Emblema dell’irrazionalità del quadro economico è il
seguente prospetto delle licenze commerciali:
- Commercio fisso: n.° 162;
- Commerci su aree pubbliche: n.° 143;
- Produttori agricoli: n.° 51;
- Pubblici esercizi: n.° 27.
Un terziario così pletorico sarebbe esiziale se non
fosse inattendibile. Un velo ipocrita, o peggio, copre dunque una
realtà economica ben più viva ed operosa che sfugge alle
statistiche ufficiali. Diversamente non si spiegherebbe la massa di
mezzi fiduciari in parcheggio presso le banche; diversamente sarebbe
dissennatezza la frotta di laureati (nelle più disparate discipline)
che Racalmuto annualmente sforna. Oggi, con connotati di
disoccupazione totale o di sottoccupazione, questo piccolo centro
dell’Agrigentino annovera tecnici laureati o diplomati (ingegneri,
architetti, geometri) nel settore scientifico per una settantina di
elementi; tecnici dell’area contabile (laureati in economia e
commercio e ragionieri) per circa una ventina di soggetti ed
altrettanti nell’area giuridica (avvocati o meri laureati in
giurisprudenza).
Si guardi l’illuminante foglio di un periodico locale
(Vedi fotocopia).
Quantificazione di massima del valore degli investimenti
proposti e delle fonti finanziarie
In relazione ai suaccennati “laboratori” può
prefigurarsi questo budget di investimenti approntabili
dall’Associazione Conte del Carretto:
1 ) organizzazione di itinerari
turistici ispirati all’opera di Sciascia con modalità e
percorsi inconsueti;
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Acquisto
di n.° 10 carretti siciliani istoriati
|
a
L. 10.000.000 cadauno
|
L.
100.000.000
|
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Acquisto
di n. 10 giumente
|
a
L. 5.000.000 cadauna
|
L.
50.000.000
|
|
|
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Bardature
diverse
|
L.
20.000.000
|
L.
20.000.000
|
L.
170.000.000
|
|
||||||||||
Studi
e ricerche per la definizione degli itinerari turistici
|
L.
20.000.000
|
L.
20.000.000
|
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|
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Retribuzione
e compensi ad accompagnatrici/accompagnatori
|
Anticipo
per il primo anno in misura forfettaria di L. 12.000.000 per
ciascun componente: sono previsti n. 10 collaboratori, uno per
ogni carro. Dopo il primo anno, i proventi della specifica
attività dovranno essere sufficiente alla copertura finanziaria
|
L.
120.000.000
|
L.
120.000.000
|
|
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|
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|
|
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Spese
varie
|
Imposte,
tasse, cancelleria, assicurazioni, telefono, fitti, compensi
straordinari
|
L.
60.000.000
|
L.
60.000.000
|
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Totale
laboratorio sub 1°
|
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|
|
L.
370.000.000
|
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2 ) istituzione di musei
(religiosi, etnografici, storici) che pur rifacendosi alle
notazioni sciasciane sappiano valorizzare la sconfinata storia di
Racalmuto e dei dintorni (Grotte, Naro, Montedoro, Bompensiere,
Milena).
|
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|
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Fitto
dell'ex ospedale di San Giovanni di Dio
|
Il
fitto è relativo al primo anno: dopo i proventi dovranno essere
bastevoli per la copertura finanziaria
|
L.
36.000.000
|
|
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Adattammento
dei suddetti locali
|
sistemi
d'allarme; strutture musive, e varie
|
L.
300.000.000
|
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Recupero
del materiale ecclesiastico
|
Piviali,
pianete, statue, quadri ed altro
|
L.
500.000.000
|
|
|
||||||||||
Allestimento
presso un atelier del luogo delle suppellettili antiche di cui ai
disponibili inventari
|
L.
300.000.000
|
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Spese
per il personale
|
limitatamente
al primo anno
|
L.
100.000.000
|
|
|
||||||||||
Spese
varie
|
Cancelleria,
tasse ed altro
|
L.
80.000.000
|
L.
1.316.000.000
|
|
||||||||||
Fitto
di case sparse per il museo etnografico
|
Precedibile
un minimo di 10 case caratteristiche di varia dimensione il cui
fitto medio non supererebbe le L. 12.000.000 annue. Fitto
previsto per il primo anno
|
L.
120.000.000
|
|
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||||||||||
Reperimento
di arredi popolari antichi
|
|
L.
50.000.000
|
|
|
||||||||||
spese
per il personale
|
|
L.
120.000.000
|
|
|
||||||||||
spese
varie
|
|
L.
20.000.000
|
L.
310.000.000
|
|
||||||||||
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|
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|
||||||||||
Utilizzo
di locali comunali per sistemazione dell'archivio storico
racalmutese
|
Si
è certo che i locali si avrebbero in comodato: le spese si
limiterebbero dunque alle opere di adattamento
|
L.
10.000.000
|
|
|
||||||||||
Mobilio
ed arredi vari
|
|
L.
100.000.000
|
|
|
||||||||||
Spese
per il personale
|
|
L.
50.000.000
|
|
|
||||||||||
Spese
per computer, abbonamenti Internet, telefonia
|
L.
100.000.000
|
|
|
|||||||||||
Spese
varie
|
|
L.
30.000.000
|
L.
290.000.000
|
|
||||||||||
|
|
totale
|
L.
1.916.000.000
|
|
||||||||||
Il
preventivo verrebbe coperto dall'eventuale contributo per il
parco per non più del 40%; il resto verrebbe reperito con
apporti contributivo del Comune, Provincia e Regione; al limite
si ridimensionerebbero siffatte iniziative
|
L.
766.400.000
|
|||||||||||||
|
|
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|
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|
|
||||||||||
3 ) scuole di alta
specializzazione nei settori della diplomatica, paleografia,
archeologia, microstoria, settori di specifico riferimento a
Racalmuto ed al suo inestimabile patrimonio archivistico,
archeologico e storico;
|
||||||||||||||
|
|
|
|
|
||||||||||
Nei
predetti musei ed archivi si dovranno aprire scuole
specialistiche di paleologia, archeologia, storia locale.
Limitata la spesa per i locali
|
L.
10.000.000
|
|
|
|||||||||||
Compensi
a docenti (specie di livello universitario)
|
L.
100.000.000
|
|
|
|||||||||||
Spese
per il personale molto limitate (sarà utilizzato soprattutto
quello disponibile per le altre iniziative)
|
L.
40.000.000
|
|
|
|||||||||||
Spese
varie
|
L.
50.000.000
|
L.
200.000.000
|
L.
