Ho voluto usare la lingua castigliana per entrare più in sintonia con la storia di
quattro personaggi spagnoli, di cui parlerò, che nel bene e nel male ebbero grande
importanza nel tessuto connettivo della nostra storia e principalmente nella diocesi
di Agrigento: un tripode con al vertice santa Teresa
Sono:
- Don Juan Horozco de Covarrubias y de Leyva
- Don Diego de Haedo
- Padre Maestro Jeronimo Graciàn.
- Santa Teresa d’Avila
“Gli storici devono avere la verità per primo scopo, e non lo spirito di
parzialità. L’interesse, il timore, l’odio e l’affezione non devono sviarli
dal sentiero della verità, la cui madre è la storia, emula del tempo,
deposito delle azioni umane, testimonio del passato, esempio e
specchio del presente, e ammaestramento per l’avvenire. Ed io so che
in questa si troverà tutto quanto di gradevole si possa desiderare”.
Questo lo ha scritto un certo Miguel De Cervantes Saavedra, cinque secoli fa,
in un poderoso volume di mille pagine stampato la prima volta in castigliano a
Madrid dal titolo: “Quijote”.
Ho riportato volutamente queste parole del famoso Spagnolo perché chi
volesse scrivere, a suo rischio, qualche pagina di storia, fosse spinto a fare un
esame di coscienza prima di cominciare.
Io credo di non avere trovato in me colpa alcuna in queste fatiche. Ho scritto
prima di tutto per me stesso, credendo, così, di fare meglio il mio compito di prete
4
e, man mano, nascendomi il desiderio di comunicare queste cose ai miei paesani
coltivatori di pesche, di frumento, di viti, di ulivi e di ciliegie, di stamparle, per
quanto le mie modeste risorse permettessero.
Le cose dette qui non sono mie, anzi di mio non c’è niente. Sono cose dette
da studiosi, professori, pensatori, pubblicisti. Io ho fatto solo un lavoro di ricerca
accurata e, per la verità come sempre, un poco faticosa, per comprendere,
sistemare, in modo che tutto fosse chiaro alla mia mente un poco lenta, per evitare
di avere capito male o di citare male, come qualcuno ha fatto dei miei scritti.
(dalla premessa al mio ultimo libro: Carmelitani in Sicilia del 1600).
Entreremo con modestia aprendo un piccolo spiraglio con discrezione per prendere
viepiù consapevolezza, di una piccola parte della grande storia, piccolo rivolo, che
collegandosi ad gran fiume, s’apre all’orbe terraqueo.
Ma faremo il cammino inverso: dal mare grande per arrivare al ruscelletto delle
nostre terre.
Questo metodo potrebbe contribuire a sfatare la parvenza d’isolamento culturale e
dell’emarginazione, rendendoci, di un tutto, un po’ protagonisti, e contribuire a far
più bella e santa la terra che ci ricetta.
Oggi si privilegia la cooptazione di manovalanze di robusta cromatura superficiale,
di cultura imparaticcia, montanara, arrampicatrice, insufficiente, che aborrisce la
ricerca scientifica, per nulla erudita.
Questo vale tanto per le tante attuali gestioni del “patrimonio” chiesastico, per
tanti “laici di chiesa”, opportunamente obbedienti e docili, di facile connivenza,
quanto per le gestioni pubbliche, dove un certo potere “laico” deresponsalizza il
servizio e s’accompagna di una servitù che alloggia al piano di sotto del piano
nobile del “palazzo” del potere, infingarda e indolente che privilegia il cortile alla
piazza.
* Giovanni Horozco de Covarruvias de Leyva
fu vescovo di Agrigento dal 1594 al 1606.
Era nato a Toledo nel 1544 da nobile famiglia. *
*Opere:
-Diego vescovo“Veterum numismatum collatio cum his, quae modo expendiuntur”
(1591), ma la sua opera principale è: “Variae resolutiones ex iure pontificio, regio et
caesareo” (1552).
