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Zolfo di Sicilia
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(SCN)
« ...Scìnninu, nudi, ‘mmezzu li lurdduma
di li scalazzi
‘nfunnu allavancati;
e, ccomu a li pirreri
s'accustuma,
vannu priannu:
Gesùzzu, piatati!...
Ma ddoppu, essennu
sutta lu smaceddu,
grìdanu, vastimiannu
a la canina,
ca macari “ddu
Cristu” l'abbannuna...[1] »
(IT)
« ...Scendono, nudi, in mezzo alla sporcizia
cadendo in fondo
dalle scalacce;
e, mentre si
avvicinano agli spietratori
vanno pregando: Gesù
mio, pietà!...
Ma dopo, essendo
sotto quello sfracello,
gridano, bestemmiando
come cani,
che anche “quel
Cristo” li abbandona...[2] »
(Alessio Di Giovanni)
Lo zolfo di Sicilia è stata una delle più importanti risorse
minerarie della Sicilia, non più sfruttata. L'area interessata dai grandi
giacimenti è quella centrale dell'isola ed è compresa tra le province di
Caltanissetta, Enna ed Agrigento: L'area è anche nota ai geologi come altopiano
gessoso-solfifero. L'area di sfruttamento minerario si estendeva tuttavia anche
fino alla Provincia di Palermo con il bacino di Lercara Friddi e alla Provincia
di Catania, di cui faceva parte fino al 1928 una parte della provincia di Enna;
essa è quella nella quale nell'ultimo quarto di millennio si è svolta
l'estrazione, la lavorazione e il trasporto dello zolfo. Per un certo periodo
ha rappresentato anche la massima zona di produzione a livello mondiale.
Cristalli di zolfo
dell'agrigentino
Indice [nascondi]
1 Storia
2 Miniere di zolfo 2.1 Provincia di Agrigento
2.2 Provincia di Caltanissetta
2.3 Provincia di Catania
2.4 Provincia di Enna
2.5 Provincia di Palermo
3 Estrazione del minerale
4 Incidenti in miniera
5 Metodi di raffinazione
6 Trasporto del minerale
7 La cultura dello zolfo 7.1 Strutture museali
7.2 Arte e letteratura
8 Parco minerario
9 Note
10 Bibliografia
11 Voci correlate
12 Altri progetti
13 Collegamenti esterni
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Il prelievo dello zolfo di affioramento avveniva anche in
tempi molto antichi, si sono infatti trovate vestigia minerarie risalenti al
200 a.C.; questo veniva usato in medicina da tempo immemorabile ma i Romani lo
utilizzarono anche a scopo bellico mescolandolo ad altri combustibili.[3]
A metter in moto lo sfruttamento su larga scala dello zolfo
siciliano fu la scoperta del metodo Le Blanc (1787) per la fabbricazione su
scala industriale della soda. Lo zolfo, ingrediente fondamentale anche per la
produzione della polvere da sparo, assunse allora un'importanza strategica pari
a quella ricoperta nell'era moderna dall'uranio. Durante le guerre napoleoniche
numerosi capitalisti britannici cominciarono ad interessarsi delle zone
minerarie a cielo aperto che si trovavano in prossimità dei porti della Sicilia
meridionale. Dopo la pace e la restaurazione del 1815 anche varie imprese
francesi iniziarono la loro attività nel settore in virtù dello sviluppo della
produzione e della richiesta dell'acido solforico che ebbe un'ulteriore effetto
propulsivo sull'estrazione del minerale siciliano.[4] Lo sviluppo
dell'estrazione su base industriale iniziò intorno al 1820, su iniziativa dei
reali borbonici, che cercarono sempre di piegare lo sfruttamento di questo
importante settore minerario all'interesse nazionale, ma dovettero spesso
cedere alle pressioni esterne di Francia e Inghilterra, le superpotenze
dell'epoca[senza fonte]. Negli anni tra 1828 e 1830 l'esportazione di zolfo
verso gli opifici di Marsiglia per la produzione di soda e acido solforico
raggiunse e superò le 35.000 tonnellate.[5] Vari motivi contingenti, tra cui la
sovrapproduzione, fecero sì che dal 1830 in poi l'industria zolfifera avesse
alti e bassi con oscillazioni dei prezzi piuttosto sostenute anche per la
concorrenza delle piriti estratte nel centro Italia, e lavorate in loco, il cui
costo di trasporto era inferiore. I tentativi di stabilire industrie produttive
di acido solforico e soda in Sicilia non ebbero per varie ragioni molto
successo[6]; nel 1838 Ferdinando II aveva concesso il monopolio dello zolfo
siciliano alla società francese Taix & Aycard che in cambio prometteva lo
sviluppo di industrie di trasformazione e la costruzione di 25 km di strade
carrozzabili l'anno. Tuttavia questa scelta non condusse ai risultati sperati,
poiché i prezzi di mercato salirono eccessivamente, le iniziative industriali
non ebbero seguito, e si manifestò la dura opposizione della Gran Bretagna che
minacciò addirittura il sequestro delle navi siciliane, così nel 1846 gli
accordi in tal senso vennero revocati.[7][8] Il più grande importatore, nel
1849, era rappresentato dall'Inghilterra, ma lo zolfo era venduto in grandi
quantità anche agli Stati Uniti.
Lo sviluppo di metodi di utilizzazione delle piriti (di
costo molto più basso) al posto dello zolfo nella produzione dell'acido
solforico assieme alla diffusione del metodo Solvay per produrre soda
artificiale furono determinanti nella progressiva perdita di quote di mercato,
in particolare in Germania e Inghilterra, con conseguente crollo dei prezzi
dello zolfo siciliano. La produzione continuò fino alla fine dell'Ottocento ma
il crollo dei prezzi di vendita mise in crisi tutto il settore.