200.000.000
|
|||||||||||
4 )
sofà psicanalitico per una inusitata indagine sui testi di
Sciascia e per una concreta fruizione dei risultati a fini
terapeutici, specie nel settore della labilità mentale senile;
|
||||||||||||||
Si
conta sulla circostanza che i locali del vecchio ospedale
racalmutese (dovuto a lasciti di apprezzati benefattori locali) -
oggi in totale abbandono vengano dati in comodato
all'Associazione proponente.
|
Le
spese sono dunque quelle occorrenti per la sistemazione
|
L.
200.000.000
|
|
|
||||||||||
Attrezzatura
scientifica
|
|
L.
500.000.000
|
|
|
||||||||||
Personale
specializzato
|
|
L.
200.000.000
|
|
|
||||||||||
Contributi
scientifici universitari
|
|
L.
50.000.000
|
|
|
||||||||||
Spese
varie
|
|
L.
30.000.000
|
|
|
||||||||||
|
|
totale
|
L.
980.000.000
|
|
||||||||||
Anche
qui prevedibili contributi degli enti locali. A carico del Parco
non più del 40%. In caso di insufficienza di fondi, il progetto
verrebbe adeguatamente ridimensionato
|
L.
392.000.000
|
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|
|
|
|
|
||||||||||
|
|
|
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||||||||||
|
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|
|
|
||||||||||
5 ) concertazione di iniziative
volte al recupero del dialetto racalmutese, della tradizione
musicale locale, del canto gregoriano quale nei secoli scorsi
clero, sodalizi monacali e le peculiari confraternite racalmutesi
salmodiavano.
|
||||||||||||||
|
|
|
|
|
||||||||||
È
codesta iniziativa che potrà svolgersi nei locali disponibili
per altri laboratori. Si conterà soprattutto sul volontariato,
davvero generoso in codesti comparti a Racalmuto.
|
Le
spese sono dunque limitatissime. Si possono pure prefigurare in
alcune spese varie non eccedenti
|
L.
5.000.000
|
L.
5.000.000
|
L.
5.000.000
|
||||||||||
|
|
|
|
|
||||||||||
|
|
|
|
|
||||||||||
|
|
|
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|
||||||||||
6 ) coordinamento con i centri
culturali di Grotte per il recupero della tradizionale teatralità
di questa periferia agrigentina;
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||||||||||||||
Le
sinergie che s'intendono realizzare con la fervida operosità
della contermine Grotte avranno un nodo nevralgico nell'intesa
con il Laboratorio teatrale Luchino Visconti di Grotte per
un'edizione stabile delle opere teatrali di Sciascia.
|
Verrà
soprattutto utilizzato il Teatro Comunale di Racalmuto, al centro
dell'attenzione di Leonardo Sciascia e prossimo alla riapertura
dopo anni di restauro
|
L.
500.000.000
|
L.
500.000.000
|
|
||||||||||
|
Si
presume che solo per il 40% l'onere ricadrà sull'associazione
|
|
L.
200.000.000
|
|||||||||||
|
|
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||||||||||
|
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||||||||||
7 ) collegamento con il locale
circolo Unione per un’ardita riesumazione dello sciasciano
"circolo della concordia" con i suoi veridici
personaggi, le sue atmosfere sociali, il suo scenario, le sue
vetuste sale.
|
||||||||||||||
Tramite
Infotar s.r.l. si procederà ad una serie di CD-ROM interattivi
rievocativi della storia, degli usi, delle atmosfere sociali del
circolo al centro delle Parrocchie di Regalpetra
|
Spese
di produzione dei CD-ROM
|
L.
200.000.000
|
L.
200.000.000
|
|
||||||||||
Restauro
delle sale del circolo per il ripristino delle tappezzerie e
dell'arredamento come da descrizione sciasciana e secondo la
disponibile documentazione fotografica
|
Lavori
commissionabili all'atelier specializzato di Racalmuto, ARCON
s.r.l.
|
L.
100.000.000
|
L.
100.000.000
|
|
||||||||||
Scenografica
rievocativa dei personaggi e delle "affabulazioni" dei
vecchi tempi
|
Gigantografie
fotografiche, pannelli illustrativi, viaggi virtuali (da
commissionare ad INFOTAR srl Racalmuto
|
L.
100.000.000
|
L.
100.000.000
|
|
||||||||||
Spese
varie
|
|
L.
50.000.000
|
L.
50.000.000
|
L.
450.000.000
|
||||||||||
|
|
|
|
|
||||||||||
|
|
|
|
|
||||||||||
|
|
|
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||||||||||
8 ) compartecipazione
maggioritaria in una società mista con il Comune cui demandare
iniziative imprenditoriali nel campo del turismo locale;
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||||||||||||||
L'associazione
intenderebbe partecipare con fondi propri alla costituenda
società mista SIRAC spa Racalmuto cui è compartecipe il Comune
di Racalmuto che potrebbe finanziare tante iniziative collimanti
con quelle del Parco Leonardo Sciascia
|
L.
300.000.000
|
L.
300.000.000
|
L.
300.000.000
|
|||||||||||
|
|
|
|
|
||||||||||
|
|
|
|
|
||||||||||
|
|
|
|
|
||||||||||
9 ) costituzione di una società
di capitali per rilanciare il vecchio progetto di una traslazione
cinematografica delle "Parrocchie di Regalpetra" che il
regista racalmutese Beppe Cino - discepolo di Rossellini - da
tempo agogna di girare;
|
||||||||||||||
Partecipazione,
nella misura del 50%, alla divisata iniziativa del "Laboratorio
Teatrale Luchino Visconti" di Grotte per la realizzazione
del film sulle Parrocchie di Regalpetra
|
L.
500.000.000
|
L.
500.000.000
|
L.
500.000.000
|
|||||||||||
|
|
|
|
|
||||||||||
|
|
|
|
|
10 ) attività traslativa dei disparati risultati conseguiti in CD-ROM o in siti Internet a disposizione del mondo dei navigatori informatici.
Tramite
INFOTAR o altre realtà informatiche dell'agrigentino, tutte le
risultanze dell'attività scientifica, storica, folkloristica,
archeologica, etnografica del Parco andrà trasfusa in CD-ROM
navigabili e traslata in siti INTERNET
|
Preventivare
sin d'ora gli investimenti è arduo; approssimativamente si può
affermare che non supereranno il miliardo di lire
|
L.
1.000.000.000
|
L.
1.000.000.000
|
L.
1.000.000.000
|
|
In
sommatoria generale
|
|
|
L.
4.183.400.000
|
|
arrotondabili
|
|
|
L.
