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Lillo Taverna
UNA SORTA DI SEMINARIO PER RICERCHE
STORICHE NON PRECONCETTE DA LEI PRESIEDUTO. PENSO A GIOVANI CHE POTREBBERO
ANDARE A STUDIARE LE CARTE ELLA nara quali lei me...ritevolmente illustra nel suo
STORICHE NON PRECONCETTE DA LEI PRESIEDUTO. PENSO A GIOVANI CHE POTREBBERO
ANDARE A STUDIARE LE CARTE ELLA nara quali lei me...ritevolmente illustra nel suo
LUPARA NERA (e credo altrove). E non mi dispiacerebbe che vi partecipasse anche
la Cernigoi, sempreché desista dalle non provate accuse contro il Messana.
28 luglio 21.34.10
Nel caso tagli prima di leggere. Ma questo è un mio post
pubblico che in qualche modo intendo segnalarle:
E’ la seconda volta
che mi capita nella mia ormai purtroppo lunga vita. La prima volta avvenne nel
lontano ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il luglio e il settembre del
1974 fui inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la Banca Privata Finanziaria
che tutti ancora si ostinano a chiamare la banca di Sindona. Falso. La Privata,
contro tutti e contro tutto, invocando le dieci righe l’art. 6 della vecchia
legge bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante Andreotti Macchiarella il
Banco di Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci per contorno
l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati. Ma Sindona
era ancora in auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse e tutta
la stampa pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le abbia chiarito le
cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi sbeffeggiò in un
convivio aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la Cernigoi che fa il bis.
Le avevo scritto:
6 giugno 18.17.40
lei dovrebbe essere
l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già ispettore
generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto grande
personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche che la
smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di resipiscenza
operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo
non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti storici
fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso.
Le avevo scritto
molto riservatamente e a ben vedere in termini molto educati, ad onta del mio
caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in pubblico, dopo 14 giorni così
osa irridermi (e contraddirmi):
La Nuova Alabarda 20
giugno •
APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli
ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa"
di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore
Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.
In effetti ho avuto
modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata come criminale di
guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho
indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno
rinfrescare la memoria su questa persona.
Com’è noto, il 6/4/41
l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di
Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di
comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto
il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e
successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943.
Il nome di Messana
risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla
Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War
Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed
inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto
originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551
Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di
documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo”
dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri;
terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di
civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di
denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli
4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice
militare jugoslavo del 1944”.
Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con
il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana
dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi
imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data
21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e
Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura
di Lubiana (oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796,
III, 6, 11), che fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica”
condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio
Pellegrino sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula
sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima
citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot
(a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a
pene minori.
Messana e gli altri
furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una indagine da
loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate
dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per
l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale
indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca,
Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed
altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la
buona riuscita delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento
per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”.
Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di
Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di
Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA
(ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare
Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone), il cui
risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore
Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa, dalla quale
citiamo alcuni passaggi.
“Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue
malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città
aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi
brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni
(…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose
contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire
profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati
in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro
la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli
si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui
aveva ricavato lauti profitti.
Durante la sua
permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in
questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia
diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad
effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.
Ma anche qui, così
come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni
senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di
pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata
in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore
Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia sotto il passato regime fascista
ed era stato internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei
confronti di ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare.
A fronte di tutto ciò
ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso
sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo
ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle
dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un
“Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per la
repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione
del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano,
n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3
maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco
D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per
sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli,
leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella
della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era
radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui
donne e bambini e ferendone molte altre.
“L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il
capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano,
con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla
mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di
Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo
cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si
concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di
essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il
Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo
madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività
dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano
fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano
pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere
che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta
dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò
l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di
Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”,
Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”.
Quanto a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS
Messana negò ed insistette nel negare di avere avuto confidente il Ferreri
(Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda”
di Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli
organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu
ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di Portella della
Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte all’affermazione
del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette (sic) in
dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne
il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il Ferreri
stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente segreto
al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”;
Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito come
pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato in
contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di
rapinare una vettura automobile”.
Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in
modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i
riflettori”.
