Basile Carlo Emanuele
nato
a Milano il 21 ottobre 1885, morì a Stresa il 1° novembre 1972. Barone
plurilaureato (giurisprudenza e lettere), giornalista e scrittore, era figlio
di un prefetto. Fu nominato senatore. E’ autore di romazi e novelle. Aderì alla
R.S.I. e fu quindi prefetto di Genova dal 25 ottobre 1943 al 26 giugno 1944.
Ebbe l’incarico di sottosegretario alle FF.AA dal 27 giugno 1944. Venne ad
Agrigento come commissario straordinario di questa federazione per consentire
una svolta in termini di affrancamento dalla influenza dell’On. Abisso. Vi
restò dal 14 gennaio 1931 fino al 17 aprile 1931. Passò le consegne alla
scialba figura di Vincenzo Morello di cui sappiamo che fu fascista fin dal
1920. L’11 giugno 1932 viene sostituito da Corrado Puccetti: da questo momento
la vicenda della federazione agrigentina esula dai limiti della presente
investigazione storica.
Quale
giudizio può formularsi sul primo quindicennio del fascismo agrigentino
(1921-1926)? Ci pare illuminante, pur nel suo settarismo e nella passionalità
per il ribollire delle passioni del tempo, la sguente anonima delazione che si
rinviene nella carte ministeriali romane ([1]):
«La storia politica della provincia di Girgenti, [Girgenti cambia
denominazione in Agrigento durante il fascismo, nel 1927, con il r.d. 16 giugno
1927, n.° 1143, n.d.r.] specie
nell’ultimo quindicennio, rappresenta quanto di più deplorevole possa esservi
nella vita pubblica italiana. Sparitò l’on. Nicolò Gallo, che dal 1884 ne fu
quasi ininterrottamente il dominatore, il suo posto venne assunto dall’on.
Domenico De Michele. Costui, ch’era stato del Gallo il luogotenente fedele non
aveva di lui né l’ingegno né la dottrina né l’ascendente, ma seppe mantenersi
al potere col favore di S.E. Giolitti, del quale fu seguace fedelissimo, e
creando attorno a sé una rete di interessi e di interessati. Contro questa
oligarchia, bollata col nome di cosca, insorsero le forze nuove della
Provincia ch’ebbero come principale loro esponente Giovanni Guarino Amella.
Sono ancora ricordate le polemiche, spesso virulente, dell’organo
dell’opposizione “IL MOSCONE”, nel quale al De Michele ed ai suoi seguaci si fecero
le accuse più atroci e più infamanti.
«In tali consizioni di cose venne l’allargamento del suffragio e
vennero le elezioni del 1913, nelle quali le forze dell’opposizione riuscirono
vittoriose e furono eletti deputati Giovanni Grarino Amella, Antonino
Parlapiano Vella e Angelo Abisso. Costui, fino a pochi mesi prima semplice
segratario al Ministero dei LL. PP., aveva compreso l’enorme capovolgimento che
il suffragio universale avrebbe prodotto nelle imminenti elezioni e ,
dimessosi, si era lanciato a capofitto nella lotta, aggregandosi alle file
dell’opposizione, ma proclamandosi “individualista e simpatizzante per i
socialisti (discorso politico del 1913 a casa Gerardi)”
«Ma l’opposizione, divenuta maggioranza ed impadronitasi del potere
politico ed amministrativo in provincia, non credette di meglio che di ....
seguire i metodi dei precedenti padroni, anzi di perfezionare e incrementare
tali metodi. Il nepotismo più sfacciato, il favoritismo più aperto furono
regola di vita per essa, e poichédopo pochissimo tempo scoppiava la guerra, se
ne trasse motivo per inaugurare in provincia il più sconfinato dispotismo. Messo
da parte l’on. Antonino Parlapiano, che per temperamento e per tradizione non
era adatto a seguire in tutto e per tutto i metodi della nuova cricca, questa
s’imperniò sul binomio Guarino-Abisso, i quali durante la guerra furono i
dominatori incontrastati di tutti gli organi amministrativi, statali e
parastatali della provincia. Non solo l’amministrazione provinciale
propriamente detta e quella dei varii comuni passò nelle loro mani ed in quelle
delle loro creature; non solo per avere più incontrastato dominiol’on. Abisso
ad es. Tenne a Sciacca, malgrado il Consiglio comunale - pu da lui eletto - non
fosse sciolto, un Commissario prefettizio di sua scelta per ben 5 anni; ma
Consorzio granario, Commissione esoneri, Consiglio d’amministrazione del Banco
di Sicilia etc. etc. Commissioni militari di requisizione furono accentrati
nelle loro mani direttamente o a mezzo di persone parenti od amiche. Quello che
fu fatto al Consorzio granario, gli scandali delle varie Commissioni di
requisizione, nelle quali era magna pars il comm. Lo Dico odierno alter
ego dell’on. Abisso in quel di Girgenti, non hanno bisogno di
illustrazione, perché ancora se ne occupano le cronache dei tribunali con i
varii processi, ancora non chiusi, di truffe, falsi e malversazioni a carico
dello Stato, commesse tutte sotto le grandi ali dei due grandi patroni della
provincia. E mentre i due facevano a Roma professione d’interventismo, e l’on.
Abisso indossava la divisa di tenente del genio ma, sebbene appena trentenne,
non andava al fronte pur facendosi bello dell’amicizia di Valentino Coda (dove
mai l’ebbe a conoscere resta sempre un mistero!); a Girgenti e Palermo si
cooperavani per imboscare il maggior numero di gente, fratelli, cognati e
cugini; per esonerare come agricoltori barbieri e murifabbri, e per difendere
avanti ai tribunali militari il maggior numero di disertori o di falsificatori
di esoneri. La cronaca del tribunale militare di Palermo informi. Si cominciava
così da parte dell’on. Abisso a creare quella leggenda d’irresistibile avvocato
penalista, che, stabilitosi pieno ed intero il suo dominio politico, gli doveva
assicurare il monopolio delle Assisie di Sciacca e Girgenti e la fama di
“detentore delle chiavi del carcere”.
Appartiene a questo periodo la persecuzione inflitta dall’on. Abisso,
attraverso a tre inchieste tutte quante negative, ad un capitano - Gravina -
reo di aver preso in contravvenzione lo zio di lui Friscia per vendita illecita
di grano requisito; contravvenzione sfumata per il tempestivo intervento del
Commissario dei Consumi che svincolava “a posteriori” il grano venduto. Ed
appartengono a questo periodo i contorcimenti politici dell’Abisso e la
smargiassata della “messa in stato di accusa dell’on. Giolitti per altro
tradimento” da lui chiesta a S.E. Salandra e da questi qualificata come una
semplice “sciocchezza” del deputato di Sciacca. Ciò che però non impediva,
all’on. Abisso, al feroce interventista del ‘15, di divenire, appena Giolitti
tornò al potere, di divenire un giolittiano ferventissimo, anzi il luogotenente
generale dell’uomo di Dronero in quelle famigerate elezioni del 1921, e di
chiedere e di ottenere da lui, alla vigilia dell’elezioni istesse, la nomina a
commendatore motu proprio, affissa poi
subito alle cantonate di Sciacca e provincia col relativo telegramma di
S.E. Giolitti.
«Venne il dopoguerra e venne di moda il bolscevismo. Ed allora Guarino
ed Abisso, ma questi più del primo, entrambi però sempre in combutta tra di
loro, provvidero a dare alla provincia di Girgenti il saggio migliore e maggiore
del’opera bolscevica. Le occupazioni
delle terre di Ribera e Menfi, ma sopratutto quelle di Ribera, col tentato
sequestro del Duca di Bivona e con i vandalismi conseguenziali, furono opera
diretta, ispirata, suggerita e talvolta predisposta dall’on. Abisso. Il quale
arrivò persino ad ottenere che l’autorità politica impedisse l’esecuzione delle
sentenze del magistrato (come per il rilascio del feudo Scifitelli disposto con
sentenza della Corte di appello, ed impedito dal Prefetto di Girgenti!). Né si
dica che ciò egli abbia fatto per venire in soccorso ai combattenti, perché di
tali occupazioni poco o nulla si sono giovati gli autentici combattenti e le
terre, quando non sono state retrocesse ai proprietari per inadempienza delle
pseude cooperative da lui create, sono andate a finire in mano a gente che la
guerra non vide neanche da lontano. Esempio la lottizzazione dell’ex feudo
Nadore in quel di Sciacca, dell’ex feudo Fiore e Bertolino di Menfi; e, uno per
tutti, l’esperienza disastrosa della celebre Cesare Battisti di Ribera.
Intanto alla Camera il binomio, per sorreggersi, seguiva una linea di
condotta veramente meravigliosa. Data l’instabilità dei governi, i due, per
trovarsi a cavallo, non votavano assieme se non quando l’esito della votazione
era sicuro; ma quando si trattava di votazione incerta i due demo-sociali
(giacché Abisso aveva finito per rinunciare al suo individualismo e seguire
l’amico Guarino anche nel partito di S.E. Di Cesarò) o si dividevano votando
uno contra ed uno a favore, oppure, mentre l’uno si squagliava, l’altro votava
a favore. Così i due poterono rimanere ministeriali con tutti i ministeri ed
essere fautori e sostenitori di quei Governi imbelli del passato, contro di cui
così spesso e volentieri, con riconoscenza ammirevole, ora si scaglia ogni
tanto il fascista on. Abisso. Il quale una sola volta dovette passare
per oppositore, quando cioè l’on. Nitti, accortosi ch’egli erasi prudentemente
squagliato in una votazione non volle accettare le congratulazioni che s’era
affrettato a fargli dopo conosciuto l’esito favorevole del voto! E ministeriali
furono persino col ministero Fatta [Facta, n.d.r.]
del quale uno dei due avrebbe volentieri fatto parte se i popolari non si
fossero opposti facendo a loro preferire il La Loggia.