4.000.000.000
|
|
Riconducibili
agevolmente nell'ambito dell'eventuale apporto dell'eroganda
sovvenzione comunitaria
|
L. 3.000.000.000
|
Con cosiffatti apporti scatterebbe in Racalmuto un
indotto a progressione geometrica. Già operano varie realtà
imprenditoriali che usufruiscono delle agevolazioni della legge n.°
488/92. Altre imprese come INFOTAR (azienda d’avanguardia
nell’attività dell’editoria digitale) sono in attesa delle
agevolazioni di cui alla menzionata legge. Sarà, poi, possibile che
la tormentata vicenda della società mista con il locale Comune abbia
finalmente felice esito: codesta società si proietterebbe in campi
altamente proficui sotto il profilo dell’esaltazione delle
vocazioni turistiche di Racalmuto. In cantiere vi sono già progetti
che potrebbero far veicolare su tale società a capitale misto
(pubblico-privato) fondi per centinaia di miliardi a valere sulla
predetta legge 488 e su altri fondi comunitari per imprese cospicue
come campagne di scavi archeologici cui collegare attività
turistiche del tipo degli stages per vacanze “intelligenti”,
strutture alberghiere che al contempo sviluppino le possibilità di
sfruttamento delle locali acque sulfuree o salse ai fini terapeutici
e via discorrendo. Il Parco Letterario al nome di Leonardo Sciascia,
quale qui concepito, davvero sarebbe di volano per un salto
qualitativo dell’addormentata realtà economica racalmutese e per
un lancio nei futuri, prevedibilissimi flussi turistici che, in
vigenza di moneta unica, esploderanno verso l’incantevole Valle dei
templi agrigentina (contermine con Racalmuto) e si dirameranno a
margherita inondando la ormai celeberrima terra natia di Sciascia,
Racalmuto. Sul TCI questo ameno centro della Sicilia dovrà venire
ridisegnato. Oggi è malconciamente ridotto a “grosso centroel
Conte Ruggero, 600 cavalleggeri - pare, depredarono il territorio
dell’altipiano ove sembra sorgesse un imprecisato Racel... a
dire del Malaterra. Nell’XI secolo, il gaito saraceno Chamuth,
signore della vicino Naro, con molta probabilità aveva il dominio
del nostro Altipiano e forse vi eresse un fortilizio, un Rahal:
da qui il toponimo Rahal Chamuth, a seguire l’acuta
congettura del Garufi. I Saraceni furono, specie sotto Federico II,
ribelli e violenti: imprigionarono persino il vescovo agrigentino
Ursone. Federico II non fu tenero verso di loro, deportò a Lucera i
caporioni; gli altri - i più pavidi ed i meno appariscenti - si
dispersero assumendo nomi latineggianti o fingendo antica professione
di fede cattolica. Per uno o due decenni Racalmuto rimase comunque
deserta. Un tale della famiglia Musca - forse Federico Musca - poté
appropriarsi del territorio, portarvi fuggiaschi, verosimilmente ex
saraceni, dotarli di terra e mezzi di lavoro e far sorgere un nuovo
casale. Il suddetto Federico Musca finì però con l’osteggiare il
vincitore Carlo d’Angiò e costui lo spogliò di quel casale
assegnandolo nel 1271 a tal Pietro Negrello di Belmonte: un diploma
degli archivi angioini ne specificava - prima di esser distrutto dai
nazisti nel 1943 - termini, modalità e dettagli. Finiva, per altro
verso, quella che possiamo considerare la preistoria racalmutese: un
periodo buio ed incerto che ebbe a protrarsi per 3271 anni. Quel che
per tal periodo si è scritto - ed è tanto ed anche dalla penna più
illustre del luogo - è solo cervellotica congettura. Possiamo solo
credere a quei radi reperti archeologici di cui si ha conoscenza ed a
quel poco, spesso nulla, che riescono a svelarci di tanto defluire
umano degli antichi racalmutesi.
Con
i Vespri Siciliani, il casale di Racalmuto acquisisce importanza e
ruolo perché può fornire tasse e balzelli alla famelica pirateria
di un Pietro d’Aragona. Il centro abitato non contava più di 75
fuochi (circa 265 abitanti). Nel 1376 i fuochi erano aumentati a 136
(circa 480 abitanti). Frattanto, Racalmuto - a dire del Fazello - era
stato requisito da Federico di Chiaramonte che pare vi abbia
costruito le torri del castello nella prima decade del 1300. Si sa
che Costanza Chiaramonte, unica figlia di Federico, fu l’erede
universale. Che abbia sposato prima il girovago ligure Antonio del
Carretto e poi, divenuta vedova, l’avventuriero Brancaleone Doria -
forse quello dannato all’inferno da Dante - si dice e qualche
documento degli archivi di Stato palermitani sembra confermarlo.
Resta comunque certo che sino al 1396 Racalmuto è dominio dei
Chiaramonte, in particolare del celebre figlio illegittimo Manfredi
Chiaramonte - lo attestano le carte dell’Archivio Segreto Vaticano.
Tocca
a Matteo del Carretto rimpossessarsi del feudo, farne una baronia e
farsene riconoscere titolare dal re Martino, naturalmente previo
esborso di sonanti once. Il figlio Giovanni primo del Carretto è
ancor più rapace del padre.
Nel
1404, Racalmuto è ancora fermo a 150 fuochi (540 abitanti). Un
secolo dopo nel 1505, al tempo della “venuta” della Madonna del
Monte, la sua popolazione sale a 473 fuochi (1670 abitanti). Ora
domina il barone di Racalmuto Ercole del Carretto. Il figlio Giovanni
II esordisce con un delitto: commissiona a tal Giacchetto di Naro la
strage dei Barresi di Castronuovo per vendicare l’uccisione del
fratello Paolo, antenato di Vincenzo di Giovanni che nei primi
decenni del 1600 scriverà una complessa trattazione su Palermo
Restaurato, ove rammenterà quei truci e letali eventi. Dopo,
rimorsi e crisi religiose spingeranno quel del Carretto a costruire
chiese e conventi ed a chiamare a Racalmuto carmelitani e francescani
per una redenzione spirituale sua e del suo popolo. Certo, mero e
misto impero, terraggio e terraggiolo ed una pletora d’imposte e
tasse feudali fioccarono sui racalmutesi. Un notaio venne chiamato da
Agrigento per i tanti atti del barone (e dei suoi vassalli): era quel
tale Jacopo Damiano che alla morte di Giovanni II del Carretto finì
sotto l’Inquisizione.
A
metà del secolo, nel 1548, la popolazione sale a n.° 896 fuochi
(3163 abitanti), segno che la politica del barone non era poi così
devastante come sembra voler far credere Leonardo Sciascia.
