23 luglio 17.58.36
Scrive il professor Giuseppe Casarrubea: "In un
documento segreto del SIS riguardante le attività della commissione per il
mantenimento in carica degli arrestati politici, figura, appunto l'ispettore
Messana, abitante a Roma in viale Beato Angelico92". Insidioso quell'"appunto".
E' evidente che va collegato a quanto affermato prima: "Storicamente
risulta ancora inspiegabile il fatto che personaggi che godevano fama di essere
stati criminali di guerra di paesi vicini all'Italia, già compromessi col
fascismo e le sue più alte gerarchie, potessero essere stati lasciati al loro
posto e anzi avessero fatto ulteriori carriere con i nuovi governi di unità
antifascista". (Cfr. Storia Segreta della Sicilia, pag 96, note nn. 168 e
169). Il professore Casarrubea con l'onestà intellettuale che lo
contraddistingue non potrà negare che ha messo qui qualche tocco malizioso che
conferisce al testo una ambiguità perniciosa per il buon nome del Messana. Noi
siamo andati alla caccia di quel documento che sarebbe dovuto essere esiziale
per il prestigio del nostro insigne compaesano e siamo riusciti a trovarlo.
Depuriamo subito dell'effetto alone quel "SIS" custode di
segretissimi segreti. Il SIS (Servizio Informazioni Speciali o similari) fu una
malconcia branca amministrativa del Ministero degli Interni e le carte della
sua SECONDA SEZIONE sono ora all'Archivio Centrale di Stato, lise
stropicciatissime, spesso deteriorate e quasi illeggibili, alla portata di ogni
studioso. Il documento commentato dal Casarrubea che si trova in uno scarno
fascicolo portante il numero MP21 di quella che è rimasta busta 54 non suffraga
per nulla le tesi accusatorie dell'esimio professore di Palermo. Quasi in carta
velina, essendo copia di documenti dattiloscritti, il foglio reca in fondo un
paio di annotazioni molto importanti; porta una data che risalirebbe all'estate
del '44 e, bene in chiaro, postumo, il riferimento ad una pratica a cui non è
facile (almeno a me non è riuscito) risalire. Trattasi dell'elenco nominativo
di una "commissione per il mantenimento in carica di arrestati
civili". Segue una elencazione a scalare di altissime personalità da un
generale (il primo dell'ordine) ad un colonnello) con indicazione soltanto del
recapito e del numero telefonico. Il Messana occupa in quella commissione il
secondo posto. Autorità quindi ragguardevole, insospettata e insospettabile.
Abbiamo cercato di fotografare quel documento, ne è venuto per nostra imperizia
uno sgorbio che ugualmente pubblichiamo: all'occorrenza ne faremo trarre una
chiara fotocopia quale la struttura molto valida dell'Acs di Roma sa fornire
agli studiosi. Siamo dunque nel 1944; gli americani erano entrati da qualche
mese a Roma. E a Roma si trova il questore (allora) Messana. E abita appunto
nei pressi del Vaticano proprio in viale Angelico 92. Quello che per la
disattenta signorina Cernigoi sarebbe stato un demerito fu invece un atto di
coraggio civico e politi da parte del Messana: dopo il famoso 8 settembre del
1943 il Messana disdegna di passare a Trieste, dove operava da questore e dove
veniva remunerato con un buon stipendio, al servizio della Repubblica Sociale
di Salò e se ne torna dai suoi a Roma appunto nelle abitazioni presso il
vaticano. Altro che fascista, altro che fanatico razzista. Aveva sperimentato a
Lubiana cosa davvero erano i tedeschi anche quelli che non ostentavano la
doppia 'esse' (SS), A Roma c'era Kappler. Il Messana non si presenta al
Viminale. Sarebbe stato bene accolto ma avrebbe dovuto sottostare all'infame
comando tedesco. Chi conosce la storia di quel periodo capisce. Così il Messana,
senza più stipendio, si eclissa oltre Tevere. La nipote, allora bambinella,
ricorda quel periodo, gli americani che entravano, lo sbandieramento
tripudiante dei romani. E ricorda che con lei c'era questo suo arcigno ma
dignitosissimo nonno (che invero aveva particolare predilezione per questa sua
piccola Giovanna). Mi dice Giovanna Messana che in effetti per un qualche
periodo il Messana si nascose in una chiesetta presso Borgo San Pietro assieme
ad ebrei, molti dei quali furono grandi amici di questo Ispettore Generale che
la Ceernigoi vuol fare passare per un nazista antisemita. Noi pensiamo he il
Messana in questo periodo di rifugiato non dovesse preoccuparsene più di tanto:
cinquantacinquenne non poteva temere il pericolo di venire arruolato; e a Roma
si era troppo indaffarati in quei criminali rastrellamenti dell'ultima ora per
interessarsi ad un questore fuggitivo da Tieste. Importante per noi sapere che
in questo periodo il Questore Messana né a Trieste nel clima criminale
repubblichino né a Roma nell'altro nefasto delle Fosse Ardeatine si contaminò
con il Nazifascismo. Era intemerato e così poté ritornare al Viminale: ecco
perché gli affidarono la vice direzione di questa Commissione cui accenna il
Casarrubea. Quel liso documento del '44 depone a tutto favore del Messana. Le
insinuazione del professore palermitano sono destituite di ogni fondamento.
L'onore di Messana non rifulge proprio in quel foglietto quasi illeggibile del
Sis, seconda sezione.
23 luglio 19.07.32
dal pc di mia cognata ho letto quanto hai precisato ottimo
come sempre
grazie
25 luglio 2.21.02
Per la Cernigoi v’è certezza assoluta: il Messana è
CRIMINALE di GUERRA. Il suo giudizio è inappellabile. Lei si arroga il diritto
di giudicare e condannare. Con quale autorità, con quali prove, con quale
istruttoria? Non ha titolo, non ha elementi, non può provare nulla. Per me
diffamare qualcuno a mezzo stampa quale criminale di guerra sapendo che giammai
costui era stato condannato per siffatto gravissimo crimine è materia da codice
penale. Io l’art. 595 u.c. C.P. ce lo vedrei tutto ma non sono né pubblico
ufficiale né magistrato, né istituzione pubblica (in questo caso il Viminale
quale parte offesa). La Cernigoi non poteva non sapere che all’Archivio
centrale di Stato vi sono faldoni e faldoni del SIS, seconda sezione ove il
caso è ben sviscerato e l’adamantino comportamento del Messana vi riluce
inconfutabile. Scrive la Cernigoi: Criminali di guerra Il nome di Messana
risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla
Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War
Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed
inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 [7], lo accusa,
sulla base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione
“Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione, di crimini vari: “assassinio e
massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale;
deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo
di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli
articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13
del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a
Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del
Tribunale militare di Lubiana dott. Macis) la costruzione di false prove che
servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena
capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La
responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da
documenti dell’archivio della questura di Lubiana [8], che fanno riferimento ad
una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e
dal vicecommissario Antonio Pellegrina sotto la direzione personale di Messana,
contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al
Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di
reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre
a pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati di avere creato false
prove nel corso di una indagine da loro condotta, in conseguenza della quale 16
persone innocenti furono fucilate dopo la condanna comminata dal giudice Macis.
Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del
15/12/41, per la quale indagine, come risulta da altri documenti della questura
di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei
Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e militi furono proposti per
onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita delle indagini relative
all’attentato di Preserje. Nello specifico Messana ricevette come
riconoscimento per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e
Lazzaro”. Ettore Messana fu anche segnalato con nota del 21/9/45 dall’Alto
Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma al Prefetto di Trieste, che
richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA [9]. Il risultato di questa
indagine è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore
Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa [10], dalla
quale citiamo alcuni passaggi. “… il Messana era preceduto da pessima fama per
le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella
città aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei
mezzi brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni
(…) vi era anche (la voce, n.d.r.) che ordinava arresti di persone facoltose
contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire
profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati
in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro
la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli
si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui
aveva ricavato lauti profitti. Durante la sua permanenza a Trieste, ove rimase
fino al giugno 1943, per la creazione in questa città del famigerato e
tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe
Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia
politica degne di particolare rilievo. Ma anche qui, così come a Lubiana, egli
si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di umanità e di
giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche relative a
perseguitati politici (…)”. :::::::::::::::::: Ma al Ministero degl’Interni, al
SIS si sa bene che trattasi di tentativo titino di criminalizzare l’intera
Italia. Siamo nel 1945-46. Orde di ex partigiani titini scendono persino col
paracadute in Italia a tentare vendette, a commettere atti di giustizia
sommaria, a macchiarsi di infami delitti. Le carte del SIS sono molteplici e
inequivocabili. Non punge vaghezza alla Cernigoi di contestualizzare le
effervescenze punitive slave con questo clima terroristico che disseminano in
Italia? In Jugoslavia da parte dei Partigiani Titini si confezionano reboanti
capi di accusa contro i nostri concittadini rei soltanto di esservi stati
comandati in tempi di guerra magari con incarichi polizieschi; si mandano
granguignoleschi papielli accusatori. Ma sono le stesse commissioni di guerra
estere che rimettono, dopo una prima sbozzata, le accuse alle competenti
autorità italiane. E in Italia queste più ponderate carte arrivano e queste
carte si trovano a Roma, al SIS ed ora in ACS. Ebbene di tutta quella
paccottiglia della Cernigoi relativa al Messana, al Ministero giunge il
foglietto che noi pubblichiamo. Trattasi dello “STRALCIO RELAZIONE 12”:
L’accusa titina infierisce contro magistrati italiani, funzionari di P.S. e
soprattutto contro Grazioli che fu un personaggio non del tutto negativo stando
agli studi di Sala. Il MESSANA vi viene fatto entrare per il rotto della
cuffia: non c’è nulla di specifico contro di lui. Pretestuoso, prevenuto e
diffamatorio è volere a tutti i costi il questore come colui “che esortava
personalmente gli aguzzini ad infierire contro le proprie vittime”. Quali
prove? Nessuna, quali testimonianze? Nessuna, come si poteva affermare. e dalla
parte lesa, qualcosa del genere? Fandonia: un questore se ne sta nei suoi
uffici, non scende negli scantinati ad incitare scherani ai suoi ordini a
violentare innocenti vittime. Fantasie da menti malate o si vede che non si è
mai stati in questura a rispondere ad interrogatori sia pure serrati ma per la
cultura giuridica italiana sempre con il senso del limite. Tanto è vero che in
Italia il SIS neppure prende in considerazione questa calunniosa accusa titina
contro il Messana. Anzi il Messana viene inviato persino in Sicilia nell’aspra
lotta al banditismo filoamericano del fuori legge Giuliano di Montelepre. E il
Questore Ettore Messana viene promosso Ispettore generale di P.S., insignito di
onorificenze di altissimo livello e viene nominato Grande Ufficiale; e guarda
caso ottiene l’esclusiva commenda dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro, roba
sabauda insomma. La ruggine slava, che si può comprendere ma giammai
condividere, è solo appiglio per postumi scoop giornalistici che francamente
sono disgustosi. La Cernigoi sa che il Messana neppure fu scalfito da quelle
infamanti farneticazioni slave. Non c’era materia alcuna. Eppure quando gli
slavi accennarono a fatti e vicende che potevano destare sospetto,
l’istruttoria scattò accurata, precisa, inflessibile. Le carte del SIS lo
dimostrano. Consultarle per credere. Singolare la chiusa degli accusatori
slavi: “secondo le istruzioni di GRAZIOLI operavano anche i suoi organi civili
e principalmente il questore di Lubiana Ettore Messana, uno dei maggiori
carnefici” Ma di grazia quale furono queste “carneficine del Messana? Nulla di
nulla. Vi fu l’esecuzione di Tone TOMISIC che invero mi lascia perplesso. Ma
quella nacque da una sentenza “del tribunale di guerra di Lubiana preseduto dal
dr. MACIS”. Il Sis fece, dopo, una accurata inchiesta. Al SIS si ebbe modo di
appurare quale fu il ruolo del Messana. Il Messana aveva minuziosamente
ragguagliato la magistratura su l’operato della questura di Libiana. All’ Acs
abbiamo trovato il fascicolo. Trattasi della denuncia del 4 aprile del 1942 n.