Per approfondire la questione dei rapporti tra la “banda”
Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti
statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di
personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al
citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”.
Non crederete che l’abbia lasciata in pace. L’ho costretta a
offendermi e stizzita a chiudermi persino i canali di FB. Diversamente da lei
si è invece comportato quel gran signore e profondo studioso del prof.
Casarrubea. Come credo avete potuto legge qui da me. Calogero Taverna
29 luglio 21.06.03
Caro Calogero, cose vere, cose false e cose meno vere.
Ricordo il Ruffini nel 1945/46. Magari qualcuno ad Agrigento aveva attentato
alla vita del principesco vescovo Peruzzo (addirittura un frate a Santa Stefano
Quisquina). Si pensava che primate di Sicilia dovesse essere proprio il
Peruzzo, invece il papa mandò Ruffini. Figurati se posso avere stima e fiducia
nei papi e in papa Pacelli in particolare. Ma era chiaro che l'America, la
mafia, Portella, Giuliano non ci entravano per nulla. Mie ricerche
nell'archivio vaticano segreto mi portano molto lontano. Quanto al connubio
Pacelli-America nulla di più falso di quello che leggo. Pacelli aveva un
religioso terrore dei comunisti. Iniziò la sua crociata con il microfono di Dio
(padre Lombardi) e la peregrinatio Mariae. Divertente la pagina di Sciascia nelle
Parrocchie in proposito. Eppure proprio la settimana scorsa sfogliando un
faldone del SIS seconda sezione all'ACS di Roma leggo tutto un carteggio su
questa storia qui. Gli americani volevano un gemellaggio America-Vaticano nella
lotta al Comunismo. Pacelli si oppose sdegnosamente. Peraltro non amava il
capitalismo massonico e sionista di Washington. Il sostituto Montini sospinse
il Della Torre dell'Osservatore Romano a scrivere una trentina di frasi
piuttosto ambigue quanto ad anticomunismo. Vi si palesava addirittura della
simpatia. Successe un finimondo. Etc. Quello che aggiungo io è questo: con
tanta dovizia di documenti e prove storiche perché continuare a crogiolarsi
nell'orgia dei luoghi comuni di quel tempo del primo dopoguerra degli anni '40.
Mi fa piacere che anche lo stesso prof. Casarrubea mi scriva che occorre un
salto di qualità nella ricostruzione storica del secolo scorso, specie alla
luce delle nuove possibilità di ricerca e dei nuovi strumenti anche
informatici, della ricostruzione del recente quadro storico (tutto ancora a
definire)..
1 agosto 18.24.05
IL QUESTORE MESSANA E I FATTI DI RIESI
Il crucifige di
Ettore Mesana si consuma il 15 luglio del 1947. Il gran sacerdote che ne vuole
la fine è l’on. Li Causi: tre i capi d’accusa (politica). Desumiamoli dallo
stesso Li Causi, da un suo arrabbiatissimo discorso all’Assemblea Costituente,
pronunciato nella Seduta del 15 luglio del1947.
Per il sanguigno
grande esponente del comunismo siciliano del dopoguerra, Messana andava
giubilato:
A) Perché c’era da
domandarsi: «Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato la sua carriera
facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del 1919, infatti,
cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici morti: trucidati a
freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi di quest'Aula
ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò un'inchiesta
mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la Magistratura
iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause della morte
misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di
far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e che il
giorno dopo fu assassinato …»
B) « Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una
nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa:
"Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!"…»
C) «Si ha, [ …] , questa precisa situazione, che il
banditismo politico in Sicilia è diretto proprio dall'ispettore Messana: e
l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale dovrebbe avere per compito quello
di sconfiggere il banditismo -- il suo compito veramente sarebbe quello di
ssconfiggere il banditismo comune e non già quello politico -- l'Ispettore di
pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece addirittura il dirigente del
banditismo politico.»
Ecco qui i tre capi di accusa: Riesi del 1919; Lubiana del
1941 (maggio)-giugno 1942; banditismo siciliano dal maggio 1945 al giugno del
1947.
Sono mesi che
scartabelliamo faldoni, giornali, documenti vari, pubblicazioni vecchie.