Quello
che non fa il barone, lo fa invece la peste del 1576: la popolazione
racalmutese viene decimata. Se crediamo ad un documento del fondo
Palagonia, dai 5279 abitanti del 1570 si sarebbe passati ad appena
n.° 2400 abitanti nel 1577. Ciò non è credibile e si deve alla
voglia tutta fiscale di impietosire il viceré per una contrazione
delle “tande” in mora e di quelle in atto. Di sfuggita, va detto
che la tentata evasione fiscale del 1577 non ebbe effetto. Le “tande”
si basavano sulla tassa del macinato: la drastica contrazione della
popolazione non consentiva un gettito bastevole a fronteggiare la
soffocante tassazione del governo spagnolo. Questo non ebbe pietà e
la Universitas fu costretta ad indebitarsi con gli stessi
esattori, al contempo strozzini.
Sia
come sia, nel 1593 Racalmuto sembra risorta: gli abitanti ora sono in
numero di 4448: ovviamente molti fuggiaschi erano rientrati e,
soprattutto, si doveva trovare conveniente emigrare dai centri
viciniori per sistemarsi nella neo-contea di Racalmuto, le cui
condizioni sociali, economiche e giuridiche in definitiva tornavano
appetibili.”
Prosegue il TCI: “fino al ‘300
l’abitato sorgeva presso il luogo detto Casalvecchio [è invenzione
del tutto infondata, n.d.r.];
l’odierno si venne fondando attorno al castello dei Chiaramonte
[anche qui inesattezze a profusione: il primo nucleo databile attorno
al 1250 si stabilì nelle grotte sotto il Carmine; il castello sorge
postumo verso il 1310 a seguire il Fazello; codesto pur immenso
storico del ‘500 non è perspicuo ad ipotizzare l’erezione
dell’attuale castello racalmutese da parte di un cadetto dei
Chiaramonte e comunque è molto circospetto per suffragare la
ricorrente diceria di un castello chiaramontano a Racalmuto, n.d.r.].
E’ patria del pittore Pietro d’Asaro, d. il Monocolo (1597-1647)
[è ormai pacifica la data di nascita del Pittore: 1579 e non 1597,
n.d.r.]. Sul Corso
Garibaldi, al centro sorge la chiesa
Matrice (dell’Annunziata),
della fine del ‘600, nel cui interno si conservano due dipinti
dell’Asaro (Madonna e Santi
e Madonna della Catena)
[da rettificare: l’Annunciata è chiesa preesistente sin da prima
del XVI secolo; l’attuale chiesa Madre ha laboriosa gestazione, ma
può dirsi disegnata nel primo trentennio del 1600 e definita negli
anni ’60 del XVII quando la fine del ‘600 era lontana; nessun
quadro certo di Pietro d’Asaro vi si conserva, men che meno quelli
sopra citati, n.d.r.].
A d. della Matrice, in fondo alla piazza Umberto I, è il Castello,
fondato tra il ‘200 e il ‘300 da Federico Chiaramonte
[banalizzazione di una cauta nota del Fazello: a credere a codesto
grande storico il castello andrebbe datato 1310: le torri rotonde -
fortezze abbisognevoli di alta perizia indisponibili ai tempi di
Federico Chiaramonte - fanno invece pensare a Federico II lo Svevo,
cioè al 1240 circa. Quando scavi sotto le torri metteranno alla luce
i tanti reperti archeologici della dominazione araba - oggi
totalmente oscura sotto il profilo dei manufatti - ampia luce ne
promanerà anche ai fini del disvelamento della veridica storia dei
musulmani in Sicilia. I locali già sanno di tali reperti; la locale
Sovrintendenza sembra ignorarli del tutto, n.d.r.]:
ha due torri cilindriche e nell’interno conserva un sarcofago
romano del secolo IV, con la raffigurazione del Ratto
di Proserpina [inculture passate e presenti
hanno oscurato del tutto l’effettivo luogo del ritrovamento
dell’importante sarcofago; oggi di certo non è più conservato al
Castello ma nel chiostro dell’ex convento di Santa Chiara; la
datazione è del tutto cervellotica, n.d.r.].
A sin. del castello si scende alla chiesetta di San
Nicolò [in effetti S. Nicola di Bari, e si
crede che nessun forestiero sarà in grado di raggiungere la
chiesetta con siffatte indicazioni topografiche, n.d.r.],
nella quale è una tela del Monocolo, con S.
Nicola di Bari (firmata e datata 1603) [c’era
una volta, ora non più; sbagliata la data che invece è quella del
1613, n.d.r.]; in
Santa Maria di Gesù,
fuori del paese, Madonna del Rosario,
(firmata dallo stesso 1636). [Il quadro è disinvoltamente dichiarato
“completamente distrutto”, n.d.r.]
Altre chiese interessanti: la chiesa del
Carmelo, con un Crocifisso
dell’Asaro [pare, invece, che il quadro dati ad almeno mezzo secolo
prima della nascita del Pittore, n.d.r.]
e la tomba di Girolamo III del Carretto
(1600) [Girolamo III del Carretto morì oltre un secolo dopo, nel
1710; quello di cui tratti è il secondo dei Girolami del Carretto,
che comunque fu “occisus a servo” nel 1622, un quarto di secolo
dopo n.d.r.]; San
Giuliano, con una Madonna
della Cintura dell’Asaro [si sostiene
essere dell’Asaro solo il San Giuliano
che si vorrebbe del 1608; codesta “Madonna”
non è oggi identificabile ed in ogni casi giammai sembra essere
stata esposta in San Giuliano,
n.d.r.]; il santuario
di S. Maria del Monte,
del sec. XVIII, [si dà invece il caso che la chiesa è visitata dal
vescovo Tagliavia già nel 1540, n.d.r.]
con una Vergine degli Afflitti,
[chissà perché la si vuol chiamare “degli afflitti” quando ha
un viso radioso!, n.d.r.