05698/1942 Gab, di Prot. Il Messana è esaustivo, preciso, formale. Ne
riportiamo qui sotto alcune fotocopie. Basta darvi uno sguardo per sbugiardare
la Cernigoi e i titini circa l’inventata accusa che il processo era stato
intentato “in base a false testimonianze del commissario di P.S. PELLEGRINI e
di altre persone al servizio di Grazioli”. No! Invero erano stati i tedeschi
che avevano scoperto il covo dei partigiani slavi e avevano costretto la
questura ad irruzioni, interrogatori ed arresti0. Noi pensiamo che la stessa
sentenza del MACIS sia stata imposta dalla Ghestapo. Ma qui il Messana non
c’entrava più. Anzi tutto lascia capire che il Messana fosse tanto poco gradito
ai tedeschi da giubilarlo subito dopo quella esecuzione che tantò impressionò;
le SS non furono certamente estranei allo sbolognamento del Questore. Appare
infatti non gradito ai falchi del Viminale per cui ritirarsi come in subordine
a Trieste. Il suo ruolo fu così defilato da fare poi scrivere ai suoi
denigratori che ”costui non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica
degne di particolare rilievo”. L’addebito dispregiativo negli intenti di
allora, oggi suona come epitaffio laudativo del Messana: questi non fu 0 quindi
per nulla complice delle famose Foibe che oggi si sono riesumate per doverose
condanne.
25 luglio 14.57.46
signorina Cornigoi risponda a queste note Quando leggeremo
quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere codesto questurino a nome
Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in anonimato, del grande Ettore
Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e che certamente non ebbe ad
apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica larga: gli si dedicò una via e
si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo riportato locandine manifesti e
dicerie elogiative ma non c'era molto da addurre a lode omaggiante. Si disse
"uomo giusto". Un epiteto alquanto singolare per uno che di mestiere
aveva fatto il poliziotto di un reparto politico decisamente fascista. E
redigeva rapporti infamanti di sospetti e dispetti a base di "corre
voce", "si dice", "non poteva non sapere", " era
suo subordinato il vero malfattore (se poi tale era)" "lo
spalleggiava" "forse ne fu compare" e niente più. Ma proprio
niente di più sul suo grande superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff.
Dottore Ettore Messana. E quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto
funzionarietto di questura, relegato ad una insignificante periferia.
Nell'ottobre del 1945, crede che è giunto il momento di togliersi un sassolino
dalla scarpa contro l'invidiato suo ex Superiore che invece di carriera ne ha
già fatta e con onore e per la stima di un superbo uomo di Stato, nientemeno
l'on. Alcide De Gasperi. E quel insignificante rapportino finisce obliato e
trascurato in mano non autorevole e ci vuole tutta la malafede di rampanti
speculatori dell'antitalianità per riesumarlo e farne fonte di autorevolissima
fede quando scricchiola da tutte le parti. E ciò è tanto vero che Roma
repubblicana e democratica e indubitabilmente antifascista non vi diede peso
alcuno. Del resto non ne aveva: non un fatto, non una prova, non una certezza.
Solo pettegolezzi astiosi di bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011
L’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150
anni dell’Unità d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria.
L’Esempio di un Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano
Ricciardelli”. L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso
l’Auditorium dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco cosa scriveva
ancora il Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era
anche quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui
venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti
personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in
carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la
liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli si
faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva
ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in
esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come
scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito
esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma
solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”.
Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva
anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo
momento, dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e
attività economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche
apporto vi fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse l’avere
comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella famiglia
Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non resta
altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E la
Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la
creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato
speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui
non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare
rilievo.” Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del
commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di
polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come
pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto
limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la
mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un
ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo
dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di
Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità
d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed
all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di
oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e
Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero
proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente
pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente,
per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista,
con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo
stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti
che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati
particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i
precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale
Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione
della città ai primi di maggio u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R
icciardelli ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne
all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che
militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e
terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più
dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del
Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato
nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che
“gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti
dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato!
chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo
trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe
jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca
di forte olezzo fascista. Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di
ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di
forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si
fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il
provvedimento assolutorio. Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova
di di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la
classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di
guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale
straniero o italico osò tanto. Procediamo nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale
commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo
particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità
per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo
della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri
componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini,
presidente della commissione stessa.[3]” Il Messana era certo un duro, ma ciò
costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il
Prefetto fascista Tullio Tamburini? E per chiusura il denigratore subalterno, a
forca di volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del
Messana. “Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste,
se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data
del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato
dimissionario d’ufficio”. [4] Che un forsennato poliziotto s’induca a tale
sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si
accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il Messana,
dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende irreperibile
a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e subordinati
quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di ufficio”
incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva essere
perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il più
tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste,
Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della
“politica”. E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il
Messana che se ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti
repubblichini e tedeschi dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché tempo fa
avevamo scritto: Di tutta questa accozzaglia di dicerie, presunzioni,
maldicenze, sospetti, anonime delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema
di smentita, fu mai provato, nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore
Generale di PS gr.uff. Ettore Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO.
Non luogo a procedere. Chi rispolvera questo documento che per di più potrebbe
risultare persino apocrifo si macchia a mio avviso di diffamazione
calunniatrice. Certamente non fa storia. signorina Cornigoi risponda a queste
note Quando leggeremo quello che leggeremo non avremo dubbi nel ritenere
codesto questurino a nome Feliciano Ricciardelli un malevolo detrattore, in
anonimato, del grande Ettore Messana che dovrebbe essere stato suo superiore e
che certamente non ebbe ad apprezzarlo. Al suo paese irpino si fu di manica
larga: gli si dedicò una via e si cercò di santificarlo. Abbiamo un tempo
riportato locandine manifesti e dicerie elogiative ma non c'era molto da
addurre a lode omaggiante. Si disse "uomo giusto". Un epiteto
alquanto singolare per uno che di mestiere aveva fatto il poliziotto di un
reparto politico decisamente fascista. E redigeva rapporti infamanti di
sospetti e dispetti a base di "corre voce", "si dice",
"non poteva non sapere", " era suo subordinato il vero
malfattore (se poi tale era)" "lo spalleggiava" "forse ne
fu compare" e niente più. Ma proprio niente di più sul suo grande
superiore l'Ispettore generale della PS il Gr.Uff. Dottore Ettore Messana. E
quando le scrive queste cose? Quando ancora modesto funzionarietto di questura,
relegato ad una insignificante periferia. Nell'ottobre del 1945, crede che è
giunto il momento di togliersi un sassolino dalla scarpa contro l'invidiato suo
ex Superiore che invece di carriera ne ha già fatta e con onore e per la stima
di un superbo uomo di Stato, nientemeno l'on. Alcide De Gasperi. E quel
insignificante rapportino finisce obliato e trascurato in mano non autorevole e
ci vuole tutta la malafede di rampanti speculatori dell'antitalianità per
riesumarlo e farne fonte di autorevolissima fede quando scricchiola da tutte le
parti. E ciò è tanto vero che Roma repubblicana e democratica e
indubitabilmente antifascista non vi diede peso alcuno. Del resto non ne aveva:
non un fatto, non una prova, non una certezza. Solo pettegolezzi astiosi di
bassa caserma poliziesca. lunedì 12 settembre 2011 L’Ufficio di Presidenza
dell’Associazione Amo Montemarano, in occasione dei 150 anni dell’Unità
d’Italia, organizza il convegno dal titolo: “Servire la Patria. L’Esempio di un
Compaesano, un Questore, un uomo Giusto: dott. Feliciano Ricciardelli”.
L’appuntamento è per sabato 17 settembre alle ore 18:00 presso l’Auditorium
dell’Edificio Scolastico di Montemarano. Ma ecco cosa scriveva ancora il
Ricciardelli: “Fra le insistenti voci che allora circolavano vi era anche
quella che egli ordinava arresti di persone facoltose, contro cui venivano
mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire profitti personali.
Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un
poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro la liberazione
mediante il pagamento di ingenti importi di denaro.” Inoltre gli si faceva
carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami, da cui aveva
ricavato lauti profitti.” Qui siamo nell’esilarante: il Mesana arriva in
esordio a metà del 1941 a Lubiana. Incontra subito difficoltà inaudite. Come
scrive in una lettera riportata dal grande studioso Sala, viene subito
esautorato di fatto dall’esercito. Mussolini voleva una “guerra parallela” ma
solo per dimostrare ai tedeschi come può esserci una “occupazione umanitaria”.
Del resto a Lubiana vi esano molti coloni italiani e questi Mussolini voleva
anche proteggere dalle barbarie teutoniche che erano ben note. In un primo momento,
dicono gli stocici seri, si cercò a Lubiana di impiantare industrie e attività
economiche secondo le concezioni coloniali fasciste. Forse qualche apporto vi
fu da parte del Messana. Ma è da escludere. Ove si eccettui forse l’avere
comprato del legnami per farsi fare una “camera” per la quale nella famiglia
Messana si vagheggia ancora, di quello che insinua il Ricciardelli non resta
altro che il sospetto di una malevolenza di bassa cucina burocratica. E la
Cernigoi vi corre dietro: “Durante la sua permanenza a Trieste, per la
creazione in questa città del famigerato e tristemente noto ispettorato
speciale di polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui
non riuscì ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare
rilievo.” Insomma qui la colpa del Messana è solo quella di essere “amico” del
commendatore Gueli ma il Messana “non riuscì ad effettuare operazioni di
polizia degne di particolre rielievo”. Onore al merito ma no!? Ecco invece come
pasticcia il Ricciardelli, se l’anomalo rapporto è suo: “Ma anche qui come a
Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni senso di
umanità e di giustizia che dimostrò chiaramente nella trattazione di pratiche
relative a perseguitati politici, responsabili di attività antifascista molto
limitata. In proposito” Quali elementi ha il Ricciardelli per stabilire “la
mancanza assoluta di ogni senso di umanità ” del Messana’? Nessuno. Un
ppoliziotto che misura la latitudine del “senso di umanità” è singolare. Siamo
dunque a quelle infanganti veline che riempiono i dossier degli archivi di
Uffici di polizia, più o meno segreti. Mi si dirà: vuoi dei fatti? Eccoteli!
“Si ritiene opportuno segnalare un episodio che dimostra la sua malvagità
d’animo una notte del gennaio 1943 senza alcun addebito specifico ed
all’insaputa dello stesso Ufficio Politico della Questura, ordinò l’arresto di
oltre venti ebrei fra cui si ricordano i nomi dei fratelli Kostoris Marco e
Leone, Romano Davide, Israele Felice e l’avvocato Volli Ugo che vennero
proposti al Ministero per l’internamento, perché ritenuti politicamente
pericolosi. E che il Messana avesse agito per pura malvagità e, probabilmente,
per cercare di accattivarsi la benevolenza della locale federazione fascista,
con la quale non intercorrevano cordiali rapporti, lo dimostra il fatto che lo
stesso Ministero respinse la proposta. Ordinando la scarcerazione dei predetti
che furono rilasciati dopo oltre un mese di carcere (per più dettagliati
particolari e per conoscere tutti i nomi degli arrestati, esaminare i
precedenti al Ministero, poiché gli atti dell’Ufficio Politico della locale
Questura, furono asportati o distrutti dalle truppe jugoslave di occupazione
della città ai primi di maggio u. s.) Che possiamo obiettare? Come fa il R icciardelli
ad affermare che “non c’era addebito specifico” e che tutto avvenne
all’insaputa dello stesso ufficio politico della Questura (ove pare che
militasse proprio il Ricciardelli e quell’ufficio fascista, deleterio e
terrificante, era appunto ”politico”). Lui stesso aggiunge che per “più
dettagliati particolari e per i precedenti” occorreva esaminare gli atti del
Ministero. Quindi lui non ce l’ha. Noi ancora al ministero non abbiamo trovato
nulla, ovviamente tra le carte riversate all’ACS. E furbacchione soggiunge che
“gli atti dell’Ufficio Politico della Questura furono asportati o distrutti
dalle truppe jugoslave di occupazione ,, ai primi di maggio u.s. Peccato!
chissà quanti malefizi della politica ove dimorava il Ricciardelli avremmo
trovato. E tutto ci fa pensare che fosse alquanto pressato da quelle “truppe
jugoslave” per scrivere sotto ricatto quelle amenità da bassa cucina poliziesca
di forte olezzo fascista. Ma il fatto si riduce ad un denegato internamento di
ebrei. Il ministero non avrebbe sicuramente avuto tanta indulgenza in epoca di
forte persecuzione razziale se il Messana nel rappresentare la faccenda non si
fosse sapientemente, come sapeva fare, adoperato per propiziare il
provvedimento assolutorio. Ma giratela come volete, li Ricciardelli nulla prova
di di censurabile contro il Messana e tutto sa di meschineria diffamatoria, la
classica ripicca del subordinato. Da qui a fare del Messana un Criminale di
guerra dedito ai crimini contro l’umanità ce ne corre. Nessun tribunale
straniero o italico osò tanto. Procediamo nelle accuse del Ricciardelli.