Nel 1896 venne costituita a Londra la Anglo-Sicilian Sulphur
Company Limited una società di cui faceva parte Vincenzo Florio, che ne era il
procuratore per la Sicilia, e un gruppo di investitori interessati tra cui gli
inglesi Benjamin Ingham e Agostino Porry; lo scopo era quello di rilanciare la
commercializzazione di acido solforico e derivati dello zolfo[9]. Gli accordi
stipulati con la Anglo-Sicilian-Sulphur Co. permisero ai produttori l'accesso
al credito per il finanziamento di impianti industriali più moderni migliorando
le strutture delle miniere[6]. Per un certo periodo il settore solfifero
siciliano venne risollevato dalla crisi in cui era precipitato; i prezzi che
nel 1895 erano scesi a 56 lire a tonnellata già qualche anno dopo si erano
erano stabilizzati a 90-95 lire.
A rilanciare la richiesta di zolfo fu anche la seria diffusione
di una malattia delle piante, l'Oidio; un fungo parassita della vite colpì i
vigneti di tutta Europa devastandoli. L'unico rimedio per prevenirne la
diffusione era l'irrorazione delle piante con polvere di zolfo in soluzione
acquosa. La raffinazione e la macinazione dello zolfo divennero quindi di nuovo
redditizie con la nascita di raffinerie e impianti molitori in varie località
costiere del licatese fino a Porto Empedocle e nella città di Catania.
Uno dei problemi alla base delle varie crisi del settore era
la carenza infrastrutturale nei trasporti,[10] mancanza di strade di
comunicazione, mancanza di porti che permettessero l'approdo delle grosse navi
da carico, assenza di mezzi meccanici e ferrovie[11] che i vari governi avevano
trascurato e che il nuovo Regno d'Italia affrontava con poca determinazione.
Nei primi anni settanta del XIX secolo il sindaco di Catania Tenerelli,
finanziere e imprenditore del settore zolfifero, denunciava il ritardo con cui
si procedeva nella costruzione della Ferrovia Palermo-Catania come motivo
principale di paralisi dell'industria zolfifera.[12] Infatti, solo dopo
l'apertura della tratta fino a Villarosa (1876), realizzata in subappalto da
Robert Trewhella (anch'egli grosso imprenditore zolfifero del catanese) lo zolfo
poté giungere celermente alle raffinerie della città e al Porto di Catania.
Tale fatto portò la città ad assumere un ruolo preminente nel settore,[13]
perché abbatté a quasi la metà il prezzo unitario di trasporto, fino al tempo
realizzato per mezzo dei carramatti, sorta di carri da carico tirati da robusti
cavalli da tiro.[14]
Carusi all’imbocco di
un pozzo della zolfara;1899
Verso la fine del secolo XIX erano presenti e attive oltre
700 miniere con un impiego di forza lavoro di oltre 30.000 addetti. Le cui
condizioni di lavoro tuttavia rimanevano al limite del disumano. Gli anni di
fine secolo videro quindi la nascita e lo sviluppo delle prime organizzazioni
sindacali e l'inizio degli scioperi per ottenere più umane condizioni di
lavoro.[15] Gli zolfatari furono quelli che più di tutti parteciparono alla
costituzione dei Fasci dei lavoratori: nel maggio 1891 si costituì il Fascio di
Catania, nell'ottobre 1893 a Grotte, paese minerario in provincia di Agrigento,
si tenne il congresso minerario. Al congresso parteciparono 1.500 fra operai e
piccoli produttori. Gli zolfatari chiedevano di elevare per legge a 14 anni
l'età minima dei carusi di miniera sfruttati fin'allora come schiavi, la
diminuzione dell'orario di lavoro (che era praticamente dall'alba al tramonto)
e il salario minimo. I piccoli produttori chiedevano provvedimenti che li
affrancassero dallo sfruttamento dei pochi grossi proprietari che controllavano
il mercato di ammasso ricavandone, loro, tutto il profitto. I Fasci tuttavia
vennero sciolti d'autorità dal Governo Francesco Crispi all'inizio del 1894
dopo che negli scontri con l'esercito erano morti oltre un centinaio di
dimostranti in un solo anno.[16] Il settore era entrato in crisi negli anni
novanta e la società anglo-siciliana aveva spostato i commerci su Porto
Empedocle dove i costi erano inferiori provocando serie ripercussioni
sull'economia catanese.[17]
Nel 1901 le unità lavorative raggiunsero il livello massimo
di trentanovemila con 540.000 tonnellate di minerale di zolfo estratto.[6]
La società anglo-sicula continuò ad operare ma cessò
l'attività in conseguenza della diffusione del nuovo metodo di estrazione
Frasch diffusosi negli Stati Uniti che, abbassando drasticamente i costi di
estrazione, rese non più competitive le miniere di Sicilia alle quali il metodo
non era applicabile a causa della differente conformazione e composizione dei
giacimenti.
La prima guerra mondiale aumentò le difficoltà di
approvvigionamento dei materiali per l'industria e diminuì i minatori in conseguenza
della chiamata al fronte della gran parte della forza lavoro. Alla fine della
guerra l'industria dello zolfo americana si accaparrò gran parte del mercato
mondiale. Nel 1927 il fascismo demanializzò il sottosuolo minerario creando
l'Ente Nazionale Zolfi Italiani con sede a Roma accentrandovi tutte le attività
estrattive, commerciali ed economiche non riuscendo tuttavia nell'intento di
risollevare il settore. La produzione siciliana di zolfo riprese un po' di
fiato solo dopo il 1943, a guerra finita (in Sicilia), ma solo fino ai primi
anni cinquanta dato che l'America impegnata nella guerra di Corea canalizzava
verso l'industria bellica le risorse.[6]
La successiva ripresa della produzione industriale americana
rastrellò di nuovo tutti i mercati bruciando la concorrenza con bassi prezzi
nonostante il protezionismo italiano sia a livello di Governo centrale che
regionale (che nel 1962 aveva creato allo scopo l'Ente Minerario Siciliano). I
provvedimenti adottati non fecero altro che prolungare inutilmente la lenta
agonia del settore zolfifero isolano fino a quando la liberalizzazione del
mercato voluta dal Mercato Europeo Comune non ne ha decretato la fine. Nel 1976
la produzione di zolfo isolano non aveva superato nel complesso le 85.000
t.[18] A partire dal 1975 varie leggi hanno prodotto la progressiva chiusura
delle miniere Musala, Zimbalio, Gaspa La Torre, Baccarato, Giangagliano,
Floristella, Grottacalda, Giumentaro per citarne le maggiori; oggi non ne
rimane nessuna in attività.