], della scuola del Gagini, [mero topos
quando non si sa che dire di una statua marmorea di fine secolo XV,
n.d.r.], e un altare
con rilievi medioevali [ben strano in una chiesa che prima si
affermava essere del XVIII secolo; l’attuale altare maggiore è
invero databile XVIII secolo. Non si comprende come nessun cenno vi
sia a chiese importantissime e di maggior valore storico ed artistico
rispetto a talune chiese invece menzionate: ci riferiamo alle chiese
del Collegio, di Sant’Anna, dell’Itria, di Santa Chiara, di San
Pasquale e soprattutto della chiesa più antica: S. Francesco.
n.d.r.]. - A N. e NO del paese, lungo il
Vall. Pantano o di Racalmuto, sono numerose miniere di zolfo (oggi
tutte inattive, ma intelligentemente riadoperabili per insediamenti
turistici o per itinerari folkloristici in tipici carretti siciliani
alla scoperta delle fonti d’ispirazioni sciasciane, n.d.r.]
e di salgemma [da cui quel Sale sulla piaga,
titolo che Sciascia avrebbe voluto per le sue Parrocchie
di Regalpetra e che volle per la traduzione
in inglese, n.d.r.],
fra cui la salina Pantanella
[ove il 12 maggio 1955 ebbe a trovare tragica morte il salinaio, i
cui funerali vengono angosciosamente e con empiti d’ira descritti
da Leonardo Sciascia ne “Le parrocchie di Regalpetra” in quel
mirabile squarcio su “i salinari”.
Escursione al M. Castelluccio
m. 721, ore 1.30 circa. Si segue la strada per Montedoro e a 5 km. C.
si sale a d. sul monte ove si trovano avanzi notevoli di una fortezza
dei Chiaramonte, del sec. XIV, ma fondata nel ‘200 da Abba Barresi
[il quale - normalmente chiamato Abbo - nulla ebbe mai a che fare con
Racalmuto e dintorni: la fortezza, sede del feudo (in senso
giuspubblicistico) di Gibillini 1,
pertiene, a dire il vero, alle nobili famiglie medievali dei
Podiovirid; Simone di Chiaromonte, Moncada, Alagona, De Marinis e
Telles, Giardina Guerara ed altri, una lunga storia che trascende il
dato segnaletico che la pur pregevole pubblicazione turistica
fornisce, n.d.r.]. La strada continua per altri km.3,5 alla zolfara
Gibellina. Indi prosegue fino, hm. 13,5, a Montedoro.[Nulla sulle
interessantissime necropoli sicane; nulla sulle “garbere” del
Monte Pernice; nulla sull’ipogeo cristiano delle “grotticelle”;
nulla sui cinquecenteschi mulini ad acqua a valle di Racalmuto; nulla
sugli “zubbi” di S. Anna (ove esplodono scisti di flora
tropicale); nulla sulle “calcarelle” note a Solino e che Brydone
cercava ancora nel ‘700; nulla sugli insediamenti bizantini
attestati da ritrovamenti numismatici al centro dell’attenzione dei
più grandi bizantinisti; nulla sulle “tabulae sulphuris”
studiate da Mommsen nell’ottocento ed attualmente motivo di
lambiccamento dei più accorti archeologi romanisti; nulla sui
fenomeni carsici così atipici in un’isola del mediterraneo e nulla
tant’altro, n.d.r.].
”
Non val la pena - anche per il TCI - attivare un parco
letterario in un cosiffatto territorio? Non si reputa del caso
propiziare studi storici, scavi archeologici, ricerche paleografiche
in una plaga - per sua ventura patria di Leonardo Sciascia - ove
dovranno prima o poi affluire scienziati, storici, archeologici alla
scoperta di mondi antichi i cui flebili echi si nascondono ancora nel
grembo di quella terra e che non è bene che siano negletti o peggio
deformati da pur eccelse pubblicazioni turistiche? Noi tentiamo qui
una qualche progettazione: senza inquinamenti politici, senza
cointeressamenti sospetti, senza padrinati colpevoli.
SEZIONE II
Descrizione delle modalità ipotizzate per la
gestione del Parco Letterario
Abbiamo qua e là sufficientemente precisato come
intenderemmo gestire il Parco: affidatane la direzione al dott.
Taverna, la nostra associazione sarebbe il soggetto “no profit”
che veicolerebbe i fondi per dar lavoro alle altre associazioni della
specie pullulanti a Racalmuto, per commissionare alle competenti
imprese locali (la società a capitale misto, Infotar, Arcon, aziende
turistiche operanti già a Racalmuto, etc.) l’esecuzione delle
opere e dei manufatti occorrenti in ordine alle finalità dei vari
laboratori che ci si accinge a descrivere.
La tempistica può succintamente prefigurarsi nel
succedersi delle seguenti fasi:
- studi e ricerche;
- commissione delle opere e dei manufatti occorrenti;
- pratiche burocratiche varie (richiesta del comodato dei locali del vecchio ed abbandonato Ospedale; fitto delle vecchie case; postulazione di comodato di luoghi pubblici, locali comunali oggi in stato di abbandono, etc.);
- opere murarie occorrenti;
- attrezzatura di locali per renderli idonei alla realizzazione degli scopi prefissi (musei, esposizioni, registrazioni, allocazione di archivi, installazioni multimediali e via dicendo);
- concertazioni con Curia, parroci, sindaci, amministratori provinciali, organi pubblici, associazioni teatrali, registi cinematografici, presidente del circolo Unione di Racalmuto per la messa a punto dei progetti di cui in seguito;
- reperimento delle forze lavoro occorrenti;
- avvio dei vari laboratori;
- svolgimento di relativi compiti;
- afflusso dei risultati nelle collegate società d’informatica;
- attività editoriale su supporto cartaceo, ma, soprattutto, su CD-ROM;
- attivazione dei siti Internet per navigare nell’intero mondo del costituendo Parco Letterario intestato a Sciascia.
* * *
Ma ritorniamo a quella che crediamo la nostra idea
vincente: i laboratori.
Più che un titolo serve una descrizione anche prolissa
ma forse più esplicita. Li abbiamo sopra definiti:
- ) organizzazione di itinerari turistici ispirati all’opera di Sciascia con modalità e percorsi inconsueti;
- ) istituzione di musei (religiosi, etnografici, storici) che pur rifacendosi alle notazioni sciasciane sappiano valorizzare la sconfinata - ma per il momento solo parzialmente conosciuta - storia di Racalmuto e dei dintorni (Grotte, Naro, Montedoro, Bompensiere, Milena);
- ) scuole di alta specializzazione nei settori della diplomatica, paleografia, archeologia, microstoria, settori di specifico riferimento a Racalmuto ed al suo inestimabile patrimonio archivistico, archeologico e storico;
- ) sofà psicanalitico per una inusitata indagine sui testi di Sciascia e per una concreta fruizione dei risultati a fini terapeutici, specie nel settore della labilità mentale senile;
- ) concertazione di iniziative volte al recupero del dialetto racalmutese, della tradizione musicale locale, del canto gregoriano quale nei secoli scorsi clero, sodalizi monacali e le peculiari confraternite racalmutesi salmodiavano come i tanti “libri cantorum” custoditi nelle chiese di Racalmuto comprovano ed in certo senso tramandano;
- ) coordinamento con i centri culturali di Grotte per il recupero della tradizionale teatralità di questa periferia agrigentina;
- ) collegamento con il locale circolo Unione per un’ardita riesumazione dello sciasciano “circolo della concordia” con i suoi veridici personaggi, le sue atmosfere sociali, il suo scenario, le sue vetuste sale: un micromuseo in un normale e funzionante circolo quale continua ad essere;
- ) compartecipazione maggioritaria in una società mista con il Comune cui demandare iniziative imprenditoriali nel campo del turismo locale;
- ) costituzione di una società di capitali per rilanciare il vecchio progetto di una traslazione cinematografica delle “Parrocchie di Regalpetra” che il regista racalmutese Beppe Cino - discepolo di Rossellini - da tempo agogna di girare;
- ) attività traslativa dei disparati risultati conseguiti in CD-ROM navigabili o in siti Internet a disposizione del mondo dei navigatori informatici.
