venerdì 4 gennaio 2013

Rispondo qui alle salaci punzecchiate di Piero a Roberto Salvo.

Non mi è riuscito di inviare un nota di commento a quanto oggi Piero Carbone pubblica nel suo blog. Non voglio perdere il gusto del mio chiosare fuori le righe. Mi perdonerà Piero, ma non è profanazione la mia, solo stima ed affetto. Un pizzico di ammonimento non fa poi male!


 Ti ho letto e come al solito mi hai deliziato. Sai scrivere non c'è che dire. Mi pare però che talune cose son datate e evangelicamente mi piace ripetere "lascia che i morti seppelliscano i morti". Col direttore "letterario" ho attenuato i toni, ma il professore è tetragono. Sta lungi dalle nostre ambasce. Farebbe bene tuttavia a dimettersi. Sciascia non ha nominato alcun amministratore, oltretutto giuridicamente manco poteva. Voleva una consorteria intellettualistica a presidio del suo buon nome (ed era ed è tanto che non ce n'era e non ce n'è bisogno)  e delle cose che lasciava in dote (quali?). Lasciamo perdere. Oggi si può e si deve dire che lo "scopo" della Fondazione è fallito e pertanto la Fondazione per il codice civile dovrebbe vedersela con gli articoli 27 e 28. Quanto alle negligenze delle autorità di controllo, prima o poi qualcuno solleverà il caso. Se lo mettano bene in testa certi generi ed ex generi e certi designati oltretutto per vie traverse.
Ma i problemi più gravi per la citadinanza - cui fanno un baffo le ciarle propiziatorie dei blog social-proletari - sono quelli del lavoro, dello sviluppo economico,della esaltazione delle vocazioni turistiche, dell'alleggerimento dell'insopportabile carco impositivo, della ripartizione delle istituzioni culturali in base alle affinità politiche anziché alle capacità manageriali. Soluzioni? Tante ed a portata di mano. Ho tambureggiato in proposito, ma nulla ho ottenuto, neppure accademico ascolto, magari con le FIERE scuse che sono "desueto e antiquato" e magari che sono eccessivo nel fustigare i profanatori del tempio, anzi di grandi e piccole chiese, di sagrestie, di circoli, di prolochi, di no-profit, di bande e bandiere e banderuole. Fa parte dell'umano convivere dei tempi democratici, sempre preferibli alle dittature, ai fascismi, ai clientelismi un tempo del pipino, forse oggi noiosamente solo ciuceschi. Ma la forza delle istituzioni è inarrestabile; già  sono troppo ottimista: vedrò soluzioni mirabili a cominciare dal passaggio dal meschinello tecnocraticismo di oggi alla resurezione democratica che dovrebbe celebrarsi prima che si esaurisca il corrente anno. Vivaddio, nonostante la caducità dei miei ottant'anni farò in tempo a vedere una risorta RACALMUTO, più prospera di quella dei tempi dello zolfo ottocentesco. Non saranno né i Matrona né i Tulumello di allora ma forze nuove, intatte, giovanili. che nessuno può irreggimentare, che nessuno può farli apparire come catecumeni da inquadrare in greggi parrocchiali.

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