieno giorno
e che vi sia o una mezza dozzina di morti e parecchi feriti. La notizia
divulgatasi in un baleno ha destato enorme impressione e tosto con una vettura
automobile sono partiti per Riesi il Procuratore del Re, il Giudice Istruttore
capo cav. Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante la nostra divisione
cav. Tartari . Sono altresì partiti per ordine del Prefetto comm. Guadagnini e
del questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con il commissario cav. Caruso
capo di Gabinetto del Prefetto. Appena potrò avere precisi particolari mi
affretterò a comunicarveli. » ^ ^ ^ Abbiamo visto come è sintetico il cronista,
ma abbiamo dovuto notare l’esaustività e la precisione del periferico
giornalista del Giornale di Sicilia. La dinamica dei fatti viene così
rappresentata. Agitazioni più politiche che economiche – siamo già in pieno
clima elettorale e il trapasso dalla prima grande guerra al quasi immediato
avvento del Fascismo fu torbido specie per il ribollire dei delusi Reduci; fu
trapasso che spiega furori popolari e mene partitiche. Tanti dimostranti,
apparentemente zolfatari e contadini, ma anche mestatori, teste calde che
ancora vestivano la divisa militare si agitano scompostamente ed entrano “in
conflitto” con le forze dell’ordine. Il corrispondente ci dice che si tratta di
“carabinieri” (ai quali un giovane commissario è arduo pendare che possa dare
ordini; e aquell’epoca il Messana era solo questo) e “pochissimi soldati” non certamente
comandabili da un civile (e un commissario qiesto è; un civile che può
concertare ma non dare ordini a dei militari). Per me si deve escludere anche
qui un qualche atto inconsulto del Mesana. La furia di un popolo in rivolta
desta paura. Vi sono facinorosi che si “ribelano alla Forca” e cerano persino
di “disarmarla”. Crepita, sì crepita, è ipotizzabile, la mitraglia
dell’esercito: una strage. Ma il Messana, non citato che presumo persino
assente, a tutto concedere non aveva né l‘autorità né l’autorevolezza in quei
concitati momenti di mettere da parte il giovane ufficiale, che sappiamo
aliunde essere di Villarosa e chiamarsi Michele Di Caro, e addirittura -
nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare lui e fare lui una carneficina di
un popolo di lavoratori. Eppure questa forsennata ipotesi è stata avanzata e
addotta persino come verità indiscutibile. Trattasi di infamia, di postuma
denigrazione (ci riferiamo all’intervento presso la Costituente dell’impetuoso
Li Causi). Ecco una frottola che non ha riscontro documentale e storico di
sorta e che una diecina di anni fa, magari per esigenze cinematografiche,
divenire indiscussa ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di
Stato. Non si infama così un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non
fu, non poteva essere, si guardò bene dall’essere il COLPEVOLE artefice di
quella infame strage. I denigratori dovrebbero fare resipiscenza, almeno a
mezzo stampa. E corregere i loro calunniosi e infondati assunti. LE CRONACHE
DEL GIORNALE “L’ORA” SUI FATTI DI RIESI DELL’OTTOBRE DEL 1919. Data la mia
deformazione professionale, mi sono accostato al caso Messana come se dovessi
esperire in tre-quattro mesi un’ispezione bancaria approfondita ed essenziale
per farne rapporto al signor Governatore, come fui uso in vent’anni di
sudditanza ispettiva presso l’0rgano di Vigilanza della Banca d’Italia. Così
parto dall’esordio, come dire dai verbali del Consiglio di amministrazione,
