domenica 29 dicembre 2013

la trasmissione negatami da studio98

Stesura di uno sceneggiato che non i è potuto realizzare  per la indisponibilità della televisione locale dei signori Sferrazza.
 
 
Studio 98 parte con la puntata sesta di LE PARROCCHIE DI GIRGENTI [ritocchi nei titoli di testa.]
Inizia il PIANO CONCERTO n. 1 di Chiajkovkij
a sottolineare il titolo
APPUNTI PER UNA MOSTRA SU UN ARDUO CONNUBIO SCIASCIA-AGATO BRUNO: LE FAVOLE (LE TAVOLE) DELLA DITTATURA‏
Breve apparizione di Palermo-Taverna dell'esordio delle sesta puntate delle PARROCCHIE
Palermo intervista TAVERNA
Palermo
- sappiamo dunque che lei con il professore Agato Bruno intende lanciare una mostra inconsueta: il connubio letterario-pittorico tra il nostro grande Leonardo Sciascia e il pittore-preside di fama internazionale Agato Bruno.
Taverna
Appunti, e siamo qui a Srudio98 a riprendere nostre antiche e felicili collaborazioni.
Palermo
Iniziamo da Sciascia: a quale opera si riferisce?
Taverna
Alla sua prima opera: le favole della dittatura
Palermo
Quando Sciascia le scrisse queste favole, che non ci risultano molto reclamezzate
Taverna
infatti non sono molto note: Sciascia scrisse le sue Favole della Dittatura in un arco di tempo che un punto d’origine molto arretrato, pensiamo attorno al 1944 e un dies ad quem, che per noi sfiora ma non supera il 1949, quando si sucida il fratello che segnò profonda cesura stilistica, etica, umorale e altro ancora per Leonardo Sciascia.
                                                                                                                                                                                             [Proiettare il passo della sesta puntato ove leggo i versi in latino della tomba del fratello]
Palermo
in che ossasione e con quale spirito Sciascia compose le sue FAVOLE DELLA DITTATURA?
Taverna
Mentre si annoiava al Consorzio Agrario, ad ammassare frumento anche requisito, in ufficio di vago sapore poliziesco, lui animo pacifico, lungi da ogni violenza persino verbale. Credo che pochi lo poterono cogliere in un attimo di veemente ira.
Palermo
Eppure in quel periodo scrisse una poesia  sul fastidioso amico che gli butta una mosca nel "piatto povero" appena volta le spalle.
Taverna
Sì, e' vero! ma neppure allora si arrabbiò: sorrise è infilzò il collega (crediamo di rastrellamento granario prima e in veste di maestro elementare - annoiatssimo– dopo); già  tentava di mettergli “nel piatto povero .. lo schifo di una mosca”.
Crediamo che sia stato don Pino a molestare tanto il nostro Sciascia. Il quale però dovette saper ben nascondere il suo dispetto tanto da  far credere a chi fastidiosamente gli stava appiccicato di essere il suo più grande amico. Come si sa essere in Sicilia.

  [inizia la carrellata da DVD delle pubblicazioni Bardi prima e della sesta puntata di Le Parrocchie di Girgenti. Come commento sonoro Lettura e musica del fratello di Agato Buono, tolta la designazione di ROBERO SCIASCIA che è errata. Utilizzare il DVD].
Taverna
[interrompendo quanto prima]
Erano tempi in cui l’Autore “imparava a scrivere”. E su quali sillabari? Savarese, Cecchi e Barilli. Barilli con il suo raffinatissimo ma estetizzante gusto musicale lasciò tracce sparute. Ancor meno Cecchi. Ad eccezione di qualche foglio sparso non trovo nulla che possa avvicinarsi alla imperante (allora) prosa d’arte. Invece Savarese lascia impronte indelebili: nel capolavoro di Sciascia, LE PARROCCHIE, gli echi dell’Ennese ci stanno e come persino quasi nel titolo (chiunque l’abbia messo) .“In quache modo volevo – puntigliosamente annota Sciascia, persino in contrasto con Pasolini - rendere omaggio a Savarese, autore dei FATTI DI PETRA”, La seconda ragione per consentire il ribattezzo di Racalmuto in Regalpetra.
Diciamolo subito: Savarese, che muore nel 1945, fu scrittore fascistissimo come quasi tutti quelli della Ronda. E Sciascia si confessa: ha imparato a scrivere «proprio sugli scrittori “rondisti”». Nato e cresciuto fascista, in famiglia fascista, ama scrittori fascisti e si cimentò con loro, anzi si esercitò su di loro.Dirà: “per quanto i miei intendimenti siano maturati in tutt’altra direzione, anche intimamente restano in me tracce di un tale esercizio” ed, aggiungiamo noi, della sottesa fede politica.

[A questa punto: carrellata da DVD delle tavole di Agato Bruno. In sottofondo lettara del fratellocome prima e sua misica come prima. Intenzionalmente non colegare tavola e pittura]
[ finita la carrellata, tornano Taverna e Palermo]
Palermo
abbiamo sentito i versi di Sciascia, abbiamo ammirato la traslazione pittorica di Agato Bruno; ottima lettura e commento musicale di Peppe Agato, fratello del pittore, qual è  il suo contrappunto?