«Intanto il movimento fascista andava montando, e lo Abisso, sempre
tempista e previdente, disponeva che nei varii comuni della provincia
sorgessero delle sezioni fasciste composte da persone a sé fide, ma di seconda
mano; gente di scarto e sfiduciata al doppio scopo d’impedire che la gente per
bene potesse accostarsi e far proprio il movimento e di poterlo sconfessare, e
buttare a mare gli esponenti stessi senza sua compromissione, ove il movimento
fosse fallito. Né appena avvenuta la marcia su Roma egli permise che quelle
sezioni s’ingrossassero sia con elementi
proprii, sia permettendo l’ingresso di altri elementi estranei alla cricca, non
essendo sicuro che il regime potesse consolidarsi. Ma quando capì che esso
ormai durava, allora fece il gran passo, si separò dal Guarino ed entrò nel
fascismo con tutti i suoi adepti.
«Da quel giorno è stata sua cura costante non solo di sfruttare nel
modo migliore, a vantaggio proprio dei parenti e dei gregari, la sua posizione
dominante; ma sopratutto quella di allontanare dal fascismo tutti coloro che
gli potessero dare ombra costringendo l’elemento migliore della provincia o a
fare del dissidentismo o a starsene a casa o a passare addirittura
all’antifascismo. Del resto non potrebbe essere diversamente. Infatti in
provincia il fascismo non esiste, come del resto non esiste antifascismo: non
c’è che dell’abissinismo e dell’antiabissinismo. Anche coloro che odiano il
fascio possono esservi ammessi purché passino sotto le forche caudine
dell’omaggio e dedizione ad Abisso ed ai suoi luogotenenti. Di esempii se ne
possono citare a migliaia, ma noi citeremo i più gravi ed importanti.
«Sciolto il Consiglio comunale di S. Stefano Quisquina, poiché i veri
fascisti di colà non erano da lui benvisti, egli volle che il Fascio fosse
rappresentato dai sigg. Vincenzo Ippolito e Con osservanza., cioè dagli
autentici maffiosi del luogo. E costoro ebbero l’amministrazione comunale e
furono i padroni del paese finché, passati sinceramente o no poco importa, al
fascismo i socialisti del luogo e denunciato in alto loco i precedenti degli
amministratori scelti dallo Abisso, costui fu costretto di abbandonarli al loro
destino.
«Così in Alessandria della Rocca non ha esitato a silurare i vecchi
fascisti del luogo, rei di poca arrendevolezza a lui, per accogliere e mettere
al loro posto un suo ex-compagno demo-sociale reduce dal comitato
aventiniano-matteottiano di Girgenti.
«Né basta. Abbattuto il La Loggia egli non ha esitato a fare rivolgere
invito ai partigiani di quello perché passassero nelle sue file, e bastò che il
dott. Traina di S. Margherita, anifascista nell’anima, si ponesse a sua
personale discrezione, perché egli senz’altro gli lasciasse il dominio del
paese abbandonando i suoi vecchi compagni, che rappresentano il minor numero.
«Quello però che dimostra viemmeglio quale sia lo spirito che anima lo
Abisso, è dimostrato dal suo accordo col’ora defunto on. De Michele. Costui,
dopo la caduta, era passato nelle file del La Loggia di cui fu fino ad ieri il
seguace più ostinato, anche perché i Baiamonte suoi oppositori nel paese natìo
di Burgio erano passati al fascismo.
«Caduto il La Loggia, il De Michele fece degli approcci per passare al
fascismo, e poiché i Baiamonte avevano mostrato di avere delle preferenze per
il prof. Noto Sardegna, inviso allo Abisso perché a lui superiore per
intelligenza, cultura e ... tutt’altro, questi non esitò a dimenticare il
passato e ad ammettere il De Michele nel direttorio provinciale dietro promessa
di appoggiare, contro Noto, certo Ciaccio un vero Carneade di Sambuca, come
possibile candidato del Collegio di Bivona. Ed i Baiamonte furono cacciati in
galera!
«Del resto che lo Abisso faccia del fascismo a suo uso e consumo lo
dimostra un fatto per quanto piccolo e materiale: a Sciacca, sua cittadella, si
sono spese dal Comune fior di quattrini per creare un lussuoso circolo ANGELO
ABISSO, che tutti i fascisti, sopratutto se impiegati, debbono frequentare;
mentre per la Sezione del Fascio esiste una stanzetta angusta che sta quasi
sempre serrata.
«Non parliamo poi dei criteri amministrativi seguiti al Comune di
Sciacca. Due Consigli comunali, sebbene da lui eletti e composti tutti suoi
gregari, si sono dovuti dimettere rei soltanto di aver voluto qualche volta
ribellarsi agli ordini dello zio Salvatore Friscia, un ex-rappresentante che ha
monopolizzato, durante la guerra attraverso al monopolio dei permessi
d’esportazione, ed oggi attraverso altri sistemi, il commercio locale, e che
crede il Comune essere cosa sua personale. Ed oggi si propone come podestà un
impiegato di prefettura, mentre non mancano nel partito gente idonea alla
carica, per il timore, confessato, che queste possano avere, dopo nominate,
delle velleità d’indipendenza agli ordini delll Abisso e del suo luogotenente!
«Del resto lo stesso sistema si segue negli altri comuni. A Menfi alter
ego dell’Abisso, è certo Volpe, un contadino semi analfabeta, ma esecutore
fedelissimo degli ordini ch’egli gli dà e suo rappresentante ... anche negli
affari professionali; a Girgenti domina incontrastato in suo nome il Comm. Lo
Dico, reduce dei fasti delle Commissioni di requisizione, e che pur essendo un
semplice procuratore legale NON laureato, divide con lo Abisso i maggiori
trionfi in Corte d’Assisie.
«Perché poi la piaga maggiore che il dominio di quest’uomo ha portato
in provincia, è la difesa assunta della peggiore delinquenza, l’esautoramento
completo della giustizia. [...] [Anonimo del 14.10.1926,
n.d.r.]»
Lo
spaccato è senza dubbio tutto in negativo e va accettato per quel che vale: ma
qualche luce la riverbera sul quel periodo. Uno dei suoi limiti più vistosi è
quello di limitare lo sguardo critico alla sola parte occidentale di Agrigento.
Per la restante parte disponiamo di altre carte riservate, anonime ma
informate, che ben si prestano a fornirci altri spunti critici.
L’anonimo
proviene da Naro ed è datato: 15 settembre 1931. Qui viene presa di mira la fazione dell’On.
Riolo.
«Eccellenza - esordisce ([2])
- In nome di sedicimila coscienze, ancora
non vendute né aggiogate al carro del banditismo locale, si ha l’onore di farVi
conoscere quanto segue:
«La Sezione del P.N.F. venne istituita in Naro nel Novembre del 1922 da
pochi giovani animosi, di pura fede nostra, i quali per riuscire SOLAMENTE AD
ACCAMPARSI tra le rive di questa mefitica palude politica dovettero sfidare
tutte le ire e scavalcare tutti gli ostacoli, opposti al loro sano e santo
entusiasmo dagli altri Partiti locali, in modo specialissimo da quella vera
associazione a delinquere che fu il così detto partito della democrazia social
massonica.
«L’avvento del Fascismo al potere avrebbe dovuto segnare la scomparsa
di quella più vera e maggiore piaga di Egitto, ma le prepotenze, le
intimidazioni, le corruzioni, l’intrigo fecero sì che la “COSCA” provinciale
(facente capo allora all’on. Abisso, capo riconosciuto di tutta la mala vita
urbana e rurale) si mantenesse a galla e così nella prima elezione politica
fascista (1924) l’avv. Salvatore Riolo Specchi venne compreso, tra lo stupore e
la indignazione di tutti, nella lista Nazionale.
«Conseguenze dirette della candidatura e quindi della elezione di
questo oscuro satellite abissino furono:
1°) = L’ingresso di tutti i demo social massonici nella sezione del
Partito Fascista di Naro;
2°) = La caduta del direttorio locale e la sostituzione di tutti i
membri di questo, per imposizione del Deputato, con elementi di pura marca
Riolana;
3°) = L’automatico allontanamento dalle cariche e anche dalle fila del
Partito dei fascisti della prima ora.