Ebbene: non ci possono essere dubbi. Nessuno può dimostrare che davvero in quel
terribile 9 ottobre del 1919 ci fosse addirittura un giovane agente di polizia
che prese la “mitraglia” in mano nel campanile della chiesa prospiciente piazza
Garibaldi e falcidiò sei, si disse in un primo momento, contadini rivoltosi;
poi si disse dieci, poi invece si salì a quindici (qui sopra) e, di recente,
dovendo sperperare soldi comunitari, sempre a Riesi, addirittura 20. Ci
dispiace per Li Causi: non si può condannare alla damnatio memoriae un glorioso
ispettore generale di Stato sulla base di quello che avrebbero dovuto ricordare
a distanza di quasi trent’anni ‘vecchi padri costituenti’. Vi poté pur essere
stata una inchiesta del generale dei carabinieri Densa ma questa ammesso che si
sia mai conclusa nessun addebito poté formulare e formulò contro il giovane
trentunenne commissario Messana, che, anzi, a fascismo consolidato e con
Calogero Vizzini confinato, spiccò salti da gigante nei gradi della polizia e
proprio perché senza macchia alcuna, lui figlio di un modesto e dissennato
redditiero racalmutese, sperperatore del proprio patrimonio, lo sfaccendato
Clemente Messama, diviene – giovanissimo - questore ed ebbe affidate questure
strategiche del Nord. Ad onore e vanto della sua patria natia, Racalmuto.
Analogo discorso per
quell’inchiesta giudiziaria: noi abbiamo reperito una relazione del Prefetto di
Caltanissetta del successivo natale. Altri sono i colpevoli, i fatti avvennero
in termini ben diversi dal facile populismo cui si abbandona, comprensibilmente
, il Li Causi. MESSANA, il grande assente. NON COLPEVOLE.
Nel 1934 dopo 15 anni
– troppi o pochi a seconda delle tesi che si vogliono formulare – un quasi
pastore valdese scrive una storia di Riesi. Quei truculenti fatti vengono
rievocati. Sì, è vero: nella memoria della gente è scolpito che una mitraglia
militare sparò e uccise tanta gente. Enfasi della memoria tanta. Si parla di un
“commissario di Pubblica Sicurezza”, si dice che insieme ad altri due un
ufficiale dell’esercito ed un semplice soldato, in tre, tutti insieme eccoli a
premere il grilletto del mitra. Fantasia. Improbabile. Ma a tutto concedere: il
nome del Messana non c’è. Davvero Li Causi nella foga ciceroniana finisce con
l’inventare e quindi diffamare e direi calunniare. Erano tempi incandescenti.
Portella della Ginestra fu più di una sventura nazionale e - se le carte della
N.A.R.A. già consultate dal prof. Casarrubea verranno tutte alla luce -sarà da
parlare di crimine americano. Finalmente. Altro che insana criminalità di un ex
giovane commissario di polizia in vena di scimmiottamenti dell’esecrando
generale Bava-Beccaris fatto dal Re senatore del Regno.
Ma noi abbiamo
cercato notizie vere, coeve, indubitabili. Abbiamo consultato i microfilm del
giornale L’Ora di Palermo e il Giornale di Sicilia dell’epoca. Messana non ci
sta. I fatti son diversi da come amò trasfigurarli il Li Causi per sue
polemiche politiche di stampo rosso scarlatto. Da vecchio comunista, per il
quale la verità storica va piegata alla grande lotta di classe. Noi siamo per
la lotta di classe ma di quelli che reputano che la VERITA’ E’ SEMPRE
RIVOLUZIONARIA.
la Cernigoi, sempreché desista dalle non provate accuse contro il Messana.