Taverna
Due chiese Sciascia odiò con sincerità: la cattolica e la comunista, tout court la politica politicante. Amico di un professore marxista, di Mannino, di Andreotti persino dopo una inziale frizione; e possiamo dire anche di Craxi e Cossiga; con Guttuso finì male e con Pannella non diciamo tutta la verità per paura di querele.Si pensi che ci confidarono che in ultimo lo allettò la profferta di una candidatura da parte di Almirante. L’immatura morte ci precluse imprevedibili evoluzioni politiche del Nostro.
Sciascia amò la Racalmuto delle adunate, le sfilate delle giovani italiane, gli ammiccamenti che il regime con la maestra Taibi consentiva in una Racalmuto sotto la musoneria di preti ed arcipreti sessuofobi (a prescindere dalle loro private ma ben ascose birichinerie). Sciascia non amò i preti specie quelli che gli si strisciavano addosso ammaliati dal suo ateismo. Sì, ieri alle ore 10,25, credetti in Dio …… Che è colpa mia se ho conosciuto un solo prete degno! Leggere FUOCO ALL’ANIMA per capire e annuire.
Arrivano gli americani, arriva la Kermesse; Sciascia rabbrividisce. Esplode rabbia, cattiveria, violenza in paese. Per Sciascia la fattoria di Orwel gli si para davanti, ora. A Racalmuto- durante il fascismo, sotto Mori, solo un paio di omicidi prontamente perseguiti – ora dopo la “liberazione”un morto aggiorna ogni mattina, sentivo dire nella mia infanzia. Il caos, l’invidia, l’esecuzione crudele del nuovo sindaco, per tanti versi benefattore e protettore di Sciascia. Un mondo di bestie, di furbi, di cattivi, di imbecilli, popola la mente e la fantasia di Sciascia: sono i veri spunti delle Favole della Dittatura, con brutto neologismo diremmo le favole della “post-dittatura”. Pasolini nel 1951 non capì. La valentia scrittoria del grande linguista ebbe il sopravvento sul giudizio riduttivo che siffatte false favole contro la presunta dittatura fascista a chi conosce Sciascia nell’intimo ispirano.
Aggiungasi l’evidente stridore lessicale; la ricerca del vocabolo da prosa d’arte, alla Cecchi. Ma a Sciascia quella lingua ricercata non è consona. Qualche esempio. Se deve descrivere un lupo a Racalmuto – dove di lupi non ce ne stanno e tantomeno di ruscelli -ricorre ad un artato “torbo” da coniugare con specchio: una endiade un po’ troppo cerebrale. E dopo sofismi antitetici a quelli del favolista latino di Superior Stabat lupus non sa dirci altro che un termine non favolistico come “lacerare”: il lupo “d’un balzo gli fu sopra a lacerarlo”. E se una lezione politica vogliamo cogliere è una lezione politica ribaltata: nella dittatura razionalità anche nella bestialità, nel nuovo corso, solo violenza senza ragione, violenza raccapricciante come quel ”lacerare” le candide carni del tenero agnellino. Erano tempi di uomini qualunque schiacciatt e di merli gialli e di becchi gialli vituperanti.Sono ora le scimmie a predicare l’ordine nuovo: si vuole “un tripudio dolcissimo, una fraterna agape vegetariana”. Chi non ricorda – se ha l’età mia – “per un mondo migliore” di padre Lombardi S.J.?
Già, ma se un topo si mette a giocare con un gatto, “si trova rovesciato sotto le unghie del recente amico”. Allora capisce “che la cosa si mette come per l’antico”. «Con tremula speranza – sempre Sciascia – ricordò al gatto i principi del nuovo regno. “Sì”, rispose il gatto, “ma io sono un fondatore del nuovo regno”. E gli affondò i denti nel dorso.»
Favole, certo; ma non contro la cessata dittatura – di cui anzi si ha nostalgia – ma contro il preteso “ordine nuovo”, quello che da un lato macchiava Portella delle Ginestre di sangue rosso, ma dall’altro poteva anche esserci violenza sotto le bandiere rosse persino di un Li Causi.
Ovvio che noi non accettiamo questo manicheismo: dittaura=ordine sociale: ordine nuovo=caos violento. Giustizia che latita: un’ossessione che a dire il vero Sciascia si portò coerentemente sino alla morte.
Agato Bruno, pittore maturo, non in cerca di una qualsiasi cifra espressiva. Ma con gnosi politica radicata, col possesso di un’arte di fascinosa attrattiva cromatia, con vezzo georgico virgiliano, ebbro di sole, di luce, di vita quale ispirazione può suggere da siffatte implumi favole alla Fedro rovesciato? Nessuna, avremmo voglia di affermare. Ma, forse senza volerlo, il pittore, l’artista Agato Bruno una consonanza la trova in Sciascia ma è lo Sciascia raro, pudico, quello idillico che traspare solo in uno scritto minore de GLI AMICI DELLA NOCE.

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