acquisendo i bilanci annuali del passato. Per il gr. uff. comm. Ordine dei SS. Maurizio
e Lazzaro dottore Ettore Messana cerco di trovare le propaggini da cui è
partito il Li Causi trent’anni dopo per crucifiggerlo come sanguinario
stragista di Stato nella pur sepolta memoria dei fatti di Riesi risalenti
all’ottobre del 1919. Tutti parlano del 10 dell’11 Ottobre e il validissimo
professore Casarrubea, forse vittima di un lapsus, sale addirittura al novembre
del 1919. Accedo alla Biblioteca Nazionale di Roma a Castro Pretorio e mi
ingolfo nella consultazione di illeggibili bobine dei microfilm dei due
giornali importanti siciliani dell’epoca: l’Ora e il giornale di Sicilia. Con
strumenti che dovrebbero essere modernissimi e che intanto occorre far
funzionare manualmente metto alla fine le mani sulle cronache di quell’esecrato
eccidio. Mi accorgo che tra l’Ora e il Giornale di Sicilia non vi sono
differenze sostanziali nei riferimenti degli episodi che fecero onestamente
molta sensazione. Iniziamo dall’ORA che invero ho consultato dopo. Sapendo
quello che aveva pubblicato il Giornale di Sicilia mi limito a questi brevi
appunti: «L’ORA – 9 ottobre 1919. “Grave conflitto a Riesi – 7 morti e venti
feriti. [….] Dopo l’arresto del noto agitatore socialista Barberi Giuseppe ---
L’esigua forza impotente a fronteggiare la grandissima moltitudine…”» Quindi
trascrivo: «L’ORA di Palermo – prima pagina del 12 ottobre 1919. - A Riesi
torna la calma, Caltanissetta 10 notte. - - All’alba di stamani truppe con
agenti al comando del Commissario di P.S. Cav. Caruso e del maggiore dei
carabinieri Tartari sono entrati a Riesi senza incontrare resistenza alcuna. -
Nel conflitto 10 dimostranti rimasero uccisi e circa 50 feriti . - Della truppa
è stato ucciso anche il sottotenente del 76° Fanteria DI CARO MICHELE di
Villarosa e due soldati sono stati feriti. - Aperta una inchiesta dal
Procuratore del Re e il Giudice Istruttore. - Venne trattenuto soltanto
l’avvocato Carmelo Calì di Mazzarino.» Come primo assaggio non c’è molto quanto
a contorno. Certo 10 lavoratori uccisi e 50 feriti nel mondo del lavoro gridano
vendetta al cospetto di Dio. Ma come e perché doveva essere artefice malefico
il Messana resta un mistero. Quello che in queste mie ricerche mi colpisce e mi
addolora di più è il fatto che in tante postume celebrazioni, rievocazioni,
truculenti filmati e paludati testi di storia siciliana, non ho ancora trovato
una nota di commemorazione e di omaggio a questo figlio di Villarosa, il
sottotenente del 76° Fanteria il giovane MICHELE DI CARO a cui la vita cui fu
troncata crudelmente. Con un colpo di pistola, quindi intenzionalmente. Caduto
davvero nel compimento del suo dovere che era quello di mantenere l’ordine
pubblico – chiunque governasse, in quel tempo NITTI. Non so se gli fu conferita
una qualche medaglia, non so se Villarosa ha reputato di onorarlo e ricordarlo
come eroe. La cinica cronaca di quell’epoca non ritiene poi di fare i nomi di
quei modesti militi che furono feriti. In modo grave? Guarirono? Nessuno ha
fatto ricerche. Erano semplici militari. Possibilmente parenti di quei
rivoltosi, zolfatai e contadini che trucidavano e venivano trucidati. Fratelli
che uccidevano, ferivano fratelli Noi diremmo “compagni”. Fiumi di inchiostro
sono stati versati per queste vicende. Ma nessuna attenzione, nessun riguardo
per questi soldati che per un magro soldo mettevano a repentaglio la loro vita.
