sabato 4 luglio 2015

Ovviamente mi riferisco alle ciuche; i dotati compagni al macello. Compiuto l'atto innominabile non servono più. Che saporita mortadella produrrebbe il regalpetrese paese di Sciascia.



Vediamo un po' perché ho in gran dispitto o magari non amo o forse mi è indifferente la festa di la Beddra Matri di lu Munti. La festa insomma della prima EFFE ammannitaci a tacitazione questo nostro beneamato sindaco avv. Emilio Messana.

Semplice: un cumulo, un chiarchiaro di patacche religiose storiche sociali e civili.

Monaci in contrasto fra loro, rettori che finiscono col darsi sberle in pubblico  pur di arraffarsi le prebende, gli oboli, le rimesse americane che fanatismi mariani fanno piovere   sulla pretenziosa chiesa del Signorini dal campanile in cemento postbellico inspiegabile 

Basterebbe questo, ma vado oltre.  Una volta tanto concordo con Sciascia

 almeno quello della prima ora come dire parrocchiale. 

"Pampilonia nel dialetto dei regalpetresi  vuol dire confusione infernale chiasso panico smisurata allegria. .... Suggestiva apparirà l'ipotesi che la parola scaturisca dalla Fiesta  di Pamplona invece che dalla Babilonia civitate infernali dei predicatori; e all'ipotesi si accompagna una pampilonia di festa che nell'ultima settimana di maggio qui esplode insonne e violenta".

Ed ora manco a maggio si celebra più.   Specioso il motivo  che bisogna trasportarla a metà luglio per ossequio ai nostri emigranti, che solo allora decidono di fare un salto nel paesello natio. Contra facta non valet argumentum: quei vecchi emigranti o sono morti o sono tornati stanziali. I loro figli e nipoti o non son più emigranti o disertano il paesello natio dei loro progenitori di cui spesso non parlan più la lingua.

Tornasse a maggio quella festa - come dovrebbe se conosciamo gli argomenti dei nostri padri - mi sommergerebbe l'onda dei miei sentimenti e dei miei primi tremori romantici e forse mi diverrebbe meno repellente.

Ripensare a quei firrioli a la Baruna che potevo godermi dal mio astraco intenerirebbe il mio arido cuore. Ma quella cerulea fanciullina dalla trizza fulva è scomparsa e l'astracu non mi appartiene più peraltro chiuso dai novelli proprietari incuranti di ogni divieto edilizio.
Simpatico allora quel raglio perenne che ispirò persino il mio modesto romanzetto a sfondo giallo: LA DONNA DEL MOSSAD.

Se certi  contemporanei sindaci in vena di tappar i malumori popolari con una bella festa avessero cervice e anche un pizzico di inventiva imprenditoriale, quella fiera degli asini a Maggio nello spiazzo dell'ignota Baruna ripristinerebbero. Come invito ad allevar asini a Racalmuto il cui latte si vende a Roma a prezzi stratosferici. Ovviamente mi riferisco alle ciuche; i dotati compagni al macello. Compiuto l'atto innominabile non servono più. Che saporita mortadella produrrebbe il regalpetrese paese di Sciascia. 
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