Miniere di zolfo[modifica | modifica wikitesto]
Alcune tra le centinaia di zolfare divise tra le provincie
della Sicilia centrale:
Provincia di Agrigento[modifica | modifica wikitesto]
Imbocco di miniera
abbandonata a Cianciana
Minerale greggio di
zolfo; provenienza, Agrigento
Zolfo frammisto a
bitume, proveniente dalle miniere di Cozzo Disi, Casteltermini, in provincia di
Agrigento
Ultime vestigia a
Catania del grande apparato industriale di lavorazione dello zolfo: una
ciminiera e il fabbricato attiguo abbandonato.Milione, nei pressi di Agrigento
Cinié, nei pressi di Alessandria della Rocca, in località
Cinié
Mandra, nei pressi di Aragona
Balata, nel territorio di Bivona, in località Balata
Bifara (Campobello di Licata)
Favarotta (Campobello di Licata)
Giammaccarrone, nei pressi di Campobello di Licata
Serra di Mendola (Campobello di Licata)
Verdilio-Mintina, nei pressi di Campobello di Licata
San Giovannello, nei pressi di Casteltermini
Scironello, nei pressi di Casteltermini
Viadimezzo, nei pressi di Casteltermini
Cozzo Disi, tra Casteltermini e Campofranco, in località
Montelongo, attiva fino al 1992 e ora visitabile come miniera-museo, esempio di
archeologia industriale.
Collorotondo, nei pressi di Cattolica Eraclea
Malacarne, nei pressi di Cattolica Eraclea
Marco, nei pressi di Cattolica Eraclea
Margitello, nei pressi di Cattolica Eraclea
Cappadone, nei pressi di Cianciana, in località Falconera
Groticelli, a nord-ovest di Cianciana
Grotticelli, a nord-est di Cianciana
Guidi, nei pressi di Cianciana, in località Raddoli
Falconera, a nord-est di Cianciana
Mormino, nei pressi di Cianciana, in località Raddoli
Passarello, a nord-est di Cianciana
Passo di Sciacca, a nord-ovest di Cianciana
Polizzi, nei pressi di Cianciana
Tamburello, nei pressi di Cianciana, in località Raddoli
Fiumarazza-Grassagliata, nei pressi di Comitini
Montagna, nei pressi di Comitini
Stretto Cuvello, nei pressi di Comitini, chiusa nel 1974
Cucca, a Favara
Falsirotta, nei pressi di Favara
Poggio di muto, a Favara
Prilo, a Favara
Roccarossa, a Favara
Salamone, nei pressi di Favara
Ciavolotta, tra il comune di Favara e Villaggio Mosè,
frazione di Agrigento
Lucia, tra il comune di Favara e Villaggio Mosè, frazione di
Agrigento
Cinta di Joppolo Giancaxio, nei pressi di Joppolo Giancaxio,
in località Cinta
Vallone secco, nei pressi di Licata
Barriera, nei pressi di Naro
Ciccobriglio, nei pressi di Naro
Gambecorte, nelle vicinanze di Naro, in località Perciata
Gibbesi, nelle vicinanze di Naro, in località Gibbesi
Mintinella Virdilio nei pressi di Naro
Sciacca, nelle vicinanze di Naro, in località Perciata
Gibeldolce, nei pressi di Palma di Montechiaro
Montegrande, nei pressi di Palma di Montechiaro
Sciuvè, nei pressi di Palma di Montechiaro
Bonomo (Area di Racalmuto)
Donna Fara, nei pressi di Racalmuto
Frate Paolo (Area di Racalmuto)
Gibellini, tra Racalmuto e Montedoro, in provincia di
Caltanissetta
Grillo (Area di Racalmuto)
Piano di Corsa (Area di Racalmuto)
Piriò (Area di Racalmuto)
Quattro Finaite (Area di Racalmuto)
Quattro Tumoli (Area di Racalmuto)
San Marco (Area di Racalmuto)
Scifitello (Area di Racalmuto)
Stagnone (Area di Racalmuto)
Villanova (Area di Racalmuto)
Arciprete, nei pressi di Raffadali
Guarnì, nei pressi di Raffadali
Travale, nei pressi di Ravanusa, in località Conte
Lamela, nei pressi di Sant'Angelo Muxaro
Mizzaro, nei pressi di Sant'Angelo Muxaro
Virzì, nei pressi di Siculiana, in località Virzì
Gibellina Inglese e Savatteri [non chiaro]
Provincia di Caltanissetta[modifica | modifica wikitesto]
Marcato Grande, nei pressi di Acquaviva Platani
Porcheria, nei pressi di Acquaviva Platani
Marchese, nei pressi di Bompensiere, in località Marchese
Scimè, nei pressi di Bompensiere, in località Scimè
Muculufa, nei pressi di Butera, dichiarata nel 1988 sito di
interesse pubblico
Benuntende (area di Caltanissetta)
Gessolungo, nell'area di Caltanissetta
Giumentaro, nei pressi di Caltanissetta
Iungio Tumminelli, nell'area di Caltanissetta
Saponara, nell'area di Caltanissetta
Serradigessi, nei pressi di Caltanissetta
Stretto, nell'area di Caltanissetta
Trabonella, nell'area di Caltanissetta, collegata da una
linea a scartamento ridotto alla vicina ed allora attiva Stazione di Imera,
aperta appositamente nel 1825
Falzirotta Failla (area di Delia)
Giffarò, nei pressi di Delia, unica miniera di zolfo a cielo
aperto