“Risulta in modo indubbio che il Messana, quale componente la locale
commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, infierì in modo
particolare contro i denunziati. Difatti egli, anche per colpe di lieve entità
per quanto riguardava i denunziati per il confino chiedeva sempre il massimo
della pena. Tale comportamento veniva aspramente criticato dagli altri
componenti la commissione e finanche dal Prefetto fascista Tullio Tamburini,
presidente della commissione stessa.[3]” Il Messana era certo un duro, ma ciò
costituisce colpa? Colpa grave? Vogliamo metterci allora ad osannare il
Prefetto fascista Tullio Tamburini? E per chiusura il denigratore subalterno, a
forca di volere diffamare, finisce con testimoniare a favore proprio del
Messana. “Destituito Mussolini, nonostante avesse eletto domicilio a Trieste,
se ne allontanò ben presto facendo perdere di fatto le sue tracce. Alla data
del 2 novembre era ancora irreperibile e in tale veste fu dichiarato
dimissionario d’ufficio”. [4] Che un forsennato poliziotto s’induca a tale
sortita che lo copre di ridicolo, si può tollerate ma che la Cernigoi vi si
accodi è faccenda incomprensibile. Dunque, quanto sopra che vuol dire? Il
Messana, dopo l’8 settembre, si guarda bene dall’aderire alla RSI, si rende
irreperibile a Trieste, ci rimette anche lo stipendio, e certi suoi colleghi e
subordinati quali il Ricciardelli si affrettano a dichiararlo “dimissionario di
ufficio” incappando in un abuso in atti pubblici che a guerra finita doveva
essere perseguito. Ed è certo che per Trieste il periodo repubblichino fu il
più tragico: in quel biennio Messana non c’era alla questura di Trieste,
Ricciardelli, invece, sì. E addirittura nel criminale ufficio fascista della “politica”.
E’ l’accusatore che a questo punto è oggetto di censura non il Messana che se
ne torna a Roma pur di non collaborare con fascisti repubblichini e tedeschi
dalla doppia esse. Ammirevole! Ecco perché tempo fa avevamo scritto: Di tutta
questa accozzaglia di dicerie, presunzioni, maldicenze, sospetti, anonime
delazioni nessun fatto, lo affermiamo senza tema di smentita, fu mai provato,
nessun misfatto fu mai addebitato all'Ispettore Generale di PS gr.uff. Ettore
Messana. Tutto finito nel nulla dell'ARCHIVIATO. Non luogo a procedere. Chi
rispolvera questo documento che per di più potrebbe risultare persino apocrifo
si macchia a mio avviso di diffamazione calunniatrice. Certamente non fa
storia.
25 luglio 18.19.12
Reitero una mia lettera all’avvocato mio cigino Gigi Restivo
Uno storico davvero professionale e serio quale il prof. Sala, deceduto, ha
pubblicato volumi sulla vicenda della "guerra parallela" che consentì
al Duce di istituire questa cosiddetta provincia di Lubiana per insegnare ai
tedeschi come occupare un territorio straniero e gestirlo
"umanitariamente". Emerge che il Messana cercò nel primo anno della
"provincia" di attuare quella politica "umanitaria e
civile" ma non poté fare molto perché "esautorato
dall'esercito". Questo emerge da una probante corrispondenza che
naturalmente la Cernigoi o ignora o intenzionalmente oblitera. Per il resto la
Cernigoi si avvale della "postuma" farneticazione del Ricciardelli,
la quale credo di avere disinnescato in miei post che mi pare hai letto (magari
- scusami - molto superficialmente). Ad ogni buon conto sto reiterandoli. Altre
pagine di tre testi della Bompiani si ostinano a martellare per infamare
indegnamente il Messana e cioè quelle che attengono alla faccenda di Riesi del
1919 e alla pretesa correità con fra Diavolo nell'ambito della tragica storia
del bandito Giuliano; mi dicevi ieri che anche a te apparivano
"cazzate". Non so se confermi o hai dei ripensamenti. Io resto
maggiormente confermato in favore del Messana -------------------------------
bandito Giuliano ---------------------- La strage di Portella della Ginestra/
Documenti sulla strage/Documento 13 VERBALE INTERROGATORIO DELL’ISPETTORE VITO
MESSANA [rectius ETTORE] Verbale di continuazione di dibattimento del 20 luglio
1951 [cartella 4, vol. V, n. 5] D’ordine del Presidente, introdotto il
testimone Messana Ettore fu Clemente di anni 66, nato a Racalmuto (Agrigento) e
domiciliato in Roma, Ispettore di Ps. [Ettore Messana non nacque a Racalmuto,
bens^ a Gela da Clemente Messana. Nato nel 1988, per avere 66 anni dobbiamo
essere nel 1956, n.d.r.] Interrogato in merito ai fatti della causa, risponde:
«Fui mandato in Sicilia a capo dell’Ispettorato Generale di P.S. per la Sicilia
nel maggio 1945 e vi rimasi fino a tutto luglio 1947. Il decreto che istituì
l’Ispettorato è dell’aprile 1945 e funzione di tale organo fu quella di
integrare l’opera repressiva e preventiva nell’eliminazione del banditismo ed
in genere della delinquenza associata in Sicilia». D. R. «Io ebbi a mia
disposizione 750 carabinieri, 350 agenti e 14 funzionari, che distribuii in
tutte le province della Sicilia da Messina a Trapani. Fui io che istituii i
nuclei di carabinieri e polizia nei centri dove a me sembrò che dovessero
essere istituiti. Le mie prime operazioni feci nelle province di Agrigento e di
Catania. Verso la fine del 1945 incominciò ad affiorare l’attività della banda
Giuliano. Tale fatto fece aumentare la mia attività tanto più che la banda
Giuliano e quella di Avila si erano poste al servizio dell’Evis». D. R. «Ebbi
notizia dei fatti di Portella nelle ore pomeridiane del 1° maggio 1947. Mi
recai ad una riunione indetta dal prefetto Vittorelli, dove si stabilì una
certa azione da svolgersi. L’indomani mi recai a Piana degli Albanesi ed a San
Giuseppe Jato, ove già si era proceduto all’arresto di quattro persone ad opera
di un nucleo dipendente dall’Ispettorato e dove si era proceduto a largo
rastrellamento arrestando centinaia di persone sospette, le quali però furono
quasi tutte rimesse in libertà. Non essendo emersa a loro carico alcuna
responsabilità». D. R. «Tutto ciò venne fatto ad opera della questura che si
limitò poi a denunciare solo i quattro arrestati». D. R. «In una riunione
tenuta anche alla presenza dell’Ispettore Generale di P. S. Rosselli, inviato a
Palermo dal Ministero, fu deciso da quest’ultimo che la direzione delle
indagini dovesse essere affidata al questore Giammorcaro e fu così che io
passai alle dipendenze di costui» D. R. «Si venne frattanto a conoscenza che il
1° maggio era stato sequestrato, dopo la sparatoria, un campiere, certo
Busellini, del quale non si seppe nulla per tanti giorni e che poi fu trovato
ucciso in un fossato da un nucleo alle mie dipendenze». D. R. «Non so se il
ritrovamento del cadavere del Busellini avvenne a mezzo di cani poliziotti od a
mezzo solo di ricerche». D. R. «Mi sembra di ricordare che sul petto del
cadavere del Busellini fu trovato un cartello con la scritta «questa è la fine
dei traditori», la qualcosa ci convinse che il delitto era stato consumato
dalla banda Giuliano. Tale convinzione ci facemmo anche per il delitto di
Portella poiché ci convincemmo che colui che aveva ucciso Busellini era uno di
quelli che aveva sparato a Portella». D.R. «Noi dell’Ispettorato, fin dal primo
momento, pensammo che la strage di Portella era da attribuirsi alla banda
Giuliano, perché il fatto era avvenuto nella zona così detta d’imperio della
banda stessa, mentre l’Angrisani ed il Guarino avevano orientamento diverso».
D. R. «Tale convincimento da parte dell’Ispettorato fu però rafforzato dal
rinvenimento del cadavere del Busellini». Contestatogli che nel verbale di
rinvenimento del cadavere del Busellini non vi è traccia del cartello rinvenuto
sul suo cadavere, risponde: «Può darsi che io abbia un cattivo ricordo di tale
fatto, ma pure mi sembra di ricordare così». D. R. «Le indagini continuarono e
solo nel giugno avvennero i primi fermi effettuati dal nucleo centrale
comandato dal colonnello Paolantonio, il quale mi riferiva lo sviluppo di
esse». D. R. «Il rapporto n. 37 fu redatto quando io non ero più Ispettore
Generale in Sicilia, essendo stato sostituito il 1.8.47 dal questore di Napoli
Coglitori». D. R. «Quasi tutti i fermi avvennero durante la mia permanenza in
Sicilia ed io, giorno per giorno, venivo informato di quanto si riusciva a
sapere dai fermati». D. R. «L’Ispettorato aveva dei confidenti ed inoltre era
in contatto con alcuni elementi che ci ponevano in comunicazione con il bandito
Ferreri Salvatore». D. R. «Io nessun contatto diretto ebbi col Ferreri, solo
ebbi rapporti con lui tramite i suddetti elementi di collegamento». D. R.
«Escludo che Ferreri mi abbia fatto sapere i nomi di coloro che avevano
partecipato all’azione di Portella; può darsi che qualche indicazione l’abbia
data al colonnello Paolantonio oppure ad un altro funzionario di P.S., certo
Zappone, che io avevo dislocato nella zona di Partinico e che fu ucciso a
Borgetto in un agguato». D. R. «Il nostro convincimento che l’azione di
Portella era dovuta alla banda Giuliano fu maggiormente rafforzato dal riconoscimento
effettuato da quattro cacciatori sequestrati in quella mattina del 1° maggio, i
quali in una fotografia di persona a cavallo riconobbero proprio colui che
ritenevano fosse il capo del gruppo che li aveva sequestrati». D. R. «Il
colonnello Paolantonio, fin quando io restai in Sicilia, non mi parlò mai del
fermo di alcuno ritenuto partecipe della strage di Portella per confidenze
avute dal Ferreri». D. R. «Escludo di aver avuto mai rapporti con Pisciotta
Gaspare, come escludo di avergli rilasciato un tesserino di riconoscimento sia
al suo nome che a quello di Faraci Giuseppe». Co0ntestatogli che il Pisciotta
ha affermato invece di aver avuto rilasciato un tesserino proprio da lui che
glielo fece recapitare tramite Ferreri, risponde: «Escludo nel modo più reciso
che ciò sia avvenuto». Richiamato l’imputato Gaspare Pisciotta e contestatagli
la dichiarazione resa dall’Ispettore Messana a proposito del tesserino,
risponde: «Il tesserino lo ebbi tramite Ferreri, portava la firma Messana,
aveva i timbri dell’Ispettorato, fu strappato ed io spero che colui che lo ha
strappato, se ha coscienza, lo dirà». D. R. «Luca potrà dire qualcosa in
merito, può darsi che il tesserino esista ancora, ma a me risulta che fu
stracciato». Il teste Messana: D. R. «Io facevo da organo propulsore
nell’attività dei miei funzionari; dissi loro di indagare anche sulla ragione
per cui Giuliano fece l’azione di Portella ma nessuno di essi mi parlò mai su
tale fatto». D. R. «Andai via dalla Sicilia il 31.7.1947 e quindi non mi occupai
più della cosa». A domanda dell’Avv. Sotgiu, risponde: «Non ricordo di aver
rilasciato al Ferreri un tesserino di libera circolazione, ma non escludo che
esso possa essere stato rilasciato da altri sotto il mio nome, essendo io il
capo dell’Ispettorato. Devo dire per altro che la mia firma ufficiale è quasi
inintellegibile come Messana, anzi ritengo che sia del tutto inintellegibile».