28 luglio 21.34.10
Nel caso tagli prima di leggere. Ma questo è un mio post
pubblico che in qualche modo intendo segnalarle:
E’ la seconda volta
che mi capita nella mia ormai purtroppo lunga vita. La prima volta avvenne nel
lontano ultimo quarto degli anni Settanta. Tra il luglio e il settembre del
1974 fui inviato dalla Banca d’Italia a giubilare la Banca Privata Finanziaria
che tutti ancora si ostinano a chiamare la banca di Sindona. Falso. La Privata,
contro tutti e contro tutto, invocando le dieci righe l’art. 6 della vecchia
legge bancaria, riuscii a giubilarla. Nonostante Andreotti Macchiarella il
Banco di Roma tutta la finanza meneghina e mettiamoci per contorno
l’arcivescovo Marcinkus, l’orso americano del mio Soldi Truccati. Ma Sindona
era ancora in auge nonostante profugo negli USA di Cosa Nostra. Scrisse e tutta
la stampa pubblicò: “pare che un certo Calogero Taverna le abbia chiarito le
cose”. Si rivolgeva allo scattoso Guido Carli. Il Baffi mi sbeffeggiò in un
convivio aziendale quale un quivis de polulo . Ora è la Cernigoi che fa il bis.
Le avevo scritto:
6 giugno 18.17.40
lei dovrebbe essere
l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore Messana già ispettore
generale di pubblica sicurezza. In contatto con la nipote di tanto grande
personaggio della storia di Italia ho fatto e continuo a fare ricerche che la
smentiscono in pieno Non so se reputa di procedere ad una sorta di resipiscenza
operosa. Sappia che la signora Giovanna Messana non è persona da oppiare. Certo
non ha avuto tempo per inseguire e perseguire codesti sedicenti storici
fabbricanti di calunnie nei confronti del suo grande avo. Ma ora ha deciso.
Le avevo scritto
molto riservatamente e a ben vedere in termini molto educati, ad onta del mio
caratteraccio. Ma la Cernigoi sfacciatamente, in pubblico, dopo 14 giorni così
osa irridermi (e contraddirmi):
La Nuova Alabarda 20
giugno •
APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli
ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa"
di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore
Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.
In effetti ho avuto
modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata come criminale di
guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho
indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno
rinfrescare la memoria su questa persona.
Com’è noto, il 6/4/41
l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di
Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di
comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto
il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e
successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943.
Il nome di Messana
risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla
Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War
Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed
inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto
originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551
Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di
documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo”
dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri;
terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di
civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di
denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli
4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice
militare jugoslavo del 1944”.
Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con
il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana
dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi
imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data
21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e
Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della questura
di Lubiana (oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1796,
III, 6, 11), che fanno riferimento ad una “operazione di polizia politica”
condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario Antonio
Pellegrino sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula
sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima
citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot
(a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a
pene minori.
Messana e gli altri
furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una indagine da
loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate
dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per
l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale
indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca,
Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed
altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la
buona riuscita delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento
per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”.
Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di
Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di
Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA
(ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare
Alleato e la polizia era organizzata sul modello anglosassone), il cui
risultato è contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore
Feliciano Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa, dalla quale
citiamo alcuni passaggi.
“Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue
malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città
aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi
brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni
(…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose
contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire
profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati
in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro
la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli
si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui
aveva ricavato lauti profitti.
Durante la sua
permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in
questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia
diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad
effettuare operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.
Ma anche qui, così
come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni
senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di
pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata
in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore
Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia sotto il passato regime fascista
ed era stato internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento nei
confronti di ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare.
A fronte di tutto ciò
ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso
sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo
ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle
dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un
“Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per la
repressione della delinquenza associata, e specificamente per la repressione
del banditismo che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano,
n.d.a.)” (questa definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3
maggio 1952 dalla Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco
D’Agostino, in merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per
sapere come i due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli,
leggiamo alcuni stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella
della Ginestra, dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era
radunata per festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui
donne e bambini e ferendone molte altre.
“L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il
capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano,
con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla
mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di
Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo
cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si
concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di
essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il
Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo
madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività
dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano
fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano
pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere
che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta
dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò
l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di
Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”,
Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”.
Quanto a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS
Messana negò ed insistette nel negare di avere avuto confidente il Ferreri
(Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda”
di Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli
organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu
ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di Portella della
Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte all’affermazione
del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette (sic) in
dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne
il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il Ferreri
stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente segreto
al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”;
Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito come
pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato in
contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di
rapinare una vettura automobile”.
Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in
modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i
riflettori”.
Per approfondire la questione dei rapporti tra la “banda”
Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti
statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di
personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al
citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”.