La Grasta, a nord di Delia e Sommatino, chiusa nel 1987
Bubonia, nei pressi di Mazzarino
Rigiulfo, nei pressi di Mazzarino
Gallitano (Mazzarino)
Pietrevive, nei pressi di Montedoro
Segreto del Sonno, nei pressi di Montedoro in località
Gibellina
Stazzone, nei pressi di Montedoro in località Stazzone
Gibellini, tra Montedoro e Racalmuto, in provincia di
Agrigento
Mandradipiano, nei pressi di Mussomeli
Bosco (area di Serradifalco)
Baglivo
Mendola
Lanzirotti
Gebbiarossa
Grottarossa (San Cataldo)
Pergola, nei pressi di San Cataldo
Stincone, nei pressi di San Cataldo, in contrada Stincone,
attiva dagli inizi del '700
Barrachella, nei pressi di Sommatino
Portella di pietra, tra Sommatino e Riesi
Trabia Tallarita, tra Sommatino e Riesi
Abate Figlia, nei pressi di Sutera, in località Cimicia, di
proprietà dei PP. Benedettini di Palermo
Conca d'Oro, nei pressi di Sutera, in località Cimicia, di
proprietà dei PP. Benedettini di Palermo
Cozzo a mezzo, nei pressi di Sutera, in località Cimicia, di
proprietà dei PP. Benedettini di Palermo
Cozzo tramonta, nei pressi di Sutera, in località Cimicia,
di proprietà dei PP. Benedettini di Palermo
Cozzo travala, nei pressi di Sutera, in località Cimicia, di
proprietà dei PP. Benedettini di Palermo
Giona, nei pressi di Sutera
Grotta Affumata, nei pressi di Sutera, in località Cimicia,
di proprietà dei PP. Benedettini di Palermo
Pietre bianche, nei pressi di Sutera, in località Cimicia,
di proprietà dei PP. Benedettini di Palermo
Tenuta, nei pressi di Sutera, in località Cimicia, di
proprietà dei PP. Benedettini di Palermo
Zorra di Martino, nei pressi di Sutera, in località Cimicia,
di proprietà dei PP. Benedettini di Palermo
Stincone-Bosco (Serradifalco)
Mendolilla
Provincia di Catania[modifica | modifica wikitesto]
Balchino, nei pressi di Caltagirone
Scala, nei pressi di Caltagirone
Calasari, in territorio di Ramacca, località Calasari
Provincia di Enna[modifica | modifica wikitesto]
Cannamela, nei pressi di Agira
Garruba, nei pressi di Agira
Pozzo (gruppo zolfare di Agira)
Salicio, nei pressi di Agira
San Paolo, nei pressi di Agira
Sant'Agostino (in comune di Agira)
Baccarato, nei pressi di Aidone
Feudonovo, nei pressi di Aidone
Finocchio, nei pressi di Aidone
Bambinello (Assoro)
Capobianco (Assoro)
Donna Carlotta (Assoro)
Morticello (Assoro)
Ogliastrello (Assoro)
Panche, nei pressi di Assoro, gruppo delle solfare di Agira
Pietramaggiore (Assoro)
Piliere (Assoro)
Rassuara (Assoro)
Sparacio (Assoro)
Vodi, nei pressi di Assoro, attiva dagli inizi del '700
Zimbalio e Giangagliano, nei pressi di Assoro, prima
separate, poi congiunte, chiusa nel 1975
Galati, nei pressi di Barrafranca, attiva dagli inizi del
'700
San Giovanni, nei pressi di Calascibetta
Muglia, nei pressi di Centuripe
Salina (Centuripe)
Caliato (Enna)
Cannarella (Enna)
Capodarso (Enna)
Giumentaro (Enna)
Pagliarelo-Respica (Enna)
Pasquasia, nei pressi di Enna
Salinella (Enna)
Salvatorello (Enna)
Torre, poi Severino, nei pressi di Enna, attiva dagli inizi
del '700
Faccialavata (Leonforte)
Floristella, nei pressi di Piazza Armerina, oggi Parco
minerario insieme a Grottacalda
Grottacalda
Musalà, nei pressi di Pietraperzia
Torricchia, nei pressi di Regalbuto
Gaspa La Torre (Villarosa)
Pagliarello (Villarosa)
Santo Padre (Villarosa)
Garciulla (Villarosa)
Pietragrossa e Gallizzi
Salinella Volpe
Provincia di Palermo[modifica | modifica wikitesto]
Colle Croce (in territorio di Lercara Friddi)
Colle Friddi (in territorio di Lercara Friddi)
Colle Madore (in territorio di Lercara Friddi)
Colle Serio (in territorio di Lercara Friddi)
Fiorentino Colle friddi, nelle vicinanze di Lercara Friddi
Sertorio, nelle vicinanze di Lercara Friddi, in località
Croce
Sociale Colle croce, nelle vicinanze di Lercara Friddi
Estrazione del minerale[modifica | modifica wikitesto]
Imbocco di una
miniera di zolfo
Secondo i ricercatori il ritrovamento archeologico di una
scritta a rilievo su tavoletta di argilla in contrada Puzzu Rosi, nell'area
mineraria comitinese in Provincia di Agrigento, testimonia dello sfruttamento
del minerale sulfureo in epoca imperiale romana. Sembra comunque, da reperti
del Monte Castellazzo, che già nel 1600 a.C. vi fossero commerci del prodotto
con popolazioni Egee.[19] Si trattava in genere di minerale di affioramento e
di cave a cielo aperto presenti un po' dovunque in tutta l'area nisseno-agrigentina.
