lunedì 28 dicembre 2015


"Si può dire che il cristianesimo, dopo due millenni, ha lasciato la sua orma su tutte le manifestazioni  della nostra vita spirituale e civile, di modo che riesce straordinariamente difficile stabilire in tutto questo vasto materiale che ha accompagnato, seguito e rivestito la trasmissione del messaggio cristiano nella storia, quello che è essenziale al cristianesimo stesso e quello che è avventizio, perché noi ci troviamo di fronte a una tradizione etica nella quale giacciono inestimabili tesori. Ed è straordinariamente pericoloso, sarebbe anzi esiziale per noi se, alla ricerca dell'essenza del messaggio cristiano, noi ponessimo questo messaggio in elementi avventizi, o se noi considerassimo come elementi avventizi elementi che invece sono sostanziali ed essenziali al messaggi cristiano".

 

ERNESTO BONAIUTI

 

 

 

 

 

ECCO perché QUESTO PAPA è impari: un incolto non può reggere la Chiesa di Roma. Che aspetta la chiesa di Roma a riabilitare padre Ernesto Bonaiuti;  perché non  fa resipiscenza, con tutto quell'arbitrio del Santo Ufficio, con tutta quella imbecillità di Papa X (che andrebbe retrocesso da santo). Non è vero che il Signore abbia detto: beati i poveri di spirito perché di loro è il Regno dei Cieli!. Il paradiso degli imbecilli non si addice a noi CATTOLICI dall'ingegno aperto!

 

 

CHI ERA BONAIUTI!

 

 

 

                                                    BUONAIUTI, Ernesto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

         

 

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972)

 

di Fausto Parente

 

BUONAIUTI, Ernesto. - Nacque a Roma da Leopoldo e da Luisa Costa il 25 giugno 1881. Dal 1892 frequentò il ginnasio presso il Pontificio Seminario Romano, ove poi entrò come interno nel 1894. Nel 1897 egli ricevette la tonsura. Le opere di Luigi Tosti, che trovò nella biblioteca del seminario, risvegliarono in lui i primi interessi storici mentre taluni manuali di storia della filosofia, come quello di Augusto Conti, contribuirono a destare quelli filosofici. Nella sua personalità, non ancora formata, questi ultimi appaiono, sullo scorcio del secolo, decisamente prevalere e determinante fu, per il suo orientamento durante questi anni, la conoscenza di L'action del Biondel, pubblicata nel 1893.

 

L'insofferenza per la rigida disciplina ecclesiastica e la ricerca di libri che non poteva trovare nella biblioteca del seminario lo posero in dissidio con i suoi superiori ed una lettera di adesione inviata al Minocchi quando questi, nel 1901, fondò la rivista Studi religiosi (vedi L'Italia che scrive, II [1919], pp. 151-152) costò al B. il posto gratuito di interno alla fine del primo biennio (1900-1901). La simpatia e l'appoggio del suo professore di filosofia, Luigi Chiesa, gli valsero però, l'incarico di filosofia scolastica presso la scuola della Congregazione di Propaganda Fide.

 

Spinto da un "affetto appassionato per la causa democratica" frequentò, alla Sapienza, le lezioni di Antonio Labriola e, sulla rivista del Murri, Cultura sociale (IV [1901], pp. 324-326), pubblicò una "lettera aperta" dal titolo: Abbiamo un programma?Le idee di un anonimo, firmandosi "Novissimus".

 

Nello scritto, in polemica con lo stesso Murri, al quale rimproverava di preoccuparsi solamente dell'organizzazione delle classi e della diffusione della piccola proprietà, affermava di sognare una piena rivoluzione sociale, per cui i vari mestieri, le varie funzioni intellettuali ed artistiche si affratellino nelle risorgenti universitates, posseditrici dei mezzi di produzione, substrato del regime politico e comprendenti tutti i lavoratori". Appare qui già evidente quella sua tendenziale interpretazione sociale del messaggio cristiano che sarà una tra le componenti più importanti del suo pensiero.

 

Nel 1903 il B., conclusi gli studi teologici e ordinato sacerdote, sostituì monsignor Umberto Benigni, già suo professore, nell'insegnamento di storia della Chiesa nel seminario dell'Apollinare. Nel 1904 collaborò alla Rivista delle riviste per il clero diretta da G. Sforzini e agli Studi religiosi del Minocchi; nella prima delle due riviste (II [1904], pp. 482-487) compare una sua recensione a De sacra traditione. Contra novam haeresim evolutionismi di L. Billot in cui afferma di "non temere la scienza anche di fronte ai pericoli dei suoi abusi". Nel 1905, con la pubblicazione della Rivista storico-critica delle scienze teologiche (per iniziativa, forse, del padre G. Bonaccorsi, ma della quale il B. assunse la direzione già a partire dal fascicolo di giugno della prima annata), ebbe inizio la sua attività più specificamente storica; contemporaneamente sulla rivista del Minocchi (V [1905], pp. 211-256), con un articolo su La filosofia dell'azione, tornò a temi più strettamente connessi con la sua formazione filosofica blondeliana.