Descrizione del laboratorio sub 1) organizzazione
di itinerari turistici ispirati all’opera di Sciascia con modalità
e percorsi inconsueti
Si è visto sopra come in tema di escursioni Racalmuto
viene ridotto nelle guide del TCI in una sola (ed invero asfittica)
possibilità: andare al Castelluccio, come faceva La Caico Hamilton
con la sua macchina fotografica al sorgere di questo ormai tramontato
secolo. Invero, escursioni affascinanti, piene del succo gastrico
della prosa sciasciana, paesaggisticamente inobliabili, verso il
cielo (Castelluccio, “zubbio” di S.Anna, “garbere” di
Monte Pernice”, grotta di fra Diego), verso il mare (la
celeberrima “Noce” di Sciascia, l’opalescente “scavo
morto”; il mistero bizantino della “Montagna”; la
visionarietà ‘peccaminosa’ del “Cozzo della Loggia”), verso
l’ancestralità nichilista (l’adombrato cammino verso gli
inferi delle terre della Cicuta o di Cugni Longhi), verso la
dannazione sulfurea (Cozzo Tondo, Quattro Fanaiti, Pian della Botte)
e quella viscerale del sale (Pantanelle, Sacchitello), verso le
radici dei progenitori sicani (dalle necropoli sino ai confini di
Monte Campanella nel nisseno, oltre Milena sino alle Raffe), queste
ed altre escursioni - con poco dispendio tracciabili e con profitto e
gioia dello spirito realizzabili - sono pronte a venire ideate.
Ritocchi, momenti d’incontro, concertazioni tra le esistenti
associazioni specie di giovani e, subito, siffatte escursioni
potrebbero venire segnalate persino dalla ineguagliabile Guida del
TCI.
L’effettuazione delle escursioni dovrebbe, però,
trascendere dal vieto vedere di frettolosi turistici, stracchi per
l'estenuante guida delle loro automobili: carretti siciliani,
tradizionalmente istoriati, trainati da giumente bardate più e
meglio delle locali, antiche contesse carrettesche, comodi comunque
per dissimulata tappezzeria, dovranno accompagnare quei turisti che,
a margherita, verranno dall’orgia della spettacolarità agrigentina
e che potranno immergersi nella sonnacchiosa civiltà di una
plurimillenaria sopravvivenza contadina, sicula anzi inimitabilmente
sicana.
Strade da tracciare, ma come le vecchie trazzere; posti
di ristoro da approntare, ma con i limiti della radicatissima “avara
povertà di Catalogna”; accattivanti ricezioni con suoni e luci di
atavica estrazione; modernissimo contrasto con proiezioni di
originali “cassette” e con “videate” della rivoluzionaria
editoria multimediale (che Infotar, già, per suo conto sta
approntando); accompagnatori ed assistenti, colti, giovani,
adeguatamente istruiti, tutto ciò rientra nella ipotesi di lavoro
che si vorrà attuare con il laboratorio in questione.
Descrizione del laboratorio sub 2) istituzione
di musei (religiosi, etnografici, storici) che pur rifacendosi alle
notazioni sciasciane sappiano valorizzare la sconfinata - ma per il
momento solo parzialmente conosciuta - storia di Racalmuto e dei
dintorni (Grotte, Naro, Montedoro, Bompensiere, Milena);
S’intendono realizzare in Racalmuto almeno tre tipi di
micromusei:
- parrocchiale;
- etnografico, ma a percorso articolato lungo tutte le principali arterie della vecchia Racalmuto;
- storico con preminente caratteristica della virtualità.
Museo Parrocchiale.
Racalmuto vanta una Matrice ove si custodisce un
patrimonio archivistico che è un “unicum” in tutta la Sicilia: i
documenti più antichi risalgono al 1550; i dati della locale
diplomatica travalicano il secolo XV. Oggi quel patrimonio è
criminosamente abbandonato in ripostigli insicuri, in armadi di
fortuna, alla mercé del primo venuto. Trasferire questo patrimonio
in un museo parrocchiale - giuridicamente, s’intende, sotto l’egida
della Curia, cui compete lo jus disponendi per diritto
canonico - si rende ormai improcrastinabile.
Del pari, l’immensa quantità di vestiario antico, di
paramenti sacri, di labari, altaretti, di ciò che nel gergo
ecclesiastico si denominava “iogalia” andrebbe salvato
dalle tarme, dall’incuria e dalla idiota pirateria che la stanno
devastando, nelle mefitiche, vecchie e malconce sagrestie di tutte
quelle chiese che abbiamo prima menzionato, anche ad integrazione
delle guide turistiche oggi disponibili.
E’ un salvataggio doveroso che deve avvenire in un
museo - ci pare come quello parrocchiale che proponiamo. Ma non
basta, dai diplomi, dagli atti notarili, dalle visite diocesane e da
altro affiorano termini inusitati di antica biancheria ecclesiastica
(camici, amitti, mozzette e via di seguito), nomi di paramenti,
indicazione di arredamenti che ben tipicizzano una vecchia chiesa
locale, un costume religioso oggi dismesso. Il museo - affidandone la
reinvenzione a fabbriche del luogo specializzate del tipo della
costituenda ARCON - appronterà sale, esposizioni ove questo perduto
materiale tessile o ligneo potrà risorgere almeno in una imitazione
attendibile.
Studi, ricerche, foto, percorsi musivi, materiale vario
dovrà accedere in CD-ROM navigabili, in siti Internet. Passi
dell’opera sciasciana daranno lustro, senso, allusività al museo:
Sciascia non fu religioso; fu certo intriso di soggezioni
chiesastiche.
Museo Etnografico.