Il metodo di scavo, rudimentale, con pale, picconi e ceste per il trasporto
rimase pressoché lo stesso fino alle soglie del XIX secolo. La richiesta sempre
più alta di zolfo, per la produzione di polvere da sparo, acido solforico e
soda, soprattutto da parte di Francia e Gran Bretagna, nel Regno delle due
Sicilie venne soddisfatta incentivando l'apertura di nuove miniere, nelle quali
il minerale veniva estratto seguendone il filone e scavando nuovi pozzi e
gallerie sempre più in profondità. Il lavoro di minatore in Sicilia nacque
proprio in quel periodo e pur essendo un lavoro durissimo venne visto come
un'ulteriore occasione di lavoro per i contadini che vi si adattarono senza
grosse difficoltà. Si formarono delle categorie vere e proprie come quella dei
pirriaturi (o picconieri) che staccavano il minerale e i carusi, spesso bambini
di 7-8 anni[20]che lo trasportavano in superficie con dei contenitori sulle
spalle risalendo gli stretti cunicoli centinaia di volte.[21]Il tutto era
guidato dai sorveglianti o capumastri. Il sistema di sfruttamento prevedeva la
cessione in gabella della miniera da parte del proprietario al capo picconiere
che aveva interesse a produrre il massimo per potere spuntare un guadagno. I
metodi di estrazione tuttavia rimasero sempre antiquati; questo fatto unito
all'estremo sfruttamento del lavoro dei minatori furono spesso causa di
terribili incidenti per tutto il periodo di attività, fino ai giorni nostri.
Incidenti in miniera[modifica | modifica wikitesto]
Le già difficili condizioni comuni a tutti i lavoratori
minerari erano aggravate in Sicilia da una condizione lavorativa di tipo
feudale simile alla servitù della gleba. Unita ai metodi antiquati e
rudimentali mantenuti in atto dalle compagnie sia straniere che siciliane per
evitare onerosi investimenti nelle infrastrutture provocò frequenti incidenti
gravissimi con perdite umane enormi. Alcuni dei più gravi eventi conosciuti
sono:
1867, Miniera Trabonella: scoppio di gas in galleria e
incendio con 42 vittime accertate.[22]
1881, Miniera Gessolungo: il 12 novembre un'esplosione di
grisou all'interno della miniera, generata dalla fiamma di una lampada ad
acetilene, fa strage di 65 minatori. Tra le vittime si contarono 19 carusi, di
cui nove rimasero senza nome e il loro cimitero, detto "dei carusi",
è ancor oggi visitabile in prossimità di Gessolungo;
1882, Miniera Tumminelli: 41 vittime per asfissia[23]
1911, Miniera Trabonella: scoppio di gas e incendio durato
10 giorni con 40 vittime.[22]
1916, Miniere Cozzo Disi - Serralonga (Casteltermini): Il 4
luglio ebbe luogo nelle miniere Cozzo Disi e Serralonga, poste tra loro in
collegamento, uno dei più gravi disastri sul lavoro dell’intera storia
mineraria italiana. Infatti, nel crollo di alcune gallerie e nell’emissioni di
idrogeno solforato persero la vita 89 solfatari. Le cause del grave incidente
restano incerte anche se oscillano intorno ad un’ipotesi principale: essa
ammette una natura colposa nel disastro, che sarebbe stato provocato dal crollo
di una parte della miniera dovuto al mancato riempimento con materiale sterile
dei vuoti provocati dall’estrazione del minerale.
1957, Miniera Trabia: esplosione di gas, e crollo del pozzo
Scordia con molte perdite umane.
1958, Miniera Gessolungo: un'altra tragedia, avvenuta il 14
febbraio, ispirerà Michele Straniero a scrivere il testo della canzone La
zolfara (su musica di Fausto Amodei), portata al successo nel 1959 da Ornella
Vanoni.
Metodi di raffinazione[modifica | modifica wikitesto]
Calcarelle (metodo di fusione per combustione; più antico e
rudimentale)
Calcarone (Un tipo più evoluto di fornace)
Forno Gill (forno di fusione a recupero di calore)
Flottazione (metodologia di preparazione del minerale prima
della raffinazione)
Metodo Frasch (non utilizzabile in Sicilia)
Trasporto del minerale[modifica | modifica wikitesto]
Il trasporto dello zolfo venne effettuato fin quasi alla
fine del XIX secolo per mezzo di carriaggi a trazione animale fino agli approdi
di imbarco siti per lo più nella costa mediterranea della Sicilia tra Licata e
Porto Empedocle. Verso la fine del secolo iniziò la costruzione di tranvie e
piccole ferrovie minerarie e le miniere principali ebbero anche sistemi di
trasporto all'uscita delle gallerie principali costituiti da vagoncini spinti a
mano su rotaie che convogliavano il minerale verso i vagoni delle ferrovie a
scartamento ridotto costruite in gran numero ma in ritardo sull'occorrente.
Alcune, come la Tranvia Raddusa-Sant'Agostino e la Porto Empedocle-Lucia furono
costruite da privati, altre vennero costruite direttamente dallo stato. Fu però
solo nel 1902, a seguito delle conclusioni di un'apposita Regia Commissione e
di una legge varata nel corso dell'anno che venne definita la modalità di
costruzione e di finanziamento delle linee interne siciliane che però potevano
essere costruite solo in economia e a scartamento ridotto. Anche le prime
ferrovie essenziali che congiungevano le aree di produzione ai porti d'imbarco
furono costruite con molto ritardo[24] e solo a partire dal 1866 e raggiunsero
da Palermo il bacino di Lercara Friddi solo nel 1870 e collegarono Catania e il
suo porto con Caltanissetta solo nel 1876[25]. Anche i porti di imbarco della
Sicilia meridionale erano poco più che semplici approdi e le navi più capienti
ormeggiavano al largo costringendo al doppio trasbordo su chiatte dalla riva e
al carico poi sulla nave.[26]La mancanza di strutture efficienti di trasporto
realizzate a rilento e con molto ritardo è vista da molti come uno dei motivi
del tracollo economico dell'industria dello zolfo siciliano. Nel 1904 per
trasportare il minerale dalla miniera Trabia-Tallarita fino alla stazione di
Campobello di Licata venne realizzata una linea teleferica di 10 km, mentre
un'altra teleferica collegava la miniera di Trabonella alla stazione ferroviaria
di Imera, tra Caltanissetta ed Enna. Ma la costruzione della rete ferroviaria
vera e propria ebbe inizio soltanto dopo che lo Stato ebbe riscattato la Rete
Sicula[27] e quindi dopo il 1906 vennero costruite:
La Dittaino-Piazza Armerina a servizio dell'area ennese di
Valguarnera, Grottacalda e Floristella progettando anche una diramazione a
Bellia per Aidone dato che nel detto comune erano presenti altri giacimenti.