«Da quel giorno sino ad oggi tutto l’immenso ritmo fecondo di idee e di
opere del regime è stato costretto a vivacchiare, in servitù sterile e
semi-boccaccesca, tra una parete e l’altra dell’allegra dimora della signora
TITA RINALDI RIOLO la quale ha voluto dividere col marito, assiduamente, l’onere
e l’onore di governare le sorti e la storia nuove del paese, ad esclusivo
beneficio della sua famiglia naturale e politica. Da allora sino ad oggi, senza
uno scarto, senza rossori, con la medesima flemma vuota e sorniona, tutte le
cariche del Partito, distribuite patriotticamente in famiglia sono sate
occupate nel modo seguente:
AVV. COMM. SALVATORE RIOLO SPECCHI - Classe 1876
Deputato alla Camera. Capo, di nome se non di fatto del P. Fascista
locale. Ex imboscato e protettore di imboscati ed autolesionisti. Presidente
del Consorzio granario durante la guerra, a Girgenti. Capo della massoneria
paesana e gran fratello di quella provinciale. Attualmente, si dice, è
dormiente. Venne incluso nella lista Nazionale con questa esilarante menzogna:
“PER ESSERSI COSTANTEMENTE OCCUPATO DEI PROBLEMI DELL’AGRICOLTURA” = mentre qui
è notorio che egli di agricoltura non conosce neppure l’ortica. Tipo vano e
vuoto ma ambiziosissimo sarebbe capace, pur di conservare la medaglietta, di
accodarsi anche a Don Sturzo, com’ebbe un giorno cinicamente a dichiarare nella
farmacia Bellomo: per sincerarsi chiedere informazioni a costui e ad un
reverendo Polizzi, se questi due individui sono disposti a servire la verità.
Espertissimo nell’intrigo e nelle pastette sa conciliare le opposte tendenze e
le sfrenate ingordigie di parenti, di amici e di protetti, da sette anni tutti
patriotticamente a posto con stipendi da generalissimi chi in Naro chi nel
Capoluogo.
«Nel breve giro di tre anni fece regalare a questo povero Municipio la
bellezza di VENTIDUE Commissari.
«Nel 1919, 20 e 21, imperversando il terrore rosso non mise mai il naso
fuori né permise che l’avessero messo fuori i trenta satelliti della sua
fortuna, lietissimi di poterlo imitare in questa bisogna col medesimo
entusiasmo col quale lo avevano imitato e talvolta superato in viltà durante la
guerra.
«Nel 1922 tradì e strozzo l’amministrazione comunale dei combattenti
dei quali, fin dal 1925, perseguita con ogni mezzo, compresa la maldicenza in
pubblico, la locale sezione.
«Dal 1925 sino al dicembre 1930 assassinò politicamente, moralmente,
finanziariamente il Podestà Cammilleri Sillitti prima e costrinse dopo a
dimettersi da Commissario Prefettizio, successo ad un povero Re Travicello, il
proprio cugino Comm. Totò Riolo Tomasi, reo dinanzi al pubblico d’essere un
povero idiota, sebbene onesto e fattivo come il Cammilleri Sillitti. Lui che sa
appena leggere e scrivere, ha anche l’incarico di Sovrintendente ai Monumenti
di Naro, ma i rari illustri visitatori che capitano qui sono costretti a
chiedersi esterrefatti se Naro è in
Italia o non, tali e tante sono le prove materiali delle rapine, delle
manomissioni, della incuria che hanno sofferto e continuano a soffrire tutti i
monumenti e le reliquie del nostro splendore antico.
«E fianlmente, tanto per conchiudere alla svelta si fa noto che non
sapendo fare altro, da sette anni ha sfruttato tutto il suo genio nel far
conferire croci e commende ad individui i quali rappresentano in Naro o fuori
il fiore della feccia, della incapacità, dell’strionismo, dell’antipatriottismo
e segnatamente dell’ANTIFASCISMO, come si verrà mano a mano dimostrando. [Si butta quindi fango sulle
seguenti persone: Avv. Ignazio Riolo, classe 1887; avv. Giuseppe Riolo, classe
189; avv. Carlo Riolo, classe 1892; Comm. Salvatore Riolo Tomasi; Girolamo
Rinaldi, classe 1889; Ciro Rinaldi, classe 1887; Luigi Rinaldi, classe 1885;
Rosario Specchi-Rinaldi; Cav. Uff. Antonio Castelli, classe 1874; Cav. Antonio
Castelli; Antonio Gueli Alletti, classe 1873; Alfonso Borsellino, classe 1884;
Antonino Costa di anni 37; Cav. Onofrio
Nicolaci, commissario di P.S.- Il corrosivo astio e la vigliaccheria
dell’anonimato rendono quelle note ributtanti e - ai nostri fini - per nulla
significative. Ci asteniamo pertanto dal riportarle, n.d.r.] [...]
« Eccellenza - Sono due anni
giusti che noi meditiamo se valeva proprio la pena di stendere le paginette di
questa deplorevole storia locale, tutt’altro che completa specialemnte nei
riguardi dei maggiori esponenti del P.N.F. di qui i quali, se hanno la tessera
e tutti gli onori del Partito, assolutamente non ne possiedono lo spirito e
meno ne incarnano il dovere e la pericolosa e miracolosa missione.
«A Naro, Eccellenza, il Fascismo è un mito e il feudo è tutto. La
conseguenza, disastrosa, è la seguente:
contro una banda di senzapatria, composta tra ladroni e lacchè, da un
centinaio d’individui c’è tutta intera una cittadinanza la quale vuole da sette
anni e spera indarno che la luce di verità, la febbre di bene, la protezione
augusta del regime, divengano una realtà viva e feconda anche per essa; oggi,
nel momento in cui scriviamo, è il collasso generale con brevissime parentesi
d’insurrezione spirituale sorda e furiosa, di cui qualche cosa devono pur
sapere nel capoluogo. Arriveranno queste povere pagine fino al Tribunale
dell’E.V.? E se arriveranno avrete Voi il tempo e la bontà di degnarle di uno
sguardo?
«Ecco degli interrogativi che spezzano l’anima e, perché no?, anche
l’entusiasmo.
«Ma se Voi non potete e non volete leggere la storia del falso Fascismo
riolano di naro, degnateVi almeno dedicare cinque soli minuti a queste ultime
pagine il cui contenuto dedichiamo alla Vostra serena Giustizia.
1
«A Naro esiste una banca dal pomposo titolo “BANCA COMMERCIALE
INDUSTRIALE AGRICOLA”. Ne è Presidente il Comm. Benedetto Gaetani, COGNATO
DELL’ON. RIOLO, ex massone, falso fascista anch’egli, falso patriotta e nullità
assoluta sotto qualsiasi punto di vista. Gran parte dei debitori di quella
Banca sono tutti della banda Riolo parecchi dei quali sono anche debitori
morosi da anni. Da circa 20 anni questa Banca non fa bilancio e non dà conto a
nessuno dei suoi numerosi azionisti.
«Di questi non parla e non ricorre nessuno perché sta sempre pronta per
chi osa la minaccia delle manette e del
confino.
2
«A Naro esiste una Congregazione della Carità. Anche questo Istituto,
per quanto concerne la sua attività, sino al 30 maggio 1928, è un groviglio di
infamie irregolarità e di ladrerie. L’ex cassiere, un certo Costa Gaetano,
padre del perito Comunale Antonino Costa (del quale ci occuperemo all’ultimo)
deve dare una grossa somma CIRCA LIRE SEDICIMILA e non vuole sentirne. Per
informazioni sottoporre ad inchiesta l’attuale Presidente dott. Salvatore
Aronica e se questi non vuole parlare metterlo a confronto per esempio con
qualche magistrato locale, con un Sac, Polizzi, con un farmacista Ferracani
ecc.
3
«A Camastra (ora frazione di Naro) tre anni addietro veniva costruita
la strada interna principale. Questa è costata centinaia di migliaia di lire ma
è divenuta praticamente impraticabile come la famosa pedonale di Naro. C’è
stata in questi ultimi tempi e proprio per la strada una sollevazione dei
cittadini di quella sventuratissima borgata, ben presto domata con minacce di
deportazione e di altro contro i più cospicui capi di quel movimento,
volutamente presentato come antifascista (il solito argomento dei tirannelli
che vogliono godere in pace il frutto delle pubbliche rapine).
«Autore e direttore tecnico di quell’opera è stato precisamente il
perito comunale di Naro ing. Antonino Costa, Il collaudo è avvenuto di sera e
dopo il ritorno qui del deputato Riolo, tra motti e sarcasmi del pubblico che
assisteva, Quest’anno le autorità provinciali tanto per offrire una offa di
soddisfazione alla opinione pubblica nervosissima, hanno fatto eseguire sul
posto una inchiesta la quale ha avuto la fine di tutte le inchieste della
provincia feudo dei deputati Abisso, Riolo e Con osservanza.
«Il pubblico di Naro e di Camastra non ha più fiducia né ad uomini né a
promesse. E questo è forse il suo torto e il suo debole, del quale profittano
sfacciatamente gli altri, i cosidetti padroni per continuare ...
4
«Il deputato Riolo dice di avere la protezione di eminenti Gerarchi del
Partito, vanta l’appoggio incondizionato del sig. Prefetto Miglio, si dichiara
invulnerabile da parte del Segretario Provinciale Cav. Morello. TUTTO CIO’ IN
PUBBLICO E SENZA RETICENZE.
5
«A Naro il gagliardetto è nome e cosa sconosciutissima. Non si vede in
nessuna ricorrenza. Così per volere espresso di questo Segretario Politico il
quale si scusa dicendo che non ha fascisti ai quali affidarlo.
6
«A Naro il cav. Borsellino Alfonso, individuo privo sin’anche di
licenza elementare, veniva proposto
ripetute volte alle Gerarchie
provinciali, sino a 15 giorni addietro, come podestà di Naro dal
Deputato Riolo.