Presi in affitto talune delle tante case dirute che oggi
affliggono il vecchio centro storico di Racalmuto, esse, dopo piccoli
lavori di restauro, renderanno, come dal vivo, con sceneggiatura,
fotomontaggi, arredi contadini originali o ricostruiti, il contesto
socio-economico di una civiltà oggi del tutto tramontata. Atti
notarili, materiale in disuso, “cantarani”, “currioli”,
“pitazzi” etc. consentono una siffatta - per noi suggestiva -
rievocazione in loco, nelle vecchie case terrane, in quelle
“solerate”, nei “dammusi”, nelle “arcove”, negli anfratti
delle annesse, inverosimili stalle; coi letti all’antica, con le
“frazzate”, con i “catoj” - e non è questa la sede per
continuare.
I “riveli” del 1595 consentono individuazione delle
vecchie contrade, delle case dei vecchi notabili, dei miseri giacigli
dei “jurnatara”, delle case terranee “coniunctae et
collegatae” nei caratteristici cortili dei ”burgisi”, dei
“mastri”.
1
Emerge come il feudo di Gibillini sia cosa ben diversa
dalla contea racalmutese. Per Gibillini, s’intende il territorio
degradante tutt’intorno al castello - oggi denominato Castelluccio
- e non soltanto la contrada della omonima miniera, che forse un
tempo non faceva neppure parte di quella terra feudale.
Il primo accenno storico a Gibillini
risale al 21 aprile 1358 ; il diplomatista così sintetizza il
documento che non ritiene di pubblicare:
“Il Re concede al milite Bernardo de Podiovirid e
ai suoi eredi il castello de GIBILINIS, vicino
il casale di Racalmuto e prossimo al feudo
Buttiyusu [feudo posto vicino SUTERA, v. doc. prec., n.d.r.], già
appartenuto al defunto conte SIMONE di CHIAROMONTE
traditore, insieme a vassalli, territori, erbaggi ed altri dritti; e
ciò specialmente perchè il detto Bernardo si propone a sue spese
di recuperare dalle mani dei nemici il detto castello e conservarlo
sotto la regia fedeltà: riservandosi il Re di
emettere il debito privilegio, dopoché il castello sarà ricuperato
come sopra.”
Pare che Bernardo de Podiovirid non sia riuscito a
prendere possesso di Gibillini: il feudo ritorna prontamente in mano
dei Chiaramonte. Simone Chiaramonte è personaggio ben noto e fu
protagonista di tanti eventi a cavallo della metà del XIV secolo.
Michele da Piazza lo cita varie volte. Il fiero conte ebbe dire
recisamente a re Ludovico “prius mori eligimus, quam in potestatem
et iurisdictionem incidere catalanorum”: preferiamo morire
anziché finire sotto il potere e la legge dei catalani. Mera
protesta, però; il Chiaramonte è costretto a fuggire in esilio
presso gli angioini. Scoppia la guerra siculo-angioina che si regge
sull’apporto dei traditori. Per Michele da Piazza, i
chiaramontani, che pur vivevano nella loro tirannica fede, non
contenti né soddisfatti di tanta immensa strage, da loro inferta ai
siciliani, si rivolsero agli antichi nemici della Sicilia per
spogliare dello scettro re Ludovico.
Nel marzo del 1354 i primi rinforzi angioini pervennero
a Palermo e Siracusa. In tale frangente fame e carestia si ebbero
improvvisi in Sicilia, favorendo gli invasori. Ne approfittò Simone
Chiaramonte “capo della setta degl’italiani - secondo quel che
narra Matteo Villani - [promettendo] ai suoi soccorso di
vittuaglia e forte braccia alla loro difesa: i popoli per l’inopia
gli assentirono”. Prosegue Giunta “queste premesse spiegano il
rapido inizio dell’impresa dell’Acciaioli, il quale accanto a
100 cavalieri, 400 fanti, sei galere, due panfani e tre navi da
carico, si presentò “con trenta barche grosse cariche di grano e
d’altra vittuaglia”, sì da ottenere festose accoglienze da
parte dei Palermitani “che per fame più non aveano vita”,
nonché il rapido dilagare della insurrezione a Siracusa, Agrigento,
Licata, Marsala, Enna “e molte altre terre e castella””. Tra
le quali possiamo includere tranquillamente Racalmuto e Gibillini.
Simone Chiaramonte muore a Messina avvelenato nel 1356,
un paio d’anni prima del citato documento. Ma da lì a pochi
anni, Federico IV, detto il Semplice riuscì a riconciliarsi
con i Chiaramonte e nel febbraio del 1360 accordava un privilegio
tutto in favore di Federico della casa chiaramontana.
Il feudo di Gibillini appare sufficientemente descritto
nell’opera del San Martino de Spucches . Secondo l’araldista il
feudo di Gibillini, quello di Val Mazara, territorio di Naro, da non
confondersi con l’altro ancor oggi chiamato di Gibellina,
appartenne, “per antico possesso” alla famiglia Chiaramonte. Fu
Manfredi Chiaramonte a costruirvi la fortezza, quella che ora è
denominata Castelluccio. L’ultimo della famiglia a
possedere il feudo fu Andrea Chiaramonte, quello che, dichiarato
fellone, ebbe la testa tagliata a Palermo nel giugno del 1392, nel
palazzo di sua proprietà, lo Steri.
Re Martino e la regina Maria insediarono quindi
Guglielmo Raimondo Moncada, conte di Caltanissetta. Il feudo divenne
ereditario, iure francorum,
con obbligo di servizio militare e cioè con due privilegi, il primo
dato in Catania il 28 gennaio 1392 (registrato in Cancelleria nel
libro 1392 a foglio 221) ; col secondo diploma, dato ad Alcamo, li
4 aprile 1392 e registrato in Cancelleria nel libro 1392 a foglio
183, fu dichiarato consanguineo dei sovrani, ebbe concessi tutti i
beni stabili e feudali, senza vassalli, posseduti da Manfredi ed
Andrea Chiaramonte, dai loro parenti e dal C.te Artale Alagona, beni
siti in Val di Mazara, eccetto il palazzo dello Steri ed il fondo di
S. Erasmo e pochi altri beni. Nel 1397 ad opera del cardinale Pietro
Serra, vescovo di Catania e di Francesco Lagorrica, il Moncada
fu deferito come reo di alto tradimento, avanti la gran Corte,
congregata in Catania; ivi con sentenza 16 novembre 1397 fu
dichiarato fellone e reo di lesa maestà ed ebbe confiscati tutti i
beni. Morì di dolore nel 1398.
Subentrò Filippo de Marino, fedelissimo
vassallo del Re (1398); non abbiamo la data precisa della
concessione; per quel che vale il de Marino figura possessore del
feudo di Gibillini nel ruolo del 1408 dello pseudo Muscia.