Non si ha tempo per loro: a distanza prima d mezzo secolo e dopo quasi un
secolo si sprecano soldi, si sperperano fondi pubblici, si fanno trasmissioni
televisive, si scrivono testi di presunta storia solo per esecrare, condannare,
crucifiggere il meritevole, il servitore della Patria, l’eroe dell’ordine
pubblico Ettore Messana. E ironia della sorte, né nei resoconti dell’Ora di
Palermo, né in quelli del Giornale di Sicilia, né nelle carte che si
custodiscono nell’ACS di Roma relativamente alle faccende del Ministero degli
Interni di quel periodo, né in successive storie paesane, né in sentenze
passate in giudicato troveremo mai il rispettabile nome di Ettore Messana, in
damnatio memoriae sol perchè il Li Causi lo ebbe in odio, ingiuriandolo quale
capo banda POLITICO (attenzione solo POLITICO) dei tempi tristi del banditismo
siciliano capeggiato dal celeberrimo Giuliano da Montelepre. Ma passiamo ora al
giornale principe di Sicilia. Nella stessa notte in cui avvennero i fatti delittuosi
il cronista nisseno ecco come compendia l’impressionante tumulto di Riesi.
Subito dopo invierà un altro messaggio un po’più esaustivo. GIORNALE di
SICILIA: 9/10 Ottobre 1919 (foglio interno) I gravi fatti di Riesi Conflitto
fra dimostranti e forza pubblica. Sette morti e numerosi feriti Caltanissetta:
8, notte. «Pervengono da Riesi notizie incerte e contraddittorie riguardanti
fatti colà avvenuti e che sarebbero di una gravità eccezionale. Pare che le
locali agitazioni d’indole più politica che economica siano degenerate in veri
e propri tumulti e che sarebbero anche avvenuti conflitti in cui i dimostranti
ne avrebbero avuto la peggio. Da persona scappata dal luogo riesco a sapere che
stamane quasi improvvisamene parecchi nuclei di zolfatari e contadini si siano
ribellati alla forza che tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i
pochissimi soldati quando la loro pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza
Garibaldi di pieno giorno e che vi sia o una mezza dozzina di morti e parecchi
feriti. La notizia divulgatasi in un baleno ha destato enorme impressione e
tosto con una vettura automobile sono partiti per Riesi il Procuratore del Re,
il Giudice Istruttore capo cav. Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante
la nostra divisione cav. Tartari . Sono altresì partiti per ordine del Prefetto
comm. Guadagnini e del questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con il
commissario cav. Caruso capo di Gabinetto del Prefetto. Appena potrò avere
precisi particolari mi affretterò a comunicarveli. » ^ ^ ^ Abbiamo visto come è
sintetico il cronista, ma abbiamo dovuto notare l’esaustività e la precisione
del periferico giornalista del Giornale di Sicilia. La dinamica dei fatti viene
così rappresentata. Agitazioni più politiche che economiche – siamo già in pieno
clima elettorale e il trapasso dalla prima grande guerra al quasi immediato
avvento del Fascismo fu torbido specie per il ribollire dei delusi Reduci; fu
trapasso che spiega furori popolari e mene partitiche. Tanti dimostranti,
apparentemente zolfatari e contadini, ma anche mestatori, teste calde che
ancora vestivano la divisa militare si agitano scompostamente ed entrano “in
conflitto” con le forze dell’ordine. Il corrispondente ci dice che si tratta di
“carabinieri” (ai quali un giovane commissario è arduo pendare che possa dare
ordini; e aquell’epoca il Messana era solo questo) e “pochissimi soldati” non
certamente comandabili da un civile (e un commissario qiesto è; un civile che
può concertare ma non dare ordini a dei militari). Per me si deve escludere
anche qui un qualche atto inconsulto del Mesana. La furia di un popolo in
rivolta desta paura. Vi sono facinorosi che si “ribelano alla Forca” e cerano