«Ultima fresca, gloriosa azione di lui è stato lo stupro d’una povera
servetta, costretta dalla miseria a lasciarsi tacitare con poche centinaia di
lire. La servetta è minorenne.
«Il pubblico sa e pensa, mastica
e dice innominabili cose contro l’eroe e i compagni che lo salvarono. Chi ci
guadagna non è certo il Fascismo.
7
«A Naro, dopo l’ecatombe di podestà e di commissari voluta dal deputato
Riolo, nel corso di quest’anno è venuto con funzioni di Commissario Prefettizio
il Cav. Steno Pelatti di Bologna, austera figura di fascista e di
amministratore. Così, per lui da quel mese abbiamo finalmente visto, conosciuto
e toccato la febbre, la forza, l’idea del regime. Ma abbiamo ragione di
ritenere che il Commissario Prefettizio non sia stato mai e oggi meno di prima
di gradimento dell’onesto deputato, che egli cominci ad essere stufo e nauseato
della persecuzione lenta, tenace, ipocrita di questo becchino di Funzionari
patriotti e puliti e che quanto prima se va via lui (Pelatti) si debba annegare
nella solita fradicia baraonda tanto cara a fruttifera alla truppa del nostro
illuminato onorevole.
«Soggiungeremo che il Pelatti in pochi mesi di permanenza al Municipio
è riuscito a cattivarsi talmente la stima e la simpatia del pubblico (riuscendo
così anche a mettere nella voluta luce il viso legale e romano del Fascismo)
che un grosso milionario, famoso per la sua tirchieria, gli ha spontaneamente
messo a disposizione una forte somma acciocché ne faccia uso a suo gradimento
senza darne conto a chicchessia!
8
«Da anni era stata raccolta una ingentissima somma in America e qui per
la erezione di un Monumento ai Caduti.
«La funzione di cassiere venne assunta, manco a dirlo, dal solito
Cav. Dott. Antonio Gueli Alletti - V. Segretario Politico.
«Il Monumento è lì che aspetta d’essere inaugurato, tanta è stata la
patriottica sollecitudine in merito del generalissimo Riolo e consorti, Mai
denari, nelle mani nette e pure di questo caro oculista di vili, si sono come
sempre patriotticamente squagliati e non è possibile ottenere i conti. Lo
stesso generalissimo Riolo convenne talvolta in pubblico dicendo che
effettivamente il costo di quell’opera e delle altre sussidiarie risulta
enorme. Noi diciamo che per molto meno parecchia gente di qui e di altrove è andata a gustare la
muffa e l’onta delle patrie galere.
«Pertanto denunziamo il cav. Antonio Gueli Alletti, cugino del deputato
Riolo, per furto continuato di fondi pubblici in danno del Comitato
Pro-Monumento e forse per disubbidienza agli ordini superiori di presentare
conti di gestione puliti e leggibili. Così facendo riteniamo di aver messo posto la nostra coscienza di cittadini e di
fascisti, e sentiamo di avere servito la giusta esigenza di un pubblico che ha
dato quasi 200 mila lire e da anni non può sapere come queste siano andate a
finire.
«Soggiungiamo che su questo terreno non scenderà mai il desideratissimo
oblìo, unico scampo liberatore cui crede di affidare la propria vita e l’nore
questo fortunato frutto di carabiniere.
«Quindicimila cittadini vaglieranno sempre sino a tanto che il ladro
camuffato fascista renda ai nostri morti l’oro versato con sangue e lacrime di
tutti. Insistiamo: tutto qui sarà possibile, ma giammai permetteremo che
vampiri sfrontati come il Gueli Alletti e C/i, attacchino le loro immondissime
labbra anche sui ricordi dei nostri DUECENTOQUARANTA EROI CADUTI PER LA PATRIA.
9
«Il 13 Settembre u.s. Domenica, in seguito ad accordi presi tra tutte
le Autorità a proposito della Festa dell’Uva, tutta la cittadinanza volle
manifestare apertamente la sua simpatia e la gioia verso il regime incarnato
nel Cav. Pelatti (Commissario Prefettizio) distribuendo ed affissando manifesti
di colore inneggianti al Duce al Prefetto, al Cav. Morello, al Commissario
Pelatti, al Fascismo. Per questa manifestazione, descritta come un delitto
presso la Prefettura di Agrigento, parecchi fascisti della prima ora, rei di
avervi preso parte col solito entusiasmo, furono diffidati dalla Questura di
Agrigento. Vi preghiamo in modo specialissimo di fare indagare su questo fatto.
«Naro, 15 Settembre dell’anno IX° E.F.
I Cittadini»
* * *
L’agone
elettorale agrigentino aveva visto come protagononisti i seguenti deputati:
Elezioni
del 16 novembre 1919:
Partito liberale democratico:
Abisso Angelo (voti di
lista 23.516) voti personali 8.825 + 65;
Guarino Giovanni (
“ “ “
“ ) “
“ 14.267 + 62;
Pancamo Antonino
( “ “
“ “ )
“ “ 6.109 + 153.
(Non
eletti: Brucculeri Giuseppe, La Lumia Ignazio e Scaduto Francesco)
Partito Popolare Italiano
Fronda Eugenio (voti di
lista 12.206) voti personali 5.115 + 72.
(Non
eletti: Arone Pietro, Micciché Giovanni, Montalbano Domenico, Messina Giuseppe,
Parlapiano Vella Antonino)
Partito Democratico
La Loggia Enrico (voti di
lista 19.383) voti personali 5.925
+ 0;
Vecchio Verderame Gaetano Arturo.
(Non
eletti: Vaccaro Michelangelo, Caramazza Ignazio, Picone Gaspare Ambrogio).
Partito Socialista Ufficiale
Voti
6.813: nessun eletto.
(Non
eletti: Arancio Antonino, Cammarata Giuseppe,
Friscia Michele, Giuliana Francesco, Sessa Cesare (voti n.° 2.554),
Vernocchi Olindo).
elezioni
del 25 maggio 1921
Partito Democratico Liberale
Verderame Gaetano arturo (voti
12.402)
Alleanza Democratica Sociale
Pasqualino Vassallo Rosario (voti 112.623)
Colajanni Napoleone
Lo Piano Agostino
Abisso Angelo (voti 95.146)
Camerata Salvatore
Guarino Amella Giovanni (voti 93.247)
Sorge Francesco.
(Non
eletti Pancamo Antonino e Adonnino G. Battista).
Partito Democratico Riformista
La Loggia Enrico (voti
31.114)
(Non
eletto: Ambrosini Gaspare con voti 22.032)
Partito Comunista Italiano
Voti
di lista 8.071. Non eletto Sessa Cesare con voti 4.367.
Partito Popolare Italiano
Vassallo Ernesto (voti 46.922)
Cascino Calogero
Aldisio Salvatore.
Partito Socialista Ufficiale
Costa Mariano
Cigna Salvatore Domenico.
Le
elezioni del 6 aprile del 1924 si svolsero - come noto - con un listone
nazionale cui andava il premio di maggioranza in base alla legge Acerbo. Per la
Sicilia, tale premio si risolse invece
in un danno, facendo perdere alla lista nazionale d’ispirazione fascista due
deputati. Annota il Renda ([3]):
«Il risultato elettorale, nella sua essenza, fu il risultato di un ampio e indiscutibile
consenso politico. Il previsto premio di maggioranza si risolse in danno
anziché in vantaggio del listone. In base ai voti ottenuti, infatti, i deputati
eletti avrebbero dovuto essere 40, cioè due in più dei 2/3 (38) consentiti
dalla legge. Non era dunque retorico parlare di trionfo.»
Elezioni
del 16 aprile 1924
Venivano
eletti nel
Partito della Democrazia Sociale
Colonna di Cesaro’ Giovanni (voti
25.307);
Guarino Amella Giovanni (voti 9.455);
Lo Monte Giovanni (voti
12.537);
Fulci Luigi (voti 7.779);
Restivo Empedocle.
(Non
veniva eletto Giulio Bonfiglio: voti 5.715).
Partito dell’Opposizione
Democratica
La Loggia Enrico (voti 5.259).
Partito Comunista
Lo Sardo Francesco (voti 5.057).
Partito Socialista Massimalista
Vella Arturo (voti
2.581)
Il listone nazionale ebbe, come si è detto, il pieno: i
deputati che in qualche modo avessero attinenza con Agrigento furono:
Lista Nazionale (n.° 21)
Cucco Alfredo (voti 52.973)
Abisso Angelo (voti
32.184)
Pasqualino Vassallo Rosario (voti 22.348)
Vassallo Ernesto (voti 21.017)
Palmisano Paolo (voti
18.408)
Riolo Salvatore (voti 21.017)
Gangitano Luigi (voti
5.718).
In
quella tornata elettorale i trombati di lusso della provincia di Agrigento
furono: Giulio BONFIGLIO (voti 5.715) della Democrazia Sociale del duca di
Cesarò e Cesare Sessa (voti 3.004 del Partito Comunista). Riesce a farsi,
invece eleggere, sia pure con pochi voti, il Gangitano, una figura di ex
conbattente e quindi di fascista di vecchia data (lo troviamo attivo a
Racalmuto nel lontano 1919).
I
successivi plebisciti del 1929 e del 1934 hanno tutt’altra fisionomia e le
elezioni al parlamento sono automatiche: basta avere avuto il consenso a Roma,
presso le corporazioni, a venire inseriti nel listone, da approvare o
respingere in toto con un sì o con un
no.