Il feudo pervenne successivamente a Gaspare de
Marinis, forse figlio, forse parente. Da questi, passa al figlio
Giosué de Marinis che ne acquisì l’investitura il 1° aprile
1493 more francorum, per passare quindi a Pietro Ponzio de
Marinis, investitosene il 16 gennaio 1511 per la morte del padre e
come suo primogenito. Costui sposò Rosaria Moncada che
portò in dote i feudi di Calastuppa, Milici, Galassi e
Cicutanova, membri della Contea di Caltanissetta, come
risulta dall'investitura presa dalle figlie Giovanna e Maria il
22 settembre 1554 (R. Cancelleria, III Indizione f.96).
Succede
Giovanna De Marinis e Telles, moglie di Ferdinando De Silva, M.se di
Favara con investitura del 15 gennaio 1561, come primogenita e per
la morte di Pietro Ponzio suddetto (Ufficio del Protonotaro,
processo investiture libro 1560 f. 271).
Maria
De Marinis Moncada s'investì di Gibillini il 26 dicembre 1568, per
donazione e refuta fattale da Giovanna suddetta, sua sorella
(Ufficio del Protonotaro, XII Indiz., f.479) .
Beatrice
De Marino e Sances de Luna s'investì di due terzi del feudo il 17
ottobre 1600, per la morte di Alonso de Sanchez suo marito, che se
l'aggiudicò dalla suddetta Giovanna, M.sa di Favara (Cancelleria
libro dell'anno 1599-1600, f. 15); peraltro v’è pure
un’investitura di questo feudo, datata 7 agosto 1600, a favore di
Carlo di Aragona de Marinis, P.pe di Castelvetrano, figlio di detta
Maria de Marinis (R. Cancelleria, XIII Indiz., f.160); un’altra
investitura la troviamo in data 28 agosto 1605 a favore di Maria de
Marinis per la morte di Carlo suo figlio (R. Cancelleria, III Indiz.
, f. 491); dopo non ci sono investiture a favore dei Moncada.
Diego
Giardina s'investì di due terzi il 24 gennaio 1615, per donazione
fattagli da Luigi Arias Giardina , suo padre, a cui le due quote
furono vendute da Beatrice suddetta, agli atti di Not. Baldassare
Gaeta da Palermo il 5 dicembre 1608 (Cancelleria, libro 1614-15, f.
265 retro). Vi fu quindi una reinvestitura in data 18 settembre
1622, per la morte del Re Filippo III e successione al trono di
Filippo IV (Conservatoria, libro Invest. 1621-22, f. 283 retro).
Subentra
- sempre nei due terzi - Luigi Giardina Guerara con investitura del
28 febbraio 1625, come primogenito e per la morte di Diego, suo
padre (Cancelleria , libro del 1624-25, f. 214); viene quindi
reinvestito il 29 agosto 1666 per il passaggio della Corona da
Filippo IV a Carlo II (Conservatoria, libro Invest. 1665-66, f.
119). Il Giardina morì a Naro il 24 novembre 1667 come risulta da
fede rilasciata dalla Parrocchia di S. Nicolò.
Diego
Giardina da Naro, come primogenito e per la morte di Luigi suddetto,
s'investì dei due terzi il 7 ottobre 1668 (Conservatoria, libro
Invest. 1666-71, f. 89).
Luigi
Gerardo Giardina e Lucchesi prese l’investitura il 9 settembre
1686 dei due terzi, per la morte e quale figlio primogenito di
Diego suddetto (Conservatoria, libro Invest. 1686-89, f. 17).
Diego
Giardina Massa s'investì il 26 agosto 1739, come primogenito e, per
la morte di Luigi Gerardo suddetto, nonché come rinunziatario
dell'usufrutto da parte di Giulia Massa, sua madre, agli atti di
Not. Gaetano Coppola e Messina di Palermo, del 1° ottobre 1738
(Conservatoria, libro Invest. 1738-41, f. 58).
Giulio
Antonio Giardina prese l’investitura dei due terzi il 3 dicembre
1787, come primogenito e per la morte di Diego suddetto
(Conservatoria, libro Invest. 1787-89, f. 25).
Diego
Giardina Naselli s'investì dei due terzi del feudo di Gibellini il
15 luglio 1812, quale primogenito ed erede particolare di Giulio
suddetto (Conservatoria vol. 1188 Invest., f. 124 retro); non
ci sono ulteriori investiture o riconoscimenti.
Ma a questo punto scoppia il caso Tulumello. Il San
Martino de Spucches non segue bene le vicende feudali di Gibillini.
Comunque nel successivo volume IX - quadro 1454, pag. 221 - intesta:
“onze 157.14.3.5 annuali di censi feudali - GIBELLINI - Cedolario,
vol. 2463, foglio 204” ed indi rettifica:
“Giulio GIARDINA GRIMALDI, Principe di Ficarazzi
s'investì di due terzi del feudo di GIBELLINI a 3 dicembre 1787
come figlio primogenito ed indubitato successore di Diego GIARDINA e
MASSA (Conservatoria, libro Investiture 1787-89, foglio 25).
1. - Quindi vendette agli atti di Not. Salvatore
SCIBONA di Palermo li 22 luglio 1796 a D. Giovanni SCIMONELLI, pro
persona nominanda annue onze 157, tarì 14, grana 3 e piccioli 5 di
censi sopra salme 57, tumoli 11 e mondelli 2 di terre, dovute sul
feudo di Gibellini; e ciò per il prezzo in capitale di onze 3500
pari a lire 44.625. Il detto Scimoncelli dichiarò agli atti di
Notar Giuseppe ABBATE di Palermo che il vero compratore fu il Sac.
D. Nicolò TOLUMELLO. Per speciale grazia accordata dal Re a 29
aprile 1809 fu confermato lo smembramento di dette onze 157 e rotte
dal feudo di GIBELLINI già effettuate senza permesso Reale
(Conservatoria, libro Mercedes 1806-1808, n. 3 foglio 77).
2. - D. Giuseppe Saverio TOLUMELLO s'investì a 7
giugno 1809 per refuta e donazione a suo favore fatte dal Sac. D.
Nicolò sudetto agli atti di Notar Gabriele Cavallaro di Ragalmuto
li 22 aprile 1809 (Conservatoria, libro Investiture 1809 in poi,
foglio 40). Questo titolo non esce nell'“Elenco ufficiale
diffinitivo delle famiglie nobili e titolate di Sicilia” del 1902.
L'interessato non ha curato farsi iscrivere e riconoscere.”
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