persino di “disarmarla”. Crepita, sì crepita, è ipotizzabile, la mitraglia
dell’esercito: una strage. Ma il Messana, non citato che presumo persino
assente, a tutto concedere non aveva né l‘autorità né l’autorevolezza in quei
concitati momenti di mettere da parte il giovane ufficiale, che sappiamo
aliunde essere di Villarosa e chiamarsi Michele Di Caro, e addirittura -
nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare lui e fare lui una carneficina di
un popolo di lavoratori. Eppure questa forsennata ipotesi è stata avanzata e
addotta persino come verità indiscutibile. Trattasi di infamia, di postuma
denigrazione (ci riferiamo all’intervento presso la Costituente dell’impetuoso
Li Causi). Ecco una frottola che non ha riscontro documentale e storico di
sorta e che una diecina di anni fa, magari per esigenze cinematografiche,
divenire indiscussa ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di
Stato. Non si infama così un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non
fu, non poteva essere, si guardò bene dall’essere il COLPEVOLE artefice di
quella infame strage. I denigratori dovrebbero fare resipiscenza, almeno a
mezzo stampa. E corregere i loro calunniosi e infondati assunti. LE CRONACHE
DEL GIORNALE “L’ORA” SUI FATTI DI RIESI DELL’OTTOBRE DEL 1919. Data la mia
deformazione professionale, mi sono accostato al caso Messana come se dovessi
esperire in tre-quattro mesi un’ispezione bancaria approfondita ed essenziale
per farne rapporto al signor Governatore, come fui uso in vent’anni di
sudditanza ispettiva presso l’0rgano di Vigilanza della Banca d’Italia. Così
parto dall’esordio, come dire dai verbali del Consiglio di amministrazione,
acquisendo i bilanci annuali del passato. Per il gr. uff. comm. Ordine dei SS.
Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana cerco di trovare le propaggini da cui
è partito il Li Causi trent’anni dopo per crucifiggerlo come sanguinario
stragista di Stato nella pur sepolta memoria dei fatti di Riesi risalenti
all’ottobre del 1919. Tutti parlano del 10 dell’11 Ottobre e il validissimo
professore Casarrubea, forse vittima di un lapsus, sale addirittura al novembre
del 1919. Accedo alla Biblioteca Nazionale di Roma a Castro Pretorio e mi
ingolfo nella consultazione di illeggibili bobine dei microfilm dei due
giornali importanti siciliani dell’epoca: l’Ora e il giornale di Sicilia. Con
strumenti che dovrebbero essere modernissimi e che intanto occorre far
funzionare manualmente metto alla fine le mani sulle cronache di quell’esecrato
eccidio. Mi accorgo che tra l’Ora e il Giornale di Sicilia non vi sono
differenze sostanziali nei riferimenti degli episodi che fecero onestamente
molta sensazione. Iniziamo dall’ORA che invero ho consultato dopo. Sapendo
quello che aveva pubblicato il Giornale di Sicilia mi limito a questi brevi
appunti: «L’ORA – 9 ottobre 1919. “Grave conflitto a Riesi – 7 morti e venti
feriti. [….] Dopo l’arresto del noto agitatore socialista Barberi Giuseppe ---
L’esigua forza impotente a fronteggiare la grandissima moltitudine…”» Quindi
trascrivo: «L’ORA di Palermo – prima pagina del 12 ottobre 1919. - A Riesi
torna la calma, Caltanissetta 10 notte. - - All’alba di stamani truppe con
agenti al comando del Commissario di P.S. Cav. Caruso e del maggiore dei
carabinieri Tartari sono entrati a Riesi senza incontrare resistenza alcuna. -
Nel conflitto 10 dimostranti rimasero uccisi e circa 50 feriti . - Della truppa
è stato ucciso anche il sottotenente del 76° Fanteria DI CARO MICHELE di
Villarosa e due soldati sono stati feriti. - Aperta una inchiesta dal
Procuratore del Re e il Giudice Istruttore. - Venne trattenuto soltanto
l’avvocato Carmelo Calì di Mazzarino.» Come primo assaggio non c’è molto quanto
a contorno. Certo 10 lavoratori uccisi e 50 feriti nel mondo del lavoro gridano