La Dittaino-Leonforte che serviva il gruppo minerario di
Assoro e ne venne progettata la prosecuzione verso Agira e Regalbuto ove erano
presenti altri gruppi di miniere.
La Lercara-Magazzolo che serviva sia il bacino di Lercara
Friddi che quello di Cianciana e mediante l'innesto a Magazzolo sulla Ferrovia
Castelvetrano-Porto Empedocle permetteva il trasporto minerario fino al porto
di imbarco.
La Ferrovia Agrigento-Naro-Licata e la sua diramazione
Naro-Canicattì che attraversava le zone delle zolfare di Favara, Deli e che si
collegava con Licata dove erano impiantate delle raffinerie e con il suo porto
di imbarco.
Vennero progettate e in parte costruite anche la
Canicattì-Caltagirone che attraversava le zone minerarie di Delia, Sommatino e
Riesi (mai attivata) e la Motta Regalbuto che nelle intenzioni avrebbe dovuto
continuare verso Agira e Nicosia e il Tirreno con una saldatura alla già
progettata Ferrovia Taormina-Alcantara-Randazzo (Quest'ultima era ritenuta
indispensabile per rivalutare il Porto di Messina convogliandovi le merci e i
minerali estratti, dato che già nel 1866 la ferrovia costiera jonica era in
funzione fino a Messina. Come si è detto il programma procedette a rilento,
alcune tratte vennero terminate alle soglie degli anni trenta ed altre
addirittura nel secondo dopoguerra quando cioè i mercati erano stati perduti e
molte zolfare erano fallite.
La cultura dello zolfo[modifica | modifica wikitesto]
Strutture museali[modifica | modifica wikitesto]
a Caltanissetta: Museo mineralogico, paleontologico e della
zolfara Sebastiano Mottura
alla Stazione di Villarosa Treno Museo dell'Arte Mineraria e
Civiltà Contadina
a Lercara Friddi: Museo e parco industriale della zolfara di
Lercara.
a Montedoro (CL): Museo della zolfara
a Villarosa: Museo della memoria
a Piazza Armerina: Lega zolfatai (1903)- Mostra permanente
della civiltà mineraria
a Casteltermini: Miniera - Museo Cozzo Disi
a Riesi: Museo delle solfare di Trabia Tallarita
a Roma: Museo di Mineralogia - Università di Roma "La
Sapienza"
Arte e letteratura[modifica | modifica wikitesto]
L'essere stata per oltre due secoli una delle attività più
dure ma più diffuse nella Sicilia ha fatto della zolfara uno degli argomenti
più toccati da poeti, scrittori, romanzieri e cantastorie. Uno dei poeti e
scrittori maggiormente toccanti ed espressivi è senz'altro Alessio Di Giovanni,
nativo di Cianciana uno dei centri zolfiferi dell'agrigentino, che nei suoi
Sunetti di la surfara, in lingua siciliana, ha espresso il tormento e la
disperazione dei lavoratori-schiavi delle miniere.
Anche Luigi Pirandello, la cui famiglia gestiva delle
zolfare, nella sua raccolta Novelle per un anno scrisse sul duro lavoro,
soprattutto minorile nelle zolfare con le novelle Il fumo e Ciàula scopre la
luna. Il tema dello zolfo si interseca infatti in varia maniera nella sua
produzione letteraria come motivo ispiratore di parecchie novelle nelle quali è
presente il mondo che gravita attorno alla zolfara. La miniera gestita dalla
sua famiglia che egli chiama la Cace, la zolfara grande è presente nel suo
celebre romanzo I vecchi e i giovani finito nel 1913.
La Racalmuto-Regalpetra di Leonardo Sciascia, terra di
zolfare e zolfatari, risuona nella sua produzione letteraria come in Le
parrocchie di Regalpetra.
« Pròvati, pròvati a scendere per i dirupi di quelle scale —
scrive un regalpetrese — visita quegli immensi vuoti, quel dedalei andirivieni,
fangosi, esuberanti di pestifere esalazioni, illuminati tetramente dalle
fuligginose fiamme delle candele ad olio: caldo afoso, opprimente, bestemmie,
un rimbombare di colpi di piccone, riprodotto dagli echi, dappertutto uomini
nudi, stillanti sudore, uomini che respirano affannosamente, giovani stanchi,
che si trascinano a stento per le lubriche scale, giovinetti, quasi fanciulli,
a cui più si converrebbero e giocattoli, e baci, e tenere materne carezze, che
prestano l’esile organismo all’ingrato lavoro per accrescere poi il numero dei
miseri deformi. E quando dalla notte della zolfara i picconieri e i carusi
ascendevano all’incredibile giorno della domenica, le case nel sole o la
pioggia che batteva sui tetti, non potevano che rifiutarlo, cercare nel vino un
diverso modo di sprofondare nella notte, senza pensiero, senza sentimento del
mondo. »
(Leonardo Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra, Aldelphi,
1991)
La strage di carusi avvenuta nella Miniera Gessolungo il 12
novembre 1881 (il cui cimitero, detto dei carusi, è ancor oggi visitabile in
prossimità di Gessolungo) è stata il tema ispiratore del testo della canzone La
zolfara di Michele Straniero portata al successo nel 1959 da Ornella Vanoni:
« Otto sono i minatori
ammazzati a
Gessolungo;
ora piangono i
signori
e gli portano dei
fiori.