Per
quel che qui occorre basta rammentare che nel 1929, il 24 marzo, vanno
Montecitario, dalla provincia di Agrigento: Luigi Gangitano, Salvatore Riolo,
Vito Palermo e Paolo Palmisano. Luigi Gangitano e Vito Palermo. Angelo Abisso fu invece mandato al Senato.
Nel 1934, nel plebiscito del 25 marzo, salgono al Parlamento Luigi Gangitano,
Vito Palermo; Paolo Palmisano e
Salvatore Riolo si perdono per strada.
Per
la Sicilia, le statistiche ufficiali parlano di un inarrestabile trionfo del
Fascio Littorio:
Proporzioni dei voti ottenuti dalle
liste del Fascio Littorio in rapporto a 100
Anno
|
1924
|
1929
|
1934
|
Percentuale
|
69,8%
|
99,9%
|
100%
|
([4])
* * *
Si
è già visto quale ruolo ebbe a svolgere il prefetto Reale nella penetrazione
del primo fascismo nella provincia di Agrigento. Era da tempo, specie sotto
Crispi e Giolitti, che l’istituto prefettizio aveva un peso determinante
nell’evoluzione politica nella zona d’influenza. Era un gioco occulto ma
penetrantissimo e di risolutiva importanza. Solo lo studio delle carte
d’archivio - mirabilmente custodite nell’Archivio Centrale di Stato -
consentono di squarciare questi misteri della gestione del potere nell’Italia
post-unitaria, almeno sino all’avvento della democrazia di popolo con la
riforma ed il ridimensionamento dei prefetti.
Un
elenco dei prefetti di Agrigento (limitatamente al primo periodo fascista) non è quindi qui ozioso:
Cognome
e nome
|
titoli
|
dati anagrafici
|
data di nomina
|
data di fine
incarico
|
nuova destinazione
|
Pugliese
Samuele
|
Dott. - prefetto a
disposizione
|
n. a Perano (Chieti) 6.9.1872 + Roma, 14.8.1939
|
15 febbraio 1922
|
5 aprile 1922
|
prefetto di Foggia
|
Rocco
Raffaele
|
Dott. Prefetto di Grosseto
|
n. a Napoli il 2.12.1864
|
18 giugno 1922
|
16 giugno 1923
|
collocato a disposizione
|
Reale
Ernesto
|
Dott. Vice prefetto
|
n. a Sassari il 30.6.1875
+ Roma il 30.12.1947
|
16 marzo 1923
|
22 ottobre 1924
|
prefetto di Potenza
|
merizzi
giovanni antonio
|
Dott. Prefetto di Lecce
|
Sondrio 11.7.1861
|
22 ottobre 1924
|
10 gennaio 1925
|
prefetto di Macerata
|
Rivelli
Giovanni Battista
|
Dott. Vice prefetto
|
Campagna (Salerno)
24.6.1870 + Roma 10.9.1967
|
10 gennaio 1925
|
12 febbraio 1926
|
Prefetto di Aquila
|
Salvetti
Giacomo
|
Vice prefetto
|
Pallanza (Novara) 7.3.1877
+ Torino 1°.10.1953
|
12 febbraio 1926
|
16 ottobre 1926
|
Prefetto di Grosseto
|
Maggiotto
Giovanni
|
Dott. Prefetto di Grosseto
|
Venezia 18.2.1857 + Roma
18.12.1938
|
16 ottobre 1926
|
16 novembre 1927
|
collocato a disposizione
|
Sacchetti
Sebastiano
|
Dott. Vice Prefetto
|
Teramo 15.8.1880 + Roma
13.2.1952
|
1° dicembre 1927
|
16 dicembre 1929
|
collocato a disposizione
|
Miglio
Federico
|
Dott. Prefetto a
disposizione
|
Castrovillari (Cosenza)
4.8.1883 + Firenze 27.4.1956
|
16 dicembre 1929
|
16 aprile 1932
|
collocato a
disposizione
|
* * *
L’anno
della grande turbolenza in seno alla Federazione fascista di Agrigento è il
1925 e ciò ben si spiega se si ha presente il quadro politico nazionale. Tutto
cambiava in Italia; tutto doveva cambiare ad Agrigento. Come? Si ha voglia di
affermare, a posteriore, alla
siciliana maniera, gattopardescamente. In definitiva, cambiava tutto per non
mutare nulla.
Ritroviamo, come al solito, la cronaca fedele
nelle carte prefettizie che si custodiscono a Roma ([5]).
Il quadro è decisamente esaustivo per non doverlo qui riportare piuttosto
integralmente.
Un
telegramma cifrato parte dalla prefettura di Girgenti il 29.1.1925 alle ore 22
della sera. «Incidenti - recita - verificatisi occasione rinnovazione
Direttorio questa Federazione provinciale fascista e di cui informai codesto
On. Ministero con espresso 19 corrente n.°
31 Gab. Hanno avuto il seguito che si prevedeva.» Il Ministero annota a
matita “non è pervenuto a noi”.
«I
quattro deputati fascisti - scende nel dettaglio il telegramma cifrato - della
provincia Onorevoli Abisso, Riolo, Palmisano e Gangitano hanno concordemente
aperta una decisa campagna contro il segretario provinciale Cav. Galatioto
considerato che dopo atteggiamento da lui assunto di aperto antagonismo in loro
confronto confermato dalla condotta tenuta nella predetta circostanza non possa
egli rimanere nella carica che ricopre, tanto più che recente rielezione del
Galatioto sarebbe illegale, perché riunione non fu preceduta da regolare
convocazione. Constami che predetti Deputati ed altri esponenti Direttorio
provinciale abbiano chiesto al Direttorio Nazionale provvedimenti a carico del
Galatioto e che sarebbe per venire qui On. Starace per compire inchiesta. E’
opinione generale condivisa anche da persone rispettabili al di fuori partiti
locali che permanenza Galatioto al posto di segretario provinciale può
danneggiare anziché giovare al fascismo della provincia, dato suo temperamento
impulsivo, violento, inconciliabile che gli ha procurato larghissime antipatie.
«Per
questi motivi ritengo bene un eventuale suo allontanamento dalla carica di segretario
provinciale ed un probabile conseguente suo dissidentismo non potrebbe
pregiudicare molto situazione fascismo locale
tenuto anche conto che suo ascendente si limita a pochi elementi più
SCALMANATI e irriflessivi. Tutte queste circostanze mi hanno sconsigliato di
tentare un amichevole componimento della vertenza ed il Galatioto che prevede
quasi certa perdita carica cerca correre ripari. Sembra che egli intenda
recarsi costà domani per portare nelle alte sfere sue proteste ed ottenere
anche udienza da S.E. il Presidente del Consiglio dei Ministri. Prefetto
RIVELLI».
Il
lavorio sotterraneo diviene febbrile. Contro Galatioto opera, subdolamente il
prefetto Rivelli, che frattanto ottiene che venga nominato un Commissario. Si
tratta del prof. Paladino che sappiamo essere
un siciliano di Floridia, a suo tempo socialista rivoluzionario e quindi
interventista e nazionalista, iscrittosi
al Fascio nel 1920. Il prefetto si premura di catechizzarlo. Vedremo: senza
troppo successo. Il collegamento prefettizio con Roma è puntuale. In data 5
aprile 1925 parte un telegramma cifrato (alle ore 21) dalla prefettura di
Girgenti per il Ministero Interno - Gabinetto. Vi si legge: «La crisi che in
gennaio erasi aperta in seno Direttorio questa Federazione provinciale fascista
e di cui riferii a codesto On. Ministero con espresso 19 detto n.° 31 Gab. E
con telegramma successivo giorno 29, ha avuto ora suo epilogo con la nomina da
parte della Direzione del Partito fascista di un Commissario nella persona del
Prof. Paladino, redattore del giornale “Il Popolo d’Italia” edizione romana, il
quale è giunto qui ieri sera con incarico preparare e presiedere Congresso
provinciale dei Fasci per nomina nuovo Direttorio Federazione provinciale
fascista.
«Situazione
assume speciale importanza pel fatto che tutti e 4 i deputati fascisti della
provincia solidamente e di pieno accordo muovono guerra per ragioni di indole
morale al segretario federazione fascista Cav. Galatioto cui figura fu già da
me rappresentata nei succitati dispacci. Commissario Prof. Paladino ha oggi
avuto meco un colloquio nel quale gli ho fatto comprendere che il dissenso è
insanabile e che nell’interesse del fascismo sarebbe bene escludere il Galatioto dalle future combinazioni del
Direttorio provinciale.»