vendetta al cospetto di Dio. Ma come e perché doveva essere artefice malefico
il Messana resta un mistero. Quello che in queste mie ricerche mi colpisce e mi
addolora di più è il fatto che in tante postume celebrazioni, rievocazioni,
truculenti filmati e paludati testi di storia siciliana, non ho ancora trovato
una nota di commemorazione e di omaggio a questo figlio di Villarosa, il
sottotenente del 76° Fanteria il giovane MICHELE DI CARO a cui la vita cui fu
troncata crudelmente. Con un colpo di pistola, quindi intenzionalmente. Caduto
davvero nel compimento del suo dovere che era quello di mantenere l’ordine
pubblico – chiunque governasse, in quel tempo NITTI. Non so se gli fu conferita
una qualche medaglia, non so se Villarosa ha reputato di onorarlo e ricordarlo
come eroe. La cinica cronaca di quell’epoca non ritiene poi di fare i nomi di
quei modesti militi che furono feriti. In modo grave? Guarirono? Nessuno ha
fatto ricerche. Erano semplici militari. Possibilmente parenti di quei
rivoltosi, zolfatai e contadini che trucidavano e venivano trucidati. Fratelli
che uccidevano, ferivano fratelli Noi diremmo “compagni”. Fiumi di inchiostro
sono stati versati per queste vicende. Ma nessuna attenzione, nessun riguardo
per questi soldati che per un magro soldo mettevano a repentaglio la loro vita.
Non si ha tempo per loro: a distanza prima d mezzo secolo e dopo quasi un
secolo si sprecano soldi, si sperperano fondi pubblici, si fanno trasmissioni
televisive, si scrivono testi di presunta storia solo per esecrare, condannare,
crucifiggere il meritevole, il servitore della Patria, l’eroe dell’ordine
pubblico Ettore Messana. E ironia della sorte, né nei resoconti dell’Ora di
Palermo, né in quelli del Giornale di Sicilia, né nelle carte che si
custodiscono nell’ACS di Roma relativamente alle faccende del Ministero degli
Interni di quel periodo, né in successive storie paesane, né in sentenze
passate in giudicato troveremo mai il rispettabile nome di Ettore Messana, in
damnatio memoriae sol perchè il Li Causi lo ebbe in odio, ingiuriandolo quale
capo banda POLITICO (attenzione solo POLITICO) dei tempi tristi del banditismo
siciliano capeggiato dal celeberrimo Giuliano da Montelepre.
6 ore fa
Non trascorrono molte ore e il cronista nisseno cerca di
completare i riferimenti al Giornale di Sicilia sui fatti di Riesi occorsi alle
ore 11 del giorno precedente: è il 9 ottobre del 1919. Faticando molto, siamo
riusciti a trascrivere il fotogramma del microfilm del giornale siciliano.
Vorremmo che foste voi, senza intermediazione alcuna, a trarre il succo da una
siffatta concisa ma lucida corrispondenza. Noi ci siamo molto soffermati sul
particolare che artefici del bene e del male di quel giorno furono i
Carabinieri, coadiuvati da un nucleo sparuto di inesperti soldati. Emerge
charissimamente che ad iniziare a sparare contro la folla furono loro: i
carabinieri. Stranissimo, in cronache successive, in rievocazioni paesane, nel veemente
attacco del Li Causi, nelle celebrazioni di Riesi dei primi anni 2000, negli
studi seri del Casarrubea, in quelli pasticciati della Cernigoi, nelle
esaltazioni cinematografiche, nelle lugubri messe in scena del Lucarelli
televisivo, in tante corrispondenze di aspiranti giornalisti, questo
particolare viene del tutto pretermesso. Nessuno infatti può pensare che un
giovane commissario si possa permettere di dare ordini alla benemerita arma di
aprire il fuoco contro una inerme folla sia pure tumultuante. Non è elemento
questo da rendere inaccettabile che ad essere responsabile di quell'esecrabile
eccidio fosse il giovanissimo ed imberbe commissario Ettore Messana? Come dire
Ettore Messana non c'entrò. Solenne infamia quella di volerlo a tutti i costi calunniarlo.