D.R. «Non rilasciai tesserini di libera circolazione ai confidenti, non so se
ne furono rilasciati a mio nome dai miei dipendenti che nulla mi riferivano
intorno al rilascio di essi poiché ognuno ha i propri confidenti ed intorno a
noi si mantiene il più stretto riserbo anche con i superiori». D.R. «Io fornivo
il danaro che mi richiedevano per i confidenti ai miei dipendenti, i quali mi
rilasciavano ricevuta sulla quale si limitavano a dire. -- per un confidente-
senza indicarne le generalità». D.R. «Certamente i rapporti col Ferreri
iniziarono prima della strage di Portella. Ricordo di aver saputo, attraverso
la fonte Ferreri, che Giuliano voleva attentare alla vita dei dirigenti del
Partito Comunista di Palermo, fra i quali il Li Causi. Informai per la
opportuna vigilanza il questore e fu il colonnello Paolantonio che avvisò
direttamente il Li Causi». D.R. «Al padre del Ferreri feci dare un porto
d’armi, ma ciò rientrava nel progetto di venire all’arresto di Giuliano. Sentii
parlare del rinvenimento del predetto porto d’armi sul cadavere del Ferreri, ma
ciò non constatai personalmente». D.R. «Escludo che il padre del Ferreri facesse
parte della banda Giuliano». D.R. «Non mi risulta che dopo l’amnistia dell’Evis
Giuliano abbia mantenuto rapporti con persone insospettabili». D.R. «Dopo di me
all’Ispettorato ci fu Coglitore, poi Modica, poi Spanò, poi Verdiani» D.R. «Non
ricordo i nominativi dei componenti la banda Giuliano». D.R. «Esiste un
rapporto intorno alle bande armate dell’Evis ed all’attività da esse spiegate,
rapporto redatto dal nucleo centrale alle mie dipendenze». D.R. «Sono a
conoscenza dei nomi in esso compresi, può darsi che l’elenco contenuto in detto
rapporto non sia completo e non comprenda tutta la materia, essendo potuta
qualcosa essere sfuggita e qualcosa sopraggiungere». D.R. «Non ricordo il nome
di Genovesi Giovanni tra i confidenti della polizia, né so se egli sia stato
interrogato dal colonnello Denti». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde:
«Per il fatto di Portella venne in Sicilia un Ispettore generale del Ministero,
come di solito avviene quando succedono fatti di una certa rilevanza». D.R.
«Detto Ispettore riunì tutti gli organi di polizia in questura e poiché ogni
organo comunicò i risultati delle indagini svolte, l’Ispettore volle che le
varie attività fossero coordinate e quindi, senza esautorare e sostituire
alcuno, dette la direzione al questore Giammorcaro al quale doveva essere
comunicata ogni attività degli organi di polizia. Tutto ciò per quanto riguarda
i fatti di Portella». D.R. «Mi fu detto che il Ferreri fu operato di
appendicite». A domanda dell’avv. Sotgiu, risponde: «Non mi risulta che al
Ferreri sia stata rilasciata una tessera intestata a Salvo Rossi, autista del
colonnello Paolantonio». A domanda dell’avv. Crisafulli, risponde: «Parlando di
un rapporto Coglitore mi riferivo solo al rapporto firmato dal maresciallo Lo
Bianco relativo ai fatti di Portella» A domanda del Pisciotta Gaspare,
risponde: «Escludo di essere stato io a consegnare i mitra al Ferreri, né mi
risulta che ciò sia stato fatto da qualcuno dell’Ispettorato. A quell’epoca
avevamo penuria di armi». Il Pisciotta aggiunge: «I cinque mitra servirono per
l’azione di Portella, secondo quanto mi disse Ferreri». Dopo di che il
Presidente rinvia la prosecuzione del dibattimento all’udienza del 23.7.1951
ore 9,30. Calogero Taverna a 21:57 Link a questo post
27 luglio 18.26.54
Io non so se potrò correttamente continuare a sentirmi
vetero comunista dopo che mesi di ricerche sul commissario Messana mi stanno
stravolgendo tantissimi giudizi e tantissime condanne. Su tutti questi
personaggi avrei da dire la mia che è capovolta anche rispetto ad assiomi che
per il meritevole storico Casarrubea sono verità di fede. Scelba,
ricordiamocelo, fu quello delle leggi Scelba che stroncarono il fascismo che
stava risuscitando. Sulla faccenda Giuliano quando andremo a studiare le carte
della NARA in America ne scopriremo delle belle. Il dottor Navarra non fu dei
migliori ma neanche dei peggiori di un certo nostro mondo. Se penso a Guarino
Amella, le mie certezze rosse schricchiolano. Se penso all'on. Montalbano, da
rabbrividire. E lo stesso Licausi dove voleva andare a parare? Perché se la
prese tanto con Messana, quando credo che sia stato lo stesso Scelba a
liquidarlo come ispettore generale di PS? Perché non si dà peso a quanto andava
relazionando a Roma sui finanziamenti americani alla EVIS il questore Ettore
Messana? Non è tempo di mandare al macero tutti i luoghi comuni sul comunismo
siciliano del dopo guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la verità, non 'è
revisionismo che tenga! Chi uccise il sindaco socialista di Favara nella prima
metà degli anni 'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare dal dottore Calogero
Castronovo che mi pare adesso consigliere comunale di questa meravigliosa ma
chiacchierata cittadina propinqua a Racalmuto?
28 luglio 17.43.19
22 ore fa SCRIVEVO Io non so se potrò correttamente
continuare a sentirmi vetero comunista dopo che mesi di ricerche sul
commissario Messana mi stanno stravolgendo tantissimi giudizi e tantissime
condanne. Su tutti questi personaggi avrei da dire la mia che è capovolta anche
rispetto ad assiomi che per il meritevole storico Casarrubea sono verità di
fede. Scelba, ricordiamocelo, fu quello delle leggi Scelba che stroncarono il
fascismo che stava risuscitando. Sulla faccenda Giuliano quando andremo a
studiare le carte della NARA in America ne scopriremo delle belle. Il dottor
Navarra non fu dei migliori ma neanche dei peggiori di un certo nostro mondo.
Se penso a Guarino Amella, le mie certezze rosse scricchiolano. Se penso
all'on. Montalbano, da rabbrividire. E lo stesso Licausi dove voleva andare a
parare? Perché se la prese tanto con Messana, quando credo che sia stato lo
stesso Scelba a liquidarlo come ispettore generale di PS? Perché non si dà peso
a quanto andava relazionando a Roma sui finanziamenti americani alla EVIS il
questore Ettore Messana? Non è tempo di mandare al macero tutti i luoghi comuni
sul comunismo siciliano del dopo guerra? Revisionismo? Quando c'è di mezzo la
verità, non 'è revisionismo che tenga! Chi uccise il sindaco socialista di
Favara nella prima metà degli anni 'Quaranta? Ce lo vogliamo fare raccontare
dal dottore Calogero Castronovo che mi pare adesso consigliere comunale di
questa meravigliosa ma chiacchierata cittadina propinqua a Racalmuto? Mi
risponde il prof. Casarrubea: E' proprio così, caro dottore. Bisogna mettere in
discussione verità date e cercare con altri strumenti, quelli della ricerca e
della fatica personale, come fa lei, le verità che ci servono per il futuro.
Mia riposta: La ringrazio proprio per queste Sue graditissime parole. Mi è
rincresciuto che la Cernigoi mi abbia frainteso e sia partita alquanto, mi
consenta, istericamente. Avendo tutta la vita fatte ispezioni bancarie e
tributarie la mia propensione è solo quella di cercare di intessere un dialogo
col dio - di solito il demone - ascoso nel profluvio di carte e documenti e
contabilità e pezze d'appoggio e contraffatte dichiarazioni. Proprio oggi mi
sono recato alla Biblioteca Nazionale qui a Roma e ho consultato il 1919 del
Giornale di Sicilia. Ho trovato le corrispondenze sul celebre caso di Riesi.
Sfido chiunque a dirmi che vi si parla di un certo commissario Messana. Se
penso ai film, ai convegni, all'ANPI di Palermo mi disoriento. Sono sincero:
Lei cade nel trabocchetto teso da Li Causi. Per ragioni che non so e in tempi
molto sospetti, quando forse voleva far carriera nel PCI (e il carrierismo là
fu feroce; ne so qualcosa per confidenze avute) volle fare apparire il
giubilato Ispettore Generale di P.S. gr.uff. comm. dell'Ordine di S. Maurizio e
Lazzaro dottore Ettore Messana la reincarnazione di Bava Beccaris per la
faccenda di Riesi, il negriero di Lubiana per l'istruttoria al processo Tomsic
e il "compare" di Ferreri alias fra Diavolo. In base alla mole di
documenti e di ricostruzioni storiche che ho potuto trovare o condurre soprattutto
per l'ausilio (magari non voluto) che Ella con i suoi tre preziosi testi
pubblicati da Bompiani, sono giunto alla conclusione che a Riesi Messana non
c'era o se c'era il suo ruolo fu marginale e nessun tribunale ebbe mai ad
inquisirlo; che la faccenda di Lubiana è uno dei tanti aspetti dell'insana
guerra che volle Mussolini e che il Messana, quale subalterno del Ministero
degli Interni, non durò a Lubiana più di un anno per non essere in grado di
quelle ferocie che i fascisti militanti esigevano. Ne ebbe conseguenze che
rasentano la retrocessione finendo come in subordine a Trieste dove ad avviso
degli stessi suoi denigratori non commise azioni di rilievo. Quindi non aderì
alla RSI, fu destituito dai fascisti tra i quali non escludo quel Ricciardelli
che poi diventa il malevolo Torquemada del Messana, fu privato dello stipendio;
scappò a Roma nascondendosi sino alla liberazione degli Americani quando poté
tornare al Viminale e per la sua fede monarchica e forse per le sue protezioni
massoniche ritornò in auge, destinazione Palermo. Qui visse i suoi brutti
momenti. Lei diligentemente scrive che ebbe a denunciare i criminali
finanziamenti degli Americani all'EVIS. Fatto questo, che con più ampiezza e
con maggiore efficacia emerge dalle relazioni autografe del Messana al suo
Ministro, quali ho rinvenuto in ACS (e mi pare che si tratti di rivelatrici
relazioni non pubblicate da alcuno). Il collegamento con Ferreri fu un atto
imposto. Lei stesso parla dell'incontro a Roma tra il padre del Ferreri,
Aldisio e in subordine il Messana. Su quale fu lo snodo di tale collegamento,
io non ho dubbi di sorta ed accedo alla verità processuale di Viterbo e cioè
alla deposizione esaustiva del Messana la cui prima interpretazione è quella
letterale e le superfetazioni analogiche e dietristiche io le ripudierei anche
per l'obbligo della "avalutatività" che bisogna seguire nelle scienze
sociale. Per questo dissento dalla sua tesi dello Stato connivente, quasi
prefigurazione dell'attuale processo di Palermo. Un lungo discorso per
insinuare una mia proposta. Racalmuto è la patria di Sciascia, una Fondazione
si erge a suo nome. Mi piacerebbe che Lei potesse presiedere un incontro per la
chiarificazione del ruolo e. se vi sono, delle colpe del compaesano racalmutese
Ettore Messana, magari per stabilire se gli si deve dedicare una strada in
commemorazione oppure no, per comprovata indegnità. E mi piacerebbe che nella
Fondazione SI ISTITUISSE UNA SORTA DI SEMINARIO PER RICERCHE STORICHE NON
PRECONCETTE DA LEI PRESIEDUTO. PENSO A GIOVANI CHE POTREBBERO ANDARE A STUDIARE
LE CARTE DELLA N.A.R.A. quali lei meritevolmente illustra nel suo LUPARA NERA
(e credo altrove). E non mi dispiacerebbe che vi partecipasse anche la
Cerrigoi, sempreché desista dalle non provate accuse contro il Messana.