[omissis]

Nel novembre 1934 a Milano il B. tenne una serie di conferenze dal titolo: La fede dei nostri padri, pubblicate a Modena da Guanda nel 1944, in cui è formulata quella che appare come una delle posizioni più caratteristiche del pensiero dell'ultimo B., secondo la quale la cultura di tutti i popoli affacciantisi sul Mediterraneo sarebbe stata influenzata, ad un certo momento del suo sviluppo storico, da concezioni dualistiche di origine iranica che avrebbero permeato di sé sia le concezioni filosofiche sia quelle religiose.

 

Nel 1935 il B. tenne un corso di lezioni all'università di Losanna come Gastprofessor, iniziando così un'attività che si protrarrà fino allo scoppio della guerra. In Italia, le sue conferenze ebbero ad oggetto l'affacciarsi delle concezioni dualistiche nel mondo greco: il B. lo individua nella reinterpretazione, in termini di religiosità orfico-dionisiaca, della vecchia tradizione mitologica operata dai tragici greci; rielaborate, esse vennero pubblicate a Roma nel 1938 col titolo Amore e morte nei tragici greci.

 

Nel 1936 il B. pubblicò a Modena Dante come profeta, ponendo l'accento sulle profonde affinità tra il mondo religioso di Dante e quello di Gioacchino da Fiore e, di quest'ultimo, curò l'edizione del De articulis fidei. Nel 1937, a Oxford, su invito del World Congress of Faiths parlò su Il bisogno mondiale della religiosità (pubblicato in italiano in Religio, XIV [1938], pp. 161-178). Questo scritto è molto importante perché documenta un momento significativo nell'evoluzione religiosa del B.: la reviviscenza religiosa gli appare adesso affidata agli esuli di tutte le chiese costituite, per cui la dialettica non è più ristretta alla Chiesa romana e a coloro che lottano contro la sua sclerotizzazione, ma diventa dialettica tra morale e religione statica e morale e religione dinamica.

[omissis]

Pochi giorni dopo si presentò a lui il cardinal Francesco Marmaggi; recava le condizioni poste dal Vaticano per la sua riammissione nella Chiesa: avrebbe dovuto sottoscrivere una dichiarazione in cui affermava di accettare tutto ciò che la Chiesa professa, riprovando tutto ciò che essa riprova. Il B. rifiutò (si veda il biglietto scritto a C. Barbagallo in L'Avanti! del 27 aprile).

 

Morì il 20 aprile 1946.

 

Nel B. lo storico ed il pensatore religioso sono strettamente connessi, sì che non è possibile dare un giudizio su uno di questi due aspetti della sua personalità prescindendo dall'altro. Come ebbe a definirla nel 1908, per il B. l'esperienza religiosa fu essenzialmente "escatologia, attesa, cioè, impaziente di ultimi eventi" e chi ne scorra gli scritti si accorge facilmente che l'attesa di una palingenesi imminente e radicale è forse la vera nota dominante, il vero Leitmotiv, del suo pensiero. Se è certamente vero che questa palingenesi, durante gli anni della sua giovinezza, ha una coloritura mondana e "sociale" piuttosto marcata, a ben guardare, anche in quegli anni, essa non esorbita mai dal piano religioso: in ultima analisi, non coglieva nel segno il rimprovero del Tyrrell che il suo fosse "un regno di Dio puramente economico". Al contrario, solo tenendo conto di tale iniziale atteggiamento, che non verrà mai veramente meno e che riaffiorerà in maniera significativa nei suoi ultimi anni, è possibile rendersi conto esattamente di che cosa egli intendesse per "escatologia" e, di conseguenza, come vedesse la stessa esperienza religiosa: escatologia è l'attesa di un rovesciamento totale della realtà, rovesciamento che è, insieme, spirituale e materiale. Di questa palingenesi, egli si sentì sempre - e ciò andò sempre più accentuandosi nel corso della sua vita - l'annunciatore; e "profetica", come ha più volte posto in evidenza Giorgio Levi Della Vida, è, nella più riposta essenza, la sua religiosità. Egli annunciò la rigenerazione della Chiesa, che a lungo cercò di identificare con la Chiesa romana, ma che, in realtà, altro non era se non la κοινωνία, per adoperare una sua caratteristica espressione, di coloro che sarebbero stati partecipi di quella palingenesi. Per lui, l'esperienza religiosa non è mai, infatti, singola e individuale, ma sempre qualcosa che interessa un gruppo, una collettività. Ciò spiega anche, in parte, la ragione per la quale, nella sua prima formulazione, essa sembrò identificarsi col socialismo.