Non è giunto il momento di fare ammenda di tutta la diffamazione a mezzo
stampa, blog, cinematografo e lugubri aggettivazioni del Lucarelli (sarà un
caso, quella trasmissione del 2005 non ci sta più in You Tube o aggeggi
analoghi)? La famiglia Messana ha subìto, sta ancora subendo, danni, disagi,
colpevolizzazioni, denigrazioni per una così concertata e martellata
diffamazione. Nessuno deve pagare? manco il periferico e pur edotto dei fatti,
il giornaletto racalmutese di Sciascia MALGRADO TUTTO? Per aggiunta e suggello,
ecco che veniamo a sapere che le mitragliatrici vengono dopo, ad eccidio
consumato: nessun ordine poté dare al sottotenentino Di Caro il nostro gr. uff.
comm. dell'ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, ispettore generale di P.S., dottore
Ettore Messana. Carta canta!!! ------------- Caltanissetta 9, giorno "I
fatti i Riesi per quanto su essi siano sulle prime notizie alquanto esagerate
pure rivestono una gravità non comune. Ve ne mando i particolari nel modo più
succinto. Riesi è stato sempre uno dei centri di questa provincia che ha dato
non poche volte da dire alle autorità politiche e di pubblica sicurezza dando
sovente campo a noi cronisti di intrattenerci delle condizioni poco tranquille
della pubblica sicurezza: difatti reati audacemente rari nella storia criminale
sono colà avvenuti e non è la prima volta che dimostrazioni ed agitazioni sono
degenerate in conflitto. Le agitazioni minerarie poi hanno sempre trovato modo
di allignare e di prosperare anche perché la politica di Riesi deve far
capolino in tutto. Tra i maggiorenti anche il disaccordo è regnato sovrano per
quanto il deputato del collegio, on. Pasqualino, abbia sempre messo in opera
tutti i mezzi perché il pubblico interesse negli uomini pubblici fosse sempre
l’ideale da raggiungere. Parecchi anni fa tal Giuseppe Butera, una specie di
mattoide, messosi a capo di alquanti incoscienti provocò dei moti gravissimi e
si arrivò persino alla proclamazione della repubblica Riesina! Poi venne la
guerra e gli odii restarono sopiti mentre Riesi dava un contingente altissimo
alla diserzione dando i Tofalo, i Carlino e compagnia bella; bisogna però
riconoscere che la maggioranza di quella cittadina è composta di gente per
bene, ma intanto basta qualche centinaio di illusi e di sconsigliati perché un
intero centro resti in convulsione. Da qualche settimana a Riesi dunque spirava
vento di fronda, e ciò nonostante per volere di chi sta in alto tutta la forza
disponibile della Provincia di Caltanissetta e el capoluogo era stata
distaccata a Roma – a quanto se ne dice – perché l’ordine pubblico della
capitale così esigeva. Di modo che i tumulti di ieri hanno trovata la cittadina
sguarnita di forza in modo quasi assoluto giacché la forza non si improvvisa
specie quando niente affatto tranquilla era la situazione a Caltanissetta, a
Terranova, a Castrogiovanni e in molti altri paesi dove l’agitazione agraria è
assai intensa e gravida di pericoli. Anzi su proposta del Prefetto pochi giorni
fa il Ministero ha mandato qui il comm. Lonardone ispettore generale del
Ministero della Agricoltura per la composizione delle vertenze agrarie in
Provincia. Intanto così l’on. Pasqualino come l’on. Colaianni e l’on. Lo Piano
non avevano taciuto assieme al Prefetto la situazione della Provincia, che ha
finalmente bisogno dopo tanti anni di incuria e di indifferenza ogni provvida
cura giacché le nostre popolazioni sono assetate di giustizia e di equità.