28 luglio 21.32.14
E’ la seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo
lunga vita. La prima volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni
Settanta. Tra il luglio e il settembre del 1974 fui inviato dalla Banca
d’Italia a giubilare la Bana Privata Finanziaria che tutti ancora si ostinano a
chiamare la banca di Sindona. Falso. La Privata, contro tutti e contro tutto,
invocando le dieci righe l’art. 64 della vecchia legge bancaria, riuscii a
giubilarla. Nonostante Andreotti Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza
meneghina e mettiamoci per contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano
del mio Soldi Truccati. Ma Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli
USA di Cosa Nostra. Scrisse e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo
Calogero Taverna le abbia chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido
Carli. Il Baffi mi sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de
polulo . Ora è la Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto: 6 giugno 18.17.40
lei dovrebbe essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana
già ispettore generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di
tanto grande personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare
ricerche che la smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta
di resipiscenza operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona
da oppiare. Certo non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti
sedicenti storici fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma
ora ha deciso. Le avevo scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini
molto educati, ad onta del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in
pubblico, dopo 14 giorni così osa irridermi (e contraddirmi): La Nuova Alabarda
20 giugno • APPUNTI SU ETTORE MESSANA. Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni
messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa" di "essere
l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana", del quale
Taverna starebbe ricostruendo una biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere
alcune note su questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni
unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la
collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su
questa persona. Com’è noto, il 6/4/41 l’Italia fascista invase la Jugoslavia,
in perfetto accordo con l’esercito di Hitler, creando la “Provincia italiana di
Lubiana” e mettendo ai posti di comando dei propri funzionari. Così, a dirigere
la questura di Lubiana fu posto il commissario Ettore Messana, che resse
l’incarico fino a giugno 1942, e successivamente fu a Trieste fino a giugno
1943. Il nome di Messana risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati
dalla Jugoslavia alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra
(United Nations War Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in
lingua inglese ed inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45
(Copia del rapporto originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato
di Lubiana, AS 1551 Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla
base di documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione
“Isonzo” dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e
massacri; terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale;
deportazioni di civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo
di denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli
articoli 4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13
del Codice militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a
Messana (in concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del
Tribunale militare di Lubiana dottor Macis) la costruzione di false prove che
servirono a condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena
capitale, eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La
responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da
documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi conservati presso
l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad
una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e
dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana,
contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al
Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di
reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre
che furono condannati a pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati
di avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in
conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna
comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte
ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da
altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice
Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e
militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita
delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento per il suo
operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”. Il 21/9/45 l’Alto
Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al Prefetto di
Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il Prefetto
richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che all’epoca
Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia era
organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una
relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della
Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi. “Il Messana
era preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di Lubiana.
Si vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i perseguitati
politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei confronti di essi
per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che
ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano mossi addebiti
infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che
tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno,
compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento
di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era
dedicato al commercio in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante
la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione
in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di
polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì
ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo. Ma
anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza
assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente
nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa
relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura
gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia
sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto
l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui
aiutati a scappare. A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia
stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno
“epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato
dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario
dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la
Sicilia”, un “organo creato per la repressione della delinquenza associata, e
specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il
“bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla
sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo,
presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage di Portella
della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari di PS
svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla sentenza
emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini di
Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il Primo
maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone molte
altre. “L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della
mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si
incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia,
Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare
Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato
dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse
con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere
dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il
Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo
madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività
dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano
fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano
pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere
che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta dell’ex
generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò
l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di
Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”,
Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”. Quanto a Messana
leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette nel negare
di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”,
sarebbe stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo catturare; Ferreri
sembra essere stato tra gli organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti
a Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro
di Portella della Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte
all’affermazione del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette
(sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove
avvenne il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il
Ferreri stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente
segreto al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”;
Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito
come pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato
in contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di
rapinare una vettura automobile”. Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo
“decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si
dissolvesse sotto i riflettori”. Per approfondire la questione dei rapporti tra
la “banda” Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi
segreti statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di
personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al
citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”. Non crederete che
l’abbia lasciata in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita a chiudermi
persino i canali di FB. Diversamente da lei si è invece comportato quel gran
signore e profondo studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete potuto legge
qui da me. Calogero Taverna
Martedì 9:31
La Nuova Alabarda 20 giugno • . APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi
"accusa" di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore
Ettore Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia. In
effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata
come criminale di guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali
dei quali ho indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo
opportuno rinfrescare la memoria su questa persona. Com’è noto, il 6/4/41
l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di
Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di
comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto
il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e
successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943. Il nome di Messana risulta
nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla
Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War
Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed
inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto
originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551
Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di
documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo”
dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri;
terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di
civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di
denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli
4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice
militare jugoslavo del 1944”. Nello specifico viene addebitata a Messana (in
concorso con il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale
militare di Lubiana dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a
condannare diversi imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale,
eseguita in data 21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La
responsabilità di Messana e Pellegrino in questo fatto è confermata da
documenti dell’archivio della questura di Lubiana (oggi conservati presso
l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad
una “operazione di polizia politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e
dal vicecommissario Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana,
contro una “cellula sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al
Tomsič prima citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di
reclusione), Vida Bernot (a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre
che furono condannati a pene minori. Messana e gli altri furono anche accusati
di avere creato false prove nel corso di una indagine da loro condotta, in
conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate dopo la condanna
comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per l’attentato al ponte
ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale indagine, come risulta da
altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca, Messana, il suo vice
Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed altri agenti e
militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la buona riuscita
delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento per il suo
operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”. Il 21/9/45 l’Alto
Commissario Aggiunto per l’Epurazione di Roma inviò una nota al Prefetto di
Trieste nella quale era segnalato il nome di Ettore Messana. Il Prefetto
richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA (ricordiamo che all’epoca Trieste
era amministrata da un Governo Militare Alleato e la polizia era organizzata
sul modello anglosassone), il cui risultato è contenuto in una relazione datata
6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano Ricciardelli della Divisione
Criminale Investigativa, dalla quale citiamo alcuni passaggi. “Il Messana era
preceduto da pessima fama per le sue malefatte quale Questore di Lubiana. Si
vociferava infatti che in quella città aveva infierito contro i perseguitati
politici permettendo di usare dei mezzi brutali e inumani nei confronti di essi
per indurli a fare delle rivelazioni (…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che
ordinava arresti di persone facoltose contro cui venivano mossi addebiti
infondati al solo scopo di conseguire profitti personali. Difatti si diceva che
tali detenuti venivano poi avvicinati in carcere da un poliziotto sloveno,
compare del Messana, che prometteva loro la liberazione mediante il pagamento
di ingenti importi di denaro. Inoltre gli si faceva carico che a Lubiana si era
dedicato al commercio in pellami da cui aveva ricavato lauti profitti. Durante
la sua permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione
in questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di
polizia diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì
ad effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo. Ma
anche qui, così come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza
assoluta di ogni senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente
nella trattazione di pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa
relazione è conservata in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura
gabinetto, b. 18. L’Ispettore Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia
sotto il passato regime fascista ed era stato internato in Germania sotto
l’accusato di favoreggiamento nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui
aiutati a scappare. A fronte di tutto ciò ci si aspetterebbe che Messana sia
stato, se non condannato per quanto commesso sotto il fascismo, quantomeno
“epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo ritroviamo nell’immediato
dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle dipendenze dell’ex funzionario
dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un “Ispettorato generale di PS per la
Sicilia”, un “organo creato per la repressione della delinquenza associata, e
specificamente per la repressione del banditismo che faceva capo a Giuliano (il
“bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla
sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo,
presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in merito alla strage di Portella
della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i due alti funzionari di PS
svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni stralci dalla sentenza
emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini di
Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per festeggiare il Primo
maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e ferendone molte
altre. “L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il capo della
mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano, con cui si
incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla mafia,
Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di Gaspare
Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo cognato
dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si concluse
con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di essere
dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il
Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo
madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività
dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano
fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano
pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere
che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta
dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò
l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di
Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”,
Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”. Quanto a Messana
leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS Messana negò ed insistette nel negare
di avere avuto confidente il Ferreri (Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”,
sarebbe stato infiltrato nella “banda” di Giuliano per farlo catturare; Ferreri
sembra essere stato tra gli organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti
a Partinico del 1947; fu ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro
di Portella della Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di
fronte all’affermazione del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale
ripetette (sic) in dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso
Alcamo, ove avvenne il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e,
ferito, il Ferreri stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era
un agente segreto al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col
Messana”; Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma
definito come pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già
condannato in contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo
scopo di rapinare una vettura automobile”. Verdiani morì a Roma nel 1952, e il
suo “decesso fece in modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si
dissolvesse sotto i riflettori”. Per approfondire la questione dei rapporti tra
la “banda” Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi
segreti statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di
personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al
citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”. Mi piaceMi piace •
• Condividi . Commenti più in vista Piace a Maria Pia Calapà e altri 8. .. 2
condivisioni . Lillo Taverna Scrivi un commento... . . Lillo Taverna E’ la
seconda volta che mi capita nella mia ormai purtroppo lunga vita. La prima
volta avvenne nel lontano ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il luglio e il
settembre del 1974 fui inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la Bana Privata
Finanziaria che tutti ancora si ostinano a chiamare la banca di Sindona. Falso.
La Privata, contro tutti e contro tutto, invocando le dieci righe l’art. 64
della vecchia legge bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante Andreotti
Macchiarella il Banco di Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci per
contorno l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati. Ma
Sindona era ancora in auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse
e tutta la stampa pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le abbia
chiarito le cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi
sbeffeggiò in un convivio aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la
Cernigoi che fa il bis. Le avevo scritto: 6 giugno 18.17.40 Lei dovrebbe essere
l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già ispettore
generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto grande
personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche che la
smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di resipiscenza
operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo
non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti storici fabbricanti
di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso. Le avevo
scritto molto riservatamente e a ben vedere in termini molto educati, ad onta
del mio caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in pubblico, dopo 14
giorni così osa irridermi (e contraddirmi): La Nuova Alabarda 20 giugno APPUNTI
SU ETTORE MESSANA. Ho ricevuto negli ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo
Taverna, che mi "accusa" di "essere l'autrice di foglietti
infamanti il dottore Ettore Messana", del quale Taverna starebbe
ricostruendo una biografia. In effetti ho avuto modo di scrivere alcune note su
questa persona, denunciata come criminale di guerra alle Nazioni unite,
basandomi su documenti ufficiali dei quali ho indicato anche la collocazione
archivistica. Pertanto ritengo opportuno rinfrescare la memoria su questa
persona. Etc. etc. Che ne penserebbe la Cernigoi di un preteso storico che un
domani prendesse l’insolente e infondato articolo di Melchiorre Gerbino e lo
adducesse come prova indubitabile della denigrabilità della Nostra, procurando
anche danni d’immagine sulla sua famiglia? Non crederete che l’abbia lasciata
in pace. L’ho costretta a offendermi e stizzita a chiudermi persino i canali di
FB. Diversamente da lei si è invece comportato quel gran signore e profondo
studioso del prof. Casarrubea. Come credo avete potuto legge qui da me.
Calogero Taverna Mi piace • Rispondi • 7 min .. VOGLIAMO RADIOANCHIO E LA RAI
SENZA BERLUSCHINI non fatevi intimorire Mi piace • Rispondi • 1 • 21 giugno
alle ore 20.52 .. La Nuova Alabarda certo che no! Mi piace • 22 giugno alle ore
8.34 ..
Mercoledì 14:27
CIAO CARISSIMO ,SONO RIENTRATA QUESTA MATTINA ,STO LEGGENDO
QUANTO HAI SCRITTO SE NON DISTURBO TI CHIAMO DOPO COLAZIONE
Sono stato in biblioteca a cercare dati su tuo nonno. Sono
rientrato per il pranzo ed ora sono libero. Ben tornata
ti ho chioamato sul cell ora riprovo
bene
Giovedì 15:19
MI SCRIVONO e reitero anonimamente qui quanto sotto, a
dimostrazione di quale calunniosa campagna di stampa e cinematografica è stato
vittima il gr.uff. comm. Dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ispettore
Generale di PS, dottore Ettore Messana da Racalmuto. Non credo che dopo la gran
mole di documenti e ricerche che con qualche merito credo di avere acquisito e
pubblicato possano più avere diritto di asilo tante calunniose insinuazioni.