-El Greco Il pittore ritrasse diego e Antonio più volte. Nell’Entierro del Conde de
Orgz (1586).
-Sebastian fratello di Giovanni sacerdote (1539-1613) autore di un’opera famosa, il
“Tesoro de la lengua castellana o española” (1611), (dizionario) dedicata a Re
Filippo III che ne era orgoglioso e, come suo fratello, degli “Emblema”.
5
-Sebastian padre di Giovanni scrisse una trentina di opere
-Alonso Beato. Toledo, 1500 -Madrid 1591) agostiniano, consigliere di Carlo V e di
Filippo II, scrittore di singolare fecondità e purezza di lingua.
Nipote di don Diego e Antonio Covarruvias, grandi giuristi, che dalla Spagna si
recarono al Concilio di Trento, dove Diego brillò per la sua dottrina accanto al
cardinale Buoncompagni, poi diventato papa col nome di Gregorio XIII.
Nel 1565 seguì lo zio Diego Rodrigo Covarruvias, vescovo di Segovia.
Lì ebbe la ventura d’incontrarsi con S. Teresa e S. Giovanni della Croce.
Quando S. Teresa, a Segovia, volle fondare il monastero, le fu vicino e quando il 19
marzo del 1574 le monache presero possesso della casa fu proprio lui a celebrare la
prima messa, comunicando S. Teresa e le sue compagne.
Santa Teresa lo ricorda nel Libro delle fondazioni: “Faceva quanto poteva per noi”.
Per due anni dal 1588 al 1591 ospitò nella sua casa i padri carmelitani a Segovia,
per la fondazione di un convento.
Si confessava da San Giovanni della Croce e “Un giorno manifestando l’aspirazione
a diventare vescovo, il santo padre Giovanni gli rispose che non stava bene…Poi lo
fecero vescovo di Agrigento dove ebbe molte sofferenze...”. La testimonianza è di
suor Maria di S. Giuseppe diretta a Segovia dal Santo
Ad Agrigento il vescovo tentò una radicale riforma,
ma gli interessi economici, di prestigio e di parte lo ostacolarono:
“por ser gente aspera et incorreggibile! ”heretici!”
Il vescovo Giovanni tornò in Spagna nel 1606. E qui casca l’asino
Il 20 maggio 1609 mandò al Generale dell’Ordine del Carmelo un documento
nel quale descriveva la relazione che ebbe con Santa Teresa. Questo fu il suo ultimo
scritto importante rimasto inedito per quasi 200 anni.
Morì l’anno dopo, il mercoledì 23 giugno 1610, dopo 4 anni un mese e 20 giorni di
episcopato dal suo ritorno in Spagna. Aveva sessantasei anni
“L’amore per le lettere sarà un tratto caratteristico del vescovo durante la sua
permanenza in Sicilia” (Manduca, vedi: Mongitore, Mirabella, Mazzuchelli)
Scrisse:
- Tratado de la verdadera y falsa prophecia 1588
- Paradoxas christianas contra las falsas opiniones del mundo , 1592
- Consuelo de los affligidos, Agrigento 1605
- Doctrina de principes enseneada por el santo Job Valladolid 1605
- Origines et principios delas letras
- Arte de la memoria
- Emblemas morales 1589 importante, tradotta anche in latino.
6
Sebastiano Bagolino (1562-1604) di Alcamo, il traduttore, era un latinista, un
disegnatore, un poeta e un musico.
Verso la fine del 1595, Horozco chiese a Bagolino di venire ad Agrigento per
lavorare alla traduzione degli emblemi e vi rimase un anno.
Era stato prima al servizio di Francesco II Moncada, principe di Paternò e conte di
Caltanissetta, ma troncò la sua carriera repentinamente per la morte del suo
protettore nel 1592. Fancesco Moncada, capitano generale dell’esercito del Regno
di Sicilia, morì a 23 anni, nella battaglia de Adernò contro i turchi. Era figlio di
donna Luisa de Luna de Vega e padre di don Antonio Moncada d’Aragona.