Fatto sta che nelle scorse settimane la situazione a Riesi parve – lo era
effettivamente – peggiorata, avvennero degli incidenti gravi la cui
trasmissione non ci fu permessa e si procedette all’arresto del Giuseppe Butera
e di altri capoccia del socialismo cosi detto ufficiale. Come vi dissi, la
politica ha fatto il resto di tal che si è andata rapidamente in questi ultimi
giorni creata a Riesi una posizione veramente eccezionale e da destare
l’allarme nella cittadinanza e da preoccupare le autorità. L’on. Pasqualino
proprio oggi doveva recarsi a Riesi dove egli è tanto benvoluto e stimato,
appunto per mettere in opera il suo ascendente presso quella popolazione onde
indurla alla quiete ed alla tranquillità. Ma aveva preferito fare prima una
corsa a Castrogiovanni per abbracciarsi con l’on. Colaianni che intanto non
lascia mezzi intentati per comporre le vertenze di indole economica nei paesi
del suo collegio. Dimenticavo dirvi che a Riesi da tempo per dimissioni di
parecchi dei suoi membri quel Consiglio Comunale è stato sciolto e
l‘amministrazione della cosa pubblica è deposta nelle mani di un R.
Commissario, il cav. Scicolone, coadiuvato dal signor Grasso. Si è cercato di
togliere ogni pretesto a quelle masse illuse e fuorviate e financo
l’approvvigionamento del grano è proceduto in modo assolutamente eccezionale,
un vero e proprio trattamento di favore. Ma il pretesto è stato trovato lo
stesso e ieri di giorno verso le 11 si iniziarono le prime dimostrazioni che
assunsero ben presto il carattere di una violenta ribellione. La pazienza dei
pochi carabinieri fu messa a dura prova; qualche soldato fu sputato e preso a sassate
e quando fu tentato di disarmarli e quando di certo avrebbero avuto la peggio
fecero fuoco e caddero mezza dozzina e forse più di morti. Grida e lamenti
dimostrarono che c’erano anche dei feriti e non pochi. La esasperazione della
folla inviperita e delle donne raggiunse presto il colmo e la forza impotente
dovette ritirarsi lasciando la cittadinanza in balia dei rivoltosi. Sono
partiti da qui camions con mitragliatrici e forza in gran numero e si conta di
sapere la vera ragione o meglio la causa occasionale della rivolta sanguinosa.
Domani e forse oggi stesso l’on. Pasqualino sarà sul posto per spiegare tutta
la sua opera autorevole per il ritorno alla tranquillità. Intanto l’autorità
giudiziaria ha aperto una inchiesta per accertare le singole responsabilità;
parecchi arresti sono stati già operati e pare che moltissimi altri ne
seguiranno. Appena noti i nomi dei morti e dei feriti ve ne informerò e vi
invierò altri particolari. 0ve sarà il caso. Si sa che i rivoltosi furono poche
centinaia di contadini che sono rimasti padroni della città; tutte le
comunicazioni, anche quelle telegrafiche, sono interrotte; da Palermo sono
stati inviati considerevoli rinforzi La impressione per i fatti avvenuti è
delle più dolorose e si spera che l’ordine e la calma possano presto tornare.
"
4 ore fa
Ci stiamo sforzando di rinvenire la vera verità storica dei
fatti di Riesi del 1919. Abbiamo pubblicato giornali e cronache dell'epoca.