Credo che il prof. Casarrubea me ne abbia dato atto. Non così la Cernigoi, una
testarda goriziana, che persiste nelle sue denigrazioni dell’intemerato
Messana. Credo che abbia voglia di subire querele penali e soprattutto
citazioni civili per risarcimento anni. Quanto al Lucarelli non abbiamo avuto
modo, né io né la famiglia di contattarlo. Si vedrà. • * * * CREDO CHE QUESTE
NOTIZIE L'AVRAI GIA’ LETTE La Resistenza antifascista in Slovenia e l'ispettore
Messana casarrubea.wordpress.com Accursio Miraglia Ettore Messana, il braccio
destro di Scelba ha un ruolo nella strage di Portella della Ginestra ma anche
nell'insabbiamento delle indagini per la morte del sindacalista di Sciacca
Accursio Miraglia. Questi fatti sono stati oggetto di Blu notte di Lucarelli,
per esempio http://www.youtube.com/watch?v=ipJgrLQLRDQ
al minuto 9. Stranamente sono espressi meglio nella voce di wikipedia in
inglese che in quella italiana. "He
also claimed that police inspector Ettore Messana - supposed to coordinate the
prosecution of the bandits - had been in league with Giuliano and denounced
Scelba for allowing Messana to remain in office". [Le valutazioni
sono di parte e senza fonte.] Ma te prego! IL VIDEO è STAO STATO ELIMINATO
BUONA GIORNATA.
www.youtube.com
Venerdì 18:23
IL QUESTORE MESSANA E I FATTI DI RIESI Il crucifige di
Ettore Mesana si consuma il 15 luglio del 1947. Il gran sacerdote che ne vuole
la fine è l’on. Li Causi: tre i capi d’accusa (politica). Desumiamoli dallo
stesso Li Causi, da un suo arrabbiatissimo discorso all’Assemblea Costituente,
pronunciato nella Seduta del 15 luglio del1947. Per il sanguigno grande
esponente del comunismo siciliano del dopoguerra, Messana andava giubilato: A)
Perché c’era da domandarsi: «Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato
la sua carriera facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del
1919, infatti, cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici
morti: trucidati a freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi
di quest'Aula ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò
un'inchiesta mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la
Magistratura iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause
della morte misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire
l'ordine di far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e
che il giorno dopo fu assassinato …» B) « Messana è nell'elenco dei criminali
di guerra di una nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della
Camera, la quale pensa: "Va bene, è un massacratore; però, di
stranieri!"…» C) «Si ha, [ …] , questa precisa situazione, che il
banditismo politico in Sicilia è diretto proprio dall'ispettore Messana: e
l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale dovrebbe avere per compito quello
di sconfiggere il banditismo -- il suo compito veramente sarebbe quello di
ssconfiggere il banditismo comune e non già quello politico -- l'Ispettore di
pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece addirittura il dirigente del
banditismo politico.» Ecco qui i tre capi di accusa: Riesi del 1919; Lubiana
del 1941 (maggio)-giugno 1942; banditismo siciliano dal maggio 1945 al giugno
del 1947. Sono mesi che scartabelliamo faldoni, giornali, documenti vari, pubblicazioni
vecchie. Ebbene: non ci possono essere dubbi. Nessuno può dimostrare che
davvero in quel terribile 9 ottobre del 1919 ci fosse addirittura un giovane
agente di polizia che prese la “mitraglia” in mano nel campanile della chiesa
prospiciente piazza Garibaldi e falcidiò sei, si disse in un primo momento,
contadini rivoltosi; poi si disse dieci, poi invece si salì a quindici (qui
sopra) e, di recente, dovendo sperperare soldi comunitari, sempre a Riesi,
addirittura 20. Ci dispiace per Li Causi: non si può condannare alla damnatio
memoriae un glorioso ispettore generale di Stato sulla base di quello che
avrebbero dovuto ricordare a distanza di quasi trent’anni ‘vecchi padri
costituenti’. Vi poté pur essere stata una inchiesta del generale dei carabinieri
Densa ma questa ammesso che si sia mai conclusa nessun addebito poté formulare
e formulò contro il giovane trentunenne cmmissario Messana, che, anzi, a
fascismo consolidato e con Calogero Vizzini confinato, spiccò salti da gigante
nei gradi della polizia e proprio perché senza macchia alcuna, lui figlio di un
modesto e dissennato redditiere racalmutese, sperperatore del proprio
patrimonio, lo sfaccendato Clemente Messama, diviene – giovanissimo - questore
ed ebbe affidate questure strategiche del Nord. Ad onore e vanto della sua
patria natia, Racalmuto. Analogo discorso per quell’inchiesta giudiziaria: noi
abbiamo reperito una relazione del Prefetto di Caltanissetta del successivo
natale. Altri sono i colpevoli, i fatti avvennero in termini ben diversi dal facile
populismo cui si abbandona, comprensibilmente , il Li Causi. MESSANA, il grande
assente. NON COLPEVOLE. Nel 1934 dopo 15 anni – troppi o pochi a seconda delle
tesi che si vogliono formulare – un quasi pastore valdese scrive una storia di
Riesi. Quei truculenti fatti vengono rievocati. Sì, è vero: nella memoria della
gente è scolpito che una mitraglia militare sparò e uccise tanta gente. Enfasi
della memoria tanta. Si parla di un “commissario di Pubblica Sicurezza”, si
dice che insieme ad altri due un ufficiale dell’esetrcito ed un semplice
soldato, in tre, tutti insieme eccoli a premere il grilletto del mitra.
Fantasia. Improbabile. Ma a tutto concedere: il nome del Messana non c’è.
Davvero Li Causi nella foga ciceroniana finisce con l’inventare e quindi
diffamare e direi calunniare. Erano tempi incandescenti. Portella della
Ginestra fu più di una sventura nazionale e - se le carte della N.A.R.A. già
consultate dal prof. Casarrubea verranno tutte alla luce -sarà da parlare di
crimine americano. Finalmente. Altro che insana criminalità di un ex giovane
commissario di polizia in vena di scimmiottamenti dell’esecrando generale
Bava-Beccaris fatto dal Re senatore del Regno. Ma noi abbiamo cercato notizie
vere, coeve, indubitabili. Abbiamo consultato i microfilm del giornale L’Ora di
Palermo e il Giornale di Sicilia dell’epoca. Messana non ci sta. I fatti son
diversi da come amò trasfigurarli il Li Causi per sue polemiche politiche di
stampo rosso scarlatto. Da vecchio comunista, per il quale la verità storica va
piegata alla grande lotta di classe. Noi siamo per la lotta di classe ma di
quelli che reputano che la VERITA’ E’ SEMPRE RIVOLUZIONARIA. [segue]
Venerdì 20:02
per le notizie sul'onoreficenza di Maurizio e Lazzaro ho
trovato molto sulsitoOrdini dinasticicasa Savoia.it
Sabato 0:20
Mi riferivo a questa foto(se la vedi qui).
Domenica 0:08
Ma passiamo ora al giornale principe di Sicilia. Nella
stessa notte in cui avvennero i fatti delittuosi il cronista nisseno ecco come
compendia l’impressionante tumulto di Riesi. Subito dopo invierà un altro
messaggio un po’più esaustivo. GIORNALE di SICILIA: 9/10 Ottobre 1919 (foglio
interno) I gravi fatti di Riesi Conflitto fra dimostranti e forza pubblica.
Sette morti e numerosi feriti Caltanissetta: 8, notte. «Pervengono da Riesi
notizie incerte e contraddittorie riguardanti fatti colà avvenuti e che
sarebbero di una gravità eccezionale. Pare che le locali agitazioni d’indole
più politica che economica siano degenerate in veri e propri tumulti e che
sarebbero anche avvenuti conflitti in cui i dimostranti ne avrebbero avuto la
peggio. Da persona scappata dal luogo riesco a sapere che stamane quasi
improvvisamene parecchi nuclei di zolfatari e contadini si siano ribellati alla
forza che tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i pochissimi soldati
quando la loro pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza Garibaldi di pieno
giorno e che vi sia o una mezza dozzina di morti e parecchi feriti. La notizia
divulgatasi in un baleno ha destato enorme impressione e tosto con una vettura
automobile sono partiti per Riesi il Procuratore del Re, il Giudice Istruttore
capo cav. Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante la nostra divisione
cav. Tartari . Sono altresì partiti per ordine del Prefetto comm. Guadagnini e
del questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con il commissario cav. Caruso
capo di Gabinetto del Prefetto. Appena potrò avere precisi particolari mi
affretterò a comunicarveli. » ^ ^ ^ Abbiamo visto come è sintetico il cronista,
ma abbiamo dovuto notare l’esaustività e la precisione del periferico
giornalista del Giornale di Sicilia. La dinamica dei fatti viene così
rappresentata. Agitazioni più politiche che economiche – siamo già in pieno
clima elettorale e il trapasso dalla prima grande guerra al quasi immediato
avvento del Fascismo fu torbido specie per il ribollire dei delusi Reduci; fu
trapasso che spiega furori popolari e mene partitiche. Tanti dimostranti,
apparentemente zolfatari e contadini, ma anche mestatori, teste calde che
ancora vestivano la divisa militare si agitano scompostamente ed entrano “in
conflitto” con le forze dell’ordine. Il corrispondente ci dice che si tratta di
“carabinieri” (ai quali un giovane commissario è arduo pendare che possa dare
ordini; e aquell’epoca il Messana era solo questo) e “pochissimi soldati” non
certamente comandabili da un civile (e un commissario qiesto è; un civile che
può concertare ma non dare ordini a dei militari). Per me si deve escludere
anche qui un qualche atto inconsulto del Mesana. La furia di un popolo in
rivolta desta paura. Vi sono facinorosi che si “ribelano alla Forca” e cerano
persino di “disarmarla”. Crepita, sì crepita, è ipotizzabile, la mitraglia
dell’esercito: una strage. Ma il Messana, non citato che presumo persino
assente, a tutto concedere non aveva né l‘autorità né l’autorevolezza in quei
concitati momenti di mettere da parte il giovane ufficiale, che sappiamo
aliunde essere di Villarosa e chiamarsi Michele Di Caro, e addirittura -
nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare lui e fare lui una carneficina di
un popolo di lavoratori. Eppure questa forsennata ipotesi è stata avanzata e
addotta persino come verità indiscutibile. Trattasi di infamia, di postuma
denigrazione (ci riferiamo all’intervento presso la Costituente dell’impetuoso
Li Causi). Ecco una frottola che non ha riscontro documentale e storico di
sorta e che una diecina di anni fa, magari per esigenze cinematografiche,
divenire indiscussa ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di
Stato. Non si infama così un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non
fu, non poteva essere, si guardò bene dall’essere il COLPEVOLE artefice di
quella infame strage. I denigratori dovrebbero fare resipiscenza, almeno a
mezzo stampa. E corregere i loro calunniosi e infondati assunti. LE CRONACHE
DEL GIORNALE “L’ORA” SUI FATTI DI RIESI DELL’OTTOBRE DEL 1919. Data la mia
deformazione professionale, mi sono accostato al caso Messana come se dovessi
esperire in tre-quattro mesi un’ispezione bancaria approfondita ed essenziale
per farne rapporto al signor Governatore, come fui uso in vent’anni di
sudditanza ispettiva presso l’0rgano di Vigilanza della Banca d’Italia. Così
parto dall’esordio, come dire dai verbali del Consiglio di amministrazione,
acquisendo i bilanci annuali del passato. Per il gr. uff. comm. Ordine dei SS.
Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana cerco di trovare le propaggini da cui
è partito il Li Causi trent’anni dopo per crucifiggerlo come sanguinario
stragista di Stato nella pur sepolta memoria dei fatti di Riesi risalenti
all’ottobre del 1919. Tutti parlano del 10 dell’11 Ottobre e il validissimo
professore Casarrubea, forse vittima di un lapsus, sale addirittura al novembre
del 1919. Accedo alla Biblioteca Nazionale di Roma a Castro Pretorio e mi
ingolfo nella consultazione di illeggibili bobine dei microfilm dei due
giornali importanti siciliani dell’epoca: l’Ora e il giornale di Sicilia. Con
strumenti che dovrebbero essere modernissimi e che intanto occorre far
funzionare manualmente metto alla fine le mani sulle cronache di quell’esecrato
eccidio. Mi accorgo che tra l’Ora e il Giornale di Sicilia non vi sono
differenze sostanziali nei riferimenti degli episodi che fecero onestamente
molta sensazione. Iniziamo dall’ORA che invero ho consultato dopo. Sapendo quello
che aveva pubblicato il Giornale di Sicilia mi limito a questi brevi appunti:
«L’ORA – 9 ottobre 1919. “Grave conflitto a Riesi – 7 morti e venti feriti.