“Rendite di Agrigento: La Mensa Vescovile
rendeva 8.800 ducati (2.933 onze = 1.466.500 €)
[3 ducati faceva 1 onza che varrebbe oggi circa 500 € ]
ENTRATE: 1.466.500 € USCITE: 627.500 €
DI NETTO = 839.000 €
*HAEDO
Fra Diego de Haedo, zio e nipote, ambo monaci benedettini
Il primo nato a Santander inquisitore di Aragona, di Catalogna e Valenza, vescovo di
Agrigento prima di Horozco
Arcivescovo di Palermo gli ultimi 19 anni (1589 – 1608).
Palermo fu il privilegiato osservatorio per capire ciò che succedeva nel Nordafrica
Si dedicò pazientemente a compilare, con un elenco di testimoni, storia e geografia
di Algeri; a indagare sulla vita usi e costumi dei pirati barbareschi e sulla condizione
dei prigionieri cristiani e degli schiavi.
Fu ragguagliato soprattutto da tre testimoni che furono compagni di sventura di
Miguel de Cervantes Saavedra autore del “Don Chisciotte”:
Così compose una documentatissima opera su ciò che succedeva in Nordafrica.
Fece compilare l’opera a suo nipote che preparava come successore nella sede di
Palermo.
L’opera, Topographia e historia general de Argel, fu finita nel 1604 ma fu pubblicata
nel 1612 (dopo la morte dello zio) En Valladolid.
7
*Girolamo Graciàn
Nacque a Valladolid, 1545, suo padre era, segretario di Carlo V e Filippo II , sua
madre era Giovanna Dantisco, figlia dell’ ambasciatore di Polonia.
Direttore spirituale di S. Teresa di Avila e suo collaboratore nell’opera della riforma
carmelitana.
Espulso dall’Ordine andò a Roma per discolparsi, non ottenne nulla . Dopo 7 mesi
andò a Napoli e di lì in Sicilia.
Nell’Isola si fermò nove mesi, novembre 1593 -agosto 1594 (in Italia 8 anni)
Per entrare tra gli agostiniani (eremiti di Centuripe) Il 12 agosto 1593 Graziàn
presentò al priore degli agostiniani di Catania un documento del Provinciale
Agostiniano P. Vincenzo di Marsala del 22 luglio 1593 dato a Caltanissetta dal
convento della Grazia. Abbiamo la dichiarazione del Priore degli Eremiti di S.
Agostino di Catania, Taddeo Guzman, che riporta il permesso del Provinciale.
Graziano pensò prima di indossare l’abito agostiniano, di tornare a Roma dal papa.
Imbarcatosi a Geta per Roma, la nave fu assalita da una galea turca di pirati che di
notte assalì Gaeta, poi attraccò a Napoli con estrema sicurezza come se fosse a
Biserta o Tunisi.
“Mi spogliarono e un turco impresse la croce nella pianta dei piedi con un ferro
rovente”. “Di notte assalirono Gaeta, poi attraccò a Napoli con estrema sicurezza
come se fosse a Bizerta o Tunisi, distrussero molte imbarcazioni poi salparono alla
volta di Torre del Greco e di Castellamare del Golfo”.
“La resistenza dei cristiani era quasi nulla”; cristiani “che poi si sentono tanto
vanagloriosi da dire che le nostre galere non corrono alcun pericolo!”.
Razie di pirati 1593 – 1594:
In quella fregata 200 anime; dopo pochi giorni 14
Una nave con 30 – uccisero 2 domenicani
15 maggio a Biserta 90; fine maggio 4 fregate con circa 100;
pochi giorni dopo una fregata con 120; Inizio giugno 30;
da Trapani 4 giorni dopo 20; poco dopo una nave carica di sale con 23
“Mas a poco dias se hiciern los pies a los hierros, las narices al hedos, los hoios a la
oscuridad y el cuerpo a e echado sobre un cribente, de donde no podìa
lenantarme(allentarmi) sino (se non) para decir misa”.