 

Questa sua prospettiva religiosa ha inciso in maniera determinante sul suo lavoro di storico. Quando il B. si affacciò al mondo intellettuale nei primissimi anni del secolo, l'avvenimento più saliente nel campo degli studi religiosi era certamente la controversia Harnack-Loisy, ma egli, pur professandosi, allora, ammiratore del Loisy, non seppe cogliere la profonda intuizione storica che era alla base de L'Evangile et l'Eglise e, di conseguenza, la più che fondata critica alle affermazioni dello Harnack; e, dallo Harnack, raccolse, sia pure indirettamente, la concezione che il cristianesimo fosse storicamente schematizzabile in un nucleo centrale attorno al quale sarebbe avvenuta una vera e propria superfetazione di elementi estrinseci. Di conseguenza, egli intese il lavoro dello storico essenzialmente come il lavoro di rimozione di questi elementi estrinseci, allo scopo di riportare alla luce il nucleo originario del cristianesimo, per cui egli fu portato a vedere in esso un momento essenziale della stessa esperienza religiosa. In una lettera al Cagnola del 6 giugno 1958 (si veda Bedeschi, B., p. 380) aveva affermato di essersi sentito chiamato a liberare l'essenza del cristianesimo dalle sue sovrastrutture, atteggiamento questo che permette di comprendere bene la sua inesauribile carica di proselitismo, che gli procurò una così tenace ostilità da parte della Curia; che spiega il suo disperato attaccamento alla cattedra, l'affermazione più volte ripetuta che l'insegnamento era per lui la vera esplicazione della sua missione sacerdotale: il fatto che il suo vero mezzo di espressione fosse piuttosto la voce che la pagina scritta.

 

FontieBibl.: Inaccessibili rimangono le fonti ecclesiastiche; i fascicoli personali del B. presso il ministero della Pubblica Istruzione e presso l'università di Roma contengono documenti in parte pubblicati; una serie di lettere del B., per lo più a M. Niccoli è stata depositata presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze; una lettera del B. a U. Pestalozza del 2 1 apr. 1916 è conservata presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano; alcune lettere del B. ad U. Zanotti Bianco sono conservate presso l'Associazione nazionale interessi del Mezzogiorno d'Italia in Roma. Nel commento a Pellegrino di Roma (si veda più oltre), M. Niccoli ha utilizzato (e parzialmente pubblicato) documenti (soprattutto lettere al B.) non altrimenti accessibili.

 

Molti documenti sono contenuti nell'appendice alle Lettere di un prete modernista (1908): Dalla sospensione di R. Murri alla scomunica di Loisy; in Il programma dei modernisti; in Una fede e una disciplina; in Le modernisme catholique. La fonte principale rimane, naturalmente, l'autobiografia, Pellegrino di Roma. La generazione dell'esodo, Roma 1945 (2 ediz., Bari 1964), a cura di M. Niccoli con introduzione di A. C. Jemolo. Il B. stesso ha pubblicato parzialmente e senza indicazione di destinatario alcune lettere a lui indirizzate dal Tyrrell (si veda F. Parente, E. B., Roma 1971, p. 110 n. 21). Importanti documenti ecclesiastici riguardanti il 1909 sono stati pubblicati in S. Savarino, Peccato mortale, Roma 1964, pp. 46-57; F. Margiotta-Broglio, Italia e Santa Sede dalla grande guerra alla conciliazione. Aspetti politici e giuridici, Bari 1966, ha pubblicato i principali documenti relativi ai rapporti tra il B. ed il ministero della Pubblica Istruzione, specialmente in occasione del mancato giuramento. Molte lettere del B. sono state pubblicate integralmente o parzialmente da P. Scoppola in Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Bologna 1961 (insieme con molto altro materiale tratto dagli archivi di L. Piastrelli, U. Fracas e C. Pizzoni: 2 ediz., 1969, con l'indicazione dei destinatari delle lettere spesso omessi nella precedente). Una serie di settantasette lettere del B. a L. Bietti, e a G. Cagnola sono state pubblicate da L. Bedeschi in appendice a B., il concordato e la Chiesa, Milano 1970. Nel testo del volume il Bedeschi ha riportato parzialmente anche altre lettere indirizzate agli stessi destinatari. Le lettere indirizzate dal B. a R. Missir attendono di essere pubblicate.

 

Una bibliografia delle opere del B. è stata redatta da M. Ravà, Bibliografia degli scritti di E. B., con prefazione di L. Salvatorelli, Firenze 1951 (si veda A. Pincherle, in Ric. di storia rel., I [1954], pp. 210-211 e, della stessa Ravà, Aggiunte alla bibliografia di E. B., in Riv. di stona e lett. relig., VI [1970], pp. 235-239). Per una bibliogr. completa sul B. si rimanda al volume citato del Parente.

 

 

 

ECCO perché QUESTO PAPA è impari: un incolto non può reggere la Chiesa di Roma. Che aspetta la chiesa di Roma a riabilitare padre Ernesto Bonaiuti;  perché non  fa resipiscenza, con tutto quell'arbitrio del Santo Ufficio, con tutta quella imbecillità di Papa X (che andrebbe retrocesso da santo). Non è vero che il Signore abbia detto: beati i poveri di spirito perché di loro è il Regno dei Cieli!. Il paradiso degli imbecilli non si addice a noi CATTOLICI dall'ingegno aperto!

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