Questa qui non è una intollerabile mistoficzione? https://www.youtube.com/watch?v=PECKVrYtgTk
www.youtube.com
CREDIAMO DI AVERE DEL TUTTO SMANTELLATO LA TESI CHE VORREBBE
IL QUESTORE MESSANA COLPEVOLE COME QUI SI DICE. RESTA SOLO LA CALUNNIA,
L'INFAMIA. SE IN BUONA FEDE CI SI CORREGGA ANCHE SE CI SI CHIAMA ANPI
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DEMOCRAZIASpeciale 27 gennaio. Il dovere della memoria..Articoli correlati
‘Strage di Riesi’ . 92° anniversario assassinio Giovanni Orcel 13 ottobre 2012
. L ’ANPI domenica 14 ottobre 2012 alle ore 9, ricorda Giovanni Orcel nel 92°
anniversario del suo assassinio avvenuto il 14 ottobre 1920 in Corso Vittorio
Emanuele all’altezza della Biblioteca centrale dove con la Cgil, e il Centro
Impastato deporremo una corona sotto la lapide che lo ricorda. Giovanni Orcel è
una delle figure più significative del movimento operaio palermitano,
segretario generale della FIOM dal marzo del 1919 operava per unire lotte urbane
e lotte delle campagne sulla scia di Nicola Barbato e anche del fratello
Ernesto Orcel fondatore del Fascio dei Lavoratori di Cefalù, ed in stretto
collegamento con Nicolò Alongi, il dirigente contadino assassinato dalla mafia
nel febbraio del 1920. Orcel viene assassinato ad un anno dalla strage di Riesi
del 1919 dove vengono assassinati 15 contadini compreso un tenente di fanteria
che si era opposto all’ordine fascista di sparare sui contadini che
manifestavano per la riforma agraria. Ad ordinare il fuoco in solidale intesa
con la mafia è stato un fascista della prima ora, Ettore Messana di Racalmuto,
ufficiale di P.S., poi membro dell’OVRA, il servizio segreto, efferato
criminale di guerra questore a Lubiana negli anni 40 ed infine lo ritroveremo inspiegabilmente
….Ispettore generale di polizia in Sicilia negli anni 1945! Entrambi i delitti,
inequivocabilmente di matrice fascista e mafiosa, sono rimasti impuniti. Su
Giovanni Orcel leggi Giuseppe Carlo Marino, 1976 nel libro “Partiti e lotta di
classe in Sicilia da Orlando a Mussolini” (Bari, De Donato, 1976); poi nel
saggio di Giuseppe Carlo Marino “Vita e martirio di Nicola Alongi, contadino
socialista” e in numerosi altri scritti. Il libro di Giovanni Abbagnato,
Giovanni Orcel. Vita e morte per mafia di un sindacalista siciliano. 1887-1920,
ricostruisce l’attività di Orcel e le lotte di quegli anni. Il logo del
referendum per l’art. 18 ci ricorda che Orcel, Alongi e la lunga scia di sangue
di sindacalisti e cittadini uccisi, lottarono per la difesa della dignità umana
e la dignità del lavoro, che oggi i governi della destra politica, in assenza
di opposizione vera, stanno di fatto abolendo. Nessun commento » Postato in
Anpi notizie, ANTIFASCISMO, EVENTI, Lotte contadine, memoria, Movimento Fasci
Lavoratori Siciliani, segnalazioni iniziative Tags: ANPI Palermo Centro
Impastato CGIL Ernesto Orcel Ettore Messana Fascio dei Lavoratori siciliani di
Cefalù FIOM Giovanni Abbagnato Giovanni Orcel Nicola Barbato Nicolò Alongi
Strage di Riesi . . Sito Anpi Nazionale Cerca: agosto: 2014 L M M G V S D « lug
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contro l'attacco all'impianto antifascista della Costituzione "art.
21" Firma contro l'attacco all'impianto antifascista della Costituzione
"petizione Cgil" memorie di Spagna Sito ANPI Nazionale
47 minuti fa
Registro ora questo filmato per timore che si proceda alla
cancellazione dato quello che ho ormai acquisito a dimostrazione
dell'incontrovertibile verità che sono solo calunniose le accuse nei confronti
dell'incolpevole questore Messana. A suo tempo deluciderò questo assunto e una
tesi oggi inespressa sulla base di documenti dell'archivio di stato e della
nuova documentazione che sta venendo fuori dagli archivi americani (N.A.R:A). A
suo tempo saremo ben più precisi. https://www.youtube.com/watch?v=lAmx2ns17ww
www.youtube.com
Fine della conversazione in chat
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