[….] Dopo l’arresto del noto agitatore socialista Barberi Giuseppe --- L’esigua
forza impotente a fronteggiare la grandissima moltitudine…”» Quindi trascrivo:
«L’ORA di Palermo – prima pagina del 12 ottobre 1919. - A Riesi torna la calma,
Caltanissetta 10 notte. - - All’alba di stamani truppe con agenti al comando
del Commissario di P.S. Cav. Caruso e del maggiore dei carabinieri Tartari sono
entrati a Riesi senza incontrare resistenza alcuna. - Nel conflitto 10
dimostranti rimasero uccisi e circa 50 feriti . - Della truppa è stato ucciso
anche il sottotenente del 76° Fanteria DI CARO MICHELE di Villarosa e due
soldati sono stati feriti. - Aperta una inchiesta dal Procuratore del Re e il
Giudice Istruttore. - Venne trattenuto soltanto l’avvocato Carmelo Calì di
Mazzarino.» Come primo assaggio non c’è molto quanto a contorno. Certo 10
lavoratori uccisi e 50 feriti nel mondo del lavoro gridano vendetta al cospetto
di Dio. Ma come e perché doveva essere artefice malefico il Messana resta un
mistero. Quello che in queste mie ricerche mi colpisce e mi addolora di più è
il fatto che in tante postume celebrazioni, rievocazioni, truculenti filmati e
paludati testi di storia siciliana, non ho ancora trovato una nota di
commemorazione e di omaggio a questo figlio di Villarosa, il sottotenente del
76° Fanteria il giovane MICHELE DI CARO a cui la vita cui fu troncata
crudelmente. Con un colpo di pistola, quindi intenzionalmente. Caduto davvero
nel compimento del suo dovere che era quello di mantenere l’ordine pubblico –
chiunque governasse, in quel tempo NITTI. Non so se gli fu conferita una
qualche medaglia, non so se Villarosa ha reputato di onorarlo e ricordarlo come
eroe. La cinica cronaca di quell’epoca non ritiene poi di fare i nomi di quei
modesti militi che furono feriti. In modo grave? Guarirono? Nessuno ha fatto
ricerche. Erano semplici militari. Possibilmente parenti di quei rivoltosi,
zolfatai e contadini che trucidavano e venivano trucidati. Fratelli che
uccidevano, ferivano fratelli Noi diremmo “compagni”. Fiumi di inchiostro sono
stati versati per queste vicende. Ma nessuna attenzione, nessun riguardo per
questi soldati che per un magro soldo mettevano a repentaglio la loro vita. Non
si ha tempo per loro: a distanza prima d mezzo secolo e dopo quasi un secolo si
sprecano soldi, si sperperano fondi pubblici, si fanno trasmissioni televisive,
si scrivono testi di presunta storia solo per esecrare, condannare,
crucifiggere il meritevole, il servitore della Patria, l’eroe dell’ordine
pubblico Ettore Messana. E ironia della sorte, né nei resoconti dell’Ora di
Palermo, né in quelli del Giornale di Sicilia, né nelle carte che si
custodiscono nell’ACS di Roma relativamente alle faccende del Ministero degli
Interni di quel periodo, né in successive storie paesane, né in sentenze
passate in giudicato troveremo mai il rispettabile nome di Ettore Messana, in
damnatio memoriae sol perchè il Li Causi lo ebbe in odio, ingiuriandolo quale
capo banda POLITICO (attenzione solo POLITICO) dei tempi tristi del banditismo
siciliano capeggiato dal celeberrimo Giuliano da Montelepre. Ma passiamo ora al
giornale principe di Sicilia. Nella stessa notte in cui avvennero i fatti
delittuosi il cronista nisseno ecco come compendia l’impressionante tumulto di
Riesi. Subito dopo invierà un altro messaggio un po’più esaustivo. GIORNALE di
SICILIA: 9/10 Ottobre 1919 (foglio interno) I gravi fatti di Riesi Conflitto
fra dimostranti e forza pubblica. Sette morti e numerosi feriti Caltanissetta:
8, notte. «Pervengono da Riesi notizie incerte e contraddittorie riguardanti
fatti colà avvenuti e che sarebbero di una gravità eccezionale. Pare che le locali
agitazioni d’indole più politica che economica siano degenerate in veri e
propri tumulti e che sarebbero anche avvenuti conflitti in cui i dimostranti ne
avrebbero avuto la peggio. Da persona scappata dal luogo riesco a sapere che
stamane quasi improvvisamene parecchi nuclei di zolfatari e contadini si siano
ribellati alla forza che tentarono di disarmare, ma i carabinieri e i
pochissimi soldati quando la loro pazienza fu al minimo fecero fuoco in piazza
Garibaldi di pieno giorno e che vi sia o una mezza dozzina di morti e parecchi
feriti. La notizia divulgatasi in un baleno ha destato enorme impressione e
tosto con una vettura automobile sono partiti per Riesi il Procuratore del Re,
il Giudice Istruttore capo cav. Terenzio il maggiore dei carabinieri comandante
la nostra divisione cav. Tartari . Sono altresì partiti per ordine del Prefetto
comm. Guadagnini e del questore cav. Presti ragguardevoli rinforzi con il
commissario cav. Caruso capo di Gabinetto del Prefetto. Appena potrò avere
precisi particolari mi affretterò a comunicarveli. » ^ ^ ^ Abbiamo visto come è
sintetico il cronista, ma abbiamo dovuto notare l’esaustività e la precisione
del periferico giornalista del Giornale di Sicilia. La dinamica dei fatti viene
così rappresentata. Agitazioni più politiche che economiche – siamo già in
pieno clima elettorale e il trapasso dalla prima grande guerra al quasi
immediato avvento del Fascismo fu torbido specie per il ribollire dei delusi
Reduci; fu trapasso che spiega furori popolari e mene partitiche. Tanti
dimostranti, apparentemente zolfatari e contadini, ma anche mestatori, teste
calde che ancora vestivano la divisa militare si agitano scompostamente ed
entrano “in conflitto” con le forze dell’ordine. Il corrispondente ci dice che
si tratta di “carabinieri” (ai quali un giovane commissario è arduo pendare che
possa dare ordini; e aquell’epoca il Messana era solo questo) e “pochissimi
soldati” non certamente comandabili da un civile (e un commissario qiesto è; un
civile che può concertare ma non dare ordini a dei militari). Per me si deve
escludere anche qui un qualche atto inconsulto del Mesana. La furia di un
popolo in rivolta desta paura. Vi sono facinorosi che si “ribelano alla Forca”
e cerano persino di “disarmarla”. Crepita, sì crepita, è ipotizzabile, la
mitraglia dell’esercito: una strage. Ma il Messana, non citato che presumo
persino assente, a tutto concedere non aveva né l‘autorità né l’autorevolezza
in quei concitati momenti di mettere da parte il giovane ufficiale, che
sappiamo aliunde essere di Villarosa e chiamarsi Michele Di Caro, e addirittura
- nolente l’ufficiale dell’esercito - sparare lui e fare lui una carneficina di
un popolo di lavoratori. Eppure questa forsennata ipotesi è stata avanzata e
addotta persino come verità indiscutibile. Trattasi di infamia, di postuma
denigrazione (ci riferiamo all’intervento presso la Costituente dell’impetuoso
Li Causi). Ecco una frottola che non ha riscontro documentale e storico di
sorta e che una diecina di anni fa, magari per esigenze cinematografiche,
divenire indiscussa ricostruzione per raffigurare un Messana Stragista di
Stato. Non si infama così un integerrimo Gran-Commis di Stato. Il Messana non
fu, non poteva essere, si guardò bene dall’essere il COLPEVOLE artefice di
quella infame strage. I denigratori dovrebbero fare resipiscenza, almeno a
mezzo stampa. E corregere i loro calunniosi e infondati assunti. LE CRONACHE
DEL GIORNALE “L’ORA” SUI FATTI DI RIESI DELL’OTTOBRE DEL 1919. Data la mia
deformazione professionale, mi sono accostato al caso Messana come se dovessi
esperire in tre-quattro mesi un’ispezione bancaria approfondita ed essenziale
per farne rapporto al signor Governatore, come fui uso in vent’anni di
sudditanza ispettiva presso l’0rgano di Vigilanza della Banca d’Italia. Così parto
dall’esordio, come dire dai verbali del Consiglio di amministrazione,
acquisendo i bilanci annuali del passato. Per il gr. uff. comm. Ordine dei SS.
Maurizio e Lazzaro dottore Ettore Messana cerco di trovare le propaggini da cui
è partito il Li Causi trent’anni dopo per crucifiggerlo come sanguinario
stragista di Stato nella pur sepolta memoria dei fatti di Riesi risalenti
all’ottobre del 1919. Tutti parlano del 10 dell’11 Ottobre e il validissimo
professore Casarrubea, forse vittima di un lapsus, sale addirittura al novembre
del 1919. Accedo alla Biblioteca Nazionale di Roma a Castro Pretorio e mi
ingolfo nella consultazione di illeggibili bobine dei microfilm dei due
giornali importanti siciliani dell’epoca: l’Ora e il giornale di Sicilia. Con
strumenti che dovrebbero essere modernissimi e che intanto occorre far
funzionare manualmente metto alla fine le mani sulle cronache di quell’esecrato
eccidio. Mi accorgo che tra l’Ora e il Giornale di Sicilia non vi sono
differenze sostanziali nei riferimenti degli episodi che fecero onestamente
molta sensazione. Iniziamo dall’ORA che invero ho consultato dopo. Sapendo
quello che aveva pubblicato il Giornale di Sicilia mi limito a questi brevi
appunti: «L’ORA – 9 ottobre 1919. “Grave conflitto a Riesi – 7 morti e venti
feriti. [….] Dopo l’arresto del noto agitatore socialista Barberi Giuseppe ---
L’esigua forza impotente a fronteggiare la grandissima moltitudine…”» Quindi
trascrivo: «L’ORA di Palermo – prima pagina del 12 ottobre 1919. - A Riesi
torna la calma, Caltanissetta 10 notte. - - All’alba di stamani truppe con
agenti al comando del Commissario di P.S. Cav. Caruso e del maggiore dei
carabinieri Tartari sono entrati a Riesi senza incontrare resistenza alcuna. -
Nel conflitto 10 dimostranti rimasero uccisi e circa 50 feriti . - Della truppa
è stato ucciso anche il sottotenente del 76° Fanteria DI CARO MICHELE di
Villarosa e due soldati sono stati feriti. - Aperta una inchiesta dal
Procuratore del Re e il Giudice Istruttore. - Venne trattenuto soltanto
l’avvocato Carmelo Calì di Mazzarino.» Come primo assaggio non c’è molto quanto
a contorno. Certo 10 lavoratori uccisi e 50 feriti nel mondo del lavoro gridano
vendetta al cospetto di Dio. Ma come e perché doveva essere artefice malefico
il Messana resta un mistero. Quello che in queste mie ricerche mi colpisce e mi
addolora di più è il fatto che in tante postume celebrazioni, rievocazioni,
truculenti filmati e paludati testi di storia siciliana, non ho ancora trovato
una nota di commemorazione e di omaggio a questo figlio di Villarosa, il
sottotenente del 76° Fanteria il giovane MICHELE DI CARO a cui la vita cui fu
troncata crudelmente. Con un colpo di pistola, quindi intenzionalmente. Caduto
davvero nel compimento del suo dovere che era quello di mantenere l’ordine pubblico
– chiunque governasse, in quel tempo NITTI. Non so se gli fu conferita una
qualche medaglia, non so se Villarosa ha reputato di onorarlo e ricordarlo come
eroe. La cinica cronaca di quell’epoca non ritiene poi di fare i nomi di quei
modesti militi che furono feriti. In modo grave? Guarirono? Nessuno ha fatto
ricerche. Erano semplici militari. Possibilmente parenti di quei rivoltosi,
zolfatai e contadini che trucidavano e venivano trucidati. Fratelli che
uccidevano, ferivano fratelli Noi diremmo “compagni”. Fiumi di inchiostro sono
stati versati per queste vicende. Ma nessuna attenzione, nessun riguardo per
questi soldati che per un magro soldo mettevano a repentaglio la loro vita. Non
si ha tempo per loro: a distanza prima d mezzo secolo e dopo quasi un secolo si
sprecano soldi, si sperperano fondi pubblici, si fanno trasmissioni televisive,
si scrivono testi di presunta storia solo per esecrare, condannare,
crucifiggere il meritevole, il servitore della Patria, l’eroe dell’ordine
pubblico Ettore Messana. E ironia della sorte, né nei resoconti dell’Ora di
Palermo, né in quelli del Giornale di Sicilia, né nelle carte che si
custodiscono nell’ACS di Roma relativamente alle faccende del Ministero degli
Interni di quel periodo, né in successive storie paesane, né in sentenze
passate in giudicato troveremo mai il rispettabile nome di Ettore Messana, in
damnatio memoriae sol perchè il Li Causi lo ebbe in odio, ingiuriandolo quale
capo banda POLITICO (attenzione solo POLITICO) dei tempi tristi del banditismo
siciliano capeggiato dal celeberrimo Giuliano da Montelepre.