La
fazione di Galatioto è in subbuglio. E’ molto forte nella parte orientale
dell’agrigentino. Racalmutesi emergenti ne fanno parte: Puma e Burruano. Un
personaggio che diverrà fin troppo celebre nel dopoguerra: Calogero Vizzini, è
della congrega. Il prefetto Rivelli è vigile ed ostile. Telegrafa a Roma il 15
maggio 1926 (ore 20,35) in questi termini: «Viene oggi spedito da qui a V.E.
nonché a S.E. il Presidente Consiglio e segretario generale Partito a firma
Commissari Prefettizi Canicattì, Racalmuto e Grotte e Sindaco Ravanusa
[Calogero Vizzini, n.d.r.] telegramma
protesta voluta mia azione ostile fascismo. Con espresso odierno onoromi dare
dettagliati chiarimenti in merito tale infondata protesta ispirata e promossa
da noto esaltato Gerolamo Galatioto già segretario federazione fascista scopo
sfogare suo livore per vedersi oramai spogliato ogni autorità e prestigio
seguito sua azione deleteria in seno Partito e in conseguenza suo atteggiamento
di aperta avversione ai quattro deputati fascisti della provincia per fini
personali elettorali. PREFETTO RIVELLI»
Il
telegramma accusatorio era partito solo poche ore prima (16,20) da Girgenti e
ovviamente lo spionaggio prefettizio era vigile e solerte. Era stato
indirizzato a S.E. Mussolini; a S.E. Federzoni e a S.E. Suardo; testualmente
affermava: «Sottoscritti commissari prefettizi Canicattì, Racalmuto, Grotte e
sindaco Racavanusa protestano vivamente contro operato questo Prefetto che
calpestando pure idealità fasciste tende
sfacciatamente agevolare elementi democratici sociali e principalmente
Guarino Amella nel suo vecchio collegio composto nostri paesi. Denunciano
costante inspiegabile sabotaggio amministrativo scopo favorire elementi
antifascisti che notoriamente invita suoi ricevimenti. Denunciano sue basse
persecuzioni contro puri fascisti rei solo di non sottomettersi sue intenzioni
ricorrendo anche fornire informazioni false. Denunciano recrudescenza abigeati.
Denunciano sua mancanza impegno onore imponendo dimissioni chieste da notissimi
democratici sociali. Comunicano loro dimissioni da commissari e sindaco e
chiedono energico intervento Governo Partito con rigorosa inchiesta.
Sottoscritti segretari politici fasci Grotte, Canicattì, Racalmuto, Ravanusa,
fermi loro posto responsabilità perché ripongono fiducia piena commissario
straordinario federazione fascista e organi Partito, affermano loro piena
solidarietà commissari sindaco ai quali dànno pubblico atto per magnifica opera
fascista svolta nonostante palese ostruzionismo Prefetto.
«Puma avv. Agostino - Commissario prefettizio
Canicattì;
«Vassallo Ernesto - Commissario
prefettizio Grotte;
«Burruano avv. Salvatore - Commissario
prefettizio Racalmuto;
«Vizzini Calogero - Sindaco Ravanusa;
«Caramazza Gaetano - Segretario politico
Fascio Canicattì;
«Montagna Nino - Segretario politico
Fascio Grotte:
«Burruano Salvatore - Segretario politico Fascio
Racalmuto;
«Vizzini Calogero - Segretario politico
Fascio Ravanusa.»
Il
corso degli eventi elettorali del primo fascismo post-aventiniano per le
cariche del direttorio provinciale sembra che si sia risolto, in un primo
momento, in modo avverso al prefetto. Un altro dei soliti telegrammo cifrati,
partito da Agrigento il 10 giugno 1925, informa il Ministero che «per Domenica
prossima 14 corrente è indetto congresso fasci questa provincia per elezioni
Federazione provinciale fascista. Frattanto da Commissario straordinario Prof.
Paladino con mal dissimulato accordo con ex segretario provinciale Cav.
Galatioto, di cui è nota precedente deprecata azione, sono stati sciolti e ricostituiti
vari altri fasci oltre quelli segnalati mio rapporto 23 maggio scorso 344 Gab.,
parimenti con intonazione contraria ai 4 deputati fascisti, onde prevedesi
probabilità che dette elezioni diano vita ad una situazione poco favorevole ai
veri interessi del Fascismo ed avente precipuo scopo capovolgere situazioni
municipali ai fini esclusivamente particolaristici e personali e preparare ...
per combattere nelle prossime elezioni politiche attuali deputati fascisti.
Compio dovere informare V. Ecc. In relazione surriferito mio rapporto per
eventuali passi presso Direzione del Partito Fascista e convenienti direttive
al Prof. Paladino. Ossequi. Prefetto Rivelli».
Il
14 giugno al prefetto non restò altro che confermare seccamente di avere
previsto lo sgradito risultato elettorale. «Oggi - telegrafa - ha avuto qui
luogo elezione direttorio provinciale fascista. Risultò eletta lista presentata
da commissario straordinario prof. Paladino. Opposizione si astenne votazione;
ordine pubblico tranquillo. Riservomi più dettagliate informazioni. Prefetto
Rivelli.»
Il
giorno dopo (15 giugno 1926, ore 10,50) un altro cifrato redatto nei seguenti
termini: «Seguito telegramma ieri, significo che iersera in seno Direttorio
Provinciale Fascista, eletti prof. Paladino Raffaele a segretario politico e
Cav. Galatioto Girolamo a segretario politico aggiunto.»
Il
rapporto prefettizio sugli eventi è contenuto in un espresso inviato da
Girgenti il 15 giugno 1925 - Div. Gab. N.° 886. «Di seguito ai miei telegrammi
di ieri e di oggi pari numero - relaziona il prefetto Giovan Battista Rivelli -
pregiomi significare a codesto On. Ministero che ieri, alle ore 10,30 sotto la
presidenza dell’On. Cucco, arrivato espressamente da Palermo ebbe luogo, nei
locali di questo Municipio, il Congresso per l’elezione del Direttorio della
Federazione Provinciale Fascista.
«Intervennero
tutti i Segretari politici delle Sezioni Fasciste della Provincia, nonché gli
On.li Palmisano, Gangitano e Riolo.
«La
discussione fu lunga ed in qualche punto anche movimentata, avendo gli
Onorevoli presenti attaccato di poco lealismo il Commissario Straordinario per
la Federazione Prof. Paladino, specie per quanto si riferisce al tesseramento
dei nuovi soci delle recenti ricostituite Sezioni Fasciste, mentre questi ed i
suoi amici accusavano di poca sincerità
fascista i Deputati della Provincia, presenti ed assenti.
«Verso
le ore 14,30, chiusa la discussione gli Onorevoli presenti con i segretari
fascisti loro amici, abbandonavano il Congresso, e procedutosi alla votazione
risultavano eletti i Signori:
«Pladino Prof. Raffaele - Galatioto Cav. Girolamo -
Martorana Avv. Salvatore - Mangiavillani Avv. Nitto - Damiani Crispo Avv.
Salvatore - Burruano Avv. Salvatore - Puma Avv. Agostino - Baiamonte Dott.
Giacomo - Pontillo Cav. Avv. Giuseppe - Sferlazzas Ing. Giovanni - Chiarenza
Emilio.
«Iersera poi nei locali della Federazione Provinciale,
in seno al Direttorio, vennero eletti il Prof. Blandini Segretario politico e
Cav. Galatioto Segretario politico aggiunto.
«Tutta
la giornata ieri trascorse senza alcun incidente per le rigorose misure di
ordine pubblico adottate. L’On. Cucco ieri stesso partì per Palermo - Prefetto
(Giov. Battista Rivelli).»
Con
un successivo espresso (Div. Gab. N.° 886
del 19.6.1925) il prefetto tiene informato il Ministero sugli sviluppi
elettorali. «Per doverosa notizia - scrive - pregiomi comunicare a codesto On.
Ministero che 14 andante, all’arrivo dell’autobus postale a Raffadali, che
portava una ventina di fascisti, reduci da Girgenti, pel Congresso Provinciale
fascista, avvenne uno scambio di invettive tra i fascisti di cui sopra e quelli
che si trovavano in paese, e che attendevano l’esito del Congresso, gli uni e
gli altri, facenti capo rispettivamente alle due tendenze in lotta al Congresso
Provinciale stesso. Non si ebbero a deplorare incidenti, degni di nota, anche
per il pronto intervento dell’Arma.
«Alle
ore 20 dello stesso giorno il Corpo musicale di Raffadali, dopo aver terminato
pubblico concerto in quell’abitato, richiesto di suonare l’inno “Giovinezza”
non vi aderì, adducendo che dato quanto era avvenuto qualche ora prima, tra le
due fazioni fasciste, temeva potessero verificarsi serii incidenti. Promise
però che giorno dopo avrebbe aderito a quanto si richiedeva. Nessun incidente.
Ordine pubblico normale.
«Anche
a Racalmuto la stessa sera conosciutosi esito Federazione Provinciale Fascista,
s’improvvisò manifestazione giubilo, cui presero parte fascisti e circa 300
simpatizzanti, che preceduti musica, percosse via principale suono inni
patriottici e al grido Viva Casa Savoia, S.E. Mussolini, Galatioto e Burruano.
Dopo poche parole occasione dette Avvocato Burruano Carmelo dimostrazione si
sciolse senza incidenti. Ordine pubblico tranquillo. P/Prefetto: Giordano.»
Un
biglietto urgente del solito Giordano del 22 giugno 1925 informa: «Per doverosa
notizia pregiomi comunicare a codesto On.le Ministero che alle ore 19 del 15
andante circa 150 fascisti in Ravanusa con bandiere e banda musicale si
recarono allo sbocco dello stradale di Riesi per fare incontro al Segretario
Provinciale Politico Aggiunto Cav. Galatioto Girolamo. Alle ore 19,30 egli vi
giunse e venne accompagnato alla sede del Fascio ove furono tenuti brevi
discorsi di occasione. Alle ore 20,10 la cerimonia ebbe termine senza alcun incidente.
Ordine pubblico tranquillo.»