Hanno fatto in
Paradiso
un corteo lungo
lungo;
da quel trono dov'è
assiso
Gesù Cristo gli ha
sorriso. »
(Michele Straniero, La zolfara)
I terribili e frequenti incidenti nelle zolfare hanno
ispirato poeti e scrittori: uno di questi, avvenuto nel 1951 nelle miniere del
bacino di Lercara, venne documentato dallo scrittore Carlo Levi nel libro Le
parole sono pietre:
« il 18 giugno, un ragazzo di diciassette anni, Michele
Felice, un "caruso" che lavorava nella miniera, venne schiacciato da
un masso caduto dalla volta di una galleria, e morì. È un fatto frequente:
anche il padre del morto aveva avuto una gamba schiacciata da una frana. nella
zolfara. Alla busta-paga del morto venne tolta una parte del salario, perché,
per morire, non aveva finito la sua giornata; e ai cinquecento minatori venne
tolta un'ora di paga, quella in cui avevano sospeso il lavoro per liberarlo dal
masso e portarlo, dal fondo della zolfara, alla luce. Il senso antico della
giustizia fu toccato, la disperazione secolare trovò, in quel fatto, un simbolo
visibile, e lo sciopero cominciò. »
(Carlo Levi, Le parole sono pietre)
Nel suo romanzo La Signora della Ruota (La Ruotaia) (in
inglese), scrittore statunitense Angelo Felice Coniglio descrive come una
famiglia di Racalmuto, per avere i soldi per comprare da mangiare, deve inviare
un figlio alle miniere di zolfo come un "caruso" per un misero
"soccorso di morte", e gli orrori che i ragazzi giovani,
quasi-schiavi, sottoposti nelle miniere.
Parco minerario[modifica | modifica wikitesto]
Con due decreti del 1994 e del 1996 l'Assessorato regionale
ai beni culturali ed ambientali della Regione Siciliana ha sancito l’interesse
etno-antropologico delle dismesse zolfare di Lercara Friddi.
Nel 1991 una legge regionale ha istituito l'ente Parco
minerario di Floristella-Grottacalda, in provincia di Enna, la cui miniera di
Floristella, risalente alla fine del XVIII secolo ha svolto attività fino al
1984. Nel Parco è presente il pregevole palazzo del barone di Floristella,
Agostino Pennisi, geniale imprenditore che ivi fece dimora con la propria
famiglia.
A Catania la cittadella dello zolfo, l'area industriale
sorta per la lavorazione dello zolfo, a nord-est dell'attuale Stazione di
Catania Centrale da tempo abbandonata è stata recuperata negli anni settanta
integrando nuovo e antico e creando Le Ciminiere un’area fieristica, espositiva
e per convegni. L'agglomerato di stabilimenti di raffinazione e molitura e
ciminiere occupava una superficie pari all'intero centro storico testimoniando
dell'importanza del settore zolfifero per l'economia catanese del tempo.
Il 26 settembre 2007 alla Camera dei deputati (XV
Legislatura) è stata presentata la proposta di Legge N. 3067 d'iniziativa dei
deputati Lomaglio, Aurisicchio, Buffo, Burgio, Burtone, Cacciari, Crisafulli,
Daro, Di Salvo, Dioguardi, Fumagalli, Maderloni, Orlando, Rotondo, Samperi,
Spini, Trupia, Zanotti per la Istituzione del Parco nazionale geominerario
delle Zolfare di Sicilia.[28] Nel 2010 è stato inaugurato il Museo delle
Solfare di Trabia Tallarita, allestimento permanente presso il sito minerario di
Trabia (Riesi), che ospita un ricco percorso storico-tecnico sull'epopea delle
solfare siciliane.[29]
Note[modifica | modifica wikitesto]
1.^ Alessio Di Giovanni: da Sonetti di la surfara.
2.^ Traduzione in lingua italiana di Antonino Taverna
3.^ G. Salmeri, Sicilia romana-Miniere di zolfo in Sicilia e
in Grecia nell'età imperiale
4.^ Denis Mack Smith, Storia della Sicilia medioevale e
moderna, pagg.510-511. Editori Laterza ,1976
5.^ Giovanni Evangelista Di Blasi, Storia cronologica dei
viceré luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia, pag. 827-829, Palermo
1867
6.^ a b c d Marianna Di Bilio Morana, Cenni storici sullo
zolfo. URL consultato il 27/03/2008.
7.^ Rivista contemporanea,Vol 26,a pag 429,Torino-1861
8.^ Denis Mack Smith, Storia della Sicilia medioevale e
moderna, pagg.512-513. Editori Laterza ,1976
9.^ Orazio Cancila, I Florio, storia di una dinastia
imprenditoriale, pp. varie, Bompiani, 2008.
10.^ Federico Squarzina,Produzione e commercio dello zolfo
in Sicilia nel secolo XIX,ILTE 1963
11.^ Denis Mack Smith, Storia della Sicilia medioevale e
moderna, pagg.511/512. Editori Laterza ,1976
12.^ Giuseppe Giarrizzo,Catania a pag. 60. Laterza editore,
Bari,1986
13.^ Giuseppe Giarrizzo, Catania, Laterza editore, Bari,
1986, p. 75.
14.^ Giuseppe Barone Le vie del Mezzogiorno,Donzelli
Editore,2002
15.^ itinerario minerario. URL consultato il 27/03/2008.
16.^ i fasci dei lavoratori. URL consultato il 04/04/2008.
17.^ Giuseppe Giarrizzo, Catania, Laterza editore, Bari,
1986, p. 149.
18.^ Jean Huré, Storia della Sicilia, Brancato Editore,
Brugherio (MI), 2005.
19.^ Comitini:la storia mineraria. URL consultato il
28/03/2008.