Non crederete che l’abbia lasciata in pace. L’ho costretta a
offendermi e stizzita a chiudermi persino i canali di FB. Diversamente da lei
si è invece comportato quel gran signore e profondo studioso del prof.
Casarrubea. Come credo avete potuto legge qui da me. Calogero Taverna
29 luglio 21.06.03
Caro Calogero, cose vere, cose false e cose meno vere.
Ricordo il Ruffini nel 1945/46. Magari qualcuno ad Agrigento aveva attentato
alla vita del principesco vescovo Peruzzo (addirittura un frate a Santa Stefano
Quisquina). Si pensava che primate di Sicilia dovesse essere proprio il
Peruzzo, invece il papa mandò Ruffini. Figurati se posso avere stima e fiducia
nei papi e in papa Pacelli in particolare. Ma era chiaro che l'America, la
mafia, Portella, Giuliano non ci entravano per nulla. Mie ricerche
nell'archivio vaticano segreto mi portano molto lontano. Quanto al connubio
Pacelli-America nulla di più falso di quello che leggo. Pacelli aveva un
religioso terrore dei comunisti. Iniziò la sua crociata con il microfono di Dio
(padre Lombardi) e la peregrinatio Mariae. Divertente la pagina di Sciascia nelle
Parrocchie in proposito. Eppure proprio la settimana scorsa sfogliando un
faldone del SIS seconda sezione all'ACS di Roma leggo tutto un carteggio su
questa storia qui. Gli americani volevano un gemellaggio America-Vaticano nella
lotta al Comunismo. Pacelli si oppose sdegnosamente. Peraltro non amava il
capitalismo massonico e sionista di Washington. Il sostituto Montini sospinse
il Della Torre dell'Osservatore Romano a scrivere una trentina di frasi
piuttosto ambigue quanto ad anticomunismo. Vi si palesava addirittura della
simpatia. Successe un finimondo. Etc. Quello che aggiungo io è questo: con
tanta dovizia di documenti e prove storiche perché continuare a crogiolarsi
nell'orgia dei luoghi comuni di quel tempo del primo dopoguerra degli anni '40.
Mi fa piacere che anche lo stesso prof. Casarrubea mi scriva che occorre un
salto di qualità nella ricostruzione storica del secolo scorso, specie alla
luce delle nuove possibilità di ricerca e dei nuovi strumenti anche
informatici, della ricostruzione del recente quadro storico (tutto ancora a
definire)..
1 agosto 18.24.05
IL QUESTORE MESSANA E I FATTI DI RIESI
Il crucifige di
Ettore Mesana si consuma il 15 luglio del 1947. Il gran sacerdote che ne vuole
la fine è l’on. Li Causi: tre i capi d’accusa (politica). Desumiamoli dallo
stesso Li Causi, da un suo arrabbiatissimo discorso all’Assemblea Costituente,
pronunciato nella Seduta del 15 luglio del1947.
Per il sanguigno
grande esponente del comunismo siciliano del dopoguerra, Messana andava
giubilato:
A) Perché c’era da
domandarsi: «Scelba come può ignorare che Messana ha iniziato la sua carriera
facendo massacrare dei contadini siciliani? Il 9 ottobre del 1919, infatti,
cadevano a Riesi più di sessanta contadini, di cui tredici morti: trucidati a
freddo, sulla piazza, dove si svolgeva un comizio. I vecchi di quest'Aula
ricorderanno come in quell'occasione il Ministero Nitti ordinò un'inchiesta
mandando sul posto il generale dei carabinieri Densa, mentre la Magistratura
iniziò un'inchiesta giudiziaria soprattutto per accertare le cause della morte
misteriosa di un tenente di fanteria, che si rifiutò di eseguire l'ordine di
far fuoco del Messana, che ne disapprovò apertamente la condotta, e che il
giorno dopo fu assassinato …»
B) « Messana è nell'elenco dei criminali di guerra di una
nazione vicina; questo può far piacere ad una parte della Camera, la quale pensa:
"Va bene, è un massacratore; però, di stranieri!"…»
C) «Si ha, [ …] , questa precisa situazione, che il
banditismo politico in Sicilia è diretto proprio dall'ispettore Messana: e
l'ispettore di pubblica sicurezza, il quale dovrebbe avere per compito quello
di sconfiggere il banditismo -- il suo compito veramente sarebbe quello di
ssconfiggere il banditismo comune e non già quello politico -- l'Ispettore di
pubblica sicurezza, dicevo, diventa invece addirittura il dirigente del
banditismo politico.»