Il
successivo 16 agosto siamo ancora su questa lunghezza d’onda. «Per doverosa
notizia - ed ora è il prefetto Rivelli a firmare di suo pugno - pregiomi
comunicare a codesto On. Ministero che ieri nel Teatro Nazionale di Canicattì
si riunì l’assemblea di quella Sezione Fascista cui intervennero circa 250
fascisti per decidere due questioni importanti: 1°) Elezioni Amministrative.
2°) Appalto del Dazio. L’assemblea approvò ad unanimità, la relazione letta da
Caramazza Imperia Giuseppe componente il Direttorio ed inviata alla Autorità
Superiore per indire al più presto le elezioni per la costituzione del nuovo
Consiglio Comunale. Alla quasi unanimità approvò l’ordine del giorno presentato
da Narbone Salvatore componente del Direttorio per rimandare la discussione e
la decisione dell’appalto del Dazio alla
nuova Amministrazione Comunale. Nessun incidente.»
Il
contrasto deputati fascisti-federazione provinciale esplodeva in piena estate.
Veniva da Roma per una composizione il segretario nazionale Farinacci. Le note
prefettizie ci ragguagliano mano mano sugli avvenimenti.
20
agosto 1925
«Ieri
questo segretario federale fascista Prof. Paladino telegrafava Segretario
Generale Partito on. Farinacci essersi raggiunto accordo fra deputati e
federazione provinciale fascista. Rammento che on. Farinacci venuto qui scorso
luglio esaminare crisi fascismo provincia incaricava prof. Paladino e on.
Palmisano rivedere situazione alcuni fasci per quali erasi determinato dissidio
fra deputati fascisti da un lato e federazione provinciale fascista e sottoporre conclusioni a qust’ultima.
«Dopo
lunga assenza da qui prof. Paladino durante la quale lavoro revisione appena
iniziato era rimasto sospeso riunivansi ieri mio gabinetto deputati on.
Palmisano Gangitano e Riolo con prof. Paladino e segretario fed. Fascista
Umberto Galatioto per accordo preventivo circa proposte da presentare giorno
stesso federazione prov. Fascista. Mancava on. Abisso che trovasi Trentino. Si
stabilì soprassedere per fascio Licata non sembrando prudente momento attuale
emettere qualsiasi decisione data condizione spirito pubblico locale pei
recenti sanguinosi incidenti; rinviare per ulteriore esame situazione Canicattì
e Cammarata; ratificare elezioni nuovo direttorio Ribera e Siculiana; ratificare costituzione
nuovo fascio Campobello riammettendovi però cessato segretario politico fascio
e cessato segretario sindacati che ne erano stati esplulsi; sciogliere fasci
Cattolica Eraclea e Cianciana rimandandone ricostituzione ad epoca da
stabilire; affidare reggenza triumvirale fascio S. Stefano Quisquina.
«Portate
subito tali proposte assemblea federale furono approvate. Dopo ciò Prof.
Paladino e direttorio provinciale hanno avuto premura spargere subito voce
essersi raggiunto accordo con deputati ritenendo che da decisioni prese sia
uscita rafforzata la posizione in confronto di questi ultimi. Deputati d’altra
parte non intendono affatto che provvedimenti concordati e deliberati possano
risolversi diminuzione loro autorità e influenza. Ho impressione perciò che
accordo sia più che altro apparente e comunque abbia abbia basi assai deboli e
precarie. Basta infatti considerare anzitutto mancato intervento on. Abisso il
più autorevole dei deputati interessati che non avendo conferito alcun mandato
colleghi può aver voluto con sua assenza riservarsi libertà d’azione. Occorre
inoltre notare che per alcune situazioni più importanti e delicate come Licata
e Canicattì essendosi rinviate decisioni rimane sempre aperta via a più o meno
prossime contese. A rafforzare miei dubbi sulla sincerità e solidità acordi sia
poi il fatto che comunicazione telegrafica ad On. Farinacci del raggiunto
accordo è stata fatta a firma soltanto Prog. Paladino e non pure on. Palmisano
mentre ad entrambi on. Farinacci aveva conferito incarico riesame situazioni.
Seguo corso avvenimenti per informare ulteriormente Vostra Eccellenza. Prefetto
Rivelli».
Il 4 settembre partiva dal Ministero per il
Vice Prefetto di Girgenti questo dispaccio telegrafico: «Pregasi comunicare
codesto viceprefetto seguente dispaccio del prefetto titolare comm. Rivelli.
Stop. “Ieri deciso scioglimento
Direttorio Federale et invio commissario straordinario alla Federazione
Fascista. Stop. Nella eventualità provvedimento possa fornire occasione
agitazioni, manifestazioni, concentramenti squadre, violenze contro persone e
beni, occorre prendere d’urgenza tutte necessarie misure perché ciò sia
assolutamente impedito agendo energicamente contro chiunque tentasse farlo
senza distinzione persone et partito. Stop. Occorre anche vigilare severamente
et impedire che persone specie le più turbolente vadano armate senza licenza o
che continuino a godere di questa qualora diventate indegne e costituiscano
pericolo ordine pubblico. Stop. Vigilanza autorotà P.S. deve principalmente e
più efficacemente svolgersi dove più forti e più acri si agitano contese
fasciste e dove maggiore influenza esercitano i capi dissidenti. Stop. Prego
perciò V.S. prendere subito accordi con Questore e con comandanti divisioni arma
anche prima mio ritorno costà predisponendo opportuno piano vigilanza. Stop.
All’uopo Ministero su mia richiesta ha disposto invio costà altri cento
carabinieri. Stop. Domani Sabato giungeranno Girgenti onorevoli Riolo e
Palmisano. Prego disporre servizio vigilanza tutela”.»
Una
lunga relazione dei carabinieri di Campobello di Licata, che il vice prefetto
Giordano manda in copia l’11 settembre 1925, chiarisce il clima turbolento che
si era determinato tra le fazioni fasciste agrigentine.
«Con riferimento alla nota
sopraindicata pregiomi trascrivere qui di seguito quanto mi comunica la locale
divisione interna de CC.RR.:
«Con riferimento al foglio controdistinto si partecipa che da verifiche
praticate in Campobello di Licata dal Capitano Coppaloni Sig. Pietro Comandante
la locale Compagnia Esterna è risultato quanto segue:
«L’attuale Direttorio fascista di Campobello di Licata si compone di
individui taluni dei quali sino al 21 giugno 1924 non erano inscritti al
partito fascista, e altri, pur essendo ex combattenti, costituirono e diressero
la Società “Per la Patria e per il Re” emanazione legittima dell’ “Italia
Libera” che fu sciolta per decreto Prefettizio del 6 gennaio 1925 perché
formata da elementi sovvertitori dell’ordine pubblico e di idee strettamente
antifasciste.
«Il Direttorio stesso è stato creato dal Professore Paladini in seguito
allo scioglimento di altro Direttorio contro il volere concorde dei quattro
Deputati della Provincia.
«Alcuni dei componenti il Direttorio predetto fra cui il segretario
politico Dott. Cammarata Costantino perché ritenuti professanti idee
antinazionali, e designati dalla voce pubblica quali detentori abusivi di armi
da fuoco, subirono il sei gennaio del corrente anno, perquisizioni domiciliari
eseguite dai militari dell’Arma e dal Funzionario di P.S.; come risulta dal
verbale n.° 3 in data 6 gennaio 1925 della Stazione di Campobello.
«Lo stesso Direttorio del Fascio che conta circa 120 nuovi iscritti su
una popolazione di oltre 18.000 abitanti cerca con ogni mezzo di potere
aumentare il proprio prestigio e la propria autorità e vorrebbe per raggiungere
tale scopo, avere dall’Arma locale incondizionato appoggio e completa dedizione
mentre al contrario l’Arma di Campobello e per essa il Maresciallo d’Alloggio
Maggiore Burati Crescenzo si mantiene molto indipendente ed obiettivo e gode la
piena fiducia dei deputati fascisti della Provincia.
«Il Burati per la sua opera prestata in Campobello fu encomiato dal
Comando Generale dell’Arma. Al Maresciallo Burati si fanno i seguenti addebiti:
1°) Di amicizia intima con l’ex segretario politico al quale il Burati
avrebbe fatto apertamente dichiarazione di devozione incondizionata e promesse
di ausilio.
«Il Maresciallo Burati giunse a Campobello di Licata nel novembre 1924.
Reggeva in quell’epoca il fascio il Comm. Dott. Curatolo Medico Condotto uomo
superiore ad ogni sospetto. [...]
«2°) Di esersi opposto in ogni occasione che i fascisti cantassero inni
fascisti e per sino di aver vietato che la musica suonasse detti inni. [...]
«I fascisti dissidenti di campobello, secondo dichiarazione del
predetto Direttorio, sono due: il Dott. Curatolo suddetto e suo nipote
Sammarco, entrambi fatti espellere dal partito per opera dell’attuale
Direttorio.
«Dopo la loro esplulsione si astennero dal prendere parte attiva alla
vita pubblica del paese. Non si comprende quindi in che consista
l’atteggiamento tollerante dell’Arma [...] Ma per meglio prospettare il caos
che regna nel Direttorio di Campobello, si fa presente che il suddetto Rag.
Sammarco sebbene espulso dal partito, è tuttora capo manipolo della M.V.S.N.
«3°) Di acquiescenza per fatti verificatisi in Campobello il 23 giugno
1925.