6 ore fa
Non trascorrono molte ore e il cronista nisseno cerca di
completare i riferimenti al Giornale di Sicilia sui fatti di Riesi occorsi alle
ore 11 del giorno precedente: è il 9 ottobre del 1919. Faticando molto, siamo
riusciti a trascrivere il fotogramma del microfilm del giornale siciliano.
Vorremmo che foste voi, senza intermediazione alcuna, a trarre il succo da una
siffatta concisa ma lucida corrispondenza. Noi ci siamo molto soffermati sul
particolare che artefici del bene e del male di quel giorno furono i
Carabinieri, coadiuvati da un nucleo sparuto di inesperti soldati. Emerge
charissimamente che ad iniziare a sparare contro la folla furono loro: i
carabinieri. Stranissimo, in cronache successive, in rievocazioni paesane, nel
veemente attacco del Li Causi, nelle celebrazioni di Riesi dei primi anni 2000,
negli studi seri del Casarrubea, in quelli pasticciati della Cernigoi, nelle
esaltazioni cinematografiche, nelle lugubri messe in scena del Lucarelli
televisivo, in tante corrispondenze di aspiranti giornalisti, questo
particolare viene del tutto pretermesso. Nessuno infatti può pensare che un
giovane commissario si possa permettere di dare ordini alla benemerita arma di
aprire il fuoco contro una inerme folla sia pure tumultuante. Non è elemento
questo da rendere inaccettabile che ad essere responsabile di quell'esecrabile
eccidio fosse il giovanissimo ed imberbe commissario Ettore Messana? Come dire
Ettore Messana non c'entrò. Solenne infamia quella di volerlo a tutti i costi
calunniarlo. Non è giunto il momento di fare ammenda di tutta la diffamazione a
mezzo stampa, blog, cinematografo e lugubri aggettivazioni del Lucarelli (sarà
un caso, quella trasmissione del 2005 non ci sta più in You Tube o aggeggi
analoghi)? La famiglia Messana ha subìto, sta ancora subendo, danni, disagi,
colpevolizzazioni, denigrazioni per una così concertata e martellata
diffamazione. Nessuno deve pagare? manco il periferico e pur edotto dei fatti,
il giornaletto racalmutese di Sciascia MALGRADO TUTTO? Per aggiunta e suggello,
ecco che veniamo a sapere che le mitragliatrici vengono dopo, ad eccidio
consumato: nessun ordine poté dare al sottotenentino Di Caro il nostro gr. uff.
comm. dell'ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, ispettore generale di P.S.,
dottore Ettore Messana. Carta canta!!! ------------- Caltanissetta 9, giorno
"I fatti i Riesi per quanto su essi siano sulle prime notizie alquanto
esagerate pure rivestono una gravità non comune. Ve ne mando i particolari nel
modo più succinto. Riesi è stato sempre uno dei centri di questa provincia che
ha dato non poche volte da dire alle autorità politiche e di pubblica sicurezza
dando sovente campo a noi cronisti di intrattenerci delle condizioni poco
tranquille della pubblica sicurezza: difatti reati audacemente rari nella
storia criminale sono colà avvenuti e non è la prima volta che dimostrazioni ed
agitazioni sono degenerate in conflitto. Le agitazioni minerarie poi hanno
sempre trovato modo di allignare e di prosperare anche perché la politica di
Riesi deve far capolino in tutto. Tra i maggiorenti anche il disaccordo è
regnato sovrano per quanto il deputato del collegio, on. Pasqualino, abbia
sempre messo in opera tutti i mezzi perché il pubblico interesse negli uomini
pubblici fosse sempre l’ideale da raggiungere. Parecchi anni fa tal Giuseppe
Butera, una specie di mattoide, messosi a capo di alquanti incoscienti provocò
dei moti gravissimi e si arrivò persino alla proclamazione della repubblica
Riesina! Poi venne la guerra e gli odii restarono sopiti mentre Riesi dava un
contingente altissimo alla diserzione dando i Tofalo, i Carlino e compagnia
bella; bisogna però riconoscere che la maggioranza di quella cittadina è
composta di gente per bene, ma intanto basta qualche centinaio di illusi e di
sconsigliati perché un intero centro resti in convulsione. Da qualche settimana
a Riesi dunque spirava vento di fronda, e ciò nonostante per volere di chi sta
in alto tutta la forza disponibile della Provincia di Caltanissetta e el
capoluogo era stata distaccata a Roma – a quanto se ne dice – perché l’ordine
pubblico della capitale così esigeva. Di modo che i tumulti di ieri hanno
trovata la cittadina sguarnita di forza in modo quasi assoluto giacché la forza
non si improvvisa specie quando niente affatto tranquilla era la situazione a
Caltanissetta, a Terranova, a Castrogiovanni e in molti altri paesi dove
l’agitazione agraria è assai intensa e gravida di pericoli. Anzi su proposta
del Prefetto pochi giorni fa il Ministero ha mandato qui il comm. Lonardone
ispettore generale del Ministero della Agricoltura per la composizione delle
vertenze agrarie in Provincia. Intanto così l’on. Pasqualino come l’on.
Colaianni e l’on. Lo Piano non avevano taciuto assieme al Prefetto la situazione
della Provincia, che ha finalmente bisogno dopo tanti anni di incuria e di
indifferenza ogni provvida cura giacché le nostre popolazioni sono assetate di
giustizia e di equità. Fatto sta che nelle scorse settimane la situazione a
Riesi parve – lo era effettivamente – peggiorata, avvennero degli incidenti
gravi la cui trasmissione non ci fu permessa e si procedette all’arresto del
Giuseppe Butera e di altri capoccia del socialismo cosi detto ufficiale. Come
vi dissi, la politica ha fatto il resto di tal che si è andata rapidamente in
questi ultimi giorni creata a Riesi una posizione veramente eccezionale e da
destare l’allarme nella cittadinanza e da preoccupare le autorità. L’on.
Pasqualino proprio oggi doveva recarsi a Riesi dove egli è tanto benvoluto e
stimato, appunto per mettere in opera il suo ascendente presso quella
popolazione onde indurla alla quiete ed alla tranquillità. Ma aveva preferito
fare prima una corsa a Castrogiovanni per abbracciarsi con l’on. Colaianni che
intanto non lascia mezzi intentati per comporre le vertenze di indole economica
nei paesi del suo collegio. Dimenticavo dirvi che a Riesi da tempo per
dimissioni di parecchi dei suoi membri quel Consiglio Comunale è stato sciolto
e l‘amministrazione della cosa pubblica è deposta nelle mani di un R.
Commissario, il cav. Scicolone, coadiuvato dal signor Grasso. Si è cercato di
togliere ogni pretesto a quelle masse illuse e fuorviate e financo
l’approvvigionamento del grano è proceduto in modo assolutamente eccezionale,
un vero e proprio trattamento di favore. Ma il pretesto è stato trovato lo
stesso e ieri di giorno verso le 11 si iniziarono le prime dimostrazioni che
assunsero ben presto il carattere di una violenta ribellione. La pazienza dei
pochi carabinieri fu messa a dura prova; qualche soldato fu sputato e preso a
sassate e quando fu tentato di disarmarli e quando di certo avrebbero avuto la
peggio fecero fuoco e caddero mezza dozzina e forse più di morti. Grida e
lamenti dimostrarono che c’erano anche dei feriti e non pochi. La esasperazione
della folla inviperita e delle donne raggiunse presto il colmo e la forza
impotente dovette ritirarsi lasciando la cittadinanza in balia dei rivoltosi.
Sono partiti da qui camions con mitragliatrici e forza in gran numero e si
conta di sapere la vera ragione o meglio la causa occasionale della rivolta
sanguinosa. Domani e forse oggi stesso l’on. Pasqualino sarà sul posto per
spiegare tutta la sua opera autorevole per il ritorno alla tranquillità.
Intanto l’autorità giudiziaria ha aperto una inchiesta per accertare le singole
responsabilità; parecchi arresti sono stati già operati e pare che moltissimi
altri ne seguiranno. Appena noti i nomi dei morti e dei feriti ve ne informerò
e vi invierò altri particolari. 0ve sarà il caso. Si sa che i rivoltosi furono
poche centinaia di contadini che sono rimasti padroni della città; tutte le
comunicazioni, anche quelle telegrafiche, sono interrotte; da Palermo sono
stati inviati considerevoli rinforzi La impressione per i fatti avvenuti è
delle più dolorose e si spera che l’ordine e la calma possano presto tornare.
"
4 ore fa
Ci stiamo sforzando di rinvenire la vera verità storica dei
fatti di Riesi del 1919. Abbiamo pubblicato giornali e cronache dell'epoca.
Questa qui non è una intollerabile mistoficzione? https://www.youtube.com/watch?v=PECKVrYtgTk
www.youtube.com
CREDIAMO DI AVERE DEL TUTTO SMANTELLATO LA TESI CHE VORREBBE
IL QUESTORE MESSANA COLPEVOLE COME QUI SI DICE. RESTA SOLO LA CALUNNIA,
L'INFAMIA. SE IN BUONA FEDE CI SI CORREGGA ANCHE SE CI SI CHIAMA ANPI
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PalermoEVENTIMEMORIA: I Decorati della Resistenza SicilianaOSSERVATORIO
DEMOCRAZIASpeciale 27 gennaio. Il dovere della memoria..Articoli correlati
‘Strage di Riesi’ . 92° anniversario assassinio Giovanni Orcel 13 ottobre 2012
. L ’ANPI domenica 14 ottobre 2012 alle ore 9, ricorda Giovanni Orcel nel 92°
anniversario del suo assassinio avvenuto il 14 ottobre 1920 in Corso Vittorio Emanuele
all’altezza della Biblioteca centrale dove con la Cgil, e il Centro Impastato
deporremo una corona sotto la lapide che lo ricorda. Giovanni Orcel è una delle
figure più significative del movimento operaio palermitano, segretario generale
della FIOM dal marzo del 1919 operava per unire lotte urbane e lotte delle
campagne sulla scia di Nicola Barbato e anche del fratello Ernesto Orcel
fondatore del Fascio dei Lavoratori di Cefalù, ed in stretto collegamento con
Nicolò Alongi, il dirigente contadino assassinato dalla mafia nel febbraio del
1920. Orcel viene assassinato ad un anno dalla strage di Riesi del 1919 dove
vengono assassinati 15 contadini compreso un tenente di fanteria che si era
opposto all’ordine fascista di sparare sui contadini che manifestavano per la
riforma agraria. Ad ordinare il fuoco in solidale intesa con la mafia è stato
un fascista della prima ora, Ettore Messana di Racalmuto, ufficiale di P.S.,
poi membro dell’OVRA, il servizio segreto, efferato criminale di guerra
questore a Lubiana negli anni 40 ed infine lo ritroveremo inspiegabilmente
….Ispettore generale di polizia in Sicilia negli anni 1945! Entrambi i delitti,
inequivocabilmente di matrice fascista e mafiosa, sono rimasti impuniti. Su
Giovanni Orcel leggi Giuseppe Carlo Marino, 1976 nel libro “Partiti e lotta di
classe in Sicilia da Orlando a Mussolini” (Bari, De Donato, 1976); poi nel
saggio di Giuseppe Carlo Marino “Vita e martirio di Nicola Alongi, contadino
socialista” e in numerosi altri scritti. Il libro di Giovanni Abbagnato,
Giovanni Orcel. Vita e morte per mafia di un sindacalista siciliano. 1887-1920,
ricostruisce l’attività di Orcel e le lotte di quegli anni. Il logo del
referendum per l’art. 18 ci ricorda che Orcel, Alongi e la lunga scia di sangue
di sindacalisti e cittadini uccisi, lottarono per la difesa della dignità umana
e la dignità del lavoro, che oggi i governi della destra politica, in assenza
di opposizione vera, stanno di fatto abolendo. Nessun commento » Postato in
Anpi notizie, ANTIFASCISMO, EVENTI, Lotte contadine, memoria, Movimento Fasci
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