20.^ "Comunque sia di ciò, o che il padrone della
miniera tratti direttamente coi picconieri, oppure coi partitanti, è sempre il
picconiere che pensa a provvedere i ragazzi necessari per eseguire il trasporto
del minerale da lui scavato, fino a dove si formano le casse. Ogni picconiere
impiega in media da 2 a 4 ragazzi. Questi ragazzi detti carusi, s’impiegano dai
7 anni in su; il maggior numero conta dagli 8 agli 11 anni. Essi percorrono coi
carichi di minerale sulle spalle le strette gallerie scavate a scalini nel
monte, con pendenze talora ripidissime, e di cui l’angolo varia in media dai 50
agli 80 gradi. Non esiste nelle gallerie alcuna regolarità negli scalini;
generalmente sono più alti che larghi, e ci posa appena il piede. Le gallerie
in media sono alte di circa metri 1.30 a metri 1.80, e larghe da metri 1 a
metri 1.20, ma spesso anche meno di metri 0.80329; e gli scalini alti da metri
0.20 a 0.40; e profondi da metri 0.15 a 0.20. I fanciulli lavorano sotto terra
da 8 a 10 ore al giorno, dovendo fare un determinato numero di viaggi, ossia
trasportare un dato numero di carichi dalla galleria di escavazione fino alla
basterella che vien formata all’aria aperta. I ragazzi impiegati all’aria
aperta lavorano 11 a 12 ore. Il carico varia secondo l’età e la forza del
ragazzo, ma è sempre molto superiore a quanto possa portare una creatura di
tenera età, senza grave danno alla salute, e senza pericolo di storpiarsi. I
più piccoli portano sulle spalle, incredibile a dirsi, un peso di 25 a 30
chili; e quelli di sedici a diciotto anni fino a 70 e 80
chili".ref.Leopoldo Franchetti, Sidney Sonnino, "La Sicilia nel
1876", libro 2, parte III, capitolo supplementare, paragrafo 132
21.^ I carusi e le patologie gravi. URL consultato il
03/04/2008.
22.^ a b notizie e dati-sommatino. URL consultato il
03/04/2008.
23.^ Angeli senza volto. URL consultato il 03/04/2008.
24.^ Romualdo Giuffrida,Lo Stato e le ferrovie in Sicilia
(1860-1895), Ed.Sciascia, Caltanissetta-1967
25.^ Carbone–Crispo L'inchiesta sulle condizioni sociali ed
economiche della Sicilia (1875-76)–Bologna 1968, pag. 1084
26.^ http://www.webalice.it/paolo.grappasonni/OPERE_4.html
Problemi economico-sociali della Sicilia dopo l'unità-cap.4
27.^ Nico Molino,La rete a scartamento ridotto della Sicilia
28.^ La Camera dei Deputati - XVI Legislatura
29.^ Un viaggio nella Sicilia delle solfare: è nato il Museo
di Trabia-Tallarita
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
Leopoldo Franchetti Sidney Sonnino, La Sicilia nel 1876,
libro 2, parte III, capitolo supplementare, 1925, Vallecchi, Firenze.
Carlo Levi, Le parole sono pietre, 1955, Torino.
Giuseppe Giarrizzo, Catania, 1986, Bari, Laterza editore.
Carbone Crispo, L'inchiesta sulle condizioni sociali ed
economiche della Sicilia (1875-76), 1968, Bologna.
Nico Molino, La rete FS a scartamento ridotto della Sicilia,
1985, Edizioni elledi, Torino, ISBN 88-7649-037-X.
Angelo Felice Coniglio, The Lady of the Wheel (La Ruotaia),
2012, Legas, Mineola, ISBN 1-881901-86-6.
Calogero Brunetto, Le miniere di zolfo, in Campobello,
cronache di un passato presente, pp. 69-78, 2001, Edizioni Fontana, Campobello
di Licata.
Salvatore Galletti, Súrfaru e Surfarara - Zolfo e
Zolfatari, 1996, Lussografica, Caltanissetta, ISBN 88-8243-017-0.
Immagini e mappe di Siti minerari dismessi in Sicilia [1]
Gerald
Kutney, Sulfur:History, Technology, Applications & Industry, 2007, ISBN
978-1-895198-37-9.
Denis Mack Smith, Storia della Sicilia medioevale e moderna,
pagg.510-511, Bari, Editori Laterza, 1976.
Federico Squarzina, Produzione e commercio dello zolfo in
Sicilia nel secolo XIX, ILTE, 1963.
Jean Huré, Storia della Sicilia, Brugherio (MI), Brancato
Editore, 2005.
Romualdo Giuffrida, Lo Stato e le ferrovie in Sicilia
(1860-1895), Caltanissetta, Ed.Sciascia, 1967.
Francesco Roberti, Il Legendario "Surfararu",
2012, Barrafranca, Ed.Bonfirraro, ISBN 978-88-6272-043-4.
Ignazio Nigrelli,"La crisi dell'industria zolfifera
siciliana in relazione al movimento dei Fasci", in Movimento Operaio,
rivista di storia e bibliografia, nuova serie, n. 6, "I Fasci
siciliani", nov.-dic. 1954 (a.VI), edito a cura della biblioteca G.G.
Feltrinelli, pp. 1050 - 1066.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Centro fieristico le Ciminiere
Ferrovia Agrigento-Naro-Licata
Ferrovia Dittaino-Piazza Armerina-Caltagirone
Ferrovia Lercara-Filaga-Magazzolo
Ferrovia Palermo-Catania
Formazione gessoso-solfifera
Legislazione mineraria italiana
Museo mineralogico di Caltanissetta
Parco minerario di Floristella-Grottacalda
Provincia di Caltanissetta
Questione degli zolfi
Rete FS a scartamento ridotto della Sicilia
Solfara
Tegulae mancipum sulfuris
Stazione di Dittaino
Stazione di Villarosa
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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
Cenni storici sullo zolfo e la sua estrazione
Lo zolfo e la cultura mineraria
Il mondo minerario
Storia delle zolfare di Sicilia
Notizie storiche ed elenchi
Le zolfare di Lercara Friddi
MSTT - Museo delle Solfare di Trabia Tallarita
Luca Raciti, Documentazione fotografica sullo sfruttamento
delle risorse naturali in Sicilia a cavallo dei secoli XIX - XXI. URL
consultato il 13 gennaio 2013.
Archeologia Portale Archeologia
Musei Portale Musei
sicilia Portale Sicilia
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