«Il 23 giugno 1925 ebbero luogo in Campobello di Licata le elezioni del
nuovo Direttorio. L’avvocato Galatioto fratello di un membro dell’attuale
Direttorio, simpatizzante fascista
designato dal dott. Cammarata come colui il quale avrebbe potuto
obiettivamente sul comportamento del Maresciallo Burati così ha raccontato i
fatti:
«””Il Maresciallo Burati [..] comprese con rara avvedutezza la vera
situazione dell’ordine pubblico in Campobello. [..]Verso sera di detto giorno
man mano che si veniva a conoscenza dell’esito delle elezioni, gli animi degli
appartenenti alle due tendenze in lotta andavano eccitandosi. Ad un certo
punto, quattro o cinque individui usciti dalla casa del rag. Sammarco situata
nei pressi della sala della votazione, attreversarono in atto spavaldo e di
sfida quella piazza XX Settembre gremita di gente [..]””
«Per gli spari avvenuti il giorno seguente il Burati non era presente
perché ammalato in Caserma; ma l’autore di tali spari identificato per certo
Carneci Carmelo fascista, venne arrestato come risulta dal verbale n.° 71 del
25 giugno della Stazione di Campobello.
«Per gli spari verificatisi i giorni successivi (si sparò solo il
giorno 28) l’autore, identificato per certo Cassaro Carmelo, datosi alla
latitanza, venne denunciato all’Autorità Giudiziaria come risulta dal verbale
n.° 72 del 29 giugno della Stazione di Campobello.
«4°) Arresto del Maresciallo dei CC.RR. in pensione Sansone Giovanni in
seguito ai disordini avvenuti il 6 luglio.
« .. verso le ore 21 del 6 luglio
[…] nella piazza XX Settembre e precisamente davanti la Sezione Fascista
si era inscenata una dimostrazione ostile contro quel Commissario Prefettizio,
Cav. Crisafulli [..] Certo Sansose Giovanni fu Giuseppe di anni 55 Maresciallo
dell’Arma in congedo, con le mani in alto e gesticolando in atto minaccioso [si
rivolse in malo modo] al maresciallo Burati ... Ad assembramento sciolto .. Il
Sansoni .. venne invitato .. in casermadove fu dichiarato in arresto. [..]
Durante la stessa notte l’arrestato venne tradotto al carcere mandamentale di Ravanusa, per evitare
che l’indomani si tentasse, come era stato progettato qualche atto incolsulto
da parte dei fascisti per liberare il Sansone. [..]
«5°) di avere elevato contravvenzione ai fascisti il 4 agosto
1925.
«[..] il 4 agosto u.s. verso le ore 24 circa una quarantina di
individui con canti e schiamazzi, suonando anche chitarre e mandolini
disturbavano in quella Via V. Emanuele la quiete pubblica. [...] Il maresciallo
[..] riusci a fermarne sette ed a perquisirli: uno di questi certo Alaimo
Cristoforo fascista tesserato, venne trovaro in possesso di una rivoltella
senza licenza, per cui fu arrestato [..]»
I
fatti non sono lievi ma non tali da spiegare il pandemonio che determinarono.
C’era, certo, alla base, una strumentalizzazione politica. I deputati facevano
fronte comune. Il Paladino è figura opaca per contrastare l’abilità di un
Abisso. Il Galatioto non dovette rifulgere per acume tattico. Avere contro il
prefetto si dimostrò, per lui e la sua congrega, esiziale. In ogni caso, il
fascismo cominciava davvero a mostrare il suo volto duro. E l’ordine pubblico
cominciava a guadagnarci. Comunque la si pensi.
Il
16 settembre il prefetto Rivelli aveva partita vinta. Era arrivato ad Agrigento
nientemeno che Achille Starace. «On. Starace - informa - giunto qui il 13
corrente quale inviato straordinario della Direzione del Partito Fascista
presso questa disciolta Federazione provinciale fascista, dopo esaminata
situazione, ha, con determinazione odierna, stabilito sciogliere tutti i fasci
della provincia, riservandosi incaricare appositi fiduciari ricomposizione a
suo tempo fasci medesimi.
«Provvedimento
improntato opportunissimo senso serenità obiettività ha riscosso applauso
generale ed è stato accolto assai favorevolmente da popolazione che da esso
trae motivo ritorno desiderata tranquillità intera provincia e nobile sprone
rafforzamento locali energie fasciste in guisa da assicurare al Governo
Nazionale il più largo consenso e la più incondizionata e disciplinata
devozione.»
E
l’on. Starace è proprio un duro. Gongola il prefetto telegrafando il 18
seguente: «On. Starace commissario straordinario questa federazione provinciale
fascista con provvedimento ieri ha
sciolto tutti fasci questa provincia ordinando segretari politici sezioni
portare presso sede federazione stessa chiavi dei locali. Provveduto tutela
ordine pubblico esecuzione ordine suddetto commissario.»
Dobbiamo
sempre al Rivelli la cronistoria del frenetico operare di Starace ad Agrigento.
Il 13 novembre 1925 il prefetto così ragguaglia il ministero: «On. Starace
Commissario straordinario questa federazione fascista, ha radunato qui dieci
corrente fiduciari da lui nominati per ricostituzione fasci provincia,
impartendo loro precise nobilissime istruzioni per tale lavoro destinato ridare
lustro decoro e solidità al fascismo provincia
che opera insana disciolto direttorio aveva traviato con meschine
interessate competizioni. Erano presenti anche 4 deputati fascisti provincia
On. Abisso, Gangitano, Palmisano e Riolo.
«Iscrizioni
nuovi fasci incominciano oggi e termineranno 20 corrente. Congresso Federale
per nomina Direttorio provinciale prevedesi possa avere luogo entro primi mesi
dicembre.
«Avviata
così a felice brillante sistemazione mercè opera impareggiabile ferma ed
accorta On. Starace politica fascista provinciale si è riconosciuta d’accordo
con me possibilità addivenire a breve scadenza ed a gradi, ricostruzione Amm.ni
Comunali rette da commissari attualmente in n.° 23 cominciando da questa città
e altri centri importanti su cui riservomi a parte relative specifiche
proposte.»
Il
prefetto di Agrigento, a fine novembre 1925 (Telegramma del 29/11/1925) opera
ormai in piena sintonia col regime: sono le vicende delle sezioni fasciste ad
interessarlo e sono queste ad interessare il Ministero degli Interni. «Oggi
hanno avuto luogo - telegrafa il Rivelli -
elezioni direttori sezioni fasciste in tutta provincia. Da notizie
finora pervenute da parecchi comuni ovunque è riuscita lista propugnata da
fiduciari del commissario straordinario federazione provinciale On. Starace.»
Il
2 dicembre successivo, il prefetto ritorna sull’argomento con una relazione
alquanto più dettagliata. Vi fa capolino anche l’on. La Loggia. Il suo destino
politico viene qui marcato come l’ultimo atto. La fine dell’importante uomo
politico di Agrigento è inappellabilmente segnata.
«Ieri
segretari politici dei 42 fasci provincia, riuniti sede Federazione Provinciale
Fascista hanno telegrafato On. Farinacci formulando unanime voto sia ritardata convocazione congresso
Provinciale per lasciare direzione Fascismo Provincia On.le Starace, fino
esaurimento elezioni ricostituzione Consigli Comunali e Provinciali ed
esprimendo unanime plauso per rifiuto opposto da Direzione Partito ingresso
On.le La Loggia stop Entrambe manifestazioni
rispondono alto criterio interesse politico provincia e incontrano
perciò mio pieno consenso. Ricostituzione normale rappresentanza provincia e
rimanente diciotto comuni retti da Commissari potrebbe infatti aver luogo entro
gennaio e febbraio prossimi essendosi oramai mercé validissimo contributo On.le
Starace sistemata e chiarita situazione politica provincia ed è quindi
opportuno che anche nel periodo conclusivo della situazione amministrativa non
manchi prezioso concorso opera sua stop Ostilità poi così vibratamente espressa
da tutti Segretari Politici dei Fasci riguardo On.le La Loggia avvalorano
segnalazioni fatte a Vostra Eccellenza miei telegrammi 12 e 22 novembre n. 916
e 935 circa discredito cui detto
Deputato è caduto questa provincia e conseguenze .... che deriverebbero da
eventuale convalidazione sua elezione. Ossequi, prefetto Rivelli.»
[1]) Archivio Centrale dello
Stato - M.I. - P.S. - 1926 - busta 88 - C1.
[2]) Archivio Centrale dello
Stato - M.I. - P.S. - 1931 - busta 310 - C1.
[3]) Francesco Renda - Storia
della Sicilia - dal 1860 al 1970 - Vol. II - Sellerio Editore
Palermo, 1985, pag. 372.
[4]) Per
i dati statistici cfr.: ISTAT Statistiche Elezioni Politiche - XXV Legislatura,
elezioni del 16 novembre 1919 (Roma 1920) - XXVI Legislatura, elezioni del 25
maggio 1921, Collegio di Girgenti pag. 78 - XXVII Legislatura, elezioni del 6
aprile 1924, passim - XXVIII
Legislatura, elezioni del 24 marzo 1929 (Roma 1930), passim - XXIX Legislatura, elezioni del 25 marzo 1934, passim (ma in particolare pagg. 39 e 51).
[5])
Archivio Centrale di Stato - M.I. - P.S. 1925 - Busta n.° 121.)
Nessun commento:
Posta un commento