Ecco qui i tre capi di accusa: Riesi del 1919; Lubiana del
1941 (maggio)-giugno 1942; banditismo siciliano dal maggio 1945 al giugno del
1947.
Sono mesi che
scartabelliamo faldoni, giornali, documenti vari, pubblicazioni vecchie.
Ebbene: non ci possono essere dubbi. Nessuno può dimostrare che davvero in quel
terribile 9 ottobre del 1919 ci fosse addirittura un giovane agente di polizia
che prese la “mitraglia” in mano nel campanile della chiesa prospiciente piazza
Garibaldi e falcidiò sei, si disse in un primo momento, contadini rivoltosi;
poi si disse dieci, poi invece si salì a quindici (qui sopra) e, di recente,
dovendo sperperare soldi comunitari, sempre a Riesi, addirittura 20. Ci
dispiace per Li Causi: non si può condannare alla damnatio memoriae un glorioso
ispettore generale di Stato sulla base di quello che avrebbero dovuto ricordare
a distanza di quasi trent’anni ‘vecchi padri costituenti’. Vi poté pur essere
stata una inchiesta del generale dei carabinieri Densa ma questa ammesso che si
sia mai conclusa nessun addebito poté formulare e formulò contro il giovane
trentunenne commissario Messana, che, anzi, a fascismo consolidato e con
Calogero Vizzini confinato, spiccò salti da gigante nei gradi della polizia e
proprio perché senza macchia alcuna, lui figlio di un modesto e dissennato
redditiero racalmutese, sperperatore del proprio patrimonio, lo sfaccendato
Clemente Messama, diviene – giovanissimo - questore ed ebbe affidate questure
strategiche del Nord. Ad onore e vanto della sua patria natia, Racalmuto.
Analogo discorso per
quell’inchiesta giudiziaria: noi abbiamo reperito una relazione del Prefetto di
Caltanissetta del successivo natale. Altri sono i colpevoli, i fatti avvennero
in termini ben diversi dal facile populismo cui si abbandona, comprensibilmente
, il Li Causi. MESSANA, il grande assente. NON COLPEVOLE.
Nel 1934 dopo 15 anni
– troppi o pochi a seconda delle tesi che si vogliono formulare – un quasi
pastore valdese scrive una storia di Riesi. Quei truculenti fatti vengono
rievocati. Sì, è vero: nella memoria della gente è scolpito che una mitraglia
militare sparò e uccise tanta gente. Enfasi della memoria tanta. Si parla di un
“commissario di Pubblica Sicurezza”, si dice che insieme ad altri due un
ufficiale dell’esercito ed un semplice soldato, in tre, tutti insieme eccoli a
premere il grilletto del mitra. Fantasia. Improbabile. Ma a tutto concedere: il
nome del Messana non c’è. Davvero Li Causi nella foga ciceroniana finisce con
l’inventare e quindi diffamare e direi calunniare. Erano tempi incandescenti.
Portella della Ginestra fu più di una sventura nazionale e - se le carte della
N.A.R.A. già consultate dal prof. Casarrubea verranno tutte alla luce -sarà da
parlare di crimine americano. Finalmente. Altro che insana criminalità di un ex
giovane commissario di polizia in vena di scimmiottamenti dell’esecrando
generale Bava-Beccaris fatto dal Re senatore del Regno.
Ma noi abbiamo
cercato notizie vere, coeve, indubitabili. Abbiamo consultato i microfilm del
giornale L’Ora di Palermo e il Giornale di Sicilia dell’epoca. Messana non ci
sta. I fatti son diversi da come amò trasfigurarli il Li Causi per sue
polemiche politiche di stampo rosso scarlatto. Da vecchio comunista, per il
quale la verità storica va piegata alla grande lotta di classe. Noi siamo per
la lotta di classe ma di quelli che reputano che la VERITA’ E’ SEMPRE
RIVOLUZIONARIA.
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