Un commerciante venuto da Trapani, fratello di un rinnegato, maggiordomo del
Pascià, sparse la voce che conosceva Graziano - forse lo aveva sentito predicare - e
che per lo meno, valeva sei mila scudi. Graziano annotò, più tardi nel suo libro, le
parole che andava dicendo: “Il parrino - li chiamano così i sacerdoti in Sicilia - il
parrino pensava di tornarsene libero al suo paese, crepi ai ferri, che è spagnolo:
gli spagnoli hanno assoggettato la Sicilia, la nostra terra!”.
8
Queste righe che Graciàn riporta fanno intendere che c’era già una larga fascia di
siciliani, della borghesia e della nobiltà, che avrebbe fatto a meno del dominio
spagnolo. Può essere anche che il malcontento dei siciliani sia venuto alle sue
orecchie. Le diverse congiure e rivolte che scoppiarono qualche decennio dopo
(1647- 1650) (nel 1650 si accarezzò anche l’idea di coronare per il Regno di Sicilia il
duca Luigi Moncada, già di nostra conoscenza), finirono tutte con drastiche
decapitazioni e forche. Cfr.: Santi Correnti, La Sicilia del Seicento, Torino, 1976,
pagg. 21ss.
Fu venduto per 1.500 ducati = 500 onze = 250.000 €
L’11 aprile 1595 il Pascià di Tunisi firmò la lettera con cui veniva liberato. Giunse a
Genova.
Secondo Haedo, nel 1580 ad Algeri risiedevano 6.000 rinnegati. Il francese
padre Francois Dan, vissuto ad Algeri nei primi decenni del 1600, ci informa che
nella città, su una popolazione di 100.000 persone vi erano 25.000 schiavi e 9.000
rinnegati tra uomini e donne. Tunisi, città con meno abitanti, ospitava
4.500 rinnegati e 10.00 schiavi cristiani provenienti da tutta Europa.
Ritroviamo Graciàn ad Agrigento, ospite nel palazzo vescovile del conterraneo
Giovanni Horozco.
Il 7 novembre 1598 è a Licata, priore del nuovo convento da costruire accanto alla
chiesa che custodisce l’arca di S. Angelo. (Capitoli di fondazione)
Graciàn dice di avere scritto, assieme per altri santi, una “ Vita di S. Angelo”.
Il convento faceva capo alla Provincia di S. Angelo di Licata
dove probabilmente fu compilato il testo della Bolla Sabatina che compare proprio
in Sicilia nel primo quarto del quindicesimo secolo.
Clemente VIII proclama il 1600 Anno Santo e Fra Graziano scrive un volume-guida
al Giubileo. A Roma s’incontrerà di nuovo con Giovanni Horozco.
Possiamo pensare che, con certezza, Horozco ebbe tra le mani il “vademecum” di
trecentocinquanta pagine, pubblicato per l’occasione, dal titolo: “Trattato del
Giubileo dell’Anno Santo del P. M. F. Girolamo Gratiano carmelitano…” Questo
prezioso e gustoso libro, uscì nel novembre del 1599 in italiano. Per l’edizione
spagnola non si fece in tempo.
Probabilmente fu composto durante l’ultima permanenza dell’Autore in Sicilia.
Partì da Roma per Genova e nei primi di agosto partì verso la Spagna.
Nel luglio 1607 andrà alla volta di Bruxelles alternando la vita eremítica con la
predicazione, scrivendo e sopratutto lavorando alla beatificazione della Madre
Teresa di Gesù, cosa che riuscì a vedere, prima di morire, per Paolo V, il 24 aprile
1614.
Morì Bruxelles 21 settembre 1614
Nessun commento:
